STUDENTI INDISPENSABILI CONTRO BARONIE E PRIVILEGI

Gira e rigira, come sempre avviene, le menzogne, non solo quelle più grossolane, vengono sempre al pettine, e la verità emerge con forza perché nessuno è in condizione di poterla fermare. Emerge, si fa strada e spazza via la nebbia con la quale si tentava di confondere gli studenti per strumentalizzarli sfruttando la loro grande disponibilità alla lotta.

La verità ha già vinto, per cui non c’è bisogno di cimentarsi nella guerra dei numeri in riferimento alla manifestazione degli studenti del 14 novembre scorso (duecentomila per gli organizzatori, centomila per i partiti e i giornali sostenitori dell’iniziativa e la CGIL, appena trentamila per la Prefettura di Roma). La manifestazione ha già detto parecchio presentandosi come il canto del cigno di un movimento pro domo d’altri, la fine di un’avventura che per avere futuro deve abbandonare la strada retrò della conservazione ed imboccare quella del rinnovamento e della riforma.

E proprio ora bisogna aiutare gli studenti a liberarsi dei cappelli che prepotentemente gli si volevano metter sopra, e indicar loro gli obiettivi riformisti da perseguire e che loro percepiscono meglio d’altri: il rilancio di una istruzione degna di un paese dell’Occidente democratico e l’avvio di una riforma dell’istruzione universitaria capace di rinverdire i fasti del passato mettendo al primo posto capacità, intelligenza, studio e ricerca. Proprio ora è necessario indicare agli studenti la strada maestra del futuro perché sarebbe un grave errore gioire della loro sconfitta ed isolarli nel loro sterile ribellismo. La loro disponibilità alla lotta nasce proprio dalla percezione più che epidermica che è ora di voltar pagina.

A che servono 5500 corsi di laurea? A che servono corsi di laurea frequentati da un solo studente? A che serve lo sperpero di denaro pubblico, sottratto alla ricerca, ma utilizzato per rafforzare le baronie universitarie, se nelle classifiche mondiali si registra la sola Università di Bologna nei primi 150 posti? In questo scontro contro baronie e privilegi, il protagonismo giovanile sarà indispensabile, vuoi per isolare frange di violenti o ideologizzati, ma anche per rendere vincenti le scelte di rinnovamento che si intendono perseguire.

La Gelmini, aldilà di alcuni cori imbecilli e aldilà degli attacchi della pseudo sinistra, è stata veramente brava dimostrando tenacia, perseveranza e soprattutto coraggio nel non lasciarsi intimorire. Essa continuando a tendere la mano agli studenti e chieder confronto e dialogo ha dimostrato una levatura eccezionale che ne può fare il Ministro della Pubblica Istruzione che da decenni l’Italia attende. Essa ha voluto iniziare il percorso dalla scuola primaria, non tanto per reintrodurre i grembiulini, quanto per dare il segnale di un reale cambio di fase.

E che cambio di fase! Non più scuola ‘usata’ come semplice occasione di lavoro e occupazione (il cosiddetto postificio) ma scuola da riportare allo scopo principale del suo essere: strumento di maturazione reale della nostra gioventù. Essa ha voluto, assieme al Governo Berlusconi che l’ha aiutata ed al Parlamento che l’ha sostenuta, liquidare la tanto sbandierata ‘conquista’ (sic!) del sindacalismo di bottega, rappresentata da quell’affollamento di insegnanti che servivano solo per aumentare l’influenza organizzativa dei sindacati, ma non per accrescere il livello di educazione e conoscenza dei nostri bimbi. Senza voler generalizzare ma i temi proposti sulla Gelmini, a bimbi di meno di 10 anni in una scuola milanese, la dicono lunga sul livello qualitativo delle nostre insegnanti elementari.

Avanti, quindi, Ministro Gelmini. Avanti tutta. Conquìstati però il sostegno della parte più viva della scuola, gli studenti, sottraendoli all’influenza nefasta della cosiddetta sinistra
Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 17.11.2008

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