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Hanno fatto del sito del Partito una palestra a senso unico come nelle migliori tradizioni totalitarie.
Hanno ridotto un sito prestigioso ad un bollettino di una corrente tra l’altro infinitamente minoritaria.
Hanno usato censura e tracotanza per non far sentire le ragioni degli altri (infinitamente maggioritari) e per far credere d’essere solo loro il PARTITO.
E adesso vorrebbero anche tapparci la bocca se, per superare il ridicolo censore di turno, si è stati costretti ad aprire un nuovo sito (www.socialistalab.it) alla vigilia del Congresso del 23 e 24 giugno all’Hotel Midas di Roma.
La lettera di Casadei, Salomone e Dell’oro, anche se mi ha ulteriormente amareggiato non mi ha sorpreso affatto. Essa è il frutto di un’abitudine a dettare legge, a comandare e a sentirsi i padroni incontrastati. Nè più e né meno di quanto detta legge, comanda e si sente padrone l’ispiratore principe di queste assurde diffide a usare una testata che, tra l’altro, non è loro.
Lasciateci in pace e fateci fare tranquillamente il Congresso. Certo è sempre un fatto negativo registrare l’abbandono del Partito che avete deciso di attuare: ma è meglio perdere qualche ramo secco che continuare in una deleteria ambiguità paralizzante.
Per quanto ci riguarda continueremo a difendere l’identità e l’autonomia dei socialisti rifiutando senza alcun tentennamento confluenze in partiti più o meno unici che già ora, prima di realizzarsi, mostrano la corda. Rifiutiamo anche di diventare una appendice di una formazione politica che dalla sua nascita non si è mai cimentata da sola ma ha sempre rincorso alleanze a apparentamenti (sempre diversi) fino all’attuale Rosa nel pugno.
Una politica riformista non guarda ai contenitori ma ai contenuti (erano parole di De Michelis) e su questo assunto abbiamo realizzato una dignitosa presenza nel Paese nel corso di questi anni. Il mondo purtroppo cambia ed è cambiato anche il pensiero di Gianni. Liberissimo di farlo, ma perché ostacolarci? Perché censurarci e oggi pretendere di cancellarci? Forse la risposta è semplice: si capisce d’essere ormai alla frutta.
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                                                                                       Adolfo COLLICE