IL FIDEISMO SU DI PIETRO FA VERAMENTE PAURA!

  • Il giustiziere della notte, Antonio Di Pietro , si sentirà sicuramente messo in un tritacarne così come si sentivano, anche per molto meno, i suoi inquisiti che in grandissima parte sono usciti indenni, giudizialmente, dal giogo inquisitorio a cui furono sottoposti. Alcuni non hanno retto alla gogna e, per scelta soggettiva o sviluppo oggettivo, hanno abbandonato questa terra. Doveva aspettarselo, però, il nostro piccolo fustigatore. E non perché è normale che l’inquisitore diventi inquisito, come la storia ci insegna, ma perché quando si costruisce un partito (?), l’IDV, basato solo sulla trasparenza e sull’onestà, sarebbe stato necessario che nell’armadio non ci fossero nè scheletri, nè addirittura qualcosa che gli potesse assomigliare.

    Le difficoltà dell’oggi nascono anche per questo. Se l’opinione pubblica non vuole che il mondo politico sia disonesto, a maggior ragione pretende, da personaggi come Di Pietro, che non ci sia su questo versante veramente nessuna ombra. Se la morale corrente critica i rapporti extraconiugali, la stessa morale li condanna, senza alcun appello, se il presunto protagonista boccaccesco fosse un prete. Sperare di risolvere, quindi, il problema negandolo, o minacciando querele, o parlando di ‘azione criminale’ di qualche giornale, non serve a niente. E’ invece necessario chiarire ogni piccolo particolare. Solo chi vuol tenere gli occhi chiusi si accontenta dell’ipse dixit, anche se purtroppo, tra i suoi seguaci, c’è chi ha deciso di tenerli saldamente chiusi. Non tutti però.

    Alcuni sono rimasti sconcertati, delusi e amareggiati per l’evidente contrasto tra il predicare e il razzolare, ed hanno preso decisamente le distanze dall’incantatore targato IDV. Gli perdonavano tutto, proprio tutto, dall’assenza di respiro politico agli strafalcioni grammaticali, ma non l’ipotetica sporcizia sulla bandiera della moralità. Altri invece, sentendo scricchiolare le certezze che avevano, avrebbero deciso di vedere fino in fondo l’attuale ‘partita’, sperando d’essere aiutati a uscire dal guado in cui si sono venuti a trovare anche per evitare di dover confessare a se stessi quanto siano stati ingenui e incauti nella scelta del cavallo su cui avevano puntato le loro speranze. E, infine, c’è chi ha considerato, e considera tuttora quanto sta avvenendo, solo frutto di quel demonio di Berlusconi che una ne fa e cento ne pensa, e si rifiuta addirittura di leggere quanto scrivono molti giornali, non più solo il Giornale della famiglia demoniaca, ma anche altri come ad esempio lo stesso Corriere della Sera.

    Questa terza categoria fa veramente paura. A differenza dell’articolo dell’avvocato Li Gotti che ha solo il sapore dell’aggressione nei confronti del Direttore de il Giornale, e quello della ‘captatio benevolentiae’ nei confronti di chi decide vita o morte politica dei propri parlamentari, è il fideismo esasperato che fa tremare i polsi e le vene d’ogni sincero democratico. Perché il fideismo porta a rifiutare l’approfondimento della vicenda, porta ad ignorare quanto dicono gli ‘altri’, si pasce della verità sola e unica del suo predicatore, accoglie a occhi chiusi il ‘verbo’ del capo perché non può essercene un altro al di fuori di quello, spinge a inveire, offendere, attaccare e minacciare. I blog di Di Pietro e dell’IDV sono letteralmente infarciti di ogni contumelia.

    Non c’è dubbio che si tratti di un pezzo di ‘popolo’ assolutamente minoritario, che ragiona con la pancia, e che considera la campagna mediatica una terribile invenzione dei nemici del proprio idolo. Esso, l’idolo, era, è e sarà sempre immacolato. Ma anche un pezzo minoritario, incolto, retrogrado e qualunquista, può diventare un pericolo se trova, come ha trovato, un proprio discreto organizzatore le cui iniziative spingono verso derive populiste e verso sbocchi impensabili.

    Quanta responsabilità, signor Veltroni, si è assunto nella cronaca odierna che ogni democratico si augura non diventi mai storia!

    Giovanni ALVARO

    Reggio Calabria, 13.1.2009

  • DI PIETRO S’E’ BLINDATO CONTRO I ‘GUASTAFESTE’

    Prima o poi, com’era prevedibile, doveva accadere. Come sempre, (vedi Robespierre), anche i più feroci inquisitori subiscono la stessa sorte che hanno imposto agli altri. E non certo solo per fatti ‘penalmente rilevanti’, perché in politica si paga dazio anche per fatti che cozzano terribilmente con il senso comune della gente semplice, con la prassi morale imperante, e con la stridente collisione con le bandiere sventolate ad ogni piè sospinto.

    E’ bastata una serie di telefonate del pargolo dipietrino per aprire un processo di messa a fuoco di notizie che, nei mesi e nelle settimane passate, venivano soltanto sussurrate o soltanto timidamente pubblicate, ma sempre ignorate dalla grande stampa italiana, e spesso oggetto di querele da parte dell’interessato che non accettava alcuna critica e respingeva ogni possibile addebito. Stia tranquillo l’ingenuo Cristiano, che magari si sente in colpa col paparino, la ‘cosa’ era destinata ad emergere. Era solo questione di tempo, e la pentola in ebollizione sarebbe esplosa con grande fragore, lui, semmai, è stato solo l’inconsapevole detonatore.

    Della vicenda comunque non ci interessano i lati ‘penalmente rilevanti’ (questo è essenzialmente compito della magistratura), a noi interessano i lati politici e le incongruenze denunciate, sui media nazionali, nel comportamento del ‘leader’ del qualunquismo populista qual è Antonio Di Pietro. Due sono i problemi che attendono risposte adeguate e sui quali vogliamo soffermarci, a parte i motivi, mai chiariti, della spettacolare dismissione della toga quand’era al culmine della popolarità che, la parte più viscerale del popolo italiano (quello per intenderci che non usa cervello o cuore, ma solo pancia), non nega a nessuno.

    Il primo problema è capire come Di Pietro sia venuto a conoscenza di un’inchiesta, (coperta dal segreto istruttorio), che coinvolgeva sia il Provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise dott. Mautone (poi arrestato, liberato per vizi di forma e riarrestato), sia lo stesso figliuolo Cristiano. Il primo trasferito d’urgenza al Ministero, il secondo, come d’incanto, ha interrotto le telefonare al Mautone. Di Pietro prima risponde che lo ha saputo ‘dalle agenzie’, ma detta giustificazione è risultata falsa, perché le notizie in merito, a luglio 2007, non esistevano (segreto istruttorio); successivamente parla di aver ‘annusato’ l’aria convinto di chiudere così la vicenda, magari pensando che gli italiani (non quelli di pancia, ma quelli di testa) siano dei perfetti imbecilli a cui si può raccontare la favola dell’asino che vola.

    Il secondo problema nasce dai rimborsi elettorali (40 milioni di euro pari a circa 80 miliardi di vecchie lire) che, si è saputo, non andavano al Partito dell’IDV, ma all’Associazione IDV i cui unici membri sono solo Antonio Di Pietro (presidente), la moglie Susanna Mazzoleni e l’amica di famiglia Silvana Mura (tesoriere) promossa deputato. L’incredibile sta nel fatto che nel Partito (che non conta nulla) ci si può iscrivere quando e come si vuole, mentre nell’Associazione si può entrare, con atto notarile, solo se vuole Di Pietro, e in questi anni chiaramente non ha voluto alcuna ‘contaminazione’. L’Associazione è quella che controlla il finanziamento elettorale. Egli giustifica questa blindatura antidemocratica con una frase illuminante: “Noi (chi? Lui, la moglie e l’amica?) ci siamo garantiti così, e ci sentiamo tranquilli dalle rivendicazioni di qualche guastafeste”. Cioè, in parole povere, nessuno può mettermi in minoranza e la cassa del partito la controllo comunque io, in barba agli oppositori interni al partito chiamati semplicemente guastafeste.

    Sorge da ciò un problema delicatissimo, e una domanda specifica: può esserci in un Paese democratico, come l’Italia, un partito gestito in modo così antidemocratico? Se la risposta è no, vanno assunte iniziative per far si che i partiti, tutti i partiti, abbiamo realmente una vita democratica. E’ un altro dei problemi da affrontare per far crescere la democrazia dell’intero Paese.

    Giovanni ALVARO
    Reggio Calabria, 5.1.2009

  • Del Nuovo Ordine Mondiale, dell’Europa, del PDL, del Socialismo Liberale

    Parte 1a

    Forse il crollo del muro di Berlino non è stato l’inizio di una nuova era, ma la fine della vecchia.
    Tutti noi non siamo stati in grado di capire i mutamenti le evoluzioni, il nuovo ordine mondiale che da li ne sarebbe scaturito.
    Con il senno del poi è molto facile capire che uno squilibrio, quale era infatti lo strapotere egemonico degli USA, avrebbe generato un nuovo equilibrio; e così è.
    Gli Stati Uniti hanno con molta probabilità sottovalutato la debolezza Russa, non hanno considerato a sufficienza la crescita della Cina, e sempre molto probabilmente hanno creduto che il mondo arabo sarebbe stato controllato dallo stato israeliano.
    Hanno pensato che la debolezza dell’Europa, colpita in tutti gli Stati da una forma più o meno violenta di “Mani Pulite”, in un ordine che non prevedeva un contraltare agli USA, non sarebbe stato un problema.
    L’Europa, nondimeno non ha saputo compiere quella trasformazione che era cominciata a Maastricht, quando firmando quel famoso trattato si era pensato più ad un’Europa unita politicamente che economicamente.
    Si è assistito in forme più o meno evidenti ad un crollo della Politica tradizionale, per come l’abbiamo conosciuta nel secondo dopoguerra, alla assenza di ideologie e culture, al crollo non solo dei partiti ma soprattutto delle loro funzioni di equilibrio e di garanzia nella crescita e sviluppo della Società.
    Anche l’Europa, liberata dal pericolo Comunista ha pensato che tutto si sarebbe potuto risolvere con un equilibrio economico; si è giunti così alla moneta unica che ha unito solo interessi economici e speculazioni generando povertà e malesseri; l’Inghilterra è rimasta fuori da questa operazione, mantenendo invece una autonomia di pensiero e di politica che ha permesso fino ad oggi di affrontare la situazione in maniera diversa, non so se migliore, ma certamente diversa.
    L’Italia ha affrontato il dopo Berlino nel momento peggiore, avendo subito più di tutte l’operazione scientifica del colpo di stato, che ha portato un intero sistema al crollo senza che vi sia stata una classe dirigente adeguatamente preparata a sostituire coloro i quali avevano gestito fino ad allora le vicende del nostro Paese.
    Siamo così giunti al Berlusconismo e a tutto quello che nel bene ( io penso molto) e nel male tutto ciò ha significato.
    Da 15 anni stiamo assistendo alla mortificazione dei progetti dello sviluppo della crescita politica del nostro Paese, all’incapacità di affrontare situazioni che siano di prospettiva.
    Il nostro Paese è stato sottoposto ad un sistematico saccheggio; l’assenza del controllo politico ha fatto si che le speculazioni siano avvenute senza scrupoli e criteri: Telecom, Parmalat, il sistema bancario ci riportano alla mente situazioni che sarebbero state inimmaginabili in un sistema politico come quello cui noi eravamo abituati prima del crollo dell’URSS.

    GRAZIE A CRISTIANO DI PIETRO, FORSE…

    Clemente Mastella, in modo accorato, ha dichiarato che non avrebbe osato pensare a cosa sarebbe successo se una telefonata come quella del ‘pezz’e core’ Cristiano Di Pietro fosse stata registrata sulla propria utenza telefonica. “Per molto meno -ha continuato- mia moglie Sandra è stata arrestata, ed io ho dovuto lasciare il Ministero di Grazia e Giustizia, il partito, la carriera politica”. Con questa battuta il caro Clemente ha sintetizzato il doppiopesismo giudiziario esistente in Italia che, proprio per l’affermazione che lo ha basìto, sembra essergli nuovo e inedito.

    No, caro ex Ministro di Grazia e Giustizia, non c’è nulla di nuovo oggi nell’aria, anzi è tutto antico. Solo chi non ha voluto vederlo, non s’è accorto che venivano usati, e non solo dai media, due pesi e due misure, a seconda dell’appartenenza politica dei soggetti interessati. Solo chi, spinto a ingraziarsi l’ordine considerato ‘invincibile’, e anche per questo impegnato a neutralizzare quanto realizzato dal precedente Ministro on. Castelli, poteva far finta di non scorgere la realtà che scivolava sempre più verso una deriva incontrollabile, e dimostrarsi così un marziano scandalizzato.

    C’è una frase però dell’ex Ministro che merita un’approfondimento, ed è quella con la quale Mastella ha affermto: “A Di Pietro pare che tutto sia concesso. Sembra che molti ne abbiano paura”. E’ una frase che rispecchia fedelmente il pensiero che hanno molti, anche all’interno dello stesso Partito di Veltroni, che continuano a non spiegarsi, prima l’alleanza con Di Pietro a scapito di comunisti, socialisti e verdi, e poi il continuo inseguire le sue iniziative populiste; l’appiattimento sul suo credo giustizialista; e l’accettazione dei suoi candidati imposti a suon di provocatorie affermazioni pubbliche. Non si dimentichi che in Abruzzo il candidato a Governatore era un uomo di Di Pietro che il PD ha dovuto, obtorto collo, ingoiare col risultato super deludente registrato a spoglio concluso.

    Ma, se veramente Uòlter e il più ristretto gruppo dirigente dei PD, hanno paura del nostrano mini Robespierre, c’è qualcosa che non è ancora emerso e che è necessario far emergere. Forse, per questo, bisognerebbe tornare indietro con la memoria e capire la vicenda della valigetta, piena di soldi di Gardini, seguita da Di Pietro fin sul portone di Botteghe Oscure e quindi letteralmente scomparsa: perché oltre quel portone non si è trovato chi NON POTEVA NON SAPERE. Ma anche in questo caso la verità sarebbe solo parziale, perché se fino ad ieri poteva avere un significato la difesa della propria impunità oltre quella della propria diversità morale, oggi, dopo che Donegaglia (ex grosso dirigente delle Coop rosse) ha deciso di aprire il rubinetto dei propri racconti svelando i meccanismi della corruzione rossa, non lo si capisce più.

    O forse tutto va ricondotto al fatto che Violante non è più visibilmente accreditato come referente unico del fronte giudiziario, ed al suo posto si è insediato il nostro piccolissimo nuovo Torquemada che però pensa solo a rafforzare il proprio ruolo nel Paese disinteressandosi d’altro. Ma anche se non lo facesse, l’esperienza dimostra, ch’è difficile tenere sotto controllo un ordine diventato ormai oggettivamente incontrollabile.

    I prossimi giorni forse sveleranno tanti misteri, per adesso bisogna accontentarsi del fatto che il dibattito sulla giustizia non è più recintato nelle riserve indiane ma si è librato in ogni direzione. E questo fa ben sperare sullo sgretolamento del fronte della conservazione nella difesa di ruoli e privilegi di casta.

    Intanto dobbiamo un grazie di cuore al dipietrino, delfino o trota che sia, perché ha contribuito, e non poco, a questo risultato. Quelle telefonate fatte al dott. Mautone hanno aperto, al grande pubblico, uno spiraglio illuminante sulla differenza tra predicare e razzolare, e sulla differenza tra democrazia praticata e predicata. In quella praticata il controllo spetta al popolo, nel secondo caso spetta solo a chi ha la furbizia di costruirsi strutture con proconsoli parentali, o partiti con speciali statuti.

    Ma la storia del giustiziere della notte, Antonio Di Pietro, è intessuta di altre vicende ed altri misteri. No, non parliamo né della Mercedes ricevuta, né del prestito di 100 milioni a tasso zero, né dell’appartamento avuto in affitto dalla Cariplo a Milano e ceduto al proprio figliolo, né degli immobili comprati dalla An.to.cri. (Anna, Totò, Cristiano, il trittico Di Pietro) e affittati all’IDV in varie zone d’Italia, ma parliamo del più importante dei misteri. Quello delle sue dimissioni dalla Magistratura, i cui motivi rimangono ancora ignoti, e chissà se in essi non ci sia la chiave per leggere la sudditanza di Veltroni e del PD all’egemonia dipietresca.

    Nei giorni scorsi, il picconatore per eccellenza, l’emerito Presidente della Repubblica Francesco Cossiga , solitamente ben informato (forse per i suoi trascorsi gomito a gomito con i servizi segreti di questo Paese), lo spronava a confessare il perché di quell’abbandono, ricordandogli che lui (Cossiga) ne era a conoscenza, ma che, oggi, preferiva evitare di renderlo pubblico. E’ augurabile che non ci faccia aspettare molto.

    Giovanni ALVARO

    Reggio Calabria 30.12.2008

    Film su Craxi Sabato 3 Gennaio

    Sabato 3 gennaio in seconda serata ore 22.30 su Canale 5 viene trasmesso il Film su Bettino Craxi “La mia vita è stata una corsa” con la regia di Paolo Pizzolante.

    Una vita vissuta di corsa, fatta di scatti d’orgoglio («non prendiamo lezioni dai
    comunisti»), di responsabilità («se perdo il referendum sulla Scala Mobile mi dimetto
    un minuto dopo»), d’onore (Sigonella), di giustizia (aiuto al dissenso internazionale).
    Lasciando ai documenti, senza filtri, illustrare la rivoluzione giudiziaria del ’92, le ultime
    scene del film accendono il faro sull’esilio ad Hammamet, dal 1994 al 2000: «Io la
    considero la morte. Perché per me, la mia libertà equivale alla mia vita».

    Approfitto per formulare a tutti i migliori auguri di buon anno.

    Giovanni Bertoldi – Segretario Nuovo PSI Emilia Romagna

    SGOMBRARE IL CAMPO PER MANIFESTA INCAPACITA’

    Lo avevamo già scritto, facendo i facili profeti, che alla fine Veltroni, D’Alema e & avrebbero fatto come gli struzzi. Imbrogliano se stessi, si nascondono la verità, quella nuda e cruda della Caporetto abruzzese (anteprima di una Caporetto generale), e, come se si stesse in una normale situazione, anziché porre mano ai problemi di linea politica e correzione profonda del loro modo d’essere, decidono di mantenere lo status quo con quell’asfissiante alleanza con Di Pietro, e, con l’occhio al controllo del partito, pensano solo a come affrontare il redde rationem che comunque è stato rinviato al dopo elezioni europee.

    Siamo veramente, come si vede, all’incapacità di percepire la gravità della situazione in cui si trovano. In pratica, si è alla confusione più totale ed al possibile sfascio di quel partito che fu il PCI, il PDS, i DS e, con la Margherita, l’attuale PD, ‘amalgama mal riuscito’ (versione D’Alema), o ‘amalgama che c’è già stato alle elezioni politiche e prima ancora alle primarie’ (controreplica Veltroni).

    Non c’è dubbio che, nella scelta di non toccare nulla delle proprie alleanze, ha pesato l’esplosione della questione morale che sta facendo assaporare, anche ai ‘moralmente diversi’, quanto è terribilmente salato il mare. Come in una gara tra le Procure, infatti, si susseguono, senza soluzione di continuità, le inchieste, gli arresti, le iscrizioni nei registri degli indagati e i rinvii a giudizio, che stanno sconvolgendo il cosiddetto popolo di sinistra che, per la prima volta, forse, comincia ad aprire gli occhi sul pianeta magistrati e, a denti stretti, comincia a considerare urgente la riforma del settore. Riforma che, per anni, è stata vista come il tentativo di mettere sotto controllo l’ordine giudiziario, e non come una necessità per rendere civile e moderno un Paese sotto scacco e martoriato da abusi di ogni genere per l’autoesaltazione e la forte esposizione mediatica dei nuovi protagonisti, entrati nell’agone a gamba tesissima, quali sono stati i magistrati politicizzati.

    La preoccupazione del ristretto gruppo dirigente del PD è comunque e sempre Antonio Di Pietro e la sua capacità di sfruttare ogni loro passo falso sul terreno giustizialista. Uòlter e ‘baffino’ sanno che le iniziative del PdL non puntano a fare dell’attuale ‘tangentopoli rossa’ un vessillo da usare senza parsimonia. Forse finalmente riescono a capire che Silvio Berlusconi e i suoi alleati non usano, contro i loro avversari, i metodi della canea giustizialista come sanno fare loro e i ‘campioni del rispetto, della civiltà e del confronto’ dell’IDV e del suo leader. Certamente è stato difficile per loro, cultori dell’aggressione sistematica, capire una verità lapalissiana: solo chi non ha argomenti si rifugia nel ghetto giustizialista, mentre il PdL ne ha a iosa.

    Per esempio a Napoli e in Campania, a che servirebbe girare ferocemente il coltello nella piaga, facendo scadere l’iniziativa politica e mettendo sterco nel ventilatore? A chi gioverebbe seminare discredito sulle istituzioni? La giustizia faccia il suo corso e velocemente, ma a Napoli e in Campania, usando solo il lessico del signor Gambale (il Torquemada partenopeo famoso per gli attacchi contro Gava, Scotti, De Lorenzo e Di Donato chiamati la ‘banda dei quattro’), bisogna liquidare al più presto ‘il duo Bassolino-Iervolino’ per assoluta manifesta incapacità politica.

    Le immagini di una regione sommersa dalla spazzatura, senza citare altro, sono stati il biglietto da visita di un gruppo dirigente modesto e senza capacità di volare alto. Mostrare le mani, come ha fatto la Iervolino, e dire che sono pulite serve a ben poco. Perché per guidare una città come Napoli, ex Capitale del Regno delle Due Sicilie, servono certo mani pulite, ma anche mani operose e occhi attenti e vigili. Essendo mancate queste due condizioni, sarebbe più corretto e politicamente più salutare chiudere finalmente un’esperienza fallimentare.

    Giovanni ALVARO

    Reggio Calabria 22.12.2008

    VELTRONI, BASTA CON UN CONNUBIO INDECENTE

    Si potrà girare e rigirare attorno al problema quanto si vuole, si potranno dare mille interpretazioni alla ultima sconfitta elettorale, si potrà dire da parte di Veltroni che alla fin fine il bicchiere si presenta mezzo pieno, mentre D’Alema gli dirà sicuramente ch’esso è mezzo vuoto, se non addirittura che sia totalmente vuoto, ma alla fine faranno come gli struzzi: nasconderanno la verità nuda e cruda della Caporetto rappresentata dal risultato elettorale dell’Abruzzo.

    Non sono abituati a dire come stanno veramente le cose, ad assumersi pienamente la responsabilità di ciò che va male, ad ammettere d’avere sbagliato tutto da dieci mesi a questa parte, per cui continueranno a mentire a se stessi, e saranno vittime della loro stessa presunzione. Non che una strada diversa li potrà riportare in auge, ma almeno li salverà dal precipizio, ed eviterà all’Italia la crescita di logiche populiste e sudamericane degnamente rappresentate da quel simpatico ‘superdemocratico’ qual è il signor Antonio Di Pietro.

    Affrontare la realtà significa prendere il toro per le corna, direttamente e senza alcun infingimento, stoppando la ripida scivolata su quel piano inclinato, cosparso di grasso, dove sono riusciti a collocarsi i signori della cosiddetta sinistra obamiana che vivono di nominalismi, simboli e frasi inglesi che tanto fanno chic nelle terrazze romane. Prendere il toro dal suo simbolo può appariscente significa però riconoscere il gravissimo errore commesso nell’aver allevato e messo in circolo un nemico della democrazia, un giustizialista dichiarato, un populista senza alcun respiro politico, quando contemporaneamente si decretava la fine di sinistre antagoniste, sinistre critiche, socialisti servizievoli e verdi di ogni gradazione.

    Non che l’assenza di detti rappresentanti (Diliberto, Boselli, Pecoraro Scanio, Giordano, Mussi, ecc.) ci abbia sconvolto e ci abbia costretto a mettere il lutto, ma onestamente li avremmo preferiti al trattorista di Montenero di Bisaccia che non è un avversario politico, ma un arringa popolo proteso solo ad incrementare la propria dote elettorale, portandola oltre il 4%, per non dipendere da decisioni altrui. Infatti se l’IDV ha inseguito l’alleanza con Veltroni lo ha fatto per rendersi immune dalla filosofia del voto utile, operazione che non gli serve più volendo giocare direttamente e da solo per evitare, così, si vedersi sbattere, nel prossimo futuro, la porta dell’alleanza in faccia. Sa che per lui è finita la stagione degli incarichi di Governo, ed allora punta a mantenersi in vita e con essa a mantenersi i cospicui rimborsi elettorali.

    Rozzo quanto si vuole, ma abbastanza lucido nel suo percorso e nelle sue scelte. Di Pietro sa che la propria crescita non può avvenire a danno dei moderati raggruppati sotto i vessilli del PdL guidato dal nemico Silvio Berlusconi, ma solo a scapito dei propri compagni di merende, ed allora non si fa scrupoli dando addosso al PD ma se necessario anche alla Croce rossa. Girotondi, grilli, tensioni sociali, scuola, scioperi epifanei lo vedono sempre in prima linea e sempre col megafono in mano. A Uòlter un consiglio: non continuare a sottovalutarlo. Tu sarai più fine certamente, ma ti è mancata completamente la lucidità. Hai imbarcato un talebano, lo hai coccolato, fatto crescere, ed ora ti si rivolta contro. Per te non c’è futuro se non hai il coraggio di staccarti totalmente da tale personaggio.

    A noi che importa? Di te veramente nulla, e nulla di ‘baffino’ il tuo gemello. A noi interessa l’Italia e le politiche da assumere in questo grave momento di recessione internazionale. Convergenze sulle scelte di fondo sono più necessarie dei muri contro muri. Per questo, e solo per il nostro Paese, ci permettiamo di consigliarti la rottura di un connubio indecente.

    Giovanni ALVARO
    Reggio Calabria 16.12.2008

    ENERGIA, GLI SPECCHIETTI PER LE ALLODOLE DI LOIERO

    Che la Calabria fosse in mano ad un gruppo di incompetenti è una verità ormai più che acquisita. Che questa incompetenza arrivasse al punto di rifiutare investimenti privati consistenti, nell’ordine di 1 miliardo e 200 milioni di euro, per la costruzione di una centrale a carbone in grado di produrre 10 terawatt pari ad un quinto dell’energia che l’Italia importa dai Paesi limitrofi, ha dell’incredibile ed è veramente difficile da digerire.

    Il Governatore Loiero ha approfittato della presenza del Commissario europeo alle politiche regionali, signora Danuta Hubner, per ribadire il proprio NO alla Centrale a carbone e per tirar fuori dal cilindro un bel coniglio pensando che le popolazioni della fascia grecanica della Provincia di Reggio Calabria non aspettassero altro. Il tutto condito con il miraggio di 1000 nuovi posti di lavoro. Ma da quel che ha detto si capisce che non sa di quel che parla.

    Non solo, ma lo fa all’indomani di una inchiesta pubblicata dal noto settimanale PANORAMA, che punta il dito sulla CASTA DEI NO che è costata al nostro Paese fior di quattrini ritardando l’ammodernamento del Paese (Tav, Mose, Ponte sullo Stretto, ecc.); lo fa all’indomani dell’inaugurazione della Centrale a carbone di Civitavecchia messa in piedi con moderne misure di tutela ambientale; e soprattutto all’indomani delle grandi misure per combattere la recessione che sta mettendo in crisi il mondo occidentale, che vanno dal piano straordinario di Obama per un massiccio investimento infrastrutturale, alle iniziative europea tese verso lo stesso obiettivo, fino ai piani approntati del Governo Berlusconi e che saranno resi noti a giorni.

    La verità sta nel fatto che al Governatore non interessa il futuro della Calabria ed il suo sviluppo, ma interessa semplicemente tener buone le forze che sostengono la sua Giunta, alcune delle quali hanno costruito la loro ragion d’essere proprio sui NO ad ogni iniziativa produttiva. Piegare alle proprie esigenze e alle proprie necessità politiche (ma non è questo un conflitto d’interessi?) le scelte di prospettiva è semplicemente delittuoso.

    Ed allora, il Governatore calabrese (a dimostrazione che non sa quel che dice) parla del sito dell’ex Liquichimica e dimentica che è proprietà privata; parla di centrale fotovoltaica e dimentica che anche trasformando tutto il terreno libero in un grande specchio riflettente si realizzerebbe, si e no, una modestissima produzione di 20 megawatt (un semplice topolino) a fronte delle enormi esigenze che ha l’Italia; parla di indotto per 1000 posti di lavoro ma non indica come e dove. Forse, ma a Loiero non l’hanno detto, si tratta di una fabbrica per la produzione di pannelli fotovoltaici che potrebbe essere impiantata da API-Energia, e che non entra per nulla in conflitto con la Centrale a carbone il cui progetto è stato presentato da una società svizzera.

    Dire No ad un investimento certo, da realizzare comunque dopo la Valutazione dell’Impatto Ambientale, e attaccarsi a fantomatici investimenti che reggono la scena solo per qualche mese, è assurdo, indecente, inutile e dannoso. Si rischia di bruciare un’occasione irripetibile per la zona jonica meridionale della Calabria buttando a mare, con essa, ogni vera ipotesi ‘indotta’: parliamo, per l’arrivo delle navi col carbone, della riattivazione del porto, del suo mantenimento efficiente, e della prospettiva di stabili collegamenti con aliscafi veloci per e da Catania, Taormina ed Isole Eolie, oltre alla riapertura di una darsena per piccolo e medio cabotaggio.

    Perché, quindi, rinunciare ad un percorso simile, che offre la certezza di occupazione stabile e sviluppo socio-economico, piegandosi a considerare l’investimento proposto come alternativo ad altro? Se lo sventolare il miraggio di 1000 posti di lavoro ‘indotto’ non è, nelle intenzioni del Governatore Loiero, uno specchietto per le allodole, perché non costruire un tavolo di confronto tra Regione, Enti Locali interessati, Api-Energia e Sei?
    Giovanni ALVARO
    Coordinatore Regionale Segreteria Nuovo PSI
    Reggio Calabria 15.12.2008

    GIUSTIZIA, UN CORTO CIRCUITO FORSE… SALUTARE

    C’è un solo soggetto, che senza alcuna vergogna, ha buttato le mani avanti dinanzi all’incredibile vicenda che, protagoniste due Procure della Repubblica, ha fatto emergere senza alcun velo i virus che covavano dentro la Magistratura italiana. Si tratta dell’ANM che, incurante del ridicolo, si è preoccupato di chiedere di ‘evitare una dannosa strumentalizzazione’, dinanzi allo sconcerto delle forze politiche, e soprattutto nell’opinione pubblica, per quanto avvenuto.

    Come dire: ‘non approfittate del marasma emerso tra Salerno e Catanzaro’ e della palese nudità del re, per introdurre correttivi che possano riportare l’ordine giudiziario nei recinti voluti dai nostri padri costituenti. Ma la misura è ormai colma e non vi è più tempo da perdere, anche perché: ‘dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur’ . Il ‘mostro’ allevato, coccolato e utilizzato, fornito di grande potenza nell’ambito di vie giudiziarie al potere, è così fortemente cresciuto che non risponde più ad alcun controllo e vive di autoesaltazione e smisurata onnipotenza.

    E’ la conseguenza logica di anni di sostegno di tutti i magistrati; di periodi di grande visibilità e protagonismo mediatico di cui essi godevano; di difesa acritica di ogni loro iniziativa, e della indiscussa irresponsabilità dei propri atti, anche di quelli che sono stati causa di tragedie umane. A loro difesa non solo l’ANM, e ogni altro strumento corporativo, che in questi anni è stato raffinato ed egemonizzato scientificamente, ma anche il solito schieramento politico (capeggiato da chi oggi sta sotto le bandiere del PD), ch’è sempre stato pronto a sputar sentenze facendo quadrato attorno al singolo a all’intera corporazione.

    Questo schieramento ha vinto, di volta in volta, le battaglie che coraggiosi Ministri della Giustizia avrebbero voluto portare a termine. Uno schieramento, però, teso a guardare il dito e non la luna che veniva indicata, sperando, tatticamente, di cogliere la ricaduta politica contro il proprio nemico dichiarato Silvio Berlusconi , ma, incapace di capire, strategicamente, il vicolo cieco dentro cui ci si immetteva. All’ombra di queste incapacità, oggi, la cosiddetta sinistra, guidata da Veltroni e D’Alema, dovrebbe recitare il ‘mea culpa’, anche per aver partorito e fornito all’ordine giudiziario un portavoce come Antonio Di Pietro.
    Per fortuna la guerra non è ancora persa. Bisogna però andare avanti, senza preoccupazione di sorta e puntando alla terziarità del Giudice, che si ottiene, onorevole Ministro Angelino Alfano, non con la separazione delle carriere (che giunto il problema a questo punto sarà anche accolto dai signori ‘sinistri’), ma con la fuoruscita del PM dagli organici della Magistratura e la contemporanea creazione dell’avvocato dell’accusa. Solo così ci sarà un giudice terzo rispetto ai due avvocati che sosterranno, uno l’accusa e l’altro la difesa dell’ipotetico reo.

    Oggi ci sono le condizioni per imboccare questa strada. Sarebbe un errore strategico non farlo magari sull’altare della ricerca di convergenze che il popolo italiano ha creduto opportuno evitare con l’incredibile successo del PdL di otto mesi fa. Basti, tra l’altro, vedere come della vicenda ‘Why not’, che ha originato il caso De Magistris, non se ne parla per nulla, e l’attenzione dell’opinione pubblica è piegata sulla spedizione campana, sostenuta da un centinaio di carabinieri, contro la procura di Catanzaro, e il ‘fallo di reazione’ di quella Procura verso i rei dell’intrusione.

    Corto circuito? Forse. Comunque, alla fine, se porterà a varare la riforma di quell’ordine che ha spadroneggiato per ben 15 anni nel nostro Paese, con tutti i guasti che si sono determinati per la distruzione della Prima Repubblica e il mancato varo della Seconda, sarà stato un corto circuito salutare.

    Giovanni ALVARO
    Reggio Calabria, 8.12.2008

    No a PDL se solo FI più AN

    Si è riunita a Roma, presso la sede nazionale di Largo di Torre Argentina, la segreteria nazionale del Nuovo Psi allargata ai segretari regionali e si sono affrontate le questioni inerenti il tesseramento e il percorso costituente del Pdl.
    Sul tesseramento si sono definite le procedure complessive e le realtà territoriali sono chiamati ad inviare le comunicazioni conseguenti. E’ stato poi distribuito ai segretari regionali il documento della segreteria sulla costituente del Pdl (che segue con relativo comunicato stampa) A tal fine la segreteria, con l’adesione dei segretari regionali, ha condiviso il percorso organizzativo di comune partecipazione al nuovo soggetto politico che insieme hanno proposto Nuovo Psi, DCA, PRI e AS.

    Documento Politico

    Il contributo del Nuovo PSI per la costruzione del PDL

    Il Nuovo PSI ritiene necessario un serio ed impegnativo confronto politico per interpretare gli effetti delle profonde trasformazione mondiali in atto, per individuare le nuove sfide globali che ci troviamo di fronte, per disegnare le nuove strategie, per superare il disorientamento che ha investito i cittadini.
    Le prime iniziative che il governo e la maggioranza hanno posto in essere per affrontare la crisi collimano, in linea di massima, con la cultura politica del riformismo socialista al quale il Nuovo PSI si ispira e del quale ritiene di essere uno dei testimoni più attenti.
    Di fronte alle sfide globali, ogni tatticismo appare improprio, riduttivo ed inadeguato: la collocazione dei partiti, ed in particolare del nostro Partito, nell’arco del panorama politico non può essere confusa, la scelta di campo deve essere chiara.
    Il Nuovo PSI partecipa alla costituzione del PDL intendendolo come soggetto politico plurale capace di accogliere il socialismo liberale. Ne identifica, però anche i limiti nella mancanza di chiarezza sul percorso, sulla rappresentanza e sulle regole democratiche interne.
    Questo nuovo soggetto politico oggi in fase di costituzione, ha già ricevuto una importante legittimazione dall’elettorato. Ora bisogna strutturarlo: occorre un assetto organizzativo che coniughi leadership e democrazia interna, che renda effettiva la capacità di espressione della pluralità delle identità politico culturali di provenienza con pari dignità, senza velleitarismi particolaristici, ma anche senza mortificanti prevaricazioni. Questo è un lavoro da compiere che non può nascere dalla mera sommatoria degli apparati dei partiti e men che meno solo di quelle di AN e FI.
    Il Nuovo PSI ribadisce, in coerenza con tale percorso, la scelta di affrontare le amministrative di primavera e le europee, stante l’attuale legislazione, favorendo la presentazione di liste, a partire dalla nostra, in piena intesa con gli alleati.
    Il superamento della vecchia dicotomia destra sinistra che divide l’area tra innovazione e conservazione, rende necessario che le forze di ispirazione socialista riformista e liberale attualmente in campo trovino occasioni e momenti di lavoro comune per mantenere viva la prospettiva del riformismo socialista e liberale.
    Per quanto riguarda i movimenti, i circoli e le associazioni vicini alla tradizione socialista che già si riconoscono nelle scelte del socialismo liberale e che sostengono l’attuale governo, è opportuno una intensa collaborazione per elaborare linee programmatiche comuni e rafforzare il radicamento sul territorio.

    Comunicato stampa

    PDL: Nuovo PSI. Si Berlusconi no a Pdl fatto solo da FI e AN

    Pieno sostegno al Patto tra i Partiti minori
    “Nuovo PSI: Si a Berlusconi no al Pdl fatto solo da FI e AN” .Questa è la sintesi dell’incontro che si è svolto questa mattina della Segreteria Nazionale del NPSI con i segretari Regionali. Nel documento si afferma inoltre:” Pieno sostegno al Progetto politico del Popolo delle Libertà e alla leadership di Silvio Berlusconi nella quale il NPSI si riconosce ininterrottamente dal 1994.
    “Ci riteniamo- si legge nel documento- costituenti del PDL ma constatiamo che per ora è realizzato solo con il contributo di Forza Italia e Alleanza Nazionale. L’Unione europea solo con la Germania e la Francia non sarebbe mai nata. E’ indispensabile il pieno riconoscimento del ruolo di movimenti politici che, anche se numericamente meno rappresentativi , si riconoscono nei valori di fondo del Pdl e che hanno alle loro spalle e nel loro DNA antiche culture politiche.”
    “Si sottolinea in conclusione- nella parte finale del testo- il pieno sostegno all’iniziativa associativa tra gli altri partiti -Nuovo PSI, DCA, PRI, AS- che hanno condiviso un percorso organizzativo di comune partecipazione al nuovo soggetto politico.

    OH, VECCHIA SINISTRA, QUANTO CI DELUDI

    L’invito di Berlusconi a Veltroni a rompere la sua alleanza con Di Pietro per avviare un rapporto diverso e collaborativo tra maggioranza e opposizione non è certamente una reale necessità per svelenire la situazione. Tra Veltroni e Di Pietro non si scorgono infatti ‘diversità’ sostanziali essendo, i due, in continua rincorsa tra loro. E la improbabile rottura, tra l’altro, non risolverebbe il problema di un rapporto civile con la maggioranza.

    La rincorsa o la concorrenza, infatti, continuerebbero, e a maggior ragione, se la rottura si avverasse, perchè esse sono frutto di un’assenza di bussola, di una mancanza di leadership, e di una terribile paura per un ipotetico svuotamento del proprio bacino d’influenza a tutto vantaggio del vero attuale avversario politico. E se, ad un simile aggrovigliato problema, si volesse aggiungere la ‘fronda’ interna al PD, capeggiata da mille contestatori, tra i quali il tradizionale e storico ‘gemello’ (baffino), la partita è irrisolvibile.

    Perché allora perdere tempo, quando la partita l’ha già risolta il corpo elettorale, sette mesi fa, non solo per aver fatto vincere il PdL ed il suo leader, ma soprattutto per aver tributato loro l’incredibile successo che ha letteralmente mandato in tilt la cosiddetta sinistra, e frantumato definitivamente i propositi di un’opposizione civile e propositiva? Da allora, a partire cioè dall’indomani del responso elettorale, il ‘buonismo’ veltroniano se n’è andato a quel paese, le speranze di un atteggiamento politico serio ha fatto altrettanto, e, improvvisamente, si è tornati al buio dello scontro per lo scontro, e l’avversario da combattere è ridiventato nemico da abbattere.

    Ogni cosa è stata esasperata all’inverosimile. Dal lodo Alfano per salvaguardare le più alte cariche dello Stato dai Garzòn nostrani anche se solo per il periodo del loro mandato; all’abolizione dell’ICI passando, senza alcuna vergogna, dalla critica sfrenata perché andavano esclusi i ‘ricchi’, all’affermazione che tanto era un provvedimento elaborato dalla sinistra; ai provvedimenti sulla scuola mistificando, mentendo e, addirittura, capovolgendo anche vecchie impostazioni del loro schieramento; alla feroce critica della miseria dei 40 euro mensili ai più indigenti, visti come un’elemosina, o ai bonus per le famiglie a basso reddito considerati una vergogna inammissibile; fino all’incredibile attacco per l’aumento dell’IVA alle pay-tv, come Sky, pari a 4 euro mensili che vengono considerati un terribile aggravio per i contribuenti.

    Quest’ultima vicenda ha permesso la riesumazione del trito e ritrito vecchio conflitto d’interessi, dimenticando due cose fondamentali: l’aumento dell’IVA sulle pay-tv colpisce anche Mediaset, per la parte satellitare, mentre non può colpire quella terrestre che viene fornita gratis ai telespettatori. Ma a loro che interessa. Bisogna riattaccare l’odiato nemico. Ed allora serve seminare dubbi, spargere veleni, mettere gli escrementi nel ventilatore. Qualcosa, pensano, alla fine potrà aiutare una loro improbabile ripresa. E comunque, come minimo queste azioni servono a bloccare la crescita di quel caino di un Di Pietro che, accolto alla tavola imbandita della sinistra, vi si è rivoltato contro, quando ha capito che doveva recuperare il proprio pane autonomamente.

    I fessi lo avevano aiutato a restare in vita, evitando, per lui, il mortale voto utile che è stato propinato a socialisti, comunisti senza mimetizzazione, verdi di ogni gradazione, e arcobaleni vari, ed adesso se lo trovano super concorrente. Oh, vecchia sinistra, ma dove stai andando? Non ti rendi conto che ti trovi su un piano inclinato cosparso di olio e grasso? Le lezioni della storia non ti hanno insegnato nulla? Ci deludi profondamente. Nelle loro bare si rivoltano le ossa dei tuoi padri fondatori vedendo quali mani ti stanno gestendo.

    Un consiglio spassionato agli attuali dirigenti: tenete l’anima in pace perchè non esistono scorciatoie. La partita potrà riaprirsi tra due generazioni. Un consiglio anche al nostro leader: non ti curar di lor, ma guarda e passa.

    Giovanni ALVARO
    Reggio Calabria 1.12.2008

    Cicchitto: come non rivendicare una cultura

    Leggo l’agenzia che vi riporto qua sotto in cui il capogruppo alla Camera del PDL, noto esponenente di FI ed ex Socialista Fabrizio Cicchitto dichiarerebbe che il PDL approderà nel PPE alle prossime Europee.
    La notizia devo dire mi lascia stupefatto!
    Ritengo che si la politica sisa diversa rispetto ad anni fa, ma che certo non si possano dimenticare storia radici e cultura; credevo che Fabrizio, che era nell’esecutivo PSI che liquidò Craxi ed i Craxiani per schierarsi con Occhetto, e che poi una volta fuori partecipò alla costituzione del Partito Socialista dei 7 Garofani, che poi abbandonò per entrare in F.I. una volta che De Michelis non presentò le firme alle Europee del ’99, pur avendo colto il cambiamento della Politica prima degli altri avrebbe comunque rivendicato, come fanno molti altri influenti esponenti dell’ex F.I., la sua appartenenza alla cultura Socialista.
    Peccato, ma del resto era tutto previsto nel percorso di redenzione che sta facendo.
    Da Occhetto a DOn Sturzo

    PDL: CICCHITTO, CON CN FI DI IERI FATTO PASSO DECISIVO
    (ANSA) – ROMA, 22 NOV – ‘Con il consiglio nazionale di FI di ieri il percorso per la costituzione del PdL ha fatto un decisivo passo in avanti. Si tratta di costruire un partito guidato da un leader carismatico e caratterizzato anche da un’affiliazione internazionale, quella al Ppe. Questa del partito del leader e’ una tendenza tipica di una gran parte dei sistemi politici occidentali. D’altra parte l’esperienza storica dei sistemi politici dell’Occidente ci dice anche che il leader deve essere sostenuto da un forte partito radicato sul territorio e capace di coinvolgere gli elettori con l’uso dei mezzi di comunicazione di massa’. Lo afferma il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto.
    ‘L’esperienza di un partito-rete e’ resa ancor piu’ forte dal fatto che a livello delle elezioni amministrative e’ decisivo il ruolo svolto dai candidati locali; cio’ vuol dire che per parte nostra siamo impegnati a ribadire il bipolarismo ed anzi a favorirne l’evoluzione verso il bipartitismo. Chi invece e’ entrato in confusione e’ il Pd. Da un lato Veltroni ha complicato tutto con l’alleanza con Di Pietro e con la subalternita’ alle sue posizioni avventuriste e giustizialiste; dall’altro emerge un elemento di contraddizione e di debolezza del Pd esistente fin dalle sue origini. Infatti- conclude Cicchitto – nel Pd c’e’ la piu’ totale confusione per cio’ che riguarda l’affiliazione internazionale, che, pero’, non e’ una questione di poco conto, ma una scelta di grande importanza’.

    PDL: BERLUSCONI, VERSO BIPOLARISMO, NO LIQUIDAZIONE FI/ANSA

    MATTEOLI,CONGRESSO DA BRIVIDI;LA RUSSA, CON LEGA CONFEDERAZIONE (di Chiara Scalise) (ANSA) – ROMA, 22 NOV – La ‘amatissima e dolcissima’ Forza Italia non e’ stata ‘liquidata, ha solo cambiato nome’. O meglio, si ‘e’ aperta ad altre forze politiche per andare verso il bipolarismo se non verso il bipartitismo’. Silvio Berlusconi, replica cosi’ alle critiche sui tempi e i modi del via libera azzurro al matrimonio con Alleanza nazionale. Matrimonio che si consumera’ a marzo, sancendo un passaggio storico ‘che dara’ i brividi a tutti’, dice il ministro e esponente di Alleanza Nazionale Altero Matteoli. Ultima tappa di un percorso iniziato 14 anni fa, ma che nei fatti, come sottolinea il vicepresidente vicario dei deputati Italo Bocchino, ha gia’ dato vita al partito unico. Perche’ ‘l’atto fondativo e politico – spiega – e’ stata la grande manifestazione del 2 dicembre di un anno fa’. Una posizione condivisa dal capogruppo Fabrizio Cicchitto che definisce il Cn di ieri un ‘decisivo’ passo avanti vero questo obiettivo.
    E la mancanza di qualsiasi accenno ad An da parte del Cavaliere durante il suo discorso agli azzurri viene letta in quest’ottica e cosi’ ‘derubricata’: ‘Non e’ grave, commenta il reggente di An Ignazio La Russa; il Cavaliere ‘parlava ai suoi’, spiega anche Matteoli, come era suo dovere’. E’ il momento, sembrano dire tutti, di ‘guardare avanti’. Pensando gia’ al dopo: il progetto del Pdl da sempre non convince la Lega, che infatti ne resta fuori. L’alleanza con il Carroccio e’ pero’ necessaria e non deve essere relegata alle contingenze e quindi occorre mettere in campo una strategia di lungo respiro, spiega La Russa che propone una vera e propria ‘confederazione.’ Con tanto di regole.
    Altro che unire due storie, due dirigenze: il nuovo partito, e’ la tesi pero’ di molti avversari, sara’ una versione in grande di Forza Italia.’C’e’ piena continuita’ – afferma il numero uno dell’Udc Pier Ferdinando Casini. Peggio, rincara Franceso Storace, ‘sara’ una melassa’ nella quale i ‘poveri militanti di quella che fu la destra italiana – e’ la previsione – dovranno supplicare un posto al sole dal notaio’.
    Sotto accusa, anche per il Pd, la stessa identita’ del futuro partito, che esiste solo come contraltare del Partito democratico, dice Francesco Rutelli. Piu’ diplomatico l’ex segretario dei Ds Piero Fassino: la nascita di un grande partito di centrodestra e’ ‘la conseguenza politica positiva di quella riforma del sistema politico che abbiamo innescato noi’. Tesi in parte condivisa anche dagli stessi protagonisti: ‘La creazione del Pd ha favorito questo percorso. Solo che – aggiunge ancora Altero Matteoli – loro hanno perso e noi con la lista unica abbiamo vinto. E in politica vincere e’ importante’. (ANSA).

    *FI dice si’ al Pdl: le radici del ’94, il bipartitismo futuro

    –IL VELINO SERA– Roma, 21 NOV (Velino) – “Gennaio 1994 L’Italia e’ il paese che amo. Qui ho le mie radici. Le mie speranze e miei orizzonti…”. “Roma 21 novembre 2008 il Consiglio nazionale di Forza Italia ha approvato per acclamazione la mozione unica che sancisce l’ingresso del partito nel Popolo della liberta’”. Inizia e finisce cosi’ il discorso di Silvio Berlusconi al consiglio nazionale di Forza Italia, che oggi ha approvato la mozione che prevede la confluenza del movimento azzurro all’interno del nuovo partito di centrodestra. Per salutare l’inizio della una nuova fase politica, il premier – per l’occasione aveva scritto un discorso “nella notte” che invece non legge e consegna commosso nelle mani del coordinatore nazionale Denis Verdini – sceglie di leggere integralmente il famoso discorso della sua discesa in campo, quando con un videomessaggio annuncio’ ufficialmente il 26 gennaio del ’94 la sua decisione di impegnarsi direttamente in politica. Quel discorso, dice Berlusconi, vale ancora oggi con la nascita del Pdl. “La battaglia di liberta’ che abbiamo iniziato 14 anni fa deve avere il coraggio di questo passo, i programmi del ’94 non hanno bisogno di nessun cambiamento, tutto quello che volevamo conseguire siamo riusciti a conseguirlo, dando al Paese in 14 anni qualcosa di positivo che era indispensabile.
    Forza Italia – dice ancora il presidente del Consiglio – sara’ ancora il vero baluardo di democrazia e di liberta’ nel nostro Paese, l’avventura continua verso traguardi che rendano il nostro Paese piu’ libero, in cui nessuno sia abbandonato all’emarginazione e alla miseria, un Paese nella democrazia e nel benessere, andiamo avanti sino in fondo, fino a che questi traguardi non siano assolutamente raggiunti”.
    L’approvazione della mozione di oggi da parte del consiglio nazionale di FI e’ stata una “formalita’”, come l’ha definita Verdini, ma che segna un passaggio-chiave per poter arrivare al congresso di meta’ marzo in cui verra’ approvato lo statuto del Pdl. All’auditorium della Conciliazione a Roma, insieme ai 500 componenti del consiglio nazionale di FI, presieduto da Alfredo Biondi, c’era una delegazione di An con Ignazio La Russa e i leader degli altri soggetti politici che entrano a far parte del Pdl: Mario Baccini, presidente della Federazione dei cristiano popolari; Carlo Giovanardi dei popolari liberali; Gianfranco Rotondi, Alessandra Mussolini e il repubblicano Francesco Nucara, il segretario nazionale del nuovo Psi, Stefano Caldoro insieme ad alcuni esponenti dell’Italia di Mezzo. Una giornata storica per FI che segna il compimento del cammino compiuto dal ’94 ad oggi. Ma guai a parlare di “scioglimento”. La parola chiave, ricorrente negli interventi, e’ “confluenza” nel Popolo della liberta’. “Oggi non chiudiamo FI, ma la proiettiamo verso il futuro – ha detto il coordinatore nazionale di FI -. Le nostalgie non servono. Saremmo bugiardi a dire che non ci sono stati problemi. Abbiamo un animo e un cuore. Ma occorre determinazione perche’ questa determinazione ci e’ stata ordinata dagli elettori e non si puo’ disattendere”.
    E in vista del congresso di meta’ marzo – annuncia Verdini -, tornano i gazebo. Saranno allestiti in tutte le piazze italiane nei primi due week end di dicembre. La prima volta, nel 2007 la mobilitazione fu organizzata da Forza Italia per raccogliere le firme per mandare a casa il governo Prodi. Fu un successo strepitoso: 8 milioni le firme raccolte. Fu allora che Berlusconi ebbe l’idea di fare il Pdl. “Mentre con Bondi e Cicchitto eravamo al freddo dei gazebo – ricorda Verdini -, un tizio con un’intuizione straordinaria, monto’ sul predellino e ci disse ‘qui cambia la storia. Facciamo il Pdl'”. Questa volta l’operazione Gazebo, organizzata sotto l’insegna del Pdl, servira’ ad eleggere i delegati al congresso del nuovo partito che si terra’ a meta’ marzo. “Ma sara’ anche l’occasione per tornare alla piazza, e per sentire gli umori degli elettori”, dice Verdini. Ora la scommessa del Pdl e’ il passaggio dal bipolarismo al bipartitismo sul modello dei grandi paesi occidentali. “Chi dice che e’ un arbitrio introdurre nel Paese il bipartitismo – osserva Verdini – mi sembra non riconosca che il 13 aprile il 70 per cento degli italiani ha votato per due partiti, hanno voluto il bipartitismo, portando l’Italia nell’elite delle grandi democrazie. Non e’ un atto di prepotenza, sono gli elettori che vogliono una democrazia che decida, un governo veloce che risolva i problemi. E il governo Berlusconi ha questa caratteristica perche’ e’ molto coeso”. “Quante offese ci hanno rivolto. la sottospecie della politica, intellettualmente inferiori. E gli alleati, definiti servi di Berlusconi. Eravamo il partito di plastica? L’hanno sentito come siamo di plastica. Ora siamo farfalle – conclude Verdini – che volano verso il futuro”. Daniele Capezzone parla del Pdl come del “partito del cambiamento che ha come obiettivo la modernizzazione del Paese. È l’espressione della continuita’ con il voto del 13 aprile – osserva il portavoce di Forza Italia -, non e’ una fusione a freddo come e’ stato per Ds e Margherita”.
    Dal palco dell’Auditorium della Conciliazione gli attacchi al Pd e a Walter Veltroni non si sono fatti attendere. Al segretario del Pd, Fabrizio Cicchitto riserva una stoccata al veleno: “Paradossalmente” coloro che contestano a Berlusconi l’ideazione del partito del leader “cercano di imitarlo, Veltroni in testa, con risultati finora disastrosi. Il che spiega il nervosismo del segretario del Pd, finora subalterno a Di Pietro e alle sue posizioni trogloditiche e reazionarie”. Per Sandro Bondi la sinistra e’ in “crisi culturale” tanto che “i modelli del Partito democratico sono Marco Pannella da un lato e Antonio Di Pietro dall’altro”. Il ministro dei Beni culturali osserva che il Pd ha ormai “abbracciato una cultura individualista, fondata sulla soddisfazione immediata di ogni desiderio e capriccio. La loro cultura e’ imbevuta di conservatorismo, di tutti i rimasugli piu’ odiosi della cultura comunista e dall’altro lato della cultura radicale di massa”. Dal consiglio nazionale di FI una stoccata e’ arrivata anche all’ex alleato Casini. “I cattolici stanno da una parte e dall’altra oggi – osserva Gaetano Quagliariello -, e non c’e’ piu’ ragione che stiano in quello che e’ solo una scala di un partito che fu una grande occasione, legata a motivi storici che non ci sono piu'”. (chi)