RIFORME: NUOVO PSI, NECESSARIE PER FAR RIPARTIRE IL PAESE

(ANSA) – ROMA, 12 LUG – ‘Le riforme costituzionali sono essenziali per far ripartire il Paese. Tra queste vi e’ anche quella della riforma elettorale, poiche’ un Paese deve essere guidato da una classe dirigente illuminata e non improvvisata’.
Lo sostiene Franco Spedale, vice segretario nazionale del Nuovo Psi di Caldoro.
‘Questo sistema elettorale non va affatto bene, qualsiasi modello si dovesse scegliere – aggiunge – non dovra’ prescindere da un fatto: le preferenze’.
‘La preferenza – sottolinea – comporterebbe infatti una maggior selezione dei Parlamentari, obbligherebbe alla formulazione di un progetto politico e farebbe sparire un sacco di partiti fantocci’.
‘Vi e’ una legislatura a disposizione per fare una buona riforma elettorale; non si perda tempo anche alla luce delle dichiarazioni che arrivano dal Presidente Napolitano’ ‘Il Nuovo PSI nella sua Direzione Nazionale ha stabilito – conclude Spedale – che provvedera’ a presentare una proposta di legge per la reintroduzione del proporzionale con preferenza’.
(ANSA).

Sacconi:”Sulla Sanità basta parlare di tagli, la spesa complessiva salirà“

Milano, 13 lug. (Apcom) – Se i conti della sanità di Campania, Calabria, Abruzzo e Sicilia saranno negativi le Regioni verranno commissariate, come già è accaduto con il Lazio. Lo ha confermato il ministro del Welfare Maurizio Sacconi che, in un’intervista a La Stampa, ha anche respinto l’idea dei tagli alla sanità.
“Tagli? – ha detto Sacconi – Solo a sentire questa parola mi viene l’orticaria. Ma che significa? Nel 2008 la spesa complessiva è pari a 99 miliardi, nel 2009 sale a 102, nel 2011 sarà di 106”. Sacconi ha poi ricordato che il Patto sulla salute firmato con Padoa-Schioppa, che prevedeva un aumento tendenziale della spesa “scade nel 2009. Se aumentassimo la spesa a quel ritmo nel 2050 salirebbe a più di 200 miliardi annui. Rammento che il bilancio italiano ne vale 630 e che un pezzo è impegnato per pagare le pensioni”.

Sul tema delle quattro regioni – Campania, Calabria, Abruzzo e Sicilia – che avrebbero i conti della sanità in rosso, Sacconi è chiaro: “Se la verifica dei conti che stiamo facendo darà esito negativo, non potremmo far altro che applicare la stessa cura imposta al Lazio, ovvero commissariare”. E a Formigoni ed Errani che protestano, Sacconi replica: “Se invece di muoversi secondo logiche sindacal-comperative accettando la sfida che ci porterà al federalismo, tutto il sistema ne avrà un beneficio”. “Per far funzionare la sanità al sud – ha aggiunto il ministro Sacconi – ci vuole uno spirito un po’ coloniale. Sistemi come quelli emiliano o lombardo dovrebbero aiutare le Regioni più arretrate a costruire sistemi più efficienti condividendo criteri di responsabilità“.

Secondo il ministro “nella sanità italiana si può trovare il meglio e il peggio di quanto si possa avere nel mondo industrializzato. Dare un significato alla parola solidarietà significa aiutare i cittadini del sud a conquistare una sanità che non li obblighi, come spesso accade, a fare centinaia di chilometri per essere curati adeguatamente. Ora – ha concluso Sacconi – abbiamo una sola strada: non aggiungere soldi al pozzo di San Patrizio e mettere in moto strumenti di deterrenza che inducano le Regioni a essere virtuose”.

Razeti sul dibattito di Montecatini

Il dibattito di Montecatini mi è parso fatto di frasi iniziate e non finite…..per non entrare nel merito dei temi e opportunisticamente non chiudere nessuna porta e poter contenere le posizioni delle diverse personalizzazioni.
Leggendo l’intervista del Segretario della Liguria del PS ( Il secolo XIX del 6/7/2008 pag. 2 )
[………..Sta dicendo che il Ps è più vicino al pensiero D’Alemiano? – «Esattamente. Se la sinistra vuole riscattarsi, fin dalle Europee del prossimo anno, va rilanciata la politica delle alleanze, con un progetto autenticamente progressista. Non può essere ovviamente riproposto il logoro modello dell’Unione» ]…pare capire che la posizione sia a sinistra comunque a “prescindere”.
La riproposizione di una linea frontista ormai sconfitta dalla storia:
Il popolo Socialista è di sinistra per le cose che propone con coraggio e responsabilità e non per dove si vanno a sedere gli eletti, magari riproponendo anche temi minoritari che sembrano scopiazzati dalle pagine di Guareschi per crearsi un po’ di visibilità mediatica:
Sul nostro versante riscontro invece un crescente consenso, non solo per la nostra posizione politica che ci ha permesso di avere due deputati ma, verso quelle iniziative che ci consentono di essere un partito della gente e non esclusivamente del palazzo.
Il consenso, come sapete, ahinoi non si ottiene solo con qualche apparizione in TV o perché vent’anni fa si era craxiani “doc”ma da una capillare presenza a fianco dei cittadini, ascoltandoli e possibilmente aiutandoli anche direttamente quando le istituzioni sono assenti se non proprio contrarie.
Sicuramente queste iniziative costituiscono una scommessa difficile la quale può essere vinta facilmente se sapremo proporre, come ne sono certo, serietà e spirito di servizio.
Forse, adottando un po’ di movimentismo, dovremo saper proporre coraggiosamente con forza tutte quelle soluzioni che ammodernino nel vero senso del termine il nostro paese a partire dalle infrastrutture, dalla formazione, dai trasporti pubblici, ……., e non ultimo dall’ammodernamento della Pubblica Amministrazione.
Ad esempio, anche per far fronte ad una pesante situazione economica internazionale che si proporrà nei prossimi due anni, sarà opportuno proporre iniziative che incentivino concretamente i cittadini a riprendere e rivalutare, con una nuova cultura e meno vincoli e oneri da parte della PP. AA., quelle attività che pur gravose, possono far coniugare facilmente: la salvaguardia del territorio; un adeguato riscontro economico; produzione di beni primari sempre più necessari.
Piergiorgio Razeti

Intervento di Marcello

Avete uno strumento ‘potente’ nelle Vostre mani, dovete solo usarlo.
Questo ‘blog’ è libero dalle censure di direttori non compiacenti, dalle interverenze politiche, lontano dal mondo dei professionisti della notizia. Avete un ‘nome’ (partitosocialista.org) concreto a prova di ‘tonti’ che non lascia margini di errore e equivoci.
Dategli ‘autorevolezza’ parlando di cose concrete. Scrivete, raccontate il Socialismo Riformista, metteteci il cuore e parlate alla gente come lo fareste a cena con gli amici.
Fatelo conoscere, non abbiate paura di dirlo all’amico o al vicino di casa. Chiedete aiuto a chi ‘col computer ci sa fare’ o al blogger conosciuto alla quella festa la settimana scorsa.
Fatelo consocere.. portate gente e richiamate l’attenzione… al resto ci penserà la rete!

W il Socialismo!

Piccini: Liguria

Caro Franco
Ti invio il messaggio con un giorno di ritardo ma non disponevo della tua mail.
Al Consiglio Nazionale mi avevi promesso di inviarmela con i recapiti telefonici ma non ho più ricevuto nulla.
Ho letto il tuo intervento e le mail di alcuni amici.
Il Manzoni diceva di Don Abbondio che:”Chi non ha il Coraggio non può darselo.”
Parafrasando si potrebbe dire che: “Chi non ha un Partito non può darselo.” e non bastano miracolose scorciatoie di passaggi televisivi o gallonati nordici.
Bisogna lavorare e mostrare il coraggio.
Operiamo affinchè i risultati facciano premio all’impegno.
Fraterni saluti
Giuseppe Vittorio Piccini

Riflessioni di Laura Turati

Cari tutti,
ringrazio Piergiorgio per la buona volontà e il tempo che dedica a mobilitarci e mi scuso per non avergli potuto dare spalla prima, ma prometto di fare il possibile per essere d’aiuto.
Ho letto in breve successione questa mail e l’intervento di Franco Spedale sul giornale e vorrei aggiungere la riflessione fatta domenica leggendo i giornali: nessuno ha parlato di noi in relazione al congresso di Montecatini. Non solo siamo stati ignorati: il PS è stato da tutti presentato, come al solito, come l’unico partito socialista esistente, poi, di soprammercato, alcuni quotidiani hanno parlato del PS come del partito del Garofano (addirittura) e hanno citato i “socialisti di destra” nominando solo i parlamentari del PDL (Cicchitto e C.). Di noi nessuna traccia. Il nostro Segretario ha parlato dal palco offrendo addirittura diritto di tribuna in parlamento ai padroni di casa che ne sono esclusi: nessun giornalista l’ha sentito né ha capito chi fosse, dato che nessuno gli ha dedicato né una riga né ha compreso chi e cosa rappresentasse.
Piergiorgio scrive “Il consenso, come sapete, ahinoi non si ottiene solo con qualche apparizione in TV” e ha ragione, ma è vero che si fa fatica a proporre la tessera di un partito ignorato.
Raccolgo allora ben volentieri il grido di Franco Spedale e lo interpreto secondo il mio carattere, più propenso alla proposizione che alla denuncia: noi, che qui a Nord abbiamo più difficoltà, è inutile negarlo, cerchiamo di stringere i contatti, di comunicarci le iniziative che ognuno prende così da poterle esportare, riprodotte e magari migliorate. Cerchiamo di occupare uno spazio sulle pagine locali dei giornali nazionali usando anche le conoscenze personali che eventualmente avessimo. I colleghi del PS vanno sulla stampa anche con trafiletti insignificanti, come inciso di un’opinione riportata: facciamo altrettanto! Se occupiamo spazio/pagina con le nostre idee rimarrà meno spazio per ospitare quelle altrui. Ma non sprechiamo spazio e tempo parlando di cosa ci distingue dagli altri, dando di fatto a loro un’ulteriore pubblicità: parliamo di noi, dei nostri programmi!
La contraddizione è che noi siamo in parlamento ma nessuno lo sa, e offriamo diritto di tribuna a loro che nessuno ha votato ma che tutti conoscono!
Siamo persone intelligenti e, da quel che ho capito, tutti con una certa capacità di leadership: se ci coordiniamo sono certa che potremo realizzare qualcosa di buono e di nuovo, adatto al nostro straordinario territorio, arricchendo di idee e contenuti anche il lavoro della Segreteria Nazionale.
Franco dice: “Se saremo capaci di costruire un percorso politico ed organizzativo tale per cui possiamo pensare di raccogliere consensi e di occupare uno spazio politico” e, prima: “Sicurezza, infrastrutture, sanità, giustizia, lavoro; tutte questioni che devono essere affrontate con un approccio moderno, senza preclusioni, senza preconcetti, valutando per attuarle.” Bene
Concordo: lui che è il vicesegretario nazionale e coordinatore del Nord individui e proponga il programma più adatto a dare visibilità e attivare le risorse nelle nostre regioni, noi faremo “rete” attorno a lui, verificheremo le competenze che ognuno di noi può mettere a disposizione del gruppo e le valorizzeremo.
Cominciamo dalle presentazioni, mettendo sul tavolo il dono di competenze e disponibilità che ognuno di noi può portare al gruppo: io mi occupo di editoria e, se volete, posso curare la pubblicazione di qualunque elaborato possa servirvi per le vostre iniziative locali, inoltre posso scrivere senza difficoltà articoli o trafiletti si rendano necessari a chiunque di voi. Di pochi altri so qualcosa e penso di non essere un’eccezione: scambiamoci le informazioni che occorrono e poniamoci degli obiettivi concreti, facciamo un programma.
Perdonate il mio pragmatismo, ma questo è utile e funzionale, mentre conversare sui blog non mi attrae molto: ruba tempo al sonno e da poco costrutto.
Un abbraccio a tutti

Laura Turati

CASO ENGLARO: SPEDALE (NUOVO PSI), ATTO DI CIVILTA’ E UMANA COMPRENSIONE

=
ERA ACCANIMENTO TERAPEUTICO

Roma, 9 lug. – (Adnkronos) – ‘La decisione della Corte d’appello civile di Milano, che ha autorizzato il padre di Eluana Englaro ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzato che da 16 anni tiene in vita la figlia, rappresenta un atto di grande civilta’ giuridica prima ancora che un atto di umana comprensione’. Lo ha dichiarato Franco Spedale, medico e vice segretario nazionale del Nuovo Psi di Caldoro che sostiene il Governo Berlusconi.

‘Si e’ interrotto un calvario – ha aggiunto Spedale – che si era trasformato un accanimento terapeutico che provocava sofferenze anche nelle persone che quotidianamente con grande affetto hanno seguito la ragazza’. ‘Adesso il Parlamento non puo’ perdere altro tempo ed ha il dovere di legiferare per evitare che in una materia cosi delicata ci sia uno scandaloso vuoto giuridico. I giudici ed i tribunali, per quanto preparati, non possono – ha concluso il medico – in uno Stato di Diritto sostituirsi al legislatore’.

Intervista a Cossiga: dal Corriere della Sera

Cossiga compie 80 anni: Moro?
Sapevo di averlo condannato a morte
«La strage di Bologna, fu un incidente della resistenza palestinese»

Presidente Cossiga, auguri per i suoi ottant’anni. Lei è sempre malatissimo, e tende sempre a relativizzare il suo cursus honorum — Viminale, Palazzo Madama, Palazzo Chigi, Quirinale —. Eppure la vita le ha dato longevità e potere. Come se lo spiega?
«Ma io sono ammalatissimo sul serio! Nove operazioni, di cui cinque gravi, una della durata di sette ore, seguita da tre giorni di terapia intensiva. Ma resisto. Come si dice in sardo: “Pelle mala no moridi”; i cattivi non muoiono. E io buono non sono. Io relativizzo tutto quello che non attiene all’eterno. E poi, come spiego in un libro che uscirà a ottobre, “A carte scoperte”, scritto con Renato Farina, tutte le cariche le ho ricoperte perché in quel momento e per quel posto non c’era nessun altro disponibile. Io uomo di potere? Sempre a ottobre uscirà un altro libro — “Damnatio memoriae in vita” — con tutti gli articoli, lettere e pseudo saggi di insulti e peggio pubblicati durante il mio settennato contro di me da Repubblica ed Espresso ».

A trent’anni dalla morte di Moro, il consulente che le inviò il Dipartimento di Stato, Steve Pieczenick, ha detto: «Con Cossiga e Andreotti decidemmo di lasciarlo morire». Quell’uomo mente? Ricorda male? Ci fu un fraintendimento tra voi? O a un certo punto eravate rassegnati a non salvare Moro?
«Quando, con il Pci di Berlinguer, ho optato per la linea della fermezza, ero certo e consapevole che, salvo un miracolo, avevamo condannato Moro a morte. Altri si sono scoperti trattativisti in seguito; la famiglia Moro, poi, se l’è presa solo con me, mai con i comunisti. Il punto è che, a differenza di molti cattolici sociali, convinti che lo Stato sia una sovrastruttura della società civile, io ero e resto convinto che lo Stato sia un valore. Per Moro non era così: la dignità dello Stato, come ha scritto, non valeva l’interesse del suo nipotino Luca».

Esclude che le Br furono usate da poteri stranieri che volevano Moro morto?
«Solo la dietrologia, che è la fantasia della Storia, sostiene questo. Tutta questa insistenza sulla “storia criminale” d’Italia è opera non di studiosi, ma di scribacchini. Gente che, non sapendo scrivere di storia e non essendo riusciti a farsi eleggere a nessuna carica, scrivono di dietrologia. Fantasy, appunto ».

Quale idea si è fatto sulle stragi definite di «Stato», da piazza Fontana a piazza della Loggia? La Dc ha responsabilità dirette? Sapeva almeno qualcosa?«Non sapeva nulla e nessuna responsabilità aveva. Molto meno di quelle che il Pci (penso all'”album di famiglia” della Rossanda) aveva per il terrorismo rosso».

Perché lei è certo dell’innocenza di Mambro e Fioravanti per la strage di Bologna? Dove vanno cercati i veri colpevoli?
«Lo dico perché di terrorismo me ne intendo. La strage di Bologna è un incidente accaduto agli amici della “resistenza palestinese” che, autorizzata dal “lodo Moro” a fare in Italia quel che voleva purché non contro il nostro Paese, si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo. Quanto agli innocenti condannati, in Italia i magistrati, salvo qualcuno, non sono mai stati eroi. E nella rossa Bologna la strage doveva essere fascista. In un primo tempo, gli imputati vennero assolti. Seguirono le manifestazioni politiche, e le sentenze politiche».

Scusi, i palestinesi trasportavano l’esplosivo sui treni delle Ferrovie dello Stato?
«Divenni presidente del Consiglio poco dopo, e fui informato dai carabinieri che le cose erano andate così. Anche le altre versioni che raccolsi collimavano. Se è per questo, i palestinesi trasportarono un missile sulla macchina di Pifano, il capo degli autonomi di via dei Volsci. Dopo il suo arresto ricevetti per vie traverse un telegramma di protesta da George Habbash, il capo del Fronte popolare per la liberazione della Palestina: “Quel missile è mio. State violando il nostro accordo. Liberate subito il povero Pifano”».

C’è qualcosa ancora da chiarire nel ruolo di Gladio, di cui lei da sottosegretario alla Difesa fu uno dei padri?
«I padri di Gladio sono stati Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani, Gaetano Martino e i generali Musco e De Lorenzo, capi del Sifar. Io ero un piccolo amministratore. Anche se mi sono fatto insegnare a Capo Marrangiu a usare il plastico».

Il plastico?
«I ragazzi della scuola di Gladio erano piuttosto bravi. Forse oggi non avrei il coraggio, ma posseggo ancora la tecnica per far saltare un portone. Non è difficile: si manipola questa sostanza che pare pongo, la si mette attorno alla struttura portante, quindi la si fa saltare con una miccia o elettricamente… ».

E’ sicuro che il plastico di Gladio non sia stato usato davvero?
«Sì, ne sono sicuro. Gli uomini di Gladio erano ex partigiani. Era vietato arruolare monarchici, fascisti o anche solo parenti di fascisti: un ufficiale di complemento fu cacciato dopo il suo matrimonio con la figlia di un dirigente Msi. Quasi tutti erano azionisti, socialisti, lamalfiani. I democristiani erano pochissimi: nel mio partito la diffidenza antiatlantica è sempre stata forte. Del resto, la Santa Sede era ostile all’ingresso dell’Italia nell’Alleanza Atlantica. Contrari furono Dossetti e Gui, che pure sarebbe divenuto ministro della Difesa. Moro fu costretto a calci a entrare in aula per votare sì. E dico a calci non metaforicamente. Quando parlavo del Quirinale con La Malfa, mi diceva: “Io non c’andrò mai. Sono troppo filoatlantico per avere i voti democristiani e comunisti”».

Qual è secondo lei la vera genesi di Tangentopoli? Fu un complotto per far cadere il vecchio sistema? Ordito da chi? Di Pietro fu demiurgo o pedina? In quali mani?
«Credo che gli Stati Uniti e la Cia non ne siano stati estranei; così come certo non sono stati estranei alle “disgrazie” di Andreotti e di Craxi. Di Pietro? Quello del prestito di cento milioni restituito all’odore dell’inchiesta ministeriale in una scatola di scarpe? Un burattino esibizionista, naturalmente ».

La Cia? E in che modo?
«Attraverso informazioni soffiate alle procure. E attraverso la mafia. Andreotti e Craxi sono stati i più filopalestinesi tra i leader europei. I miliardi di All Iberian furono dirottati da Craxi all’Olp. E questo a Fort Langley non lo dimenticano. In più, gli anni dal ’92 in avanti sono sotto amministrazioni democratiche: le più interventiste e implacabili».

Quando incontrò per la prima volta Berlusconi? Che cosa pensa davvero di lui, come uomo e come politico?
«Era il 1974, io ero da poco ministro. Passeggiavo per Roma con il collega Adolfo Sarti quando incontrai Roberto Gervaso, che ci invitò a cena per conoscere un personaggio interessante. Era lui. Parlò per tutta la sera dei suoi progetti: Milano 2 e Publitalia. Non ho mai votato per Berlusconi, ma da allora siamo stati sempre amici, e sarò testimone al matrimonio di sua figlia Barbara. Certo, poteva fare a meno di far ammazzare Caio Giulio Cesare e Abramo Lincoln…».

Ci sono accuse più recenti.
«Non facciamo i moralisti. Il premier britannico Wilson fece nominare contessa da Elisabetta la sua amante e capo di gabinetto. Noi galantuomini stiamo con la Pompadour. Quindi, stiamo con la Carfagna ».

Lei non è mai stato un grande estimatore di Veltroni. Come le pare si stia muovendo? Resisterà alla guida del Pd, anche dopo le Europee? «E che cosa è il Pd? Io mi iscriverei meglio a ReD, il movimento di D’Alema, di cui ho anche disegnato il logo: un punto rosso cerchiato oro. Veltroni è un perfetto doroteo: parla molto, e bene, senza dire nulla. Perderà le Europee, ma resisterà; e l’unica garanzia per i cattolici nel Pd che non vogliono morire socialisti».

Perché le piace tanto D’Alema?
«Perché come me per attaccare i manifesti elettorali è andato di giro nottetempo con il secchio di colla di farina a far botte. Perché è un comunista nazionale e democratico, un berlingueriano di ferro, e quindi un quasi affine mio, non della mia bella nipote Bianca Berlinguer che invece è bella, brava e veltroniana. E poi è uno con i coglioni. Antigiustizialista vero, e per questo minacciato dalla magistratura ».

Cosa pensa dei giovani cattolici del Pd? Chi ha più stoffa tra Franceschini, Fioroni, Follini, Enrico Letta?
«Sono una generazione sfortunata. Il loro futuro è o con il socialismo o con Pierfurby Casini».

Come si sta muovendo suo figlio Giuseppe in politica? E’ vero che lei ha un figlio “di destra” e una figlia, Annamaria, “di sinistra”?«Li stimo molto entrambi. Tutti e due sono appassionati alla politica come me. Mia figlia è di sinistra, dalemiana di ferro, e si iscriverà a ReD. Mio figlio è un conservatore moderno, da British Conservative Party. Io pencolo più verso mio figlio».

E’ stato il matrimonio il grande dolore della sua vita?«Non amo parlare delle mie cose private. Posso solo dire che la madre dei miei figli era bellissima, intelligentissima, bravissima, molto colta. Che ha educato benissimo i ragazzi. E che io l’ho amata molto».

Aldo Cazzullo
08 luglio 2008

== COSSIGA, SAPEVO DI AVERE CONDANNATO A MORTE ALDO MORO

LA STRAGE DI BOLOGNA? UN INCIDENTE DELLA RESISTENZA PALESTINESE (ANSA) – ROMA, 8 LUG – ‘Quando il Pci di Berlinguer ha optato per la linea della fermezza ero certo e consapevole che, salvo un miracolo, avevamo condannato Moro a morte’. In una intervista al ‘Corriere della Sera’ in occasione dei suoi 80 anni, il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga racconta i fatti che hanno segnato la sua lunga carriera politica, dagli anni di piombo, a Tangentopoli, fino al Pd di Veltroni, ‘perfetto doroteo che parla bene senza dire nulla’. Cossiga difende la sua scelta di non trattare con le Br per la liberazione di Moro: ‘Io – dice – ero e resto convinto che lo Stato sia un valore. Per Moro non era cosi’: la dignita’ dello Stato, come ha scritto, non valeva l’interesse del suo nipotino’.
L’ex presidente della Repubblica ripete anche la sua verita’ sulla strage di Bologna: ‘Fu un incidente accaduto agli amici della ‘resistenza palestinese”, che ‘si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo’. La condanna di Mambro e Fioravanti arrivo’, quindi, perche’ ‘nella rossa Bologna la strage doveva essere fascista’.
Cossiga si dice anche convinto che ‘la Cia e gli Stati Uniti non siano stati estranei a Tangentopoli, cosi’ come alle disgrazie di Andreotti e di Craxi’, che sono stati ‘i piu’ filopalestinesi tra i leader europei. I miliardi di All Iberian furonono dirottati da Craxi all’Olp. E questo a Fort Langley non lo dimenticano’.
Infine uno sguardo all’attualita’ e al Partito Democratico: ‘Ma che cos’e’? – si chiede – Io mi iscriverei meglio a ReD, il movimento di D’Alema, di cui ho disegnato anche il logo: un punto rosso cerchiato oro’. (ANSA

RASSEGNA STAMPA/ COSSIGA: USA E CIA DIETRO TANGENTOPOLI

(9Colonne) Roma, 8 lug – In una intervista al Corriere della Sera Francesco Cossiga sostiene che gli Stati Uniti e la Cia non sarebbero stati estranei allo scoppio di Tangentopoli “così come certo non sono stati estranei alle ‘disgrazie’ di Andreotti e di Craxi”. L’ex presidente della Repubblica sostiene questa tesi sottolineando che “Andreotti e Craxi sono stati i più filopalestinesi tra i leader europei. I miliardi di All Iberian furono dirottati da Craxi all’Olp. E questo a Fort Langley non lo dimenticano. In più, gli anni dal ’92 in avanti sono sotto amministrazioni democratiche: le più interventiste e implacabili”. Ricorda quindi il primo incontro con Berlusconi: “Era il 1974, io ero da poco ministro. Passeggiavo per Roma con il collega Adolfo Sarti quando incontrai Roberto Gervaso, che ci invitò a cena per conoscere un personaggio interessante. Era lui. Parlò per tutta la sera dei suoi progetti: Milano 2 e Publitalia. Non ho mai votato per Berlusconi, ma da allora siamo stati sempre amici, e sarò testimone al matrimonio di sua figlia Barbara. Certo, poteva fare a meno di far ammazzare Caio Giulio Cesare e Abramo Lincoln…”. E lo difende quindi dalle recenti accuse: “Non facciamo i moralisti. Il premier britannico Wilson fece nominare contessa da Elisabetta la sua amante e capo di gabinetto. Noi galantuomini stiamo con la Pompadour.
Quindi, stiamo con la Carfagna

Viaggio a Montecatini tra Samurai e Filibustieri

Il primo congresso dei socialisti italiani concluso a Monetecatini domenica 6 luglio
porta con sè luci ed ombre.
Tra i bagliori luccica sicuramente la conclusione unitaria. Tutti insieme mossi dalla
necessità di unire gli sforzi e non sprecare, per divisioni interne, le poche energie
a disposizione.
Un raggio luminoso viene anche dal nuovo segretario Riccardo Nencini. Un uomo
sicuramente nuovo, ma non inesperto. Preparato. Uno sguardo pulito e sincero.
Lontano da atteggiamenti arroganti e presuntosi che tanto danno hanno
fatto e fanno all’interno della nostra organizzazione. Insomma: “una persona per
bene”.
Molto dipenderà da lui e da quanto potrà fare per riconvertire le logiche di potere
sclerotizzate nei vecchia apparati.
Una buona partecipazione, una buona organizzazione e tutto sommato anche
una notevole immagine mediatica. Ci ha aiutato sicuramente la contestazione a
Walter Veltroni, ma anche per questo, del congresso socialista si è parlato molto
sui giornali ed in televisione. Molto più di quanto i numeri imponevano.
Le aree buie invece persistono nei contenuti e nelle elaborazioni per lo più stantie
e scontate. Tanti sforzi per l’elaborazione formale dei discorsi. Un grande impegno
sullo stile del racconto, sugli effetti dell’applauso, ma poco, forse troppo
poco di nuovo è stato proposto, o meglio, è stato deciso.
Rimane ancora avvolto nelle tenebre il nuovo gruppo dirigente. Quello succedutosi
sul palco per il 90 per cento è lo stesso visto negli ultimi quindici anni di storia
socialista. Eppure c’era una discreta presenza di giovani. Forse la loro timidezza
o forse il protagonismo obeso ed appesantito dei “vecchi” gli hanno impedito
di esprimersi.
Semioscura è rimasta la linea politica divisa tra chi difende come Shoichi Yokov,
l’ultimo dei soldati giapponesi scoperto ed arresosi nel 1972 nell’isola di Guam, la
linea di “a sinistra sempre, solo ed unicamente” e chi, come dei novelli Francis
Drake, invitano il Partito a scorribande corsare all’interno dei due schieramenti
italiani.
Prevarranno i Samurai o i filubustieri? Difficile dirlo, di certo il congresso non si è
espresso. Questa incertezza dovrà essere sciolta pena la fine della speranza che
il Congresso ha dato.
Mai come oggi, in una situazione così difficile e drammatica, conterà l’intelligenza
ed il valore del gruppo dirigente nazionale e locale.
Se continueranno a prevalere le convenienze personali, rispetto alla politica, la
fine è già scritta.
Le speranze del Partito risiedono tutte nella sua capacità di riprendere autonomia
ed identità. Nulla deve essere precostituito se non l’idea riformista socialista. Alleanze,
scelte, strategie ed uomini dovranno essere messe a disposizione
dell’opportunità della politica e non degli interessi individuali.
Il respiro collettivo è l’unico ossigeno possibile per un malato grave come il socialismo
italiano.
Questo è il primo grande, difficilissimo compito che ha davanti a se il nuovo segretario.
Ostacolo non raggirabile e non rinviabile.
Come in ogni attività umana, per ricostruire, riconvertire, ristrutturare, ripartire è
necessario un nuovo progetto ed un nuovo management e la ricerca è tra i migliori
disponibili non tra i supponenti di un potere che nessuno ha più.
Sergio Verrecchia

PS: DE MICHELIS, NO A RAPPORTO CAUDATARIO CON IL PD

(ANSA) – MONTECATINI TERME (PISTOIA), 5 LUG – Il Partito socialista deve escludere ‘qualsiasi convergenza con la sinistra massimalista’ ma anche ‘qualsiasi rapporto di tipo caudatario con il Pd’ e seguire ‘la sua marcia in qualsiasi direzione’. Lo ha detto Gianni De Michelis, a margine della sua partecipazione al primo congresso nazionale del Partito socialista in corso a Montecatini.
‘Dobbiamo dire con chiarezza – ha detto ancora De Michelis – che il tratto di mare nel quale cercheremo di navigare sara’ quello tra il Pd e il Pdl, esattamente dove si colloca Casini’.
Sulla legge elettorale, De Michelis ha aggiunto che sara’ necessaria una scelta esplicita ‘per una legge elettorale alla tedesca che vada oltre lo schema bipolare’. (ANSA).

Apc-PS/ NENCINI: APPOGGIAMO UDC PER CONSIGLIO REGIONALE CALABRIA

Con Casini e Cesa definita linea univoca su riforme istituzionali

Montecatini Terme, 6 lug. (Apcom) – Il Partito Socialista appoggerà il candidato dell’Udc per la vicepresidenza del Consiglio Regionale della Calabria: lo ha affermato Riccardo Nencini, neosegretario Ps, a margine dei lavori del congresso.
“Con Casini e Cesa – ha spiegato – abbiamo parlato prima del congresso, stabilendo una linea che riguarderà un comportamento univoco, intanto, sulle riforme istituzionali. Aggiungo che il Consiglio Regionale della Calabria dovrà eleggere un prossimo vicepresidente, e i socialisti in quella occasione sosterranno la candidatura dell’Udc. E’ il primo segnale concretissimo sul territorio, in una regione importante”.

CONGRESSO PS: NENCINI, NO SBARRAMENTO EUROPEE, DIALOGO CON UDC (3)=

(AGI) – Montecatini Terme, 6 lug – Nencini sulla situazione economica aggiunge: “Bene ha fatto Veltroni a richiamare l’attenzione sulla prospettiva dura, se non durissima, che aspetta le famiglie italiane in autunno. Sgombreremo il campo il prima possibile dalle questioni altre per dedicarci a provvedimenti necessari a migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Berlusconi ed il Governo non usino le emergenze, piu’ o meno create ad arte, per nascondere una politica economica che ancora non decolla”.
Nel suo intervento di chiusura al congresso, Nencini propone un patto federativo a liberali, azionisti, movimento dei 101, repubblicani. A Walter Veltroni “chiediamo di portare alle estreme conseguenze la proposta che ci ha fatto: un nuovo centro-sinistra, una opposizione riformista fondata sul Pse.
Sciogliere l’apparentamento con l’Idv e’ interesse comune di tutti i riformisti”. Ai radicali Nencini chiede di sostenere le 3 campagne pubbliche del Ps su scuola, precari, caro bollette.

Apc-PS/ VELTRONI AL CONGRESSO, SOTTO I FISCHI C’E’ IL DIALOGO

Leader Pd apre, Nencini apprezza riconoscimento autonomia

Montecatini Terme, 5 lug. (Apcom) – “Non mi aspettavo gli applausi…”, ammette Walter Veltroni ai cronisti appena uscito dal Palazzo dei Congressi di Montecatini Terme, seconda giornata del congresso fondativo del Partito Socialista. Un’ora prima i delegati avevano accolto il suo ingresso con una salva di fischi, una disapprovazione così plateale da lasciare “amareggiato” Ugo Intini, sul podio in quel momento, secondo il quale “non è mai successa una cosa del genere in un’assemblea socialista”: e pazienza per il Berlinguer fischiato nell’84 a Verona con Bettino Craxi che disse “non mi posso unire a quei fischi solo perché non so fischiare”, e per il D’Alema coperto dai ‘buuu’ nel ’99 a Fiuggi, congresso fondativo dello Sdi, quando lodò il ‘grande traditore’ Giuliano Amato.

Intini, che pure c’era a Verona e a Fiuggi, ribadisce che “siamo un partito democratico, siamo abituati a discutere con tutti”.
Ha ragione: se la platea fischia, i leader del nuovo partito accolgono con soddisfazione l’apertura al dialogo da parte del leader del Pd, il quale afferma di voler “costruire un nuovo centrosinistra che non sia la ripetizione delle stagioni dell’Unione”, perché “il centrosinistra nuovo non deve essere l’assemblea di tutti coloro che non sono d’accordo con Berlusconi, ma deve avere una base programmatica”. Il Ps può e deve essere della partita: “Sulla base del rispetto dell’identità e della storia di entrambi – ha aggiunto Veltroni – io penso si possano creare nuovi rapporti tra forze autonome che vogliono fare un tratto di cammino insieme”. Una linea confermata, fuori dalla sala, da Vannino Chiti che riconosce nella relazione di Riccardo Nencini, sempre più vicino all’elezione a segretario per domattina, “un percorso di confronto e dialogo che è necessario, perché occorre costruire un’unità di tutte le forze riformiste”.

Soddisfazione confermata dai commenti del post-intervento: “Giudico positiva la proposta di Veltroni di costruire un nuovo centrosinistra fra forze autonome e riformiste”, ha detto Nencini, che ritiene “importante il riconoscimento che il leader Pd ha fatto dell’autonomia e dell’identità socialista, chiamando contemporaneamente alla collaborazione e al confronto”. Gongola l’ex compagno di partito Gavino Angius: “Il significato della presenza di Veltroni qui, le parole che ha detto – ha osservato – sono il riconoscimento del ruolo e dell’autonomia del nascente Partito Socialista, e sono di fatto un esplicito cambiamento di linea politica rispetto al passato”.

L’ipotesi di lavoro ricorrente è quella di un “campo largo” delle forze riformiste che ora stanno all’opposizione: quindi niente Di Pietro, “che non è riformista”, chiosa Angius, e i fischi che accolgono l’esponente Idv Fabio Evangelisti non mentono. Largo invece all’intesa, già evocata ieri da Nencini, con l’Udc, “con cui il rapporto può essere decisivo”, dice il vecchio leone del garofano Gianni De Michelis, per il quale “bisogna escludere ogni convergenza con la sinistra massimalista”, perché “il tratto di mare nel quale cercheremo di navigare sarà quello tra Pd e Pdl, esattamente dove si colloca Casini”. I fratelli separati del Nuovo Psi, per bocca del suo leader Stefano Caldoro, invitano gli ex compagni a riconoscere “i meriti del Governo” in tema di battaglie riformiste, piuttosto che “ascoltare le sirene del Pd”.