Comunicazione della Segreteria Nazionale. Nuovo Psi e Pdl

Il Congresso Costituente del Pdl ha visto la nascita del nuovo soggetto politico formato da Forza Italia, Alleanza Nazionale, dal Nuovo Psi e da altre formazioni politiche.
La fase costituente, che si concluderà nel 2013, prevede un percorso che per quanto ci riguarda si basa sui seguenti punti:
1) Il principio della pari dignità della rappresentanza politica anche negli organi dirigenti nazionali e periferici, tendenzialmente nella misura del 10% complessivamente previsto per i partiti minori.
2) Tutti i soci costituenti si impegnano per le elezioni politiche ed europee a far confluire nel Popolo della libertà il proprio patrimonio politico e la propria forza elettorale attorno ad un unico simbolo e ad un’unica lista: quella del nuovo soggetto politico.
3) Il Nuovo Psi – così come gli altri partiti minori – potrà comunque presentare il proprio simbolo alle elezioni amministrative locali, secondo gli accordi con il coordinamento regionale del Pdl.
Il congresso ha avuto un indubbio successo politico. Nel nostro Paese per i prossimi anni si affermerà una grande formazione politica che unisce nei valori e nei programmi di governo le forze riformiste, liberali e moderate.
L’intervento del premier Berlusconi e dello stesso presidente della Camera Gianfranco Fini – in particolare sui temi dello Stato laico – hanno compreso tutte le priorità ed i temi propri del riformismo socialista e della piattaforma programmatica del nostro Partito, elaborati in questi 14 anni di lavoro comune, che sono stati alla base di una scelta di campo chiara e netta.
In particolare il tema della riforma istituzionale, di un welfare moderno, riassunto nel nostro slogan ‘bisogni e meriti’, e di un programma di modernizzazione del Paese in campo economico e sociale.
L’evoluzione del sistema bipolare conferma la scelta di campo ed incontestabilmente ne trasforma le modalità operative.
Abbiamo deciso di condividere questo progetto attraverso la presentazione di un unico soggetto politico ed un unico simbolo a livello nazionale, viceversa si è previsto di comune accordo di presentare il simbolo del Nuovo Psi, del garofano rosso, alle amministrative a sostegno dei candidati presidenti scelti con gli alleati.
Noi siamo nel Pdl e ne determineremo le scelte politiche ed operative conseguenti. Di fatto costruiamo insieme un nuovo soggetto politico ma manteniamo l’identità e l’autonomia, anche organizzativa, compatibile con il progetto. Non è uno scioglimento, è un atto di evoluzione del percorso unitario che dovrà trovare quegli spazi che sono propri di una forma partito moderna come l’ esempio americano, che sia plurale, sussidiaria e che valorizzi le differenti identità culturali, sociali e territoriali e le diverse storie politiche.
Per questi motivi siamo impegnati a realizzare liste del Nuovo Psi alle prossime elezioni amministrative.

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Redazione

La redazione di Pensiero Socialista

Un commento su “Comunicazione della Segreteria Nazionale. Nuovo Psi e Pdl”

  1. Il Governo Berlusconi, il ministro Tremonti, quando parlano di segnali di ripresa dalla crisi economico-finanziaria non considerano l’intera popolazione mondiale ma soltanto la popolazione dei lavoratori e dei datori di lavoro; inoltre, della popolazione lavoratrice, non considerano quella parte che lavora da precaria, ad intermittenza, con contratti stagionali o annuali, a part-time e che si trova sotto trattamento di ammortizzatori sociali a tempo determinato (disoccupazione ordinaria, disoccupazione a requisiti ridotti, varie forme di cassa integrazione, altri sussidi e indennità per motivi di salute o per altri vari motivi) ma considerano soltanto quella parte che sta lavorando a pieno ritmo, col posto fisso, da effettiva, con contratto a tempo indeterminato o di ruolo; ma anche per loro c’è qualcosa che non va, che non li rassicura, che non li rende tranquilli, che non gli è garantita: il forte rischio di essere mobilitati da una sede di lavoro ad un’altra sede di lavoro (che può trovarsi in un’altra città, in un’altra regione o addirittura all’estero) e di essere mobilitati da una certa mansione solitamente svolta ad un’altra mansione simile ma mai svolta; intanto, in attesa dell’attuazione della mobilitazione, restano in cassa integrazione per diversi mesi.
    Bisogna fare capire una volta per tutte, alla maggior parte degli italiani, che la crisi economica ha poco a che fare con la crisi occupazionale; sono due fenomeni distinti, che possono verificarsi insieme o anche separatamente; dal secondo dopoguerra, la crisi economica, anzi, la situazione economica è altalenante, migliora e peggiora ciclicamente, ogni 20-25 anni; invece la crisi occupazionale è sempre in costante peggioramento, dal secondo dopoguerra ad oggi; l’economia mondiale si riprenderà, prospererà e ricadrà in crisi, come ha fatto sempre; invece, la crisi occupazionale mondiale resterà e peggiorerà costantemente, come è sempre avvenuto e come sempre avverrà, fin che ci sarà un’economia mondiale capitalista che non si preoccupa della disoccupazione che provoca ma delle vendite, dei guadagni che fa, del prosperare dei suoi continui giri di affari con i tanti soliti acquirenti che hanno molti soldi da spendere (quelle poche decine di milioni di persone ricche e quelle poche centinaia di milioni di persone molto benestanti nel mondo).
    Quando si parla di economia ci si può permettere di parlarne sotto due aspetti: 1) considerando tutta la popolazione mondiale; 2) considerando soltanto la popolazione lavoratrice (datori di lavoro, lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi); per situazione economica nazionale, europea o mondiale si può intendere anche soltanto quella dei bilanci, dei guadagni, dei rapporti fra entrate ed uscite regolari nelle casse delle varie imprese dei vari settori dell’economia e, di conseguenza, del fisco statale, regionale, provinciale e comunale; si può anche non considerare i bilanci familiari, dei milioni di famiglie povere, con genitori disoccupati. Se le imprese riducono la quantità della loro produzione, dei loro pezzi prodotti, e se riducono la quantità dei loro dipendenti, riescono ancora meglio a vendere tutto quel poco che producono, riescono a far lavorare meglio e a pagare meglio quei pochi dipendenti che hanno; riescono a ridurre le spese di produzione, a ridurre le spese di mantenimento degli impiegati (salario, contributi previdenziali e assistenziali, assicurazione etc.), la quantità di materie prime lavorabili da acquistare e le spese di mantenimento in attività del capitale strumentale d’impresa; nelle lavorazioni dove la mano d’opera artigiana è meno richiesta, la continua riduzione degli impiegati nelle imprese industriali, artigianali e commerciali (operai, ausiliari, tecnici, capi reparto, operatori di ufficio amministrativo etc.), viene compensata col progressivo aumento dei robot, dei computer, dei vari macchinari elettronici a tecnologia avanzata, che sveltiscono e perfezionano gran parte delle lavorazioni.
    Le imprese riescono a vendere tutto quel poco che producono a tutti quei pochi lavoratori benestanti che sono rimasti nel ciclo produttivo e a tutte quelle poche persone ricche e molto benestanti, per il lavoro che fanno e/o per discendenza, che per campare possono anche fare a meno di lavorare o limitarsi a fare qualche piccolo lavoretto saltuariamente; quindi, con tale sistema, le imprese e soprattutto i loro imprenditori, riescono a guadagnarci di più e a spenderci di meno. L’economia è una brutta bestia cinica e tutto quello che fa è lecito; sotto un certo aspetto, nel valutare la sua ripresa, la sua prosperità, ci si può permettere di non tenere conto di tutta quella parte della popolazione mondiale che vive nei paesi sottosviluppati, che vive di stenti (lavorando pesantemente, senza l’ausilio di strumenti della moderna tecnologia) che è disoccupata, che è povera, che muore di fame, di malattie, di carenti condizioni igieniche etc.
    Secondo le regole e le necessità dell’economia capitalista e dell’economia statalista, i licenziamenti di tanti dipendenti, sia nel pubblico impiego che nel settore privato, non sono affatto un problema di cui dover tenere conto obbligatoriamente; infatti i dati statistici della popolazione povera e disoccupata vengono considerati sempre parallelamente e separatamente dai dati statistici sull’andamento, sullo stato dell’economia, delle finanze capitaliste e statali; non vengono considerati mai come un tutt’uno, come una cosa integra, che le comprende, di cui fanno parte; inoltre non esiste alcuna legge che obblighi i governi statali o i capitalisti a fare beneficenza o a dare lavoro nelle aree depresse, alle genti dei paesi del terzo mondo.
    Il Governo Berlusconi ha ragione nel dire che presto usciremo dalla crisi economica, perché considera soltanto l’uscita, la ripresa delle imprese (soprattutto le grandi e le medie imprese), dei padroni e dei loro dipendenti che rimarranno a lavorarci; “giustamente” non tiene conto del fatto che per ogni futuro anno aumenteranno i disoccupati, i licenziati ex posto fisso e i precari con contratto scaduto non rinnovato, i precari con contratti sempre più brevi, quelli che non avranno più un lavoro, che si vanno ad aggiungere ai già tanti che non l’hanno mai avuto (soprattutto se parliamo di lavoro in regola, non in nero); fra i disoccupati aumenteranno sempre più quelli che hanno esaurito
    l’assistenza sociale, gli ammortizzatori sociali a tempo determinato, rispetto agli ultimi che hanno cominciato ad usufruirne; tutto ciò, per le leggi dell’economia capitalista-statalista è e sarà sempre un piccolo dettaglio di cui si può anche non tenere conto. Una piccola parte dell’umanità, creando il capitalismo industriale-commerciale e istituendo leggi antidemocratiche e antipopolari, ha inguaiato l’umanità intera mettendo illegittimamente nelle mani di poche persone (sfruttatrici, serviliste, avide di denaro e di potere politico-amministrativo) la stragrande maggioranza degli spazi, dei mezzi, degli strumenti di produzione e delle materie prime lavorabili. Entro la fine del XXI secolo arriveremo al punto che il “proletariato” non possederà nemmeno le mutande che avrà indosso, le avrà in affitto, tutti i beni pubblici, demaniali saranno in mano a pochi privati straricchi, il servilismo e lo sfruttamento raggiungeranno livelli mai avuti prima.
    Che differenza passa tra la spietatezza delle leggi della giungla e la spietatezza delle leggi del sistema economico capitalista? Nessuna; anzi, gli uomini che hanno il potere nella società moderna, il cosiddetto “coltello dalla parte del manico” dispongono di “armi” molto più forti e deleterie dell’antica “clava”; varie volte le usano, con leggerezza, senza la dovuta cautela, e sempre più non sanno farne a meno.
    Ecco la nuova politica di Berlusconi: “Daremo ai servi (soltanto a quei servi che ci occorrono) tutto ciò che serve per farli continuare a fare meglio i servi e i lecchini della classe dirigente”. Com’era Forza Italia anche il Popolo delle Libertà è il partito fatto dai ricchi per fare gli interessi dei ricchi ed aumentare lo sfruttamento, il servilismo dei poveri; è il partito di chi non si accontenta del potere economico e vuole anche il potere politico per adeguarlo ai propri interessi economici, facendo sempre nuove leggi, fino al punto di modificare la Costituzione della repubblica.
    È scandaloso ma ormai ci si deve abituare: in tutta Italia, soprattutto al sud, in questi ultimi anni le procure arrestano e carcerano più spesso una parte dei ricchi politici corrotti, mafiosi e una parte dei ricchi imprenditori mafiosi; nel frattempo decine di migliaia di loro parenti, di loro amici, di loro clienti reclamano a gran voce la scarcerazione di tali politici e il loro rientro in politica, la scarcerazione di tali imprenditori e il loro rientro nelle attività imprenditoriali!
    Ciò che conta per gli economisti, per gli imprenditori e per i politici di ciascuna nazione è:
    1) aumento della produzione industriale, artigianale e commerciale;
    2) riduzione dei costi di produzione e delle tasse sulle attività imprenditoriali;
    3) aumento delle vendite, magari ad alto prezzo, anche a costo di vendere tutto alla gente ricca e ai benestanti, senza vendere nulla ai poveri;
    4) il totale pagamento delle tasse dovute al fisco, la mancanza assoluta di evasione fiscale, la risalita del PIL rispetto al deficit;
    5) applicare il sistema pensionistico contributivo, innalzare l’età pensionabile, sia nel pubblico impiego che nel settore privato, per adeguarla alla crescita della durata della vita media e per adeguarsi agli standard della maggior parte dei paesi dell’Unione Europea;
    6) acquisire ogni anno nuove proprietà immobiliari e mobiliari (edifici e terreni faraonici, imbarcazioni, aerei familiari, auto fuoriserie etc.);
    7) non preoccuparsi minimamente del fatto di licenziare giovani dipendenti precari, di assumerne sempre meno, di non contribuire a far aumentare l’occupazione; sia nel pubblico impiego che nel settore privato i dipendenti precari costano meno dei dipendenti stabilizzati, sia agli enti pubblici che agli imprenditori; quindi, prima di stabilizzare i propri dipendenti, gli conviene mantenerli precari più a lungo possibile; per risparmiare ulteriormente gli conviene assumere sempre meno nuovi dipendenti e far lavorare di più (straordinario) quelli stabilizzati già presenti negli organici di personale;
    8) favorire la privatizzazione delle aziende pubbliche in crisi finanziaria.
    9) espulsione all’estero degli extracomunitari che non hanno un regolare posto di lavoro, magari anche degli italiani disoccupati.
    Tutto ciò potrebbe non essere sufficiente per rilanciare l’occupazione perché in Italia, come in tante altre nazioni del mondo:
    1) il lavoro, sia nel settore privato che nel settore pubblico, non costerà mai così poco come vorrebbero gli imprenditori e i politici, le pubbliche amministrazioni, soprattutto quegli imprenditori che hanno imprese anche all’estero, nei paradisi fiscali, dove la vita e la mano d’opera del lavoro dipendente costa molto meno, dove le garanzie, i diritti contrattuali sono pochi o nulli, dove sono quasi assenti le leggi sulla sicurezza nel lavoro e i controlli sull’adeguamento, sulla messa a norma delle strutture, degli impianti, dove non mancano i finanziamenti pubblici sull’imprenditoria;
    2) la produzione e le vendite non sono e non saranno mai abbastanza alte da soddisfare l’avidità degli imprenditori; quindi, dove è possibile, anziché usare sempre più mano d’opera, utilizzano sempre più computer e robot per incrementarle più velocemente; badano più alla quantità che alla qualità della produzione;
    3) sia nel pubblico impiego che nel settore privato i dipendenti precari costano meno dei dipendenti stabilizzati, sia agli enti pubblici che agli imprenditori; quindi, prima di stabilizzare i propri dipendenti, gli conviene mantenerli precari più a lungo possibile; per risparmiare ulteriormente gli conviene assumere sempre meno nuovi dipendenti e far lavorare di più (straordinario) quelli stabilizzati già presenti negli organici di personale.
    4) sia nel pubblico impiego che nel settore privato, l’innalzamento dell’età pensionabile ritarda la stabilizzazione di molti precari decennali;
    5) gli alti redditi che percepiscono gli imprenditori, i dirigenti pubblici, gli alti professionisti specialisti etc. non saranno mai abbastanza soddisfacenti per loro;
    6) gli imprenditori investono solo una parte dei loro denari per rilanciare la produzione e per creare nuova occupazione; una certa parte preferiscono depositarla nelle banche, soprattutto nei paradisi fiscali, oppure investirla in borsa per pura speculazione finanziaria o investirla nelle loro case in città, nelle loro ville al mare o in campagna, nei loro giardini, nei loro parchi, nelle loro piscine, nei loro campi da golf, nelle loro imbarcazioni, nei loro aerei familiari, nei loro porti privati, nei loro aeroporti privati, nelle loro auto fuoriserie etc. etc.
    7) è difficilissimo azzerare o ridurre l’evasione fiscale, quindi le entrate fiscali non saranno mai abbastanza alte da soddisfare le spese che debbono affrontare gli enti pubblici (Stato, regioni, province, comuni etc.); sono pieni di debiti da pagare e di crediti da riscuotere nei confronti di varie categorie di lavoratori; inoltre stanno aumentando le loro tasse ai cittadini;
    8) la crescita dell’economia, la risalita del PIL statale e dei PIL regionali può essere anche indipendente dall’aumento o dalla diminuzione dell’occupazione; “L’economia è una brutta bestia cinica.” (K. Marx).
    9) L’apparato politico e i privilegi della casta della pubblica amministrazione a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale costano ogni anno allo Stato alcuni miliardi di euro.
    Nessuno si meravigli se ogni tanto si verificano atti di terrorismo da parte di neobrigatisti rossi.
    Questo è il progresso sociale raggiunto, questa è la società moderna, questo è il futuro di questa umanità in costante peggioramento, incivile, priva di valori, impotente, qualunquista, opportunista, a convenienza, superficiale, vigliacca, strafottente, egoista, lecchina e serva del potere economico e politico, che ha uno scarso senso della cosa pubblica, delle istituzioni pubbliche, e quant’altro ci sia di peggio. Ormai il lavoro non è più un diritto popolare garantito ma un privilegio per servi dell’elite dei potenti. Oggi, se non sei figlio di qualcuno che conta nella società, è quasi una fortuna non venire al mondo.
    Intanto i politici e i loro amici giornalisti tesserati ai loro partiti e che lavorano per i giornali, per le tv e per le radio proprietà di grandi imprenditori, si interessano poco dei problemi dei vari lavoratori precari e dei disoccupati; si interessano molto delle faccende che riguardano i loro interessi personali, familiari, parentali, clientelari, gli interessi della propria categoria professionale, dei personaggi famosi del mondo dello spettacolo, del mondo dello sport, del mondo politico, amministrativo, del mondo industriale e commerciale, del mondo della nobiltà, del mondo del clero religioso (sacerdoti); censurano parzialmente la voce dei lavoratori che con gli scioperi contestano di più le manovre del governo e rivendicano di più i propri diritti sindacali chiedendo soluzioni alternative.
    Sarà pure una coincidenza temporale con l’antico calendario Maia, ma è proprio vero che fra il 2011 e il 2012 accadrà qualcosa di brutto all’intera società umana; non sarà la distruzione improvvisa o graduale della superficie del nostro pianeta, ma la rivoluzione sociale più forte che si sia mai avuta fino ad ora; sarà peggio del periodo compreso fra il 1968 e il 1980; ormai c’è un malessere economico e un malcontento molto diffuso tra la gran parte della popolazione mondiale; intere masse di popolazione con tantissime richieste bisognose mai soddisfatte; sfiducia, delusione, sdegno e rabbia decennale nei confronti dei benestanti governi nazionali e dei governi regionali, nei confronti di tutti i partiti politici, nei confronti di molte istituzioni pubbliche, nei confronti dei sindacati confederali, nei confronti delle ricche grandi e delle ricche medie imprese industriali e commerciali etc.; scoppieranno violente rivolte popolari ovunque, in ogni nazione del mondo, anche in quelle più industrializzate e ricche; gran parte della popolazione mondiale cercherà di cambiare radicalmente il sempre più fallimentare sistema economico e politico capitalista.
    Si stima che nell’anno 2001 soltanto l’1 % (60 milioni di persone) della popolazione mondiale (6 miliardi di persone) è costituito da gente economicamente ricca, che ha un reddito annuo superiore ai 100’000 euro e/o che possiede un patrimonio superiore ai 100’000 euro; solo la decima parte di questi (6 milioni di persone) supera 1’000’000′ di euro, sia per reddito annuo che per patrimonio posseduto (tot. oltre 2’000’000 di euro); sono circa 500’000 i ricconi che hanno un reddito annuo superiore ai 10’000’000 di euro e un patrimonio superiore ai 100’000’000 di euro! Il 49 % della popolazione mondiale (2 miliardi e 940 milioni di persone) è costituito da gente economicamente benestante, che ha un reddito annuo compreso fra i 20’000 e 100’000 euro e/o che possiede un patrimonio compreso fra i 20’000 e i 100’000 euro; il 50 % (3 miliardi di persone) è costituito da gente economicamente povera, con un reddito annuo inferiore ai 20’000 euro e/o che possiede un patrimonio inferiore ai 20’000 euro. Con questo andazzo dell’economia capitalista, si prevede che nel 2050 i ricchi rimangano l’1 % e che diventino ancora più ricchi (di denaro in depositi bancari, di sedi di attività produttive, di proprietà mobiliari e immobiliari etc.); si prevede che i benestanti si riducano al 45 %, che i poveri aumentino al 54 % e che aumenti il servilismo di questi ultimi verso i ricchi (con grande e crescente piacere dei ricchi). Che “bel mondo” allo sbaraglio!
    I politici e i giornalisti, sia di destra che di sinistra, quando parlano della situazione economica della nostra nazione, spesso si riferiscono soltanto al nord e al centro Italia, non considerano il sud; solo ogni tanto, quando glielo si fa notare, fanno distinzione fra centro-nord, sud e isole maggiori, in quanto il sud e soprattutto le isole maggiori, dopo oltre 60 anni di pubblica amministrazione sotto la Repubblica Italiana, sono ancora considerati e ridotti come il “nord Africa”, economicamente e civilmente poco sviluppati, poco organizzati e sempre ai margini di ogni interesse nazionale; l’ultima ruota del carro, i figliastri da sfruttare per primi nel momento del bisogno, le cenerentole dei diritti e delle opportunità, i desiderati serbatoi di scorta di voti per ogni elezione politica regionale, nazionale ed europea. Dal 1948, in Italia, il diritto meno garantito ai cittadini è proprio quello che sta scritto nell’articolo n. 1 della Costituzione: il diritto al lavoro, il più importante insieme al diritto alla salute, all’assistenza sanitaria.
    Occorrono alcune decine di miliardi di euro di manovra finanziaria e Tremonti li vuole recuperare con la riforma fiscale contro l’evasione, con un piccolo aumento di tassazione sui redditi euro-milionari dei grossi imprenditori industriali e commerciali (“Robin tax”), tranne per quelli che vogliono far rientrare in Italia le imprese che hanno all’estero (scudo fiscale), e con dei tagli dei fondi ministeriali ad alcuni settori lavorativi pubblici, soprattutto al settore scolastico, e ad alcuni settori lavorativi privati; nei settori pubblici tali tagli di finanziamenti sono intesi, dal Governo Berlusconi, come una necessaria riduzione degli sprechi della spesa pubblica statale e regionale; invece sono una cinica, disumana riduzione di oltre 500’000 posti di lavoro con conseguenti licenziamenti di lavoratori precari con famiglie a carico; non si tratta solo di un freddo e razionale calcolo matematico-economico, non si tratta solo di snellire, di risparmiare sulle spese di mantenimento, di funzionamento, di dotazione, di adeguamento e di ammodernamento della logistica pubblica statale e regionale (sedi di lavoro, macchinari, attrezzature, impianti, consumi di energia etc.); inoltre il Patto di Stabilità per i comuni sta vincolando e limitando i fondi municipali in varie spese pubbliche locali. Le grandi aziende settentrionali di allevatori e di produttori di latte e latticini hanno ricevuto dal governo Berlusconi alcuni milioni di euro, presi dai fondi finanziari delle regioni meridionali, per essere aiutati a pagare le multe ricevute dall’Unione Europea per non aver prodotto le quantità di latte prestabilite.
    La Regione Sicilia, dove Berlusconi ha preso sempre più voti, ha sempre carenza di fondi finanziari, li spende male, in modo non equilibrato, non dove c’è più bisogno, sta aumentando le tasse regionali sui servizi (che offre quasi sempre con la minima sufficienza, per quantità e per qualità) e sta tagliando alcune migliaia di posti di lavoro ai propri precari. La Regione Sicilia ha dirigenti e amministratori pagati molto bene, forse anche troppo; ha un credito di varie centinaia di milioni di euro verso tanti lavoratori evasori fiscali del settore privato, sia in nero che in regola; ha un debito di alcuni miliardi di euro verso vari enti pubblici che deve finanziare e verso vari enti privati che svolgono servizi per essa; finanzia con appena il minimo indispensabile, e con vari mesi di ritardo, le vecchie e le nuove imprese industriali, le imprese commerciali, le imprese agricole e quelle della marineria; inoltre il Patto di Stabilità per gli enti locali sta vincolando e limitando i fondi finanziari in varie spese pubbliche locali; in una situazione del genere, come può mai aiutarci? Noi, personale scolastico statale precario da vari anni (quasi 25’000 fra docenti e ATA in Sicilia), vogliamo proprio che il sig. Panepinto (forse il più onesto e disponibile dei politici regionali al mondo) ce lo spieghi senza infonderci speranze troppo ottimiste, senza illuderci inutilmente. La Regione è sull’orlo del fallimento, è nella merda fino al collo più di noi e da diversi anni; il colpo di grazia lo avrà con l’introduzione imminente del federalismo fiscale delle regioni; dopo la Grecia toccherà alla “Magna Grecia”, alla Sicilia; pessimismo o realismo?
    Inoltre la manovra finanziaria governativa nazionale da 24,9 miliardi di euro del 2010 comporta degli ulteriori tagli finanziari fino al 2013 per le regioni e per gli altri enti pubblici locali.
    Ormai quasi tutti gli enti pubblici hanno carenza di fondi finanziari e vanno ogni anno a peggiorare: lo Stato italiano non ha soldi, la Regione Sicilia non ha soldi, la Provincia di Agrigento non ha soldi e i suoi comuni ne hanno ancor di meno (hanno solo debiti e aumentano le tasse); ma allora, se è vera quella formula che dice: “se non si verificano guerre, calamità, disastri naturali, la ricchezza non si distrugge ma si trasforma o passa dalle tasche di certuni alle tasche di certi altri”; con questa crisi è calata un po’ la produzione industriale e commerciale in tutto il mondo, ma i ricchi sono sempre pochi e sono sempre più ricchi, i benestanti sono tanti e restano invariati mentre i poveri sono sempre tantissimi e sono sempre più poveri.
    Non conviene più continuare a cercare lavoro presso gli enti pubblici perché sono sempre in costante perdita di fondi finanziari; come hanno fatto tanti aspiranti lavoratori in passato, conviene cercare lavoro dove vanno i soldi, dove si accumulano ininterrottamente le ricchezze; quindi conviene cercarlo presso i ricchi e grandi imprenditori industriali e commerciali: presso le loro milionarie o miliardarie proprietà immobiliari o mobiliari sparse per l’Italia o per il mondo, per fargli da operaio, da bracciante, da ausiliario, da personale di servizio, da facchino-cameriere-pulitore, da giardiniere, da insegnante, da artigiano, da tecnico, da specialista, da impiegato di ufficio amministrativo, da commesso, da autista, da infermiere, da custode, da “cane da guardia” etc. in: fabbriche industriali e artigianali, aziende agricole e di allevamento bestiame, centri commerciali, banche, miniere e impianti di estrazioni minerarie (tra cui il petrolio e il gas), stazioni ferroviarie private, centrali elettriche, cliniche sanitarie, case di riposo, scuole private, tv private, radio private, sedi giornalistiche, alberghi, hotel, villaggi turistici, impianti di attrezzature balneari o di attrezzature sciistiche, impianti sportivi, teatri, cinema, casinò, discoteche, compagnie di trasporto aereo, di trasporto navale, di trasporto ferroviario o di trasporto gommato su strada, enti /istituti privati di servizi vari, di assistenza sociale, di gestione, di controllo, di vigilanza, di salvaguardia e conservazione, di ricerca scientifica e sperimentazione etc.; oppure presso le loro grandi case in città, le loro grandi case al mare o in montagna, le loro grandi ville con immensi giardini, parchi, piscine, fontane e campi da golf, i loro yacht, panfili e motoscafi, i loro porti privati, i loro elicotteri o aerei familiari, i loro aeroporti privati, le loro auto fuoriserie etc. etc.
    Nelle loro banche e nelle loro case stanno e aumentano i milioni di euro, più di quanto ne abbiano gli enti pubblici in questo periodo di crisi. Per le casse del nostro fisco, per il rilancio della produzione e dell’occupazione industriale, artigianale e commerciale, non è servita a molto la legge sullo scudo di protezione fiscale per invogliare le imprese italiane a rientrare in Italia dall’estero; la maggior parte delle imprese non sono ancora rientrate da quegli stati esteri in cui ci sono meno tasse sulle attività produttive rispetto all’Italia (paradisi o semi paradisi fiscali) e in cui la mano d’opera costa contrattualmente molto meno; una parte di quelle poche imprese che sono rientrate lo ha fatto ridimensionandosi, trasformandosi da grande impresa in media impresa o da media impresa in piccola impresa; il resto dei denari, da tali imprenditori, non sono stati investiti per rilanciare la produzione e per creare nuova occupazione, ma sono stati depositati nelle banche, investiti in borsa per pura speculazione finanziaria o investiti nelle loro case in città, nelle loro ville al mare o in campagna, nei loro giardini, nei loro parchi, nelle loro piscine, nei loro campi da golf, nelle loro imbarcazioni, nei loro aerei familiari, nei loro porti privati, nei loro aeroporti privati, nelle loro auto fuoriserie etc. etc.; non gliene frega un cazzo dei lavoratori precari, dei disoccupati, del rilancio dell’economia nazionale; meno male che soltanto alcuni di loro siano collusi con la mafia.
    Quindi dov’è che i soldi dei grandi imprenditori si accumulano sempre di più? Dov’è che non si conosce mai la crisi economica-finanziaria? Nelle loro imprese? No! Nelle loro varie case, che sembrano regge imperiali con immensi “parchi della rimembranza”? Si! Certamente si! La maggior parte dei grandi imprenditori ricconi resiste bene alle grandi crisi economiche mondiali, non va mai in rovina, anzi, accresce ogni anno di milioni di euro, o di dollari, il suo patrimonio, ma spesso licenzia una parte dei propri dipendenti perché, “grazie” ai computer e ai robot, tende sempre ad assumerne la quantità appena sufficiente, sempre più specializzati a svolgere certe mansioni e per periodi programmati, a tempo determinato (contratti stagionali, annuali, biennali o quinquennali). Quello che si guadagna lavorando al servizio degli imprenditori ricconi è di gran lunga superiore a ciò che si guadagna lavorando nel pubblico impiego; ormai anche gli enti pubblici non garantiscono più il posto fisso, il contratto a tempo indeterminato, certi diritti, certe garanzie contrattuali; quindi ora c’è poca differenza tra il lavoro nel settore privato e quello nel settore pubblico; inoltre molte aziende pubbliche sono state o stanno per essere gradualmente privatizzate. Peccato che certi grandi imprenditori siano o siano stati collusi con la mafia, con la camorra etc..
    I politici e i sindacalisti della nostra provincia e della nostra regione ci dicono sempre di non fare la guerra tra poveri, di non prendercela contro gli LSU o contro altre categorie lavorative che hanno ricevuto dalla Regione Sicilia dei buoni finanziamenti; ma i politici e i sindacalisti della nostra provincia e della nostra regione non considerano il fatto che proprio gli LSU hanno già fatto la guerra tra poveri; l’hanno fatta proprio contro di noi, personale ATA scolastico statale, e l’hanno pure vinta grazie all’aiuto di tali politici e di tali sindacalisti. Tali LSU sono tutti tesserati a pagamento ai partiti di tali politici e ai sindacati di tali sindacalisti, con relative ritenute sindacali in busta paga. Permettetemi di ricordare che in questi ultimi anni c’è chi, pur essendo diplomato o laureato e con famiglia a carico, non ha nemmeno un posto di lavoro in regola, perché non l’ha ancora trovato o perché l’ha perso, mentre fra i politici e i sindacalisti c’è chi ha due o più stipendi, come per esempio gli iscritti all’ARAN, quegli impiegati pubblici o del settore privato, i cosiddetti DISTACCATI, in servizio presso i sindacati e retribuiti ancora dagli enti di provenienza, che fanno solo i sindacalisti a tempo pieno e indeterminato.
    Adesso non è periodo di elezioni regionali o provinciali; noi non siamo dipendenti regionali, non siamo LSU ma siamo dipendenti statali scolastici precari (quasi 25’000 fra docenti e ATA in Sicilia), la maggior parte di noi non è tesserata ad alcun partito politico o ad alcun sindacato confederale, quindi che cazzo gliene frega di noi al governo regionale? A destra sono convinti che senza di noi l’economia regionale e quella nazionale potrebbe funzionare meglio, con meno sprechi, con più risparmi di spesa pubblica; ci viene riconosciuto il diritto al lavoro senza alcuna valida garanzia di poter lavorare a tempo indeterminato o a tempo determinato e soprattutto non si tiene conto seriamente di quanti siamo in una situazione lavorativa ed economica precaria.
    Cari colleghi precari della scuola pubblica nell’agrigentino, volete sapere come fare per convocare e riunire subito, entro poche ore, tutti i deputati regionali, sia di destra che di centro e di sinistra, e il governo regionale all’IPIA di Agrigento, in Provveditorato oppure a casa di qualcuno di noi? Basta fargli uno scherzetto di questa portata: fargli sapere che abbiamo fatto tutti (docenti e ATA) una colletta filantropica di circa 1’000’000 € per aiutare le casse finanziarie del nostro povero ente Regione Sicilia! Basta fargli sapere che abbiamo già pronta la mazzetta di contanti da consegnare e il gioco è fatto! Verrebbero tutti ad abboccare in un batter d’occhio; un bel “pesce d’aprile”, fatto in ritardo ma sicuramente efficace, che finalmente desterebbe in loro un minimo di interesse per noi, almeno quando devono incassare. Peccato che poi, non essendo periodo di elezioni regionali o provinciali, si darebbero tutti subito alla fuga in elicottero o in auto fuoriserie appena gli verrebbe comunicato che si è trattato di uno scherzo e che il vero motivo della convocazione è quello di discutere di ciò che potrebbe fare la Regione per risolvere il nostro problema di lungo precariato e di lunga disoccupazione.
    News sulle riforme che il Cavaliere Berlusca vuole fare per le 4’200’000 famiglie (nel 2009) di disoccupati e di lavoratori precari del settore privato e del pubblico impiego: i signori porci grossi della politica, i dirigenti delle pubbliche istituzioni statali e regionali, i grandi imprenditori industriali e commerciali, dato che non riescono più a darci e a garantirci nemmeno un posto di lavoro a tempo determinato, ci permetteranno periodicamente di chiedergli almeno una generosa elemosina; possiamo già preparare i piattini e collocarci davanti alle loro varie residenze (in città, in campagna, al mare etc.) o davanti alle loro varie sedi di lavoro. Si ricorda ai disoccupati e ai precari che le visite elemosinali ai suddetti signori porci grossi, nei fine settimana invernali, possono farsi presso i villaggi turistici di lusso montani e nei fine settimana estivi presso i villaggi turistici di lusso marini; se nelle vicinanze di tali villaggi turistici si nota la presenza degli aerei privati o degli elicotteri privati, degli yacht, dei panfili, delle navi private e delle auto fuori serie, vuol dire che lor signori porci grossi siano presenti; non è escluso che per qualcuno dei più simpatici e innocui disoccupati ci sia la possibilità di essere assunto come facchino-cameriere-pulitore etc. stagionale.
    Ecco la risposta dei precari della scuola pubblica:
    Se sua eccellenza il ministro della Pubblica Istruzione, Maria Stella Gelmini, vuole essere solidale con i 133’000 lavoratori precari (chi da 10, chi da 15 e chi da 20 anni) a cui ha tagliato fino al 2013 tutti i posti di lavoro nella scuola pubblica, è pregata, dai suddetti, di licenziarsi immediatamente dal proprio posto di lavoro da ministro, di trasferirsi, con la propria famiglia a carico, al sud Italia per prendervi residenza fino al 2014 e per cercarvi, senza l’aiuto dei propri amici politici, un altro posto di lavoro; è pregata di riscuotere dalla propria banca soltanto la disoccupazione ordinaria pagata al 75 % dello stipendio (750-800 € per il personale ATA e 900-950 € per i docenti), pagata con un mese di ritardo e per soli complessivi otto mesi (la Gelmini ha solo 36 anni).
    Il Cavaliere ribatte: “Ecco qual è la nuova etica da seguire: daremo ai servi (soltanto a quei servi che ci occorrono) tutto ciò che serve per farli continuare a fare meglio i servi e i lecchini della classe dirigente”…………
    “Io e il mio povero governo non abbiamo ancora un minimo di potere per governare! L’opposizione di sinistra e la magistratura ci ostacolano in tutto! Bisogna assolutamente e immediatamente fare un decreto legge sul presidenzialismo alla ducese (alla maniera del Duce).”.
    La risposta dei precari e dei disoccupati: “Non occorre il presidenzialismo, non occorre un governo decisionalista, autoritario, antipluralista e bisogna assolutamente fare un referendum popolare che dia allo Stato italiano una legge che dia più potere decisionale, legislativo, in materia di contrattazione nazionale e regionale del lavoro, ai tavoli di concertazione sindacale fra le parti sociali; la finanziaria governativa deve essere condizionata dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro per ogni categoria, non viceversa.”.

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