DA CATANIA UN NUOVO APPROCCIO AL PONTE

Peccato, veramente peccato che il Convegno sul Ponte di Messina, organizzato a Catania dall’Ordine degli Ingegneri di quella provincia, e che ha visto cimentarsi nel dibattito il fior fiore dei professionisti delle più ardue soluzioni costruttive di tutto il mondo, sia stato vissuto solo dai partecipanti all’iniziativa, stante l’assenza dei media nazionali, sia della carta stampa che delle televisioni. Si è registrata solo la presenza della stampa locale e di diversi siti web.

Peccato che il grande pubblico non abbia potuto ‘godersi’ le esposizioni degli esperti, degli ingegneri e, stavolta, col sostegno dei professori universitari che hanno abbandonato il terreno della contestazione ‘ideologica’ dell’opera che, finalmente, viene vista come elemento di reale sviluppo delle aree interessate e dell’intero Paese. La logica che sta alla base dell’entusiasmo degli addetti ai lavori è racchiusa nelle semplici ma formidabili parole con cui uno degli organizzatori del convegno, il prof. Enzo Siviero (Ordinario di Ponti all’Università IUAV di Venezia), ha sottolineato la valenza positiva del Ponte, quando ha detto: “La costruzione dei ponti è sinonimo di pace, mentre la loro distruzione significa guerra” e quando ha ricordato le parole di Giovanni Paolo II che incitava a “distruggere i muri perché dividono, ed a costruire ponti perché uniscono”.

Si, è proprio così. Da tempo immemorabile la Sicilia vuole essere unita al ‘continente’ e, assieme alla Calabria, vuole essere unita al resto dell’Italia. Ormai è chiaro a tutti, infatti, che il Ponte è la leva non solo dell’unità fisica del Paese, ma è essenzialmente elemento di ‘moltiplicazione’ della rete infrastrutturale così deficitaria, a 150 anni dal Risorgimento, in tutto il profondo Sud. Senza il Ponte l’alta velocità, come Cristo ad Eboli, sarà condannata a restare eternamente a Salerno, e senza il Ponte il Corridoio europeo 1 (Berlino-Palermo e Catania) fallisce l’obiettivo per cui è nato che è quello di fare del Mezzogiorno la base logistica dell’intera Europa, e fare dell’area dello Stretto la vera cerniera tra Europa ed Africa.

Il Convegno, che avrà una seconda puntata a Reggio Calabria, nelle prossime settimane, ha dato un formidabile contributo su questo terreno. La parte più appassionante, seguita da una sala affollatissima e attenta, è stata comunque l’excursus sullo stato dell’arte, e su quanto nel mondo, dall’Europa agli States ed alla Cina, si sta facendo nel settore dei ponti. Dalla traduzione simultanea degli interventi del danese Klaus H. Ostenfeld (Presidente onorario Cowi) e del cinese Man-Chung Tang (Presidente T.Y. International Usa) è emerso un dato certo, che liquida tutte le assurdità sparse, a piene mani negli anni passati, dai detrattori del Ponte: non esistono difficoltà che l’attuale livello delle ricerche e delle applicazioni non siano in condizioni di affrontare e risolvere sia per la costruzione del Ponte che per la sua difesa da ogni rischio (terremoti, venti, smottamenti e quant’altro).

Legittimo lo sfogo di altro componente del Comitato scientifico, Luigi Bosco: “cadono le braccia a sentire ripetere, come disco incantato, le assurdità sulle difficoltà costruttive”. Gli slider proiettati, la panoramica presentata, le realizzazioni in ogni parte del mondo fatte conoscere (Danimarca, Cina, USA) e le progettazioni in corso un pò dovunque fanno capire il ‘provincialismo’ degli atteggiamenti contrari e la chiusura costruita sul nulla. Ma che l’aria che si respira sia cambiata sensibilmente è dimostrato dal nuovo atteggiamento dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che fu feudo di Alessandro Bianchi, massimo esponente del no ideologico.

L’attuale Rettore, Massimo Giovannini non si è tirato indietro e, liquidate vecchie impostazioni, ha affermando che “le infrastrutture non hanno colore politico e che l’area dello Stretto, col Ponte, diverrà luogo di straordinari cambiamenti” che bisogna vivere da protagonisti. Su questi cambiamenti si è soffermata la prof.ssa Laura Thermes che, malgrado il blocco del Ponte degli anni passati, ha informato del lavoro fatta in Architettura a Reggio “prefigurando quali cambiamenti il Ponte imporrà”. Cambiamenti da governare e non da subire perché saranno altre e importanti occasioni da sfruttare economicamente ed esteticamente.

Insomma una giornata formidabile. Un tuffarsi nel regno privato degli specialisti e degli scienziati con la capacità di coniugare la tecnica con le esigenze delle popolazioni e del territorio respingendo il ricatto del ‘costo’ dell’opera. Ci ha pensato il sottosegretario Reina ricordando che un braccio della metropolitana di Roma costa più del Ponte. Aggiungiamo noi che Mose, Tav, variante di valico, Expo di Milano, e le altre infrastrutture in cantiere al Nord, non sono mai stati considerati, al Sud, da accantonare perché costano troppo. Sono opere necessarie e vanno fatte. Anche il Ponte è necessario e se deve farsi carico lo Stato del suo costo, ciò non deve diventare scandalo, soprattutto al Sud. Chi finanzia l’opera avrà diritto ai pedaggi sia se si tratti di privati che se si dovesse trattare dello Stato.

Appuntamento a Reggio, quindi, per la seconda puntata. Ma a Reggio si farà in modo di determinare quell’attenzione nazionale che a Catania non c’è stata.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 22.5.2010