TAR, SCELTA OBBLIGATA PER LA CENTRALE A CARBONE DI SALINE

  • La scelta della SEI (Società svizzera proponente l’insediamento di una centrale a carbone in Calabria) di rivolgersi al TAR per sbloccare l’impasse che si è determinato sulla vicenda, può sembrare una forzatura nei confronti della Regione Calabria, di alcuni Comuni schierati contro e nei confronti dell’intera casta dei NO che tanti ritardi e danni ha provocato, in tutti questi anni, nell’intero Paese in riferimento a indispensabili opere pubbliche, a più che urgenti ammodernamenti infrastrutturali, a necessari raddoppi delle più importanti vie di comunicazione ed alla diversificazione e all’ampliamento delle fonti energetiche.

    Al contrario di quanto si possa pensare la scelta della SEI, salutata positivamente da quanti vedono nell’insediamento energetico di Saline Joniche una occasione da non perdere per lo sviluppo dell’area interessata e per rendere il Paese meno esposto ai ricatti del mercato, è la logica conseguenza dell’atteggiamento pregiudiziale della Regione Calabria che denota un’avversione ideologica all’insediamento tanto da decidere negativamente senza attendere le conclusioni di tecnici ed esperti della materia. E’, quindi, chiaramente solo una chiusura aprioristica il non voler tenere in alcun conto le procedure previste dalla legge e il non voler attendere la conclusione della VIA (Valutazione Impatto Ambientale). Forse c’è paura e preoccupazione che i luoghi comuni sull’inquinamento vengano liquidati come allarmismi e basta?

    La Regione, per il ruolo che dovrebbe esprimere, non può, nel sostenere le proprie tesi, trincerarsi dietro la decisione, operata dal proprio Consiglio, di vietare l’uso del carbone su tutto il territorio regionale. Detta decisione è assolutamente assurda anche perché se dovesse passasse l’idea che l’opposizione delle autonomie regionali sia sufficiente a bloccare insediamenti energetici ci si potrebbe trovare, teoricamente, a non poter soddisfare le esigenze dell’intero Paese: ogni Regione, infatti, potrebbe dire di NO e l’Italia dovrebbe continuare a comprare l’energia dai Paesi confinanti come avviene oggi con Francia, Austria e Slovenia. Si ripresenterebbe, per l’energia, lo stesso scenario vissuto per i termovalorizzatori, assurti alla notorietà nazionale dopo le vicende campane che hanno messo in luce che per smaltire i rifiuti bisognava spedirli in Germania con enorme aggravio economico.

    Per fortuna il Governo Berlusconi è stato capace non solo di ripulire le strade di Napoli, ma anche di decidere per l’apertura di discariche provvisorie e per l’avvio della realizzazione dei termovalorizzatori necessari in Campania e nel resto del Paese. Non si chiede un’azione di forza simile, anche in Calabria, sui problemi dell’energia, ma essendo il ricorso al Tar un percorso che coinvolge l’interesse nazionale, non sarebbe opportuno la costituzione in giudizio anche del Governo italiano? Noi crediamo di si, perché dinanzi ad una classe dirigente calabrese chiusa nel proprio orticello e poco sensibile alle necessità più generali del Paese, è necessario riuscire a correggere le distorsioni inserite nelle ‘scelte’ del Consiglio. Scelte inserite al solo fine di ‘accontentare’ soggetti della maggioranza che hanno la loro ragion d’essere solo nel rifiuto pregiudiziale ad ogni insediamento.

    Sarebbe augurabile, però, che ci fosse un ripensamento della Regione per evitare non solo il rischio di ‘subire’ l’insediamento con una sentenza del Tar, ma soprattutto per evitare di bruciare l’occasione di una reale e corposa trattativa a favore dell’intera area grecanica che deve trarre dall’insediamento energetico vere e concrete ricadute per un diverso e reale sviluppo socio-economico. Un investimento di 1 miliardo e 300 milioni di euro non può liquidarsi con estrema noncuranza.

    C’è chi, responsabilmente, ha cominciato a riflettere e a correggere le proprie estemporanee posizioni subordinandole, ovviamente, a stringenti confronti con la Sei, a certezze ambientali e ad assicurazioni sulla non incompatibilità dell’insediamento con le vocazioni turistiche dell’area interessata. C’è chi, come l’on. Giovanni Nucera, partendo da dette considerazioni dichiara che per l’ambiente ‘non esistono politiche ecologiche del no e basta, ma è possibile attuare politiche attive di salvaguardia e di sviluppo privilegiando il ruolo dell’uomo’ e in riferimento alla centrale di Saline Joniche ‘… non ci è sembrato di cogliere elementi di tranquillità nelle risposte finora fornite dalla società interessata all’investimento’. Posizioni intelligenti ed aperte al confronto, al dialogo ed all’accordo sulle ricadute economiche e sociali sul territorio.

    Sarà difficile un ripensamento anche da parte della Regione? Speriamo di no, augurandoci una reale folgorazione sulla via di Damasco.
    Giovanni ALVARO

    Reggio Calabria 10.2.2009

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