Nell’ultimo ed unico congresso dei socialisti italiani tenuto a Montecatini Terme nel Luglio
di quest’anno ho conosciuto il futuro coordinatore della segreteria nazionale, il compagno
Marco Di Lello.
A dirla tutta: allora, non ne sono rimasto impressionato. Non sapevo però di sbagliarmi
così clamorosamente. Infatti, il resto è stato ben peggiore della sensazione.
L’ultimo sforzo intellettuale lo trovo in un intervento in bella vista sul sito “bulgaro†di
www.partitosocialista.it , rubrica “PRIMO PIANOâ€.
Di Lello fa un articolo contro la stupidità di una provocazione della Lega che vorrebbe,
nella riforma federalista, assegnare nei concorsi pubblici un punteggio maggiore a chi
risiede nel territorio oggetto del bando.
Invece di contestare la provocazione argomentandone la strumentalità e l’anti costituzionalità ,
Di Lello scrive:
“Un asino settentrionale sarà preferito a un laureato meridionale. Non c’è altro da aggiungere
– ha concluso l’esponente socialista – se non due osservazioni: 1) il federalismo si
mostra come è realmente, e cioè una sottospecie di apertura e chiusura contemporanea
di frontiere interne in Italia; 2) gli occhi e le menti di molti parlamentari del sud sono completamente
chiusi.â€.
A leggere certi ragionamenti viene da pensare che gli asini sono equamente distribuiti nel
territorio.
In questa dichiarazione di Di Lello, più degli occhi, sembrano chiusi altri e più importanti
organi vitali se si pensa di confutare la riforma federale prendendo a prestito strumentali
provocazioni.
La richiesta di federalismo sale forte e prepotente dal basso. Dagli elettori. In tutta Italia.
Non è una chiusura di frontiere, ma un allargamento di libertà .
Certo che dipende da come è tradotta! Ma allora lavoriamo nel merito dei contenuti, con
nostre proposte, non esorcizzandola in sé come il male dei mali.
Di Lello dimentica o non sa i valori ispiratori del socialismo italiano. La sua storia anche
contemporanea, la sua vittoria nella realizzazione nell’Italia delle Regioni durante il centro
sinistra e tutta la sua cultura impegnata a realizzare modelli di democrazia diretta, partecipata,
decentrata sulla base dei principi di sussidiarietà .
Devo però ammettere che le colpe di un tale disorientamento non possono cadere sul
singolo.
Quello che doveva essere un nuovo partito si sta disgregando alla velocità di un ghiacciolo
al sole estivo e nello stesso luogo di partenza.
Angius ed il suo gruppo se ne va. Nesi ed il suo anche.
Il Partito in Abruzzo va ad elezioni amministrative diviso in due. Infatti, i compagni del
regionale hanno deciso di non aderire alla lista del PD. Cosa fa allora il NUOVO Partito
di Roma? Li commissaria “democraticamenteâ€! Sempre democraticamente, impone una
scelta non voluta di alleanza con il PD. Scelta palesemente sbagliata per quella situazione
e distruttiva per la nostra immagine. Un grande esempio dei nuovi principi e di un nuovo
partito!
Della segreteria nazionale di undici membri, eletta qualche mese fa, sembra che ne rimanga
forse la metà . Il resto o se n’è andato da altre parti o non c’è più.
Ora il grande sforzo strategico del nostro gruppo dirigente, chiamiamolo così, è di rifare
un accordo nazionale con il PD in vista delle Elezioni Europee. Un Partito Democratico
che non ci ha voluto, che ci ha umiliato e che ci ha ridotto in polvere, per completare
l’azione operata, sempre dagli stessi, con Mani Pulite. Il nemico non si ferisce, ma si uccide!
Per non parlare delle periferie regionali o provinciali dove l’emulazione nei metodi e nei
contenuti è più penosa che triste.
Una sola cosa mi dispiace veramente: l’immagine di una brava persona come è Riccardo
Nencini.
Essere puliti, preparati, nuovi, signori, di per sé non basta se non si è anche capaci di
rompere gli schemi del passato, quelle mentalità e quei comportamenti. Intendo dire: quel
modo di fare politica che è causa principale, se non l’unica, della sconfitta, ed ora, della
nostra ingloriosa fine.
Spettri nella nebbia è il titolo di questa mia insignificante ed ininfluente riflessione.
La nebbia sta per inconsistenza e spettri sta per orrore.
Sergio Verrecchia