Socialisti riformisti mai con ex Pci

Set
11
Gio 15.43 – Con frequenza nel dibattito politico irrompe il tema del ruolo dei socialisti. In molti, editorialisti e non, accusano quanti in questi anni hanno fatto la scelta di sostenere la leadership di Berlusconi. Il dibattito avviato da Michele Serra e che Cicchitto e Nencini hanno animato merita alcune riflessioni. L’editorialista di Repubblica si stupisce perché alcuni socialisti, io dico riformisti, sostengono un governo di destra; le argomentazioni rischiano di ignorare alcune verità storiche e non superano vecchi pregiudizi. Innanzitutto la distinzione fra destra e sinistra, che ha caratterizzato il secolo scorso, è ormai destinata ad essere archiviata. Capita nell’Italia del terzo millennio ed è un fenomeno che interessa la Germania, basti guardare le vicende della Spd, e le scelte di socialisti francesi. Sarebbe sufficiente riferirsi alle parole di Blair quando evidenzia che oggi “La distinzione è fra passato e futuro”. Il socialismo riformista, dunque, non può avere recinti antichi. Se si esclude l’accordo, puramente elettorale, del 1948 con il fronte popolare, non ci sono esperienze di governo nazionale che hanno visto insieme il Psi ed Il Pci. Il Psi, che indubbiamente aveva sensibilità che guardavano alla sinistra comunista, ha sempre dialogato e governato con le forze laiche, liberali e soprattutto cattoliche. Le organizzazioni minori, ad esempio il Psiup negli anni sessanta o il Ps di Boselli più di recente, che sono rimaste alleate a sinistra sono state presto fagocitate e sciolte. D’altra parte le migliori esperienze socialiste di governo del dopoguerra, il centrosinistra di Nenni e gli anni di Craxi, hanno sempre visto il Pci protagonista di una netta opposizione. La fine della prima Repubblica ha poi creato una profonda frattura fra il socialismo liberale e riformista e la sinistra post comunista. Quanto è accaduto, negli anni novanta, e le diverse letture rendono difficile, come opportunamente ricorda Cicchitto, la convivenza fra quanti hanno scelto il riformismo ed il garantismo e quanti hanno preferito il giustizialismo ed il conservatorismo.
Bisognerebbe sottolineare che chi allora scelse la via della rivoluzione giudiziaria oggi anima l’esperienza del centrosinistra. Nella finta sinistra italiana attualmente il peso dei giustizialisti è ancora molto determinate come lo è quello dei conservatori che si oppongono ad ogni cambiamento. Il governo Berlusconi, che Sella definisce più a destra di tutta l’Ue, si sta caratterizzando per una politica di riforme e di modernizzazione. I provvedimenti sulla scuola e la ricerca, che già la Moratti aveva avviato, gli interventi in campo economico di Tremonti, che guardano al futuro, superano nei fatti la vecchia distinzione fra destra e sinistra.
I socialisti riformisti non possono che sostenere gli sforzi di chi è impegnato nel rilancio del sistema Italia, non possono non sostenere la battaglia di Brunetta che intende premiare quanti meritano, non possono non sostenere la politica euro mediterranea di Frattini o la costruzione di un moderno sistema del welfare pensata da Sacconi.
Stefano Caldoro

La diaspora non é finita

L’idea che non muore. Oggi sia nel centrodestra che nel centrosinistra in molti si dichiarano riformisti e liberali, dimenticandosi il più delle volte che la cultura riformista liberale è nata, cresciuta e si è affermata in un partito un tempo glorioso e oggi ridotto ad un fantasma di se stesso. Ma ciò sta a dimostrare sostanzialmente tre cose: A) che quel tipo di cultura ha storicamente vinto, a sinistra come a destra B) che il popolo socialista sta sia a sinistra sia a destra ma soprattutto C) che la tristemente famosa diaspora non è finita. Socialisti che si dichiarano tali stanno nel popolo delle libertà (Nuovo Psi, socialisti di Forza Italia), nel partito democratico (Del Turco, Benvenuto, Amato, Marini, Manca ed altri), nel Ps e addirittura anche nell’Udc. Nessuno può ergersi a paladino del socialismo-liberale più autentico. L’errore più grande di tutti questi anni è stato quello di credere che la ricostruzione del partito potesse nascere dal rimettere insieme i cocci dirigenziali delle singole anime socialiste senza fare il conto con la base socialista, con il popolo socialista ma soprattutto con la creazione di un nuovo movimento liberalsocialista “dal basso”. Ma la nascita di un nuovo grande movimento di idee nell’alveo della cultura riformista, portatore di una cultura alternativa al duopolio Pd-Pdl e che vada al di la’ dell’obsoleto concetto destra/sinistra, ha bisogno di molto tempo per concretizzarsi. Nella fase attuale molto concretamente dobbiamo cercare di fare la nostra parte a destra come a sinistra. A mio avviso tutti coloro che si richiamano al nostro tipo di cultura che stanno nell’attuale centrodestra dovrebbero lavorare per cercare di creare un forte gruppo riformista (che esiste) in quell’area di riferimento e la stessa cosa dovrebbero farla a sinistra, al fine di far nascere veramente un nuovo movimento culturale e politico trasversale ai vecchi schemi e alle vecchie alleanze ma che si richiami ai valori di un liberalismo sociale e riformista evoluto. Ciò lo si crea a mio modesto avviso attraverso associazioni, circoli, leghe, giornali di stampo riformista e liberale che possono stare, nella fase attuale, a destra come a sinistra, ma che hanno come scopo ultimo la creazione del popolo riformista e quindi di conseguenza di una casa liberalsocialista nella quale tutti possiamo riconoscerci. Noi abbiamo l’onere e l’onore di preparare una nuova alba. Dobbiamo essere convinti che solo il socialismo riformista e liberale inteso come rivoluzione continua verso riforme di ordine sociale, nel nome della Nazione, del Popolo, della Solidarietà, del Lavoro, dell’Ambiente, possa restituire all’uomo quella sua originaria libertà e creatività da estrinsecare in una rinnovata “Polis”. L’alba di un nuovo socialismo è l’alba di una nuova storia nella quale la sovranità delle nazioni, il diritto dei popoli, e la sussidiarietà di comunità tornano protagoniste. Il sole dell’avvenire può sconfiggere la notte dei tempi. Dipende da noi e dalla missione che intendiamo affidare al socialismo di domani. Nessuno dovrebbe mai perdersi d’animo, oggi siamo costretti a lavorare divisi per poi un giorno colpire uniti nel nome del socialismo riformista più autentico del termine, ma soprattutto nel nome della libertà, della democrazia e della giustizia sociale che i nostri padri ci hanno regalato.
Massimo Stefanetto (Nuovo Psi Monza e Brianza)

TRA PASSATO E FUTURO

Bisogna concepire la politica come scienza di ciò che è possibile fare in determinate condizioni di tempo e di luogo, e non come la scienza di ciò che è desiderabile per ragioni puramente teoriche e filosofiche.
In un paese come l’Italia che appartiene a pieno diritto all’Europa, lo spazio della sinistra alternativa alla destra non può essere che quello del socialismo democratico e liberale.
Purtroppo l’unico partito per il quale sembra non ci sia più posto è un partito unitario e a vocazione maggioritario come c’è negli altri paesi dell’Europa di Maastricht. Nel nostro paese non c’è mai stata traccia di un grande partito socialista che occupi tutto o quasi lo spazio della sinistra ed i partiti socialisti sono sempre incredibilmente, più di uno, in concorrenza tra loro. L’mpresa cui i socialisti per le libertà si accingono a fare, non è facile, anzi, diciamolo pure con tutta franchezza, difficilissima. Il che non vuol dire che non debba essere tentata, specie nel momento in cui un socialismo troppo rigido ed uno all’estremo opposto, troppo flessibile, dovrebbero avere imparato una severa lezione dall’ultima sconfitta.
Il fronte contro il quale il socialismo democratico di oggi deve schierarsi è in nome della giustizia sociale, quello del liberismo trionfante.
Se il socialismo liberale era nato per rivendicare i diritti di libertà contro un socialismo diventato dispotico, il socialismo liberale di oggi deve difendere i diritti sociali, come condizione necessaria per la migliore protezione dei diritti di libertà.
Per dare un nuovo contenuto a un grande partito socialista, oggi non basta ricostituire la sinistra. Occorre prendere atto che nel nostro paese sta attraversando una crisi gravissima lo stesso istituto del partito politico.
Comunque il processo di modificazione e successiva disgregazione attuale, evidenzia l’inettitudine delle rappresentanze numeriche del partito a flettere alla coscienza politica socialista le occasioni che le situazioni ambientali ed internazionali hanno prodotto.
Da qui la fuga, l’abbandono, il tradimento ed infine il trasformismo.
In primo luogo il socialismo deve essere considerato una rivoluzione morale ed in secondo luogo una trasformazioni materiale.
Il socialismo non si decreta dall’alto ( vedi Nencini & C.), ma si costruisce tutti i giorni dal basso, nelle coscienze, nei sindacati, nella cultura.
Il nuovo partito socialista italiano non deve essere frutto di appiccicature di partiti e partitelli ormai inesistenti, ma un organismo nuovo da capo a piedi, unione di tutte quelle forze che si battono per la causa della libertà e del lavoro.
Per essere un vero partito socialista di massa, dunque, si deve fare una sintesi tra il vecchio riformista di turati, quello liberale di Rosselli ed infine quello cristiano di Ignazio Silone.

Francesco Mazzeo
Segretario de “I Socialisti Per Le Libertà”

PDL: PSI-DCA, SE E’ SOLO ASSE FI-AN NOI NON CI STIAMO

(ANSA) – ROMA, 26 LUG – ‘Se il coordinamento del Pdl si risolve in Forza Italia e Alleanza Nazionale, noi non facciamo drammi ma ce ne andiamo. Ce ne andiamo subito pero’, prima che la modifica dei regolamenti della Camera rende impossibile ripristinare il nostro gruppo parlamentare’. Lo dichiarano, in una nota congiunta, i deputati Franco De Luca e Lucio Barani rispettivamente capo segreteria della Dca e tesoriere del Nuovo Psi.
(ANSA).

Il percorso costituente del Popolo della Liberta’

L’accelerazione data alla semplificazione del quadro politico nazionale con le elezioni di aprile, impone alle forze politiche moderate di dare seguito alla costituzione di quel nuovo partito noto come “Popolo delle Liberta’”. In proposito, pero’, va fatta una considerazione preliminare, che sembra di per se’ ovvia, ma che costituisce elemento di evidente originalita’ : un partito che non c’e’, o almeno non c’e’ ancora nella sua forma giuridica , aggrega, vince, convince, propone, governa un Paese che vive una delle crisi piu’ difficili dal secondo dopo guerra ad oggi . Difronte a questo fenomeno nuovo le forze costituenti dovranno aprire una seria riflessione che investe, a mio giudizio, tre distinti profili: 1) il modello di Partito che si vuole costruire,2) il sistema politico nel quale esso dovra’ essere collocato e dovra’ operare, 3) quali le forze che dovranno interpretare questo nuovo corso . La risposta a questi tre quesiti presuppone pero’ la risposta ad una domanda preliminare : quale modello di democrazia vogliono veramente gli italiani? quello Parlamentare o quello presidenziale? Perche’ al di fuori di questi due modelli non ne esistono altri. Anzi la anomalia tutta italiana di questo lungo periodo di transizione politica che va dalla fine della prima Repubblica, al tramonto della cosiddetta seconda repubblica, e’ stata proprio quella di avere ipotizzato ed applicato un sistema ibrido, fatto di coalizioni onnicomprensive, costituite da formazioni disomogenee per estrazione culturale ed identitaria , di una elevata conflittualita’ all’interno delle stesse coalizioni, e con l’indicazione del premier per finalita’ puramente elettorali , senza che all’eletto, venissero poi effettivamente attribuiti i poteri previsti nei sistemi presidenziali . La risposta a questo quesito la si trova nella Costituzione, la quale ci impone di seguire il modello della democrazia parlamentare imperniato sul principio della centralita’ del Parlamento . Di qui la necessita’ e non solo la opportunita’ di costruire un partito , strutturato capillarmente sul territorio, che sia capace di catalizzare il consenso intorno a ragioni ideali e politiche, omogenee e condivise . Con il voto del 13 aprile scorso il popolo italiano ha dato una indicazione chiara: ha scelto il modello delle grandi democrazie europee, costituito appunto da due formazioni antagoniste attorno alle quali si polarizza la stragrande maggioranza del consenso popolare. Cosi’ il PDL ed il PD hanno raccolto, da soli, ben oltre il 70 per cento dei voti, mentre sono restate escluse dal Parlamento -ad esempio- le formazioni della sinistra radicale e ambientalista oltre che quella riformista moderata che ruotava intorno alla cd. Costituente socialista di Boselli, perche’ esse non hanno saputo evidentemente interpretare le esigenze di tutele reclamate da larghe fasce della popolazione, peraltro le meno garantite e le piu’ bisognose. Sotto tale profilo non puo’ passare inosservato, perche’ il dato e’ di per se’ eclatante, che alle comunali di Roma l’on. Alemanno ha raccolto nei quartieri popolari tradizionalmente di sinistra, piu’ voti del suo antagonista del PD. – Ma il PDL come dicevo oggi non e’ ancora un Partito e cio’ costituisce elemento di precarieta’, se non di confusione, nella attuale situazione politica italiana. Di fronte ad una crisi che e’ diventata crisi di sistema e che attraversa le strutture politiche, sociali ed imprenditoriali del Paese ormai da troppo tempo, non vi e’ altra strada, nell’immediato, che quella di accelerare il percorso costituente di un partito di massa che sia capace di assicurare governabilita’, ricambio della classe dirigente,concentrazione su piattaforme programmatiche omogenee e di ridare autorevolezza e stabilita’ al Parlamento. Perche’ soltanto un parlamento autorevole potra’ avviare la necessaria ed ineludibile stagione di riforme per rendere piu’ moderno, piu’ efficiente e piu’ competitivo il Paese. – Per venire al terzo ed ultimo profilo, quello del CHI dovranno essere gli interpreti della nuova formazione, e’ mia convinzione che elemento imprescindibile debba essere la capacita’ del nuovo soggetto politico di interpretare le istanze, le sensibilita’, le ragioni ideali, se si vuole anche le diversita’ di tutte le componenti ,nell’ambito di una organizzazione democratica. Un Partito cioe’ che sia capace di rimettere la Politica al centro del sistema, di confrontarsi sui programmi , di giocare il suo ruolo sui concetti di ricerca , di innovazione, di meritocrazia, di solidarieta’, di pari opportunita’, di equita’ sociale, di Giustizia. “ RINNOVARSI O PERIRE “ diceva Pietro Nenni. Ed oggi rinnovarsi significa dar voce ad un Paese che vuole riprendere il cammino della crescita adeguando i suoi strumenti alle nuove sfide globali di questo secolo, nell’ottica della integrazione, della tolleranza, della Pace , della sicurezza. E per far questo occorrera’ costruire una organizzazione capace, sin dall’inizio, di aggregare tutte le componenti politiche moderate, di estrazione laica e cattolica, le pluralita’ culturali, nel rispetto delle singole identita’, nell’ambito di quel partito network che Berlusconi immagina come centro di produzione politico culturale, un po’ sul modello dei partiti americani. Con il voto di aprile gli italiani hanno chiesto chiarezza. Linearita’. Rigore. Hanno dato fiducia alle formazioni ed ai partiti collegati all’attuale Premier, affinche’ superate le conflittualita’ e le contrapposizioni, si governi nella coerenza e nella condivisione dei programmi. In una recente intervista l’on. Capezzone, portavoce di Forza Italia, ha detto: “Nessuno dovra’sentirsi ospite in questa nuova casa” . Prendo come buon auspicio questa dichiarazione solenne. Se sara’ vero lo vedremo a breve. Qualora non lo fosse ciascuno di noi riprendera’ – in autonomia- il suo percorso, forte delle proprie idee. Ma in questa denegata ipotesi si sara’ persa forse l’ultima occasione .
Oreste Campopiano segretario reg.le N.PSI

Macaluso dalla “Stampa” del 24 Luglio

“PROVIAMO A SMUOVERE LA POLITICA” di Emanuele Macaluso da “La Stampa” del 24 luglio 2008

Dopo la bagarre politica provocata da Bossi, Federico Geremicca su queste colonne ci ha raccontato come in meno di 100 giorni sono state liquidate due prospettive, emerse nel corso delle elezioni e immediatamente dopo la vittoria di Berlusconi (finalmente statista!), su cui si era tanto discusso e fantasticato. La prima, indicata come una «svolta epocale» dal Cavaliere e da Veltroni, consisteva nel fatto che il sistema politico finalmente si fondava su due grandi partiti pronti a inaugurare una «legislatura Costituente». La seconda prospettiva nel momento in cui la prima si annebbiava, faceva intravedere una intesa tra Pd e Lega che avrebbe allentato i rapporti tra Berlusconi e Bossi in vista della riforma per attuare il federalismo fiscale. Il dito medio alzato dal capo della Lega e indirizzato ai simboli dell’unità Nazionale faceva cadere anche questa prospettiva. E così è tornato il clima che si respirava prima delle elezioni. Anzi peggio dato che questi 100 giorni ci dicono che, nonostante una certa buona volontà mostrata a destra e a sinistra per cambiare registro e i ripetuti richiami del Capo dello Stato, non è possibile cambiare i rapporti tra i due schieramenti che da quindici anni si scontrano e si delegittimano senza tregua. E il tema della giustizia è sempre al centro dello scontro. E intanto il Paese anziché andare avanti nello sviluppo, nella competitività, nell’esercizio dei diritti dei cittadini, va indietro. A questo punto quindi è giusto, necessario e urgente porsi queste domande: con questi schieramenti e con questi leaders è possibile una svolta reale, una «legislatura costituente»? O bisogna fare qualcosa che rompa gli attuali assetti politici? Soffiare per far crescere il vento dell’antipolitica, l’abbiamo visto, peggiora le cose. Un mutamento nei due «grandi» partiti non è pensabile, chi aspettava il miracolo dalle unificazioni, a destra e a sinistra, raccoglie delusione. A destra non è cambiato nulla: il Cavaliere da 15 anni decide tutto per tutti e non c’è nessuna dialettica democratica per pensare a possibili alternative. Forza Italia era un insieme di ex (socialisti, Dc, repubblicani, liberali, comunisti e aziendali) e tale resta il «nuovo» partito (PdL) nel quale si ritrovano anche gli ex Msi poi An. Il rozzo condizionamento della Lega c’era prima e c’è oggi. Gli ex, penso soprattutto ai socialisti che hanno tanti ministri, sembra che abbiano acquisito lo status di rifugiati politici in un regno in cui il sovrano è intoccabile. La sua presenza al vertice di tutte le strutture politiche dopo 15 anni è una remora per dare alla destra un profilo, una cultura e una identità non identificabile in una persona? Non ci sono dubbi, ma all’orizzonte non si vedono, rimedi. E chi guarda ai tribunali per dare una soluzione a un problema decisamente politico non fa che ingarbugliare una matassa già ingarbugliata. Nel centrosinistra nel quindicennio c’è stato un’alternarsi di candidati e presidenti del Consiglio: Occhetto, Prodi, D’Alema, Amato, Rutelli, ancora Prodi e infine Veltroni. Ma non c’è mai stata una guida politica forte e un grande partito. E oggi anche il Pd è solo un insieme di ex: Ds, Margherita, socialisti, prodiani, rutelliani ecc.. Pesantemente condizionato dal rozzo giustizialismo demagogico di Di Pietro. Un partito che non riesce ancora ad avere una identità e una leadership forte. In questo quadro non è difficile capire che il rischio è l’impotenza politica che condanna il Paese all’immobilismo. Il rischio è che in questo Paese non ci siano forze politiche che al governo o all’opposizione si riconoscono nella Costituzione. Un’intesa per le riforme infatti dovrebbe garantire un comune sentire costituzionale e modernizzare il sistema. Cosa fare? Io penso che di fronte a una situazione politicamente bloccata bisognerebbe chiamare in causa il popolo sovrano. Penso che sia possibile eleggere, con il sistema proporzionale, un’Assemblea Costituente formata da 75 membri (tanti erano i costituenti che scrissero la Costituzione vigente) nella quale non dovrebbero esserci membri del Parlamento, (a meno che non si dimettano) col mandato di rivedere in un anno la Costituzione. Il testo inemendabile, varato dalla commissione dei 75, dovrebbe essere sottoposto a referendum. È chiaro che per il progetto che sommariamente espongo occorrerebbe una legge costituzionale e quindi un accordo fra i due schieramenti. Ma visto l’impossibilità di un lavoro comune nel Parlamento per le riforme un appello al popolo sarebbe un atto di grande responsabilità democratica. E una sede costituente separata dal Parlamento e autonoma garantirebbe tutti. O bisogna lasciare marcire la situazione prescindendo dal ricorso al popolo?

Dal Socialista LAB. Martelli: “In Italia una democrazia capovolta”

Lug
24
Gio 10.22 – Claudio Martelli è stato un simbolo, uno degli alfieri, del socialismo riformista e liberale in Italia. Il Socialista Lab lo ha sentito sugli argomenti della attualità politica.
Onorevole, per tanti giovani socialisti rappresenta un mito, ma oggi cosa fa Claudio Martelli?
Di miti è meglio non coltivarne troppi perché, alla lunga, non reggono la prova della realtà. Oggi sono impegnato nel tentativo di scrivere un libro non solo di memorie, anche se sarà ricco dei vorticosi souvenir che segnano l’esperienza politica che ho vissuto. In effetti questi racconti già erano stati il nucleo di un programma radiofonico del 1992 in onda su Rai due, concentrato sulla fine della Repubblica. Una ricostruzione storica ma anche emotiva ed esistenziale che si dipana intorno al mio rapporto con Bettino Craxi, leader socialista e protagonista politico di un quindicennio. Il ‘92 è stato l’inizio della fine del Psi. E proprio scrivendo della fine mi è venuto naturale parlare del principio e dello svolgimento di una grande storia. Mentre la fine, con tutte le deformazioni ed i pregiudizi, è nota quello che è stato fatto prima sembra disperdersi, evaporare. C’è un lavorio della memoria, che non riguarda solo la vicenda dei socialisti, che tende a concentrarsi sulla fine.
Una abitudine dura a morire, anche vedendo le vicende di questi giorni
Si, è così. La vicenda di Del Turco di questi giorni mi colpisce per due aspetti: prima di tutto per il metodo, quello di sbattere qualcuno in galera, di isolarlo e mentre non può difendersi la sua immagine viene distrutta, pubblicando dell’interrogatorio del suo principale accusatore i particolari più sconvenienti, più sconcertanti. Una vicenda che rimanda alla fenomenologia atroce che abbiamo visto all’inizio degli anni novanta. La seconda cosa è che Ottaviano al momento dell’arresto ha cessato di essere un dirigente del Pd ed è tornato ad essere un ex del Psi. Ora nel PD si avverte qualche resipiscenza ma resta ancora attiva, per molti opinionisti e per certa sinistra, la “damnatio memoriae” del socialismo italiano.
Lei prima ha parlato di fine della Repubblica, non ha fatto cenno alla ‘Prima Repubblica’, è la Repubblica nella accezione più ampia del termine che non esiste più?
Quella che abitiamo oggi non è una repubblica, non è una democrazia, è un sistema capovolto. Se dovessimo rappresentare con una figura geometrica la democrazia, potremmo pensare ad una piramide. In tutte le democrazie, anche quelle che presentano più limiti, c’è una base di cittadini, di partiti, di corpi intermedi e poi un parlamento che elegge un vertice, un governo. La nostra, invece, è una piramide capovolta con un vertice che elegge la sua base. I parlamentari della Repubblica, tutti lo sanno ma nessuno lo ricorda, non sono eletti dal popolo ma nominati da Berlusconi e dalla Lega da una parte e da una ristrettissima oligarchia dall’altra parte. Da una parte, dunque, Berlusconi che definisce il suo sistema come “una monarchia anarchica” e dall’altra un sistema che si fonda sulla eterna durata degli stessi personaggi. D’Alema era già capogruppo del Pci vent’anni fa e Veltroni era direttore dell’Unità, e oggi ancora rappresentano l’alfa e l’omega del nuovo Partito Democratico. L’elemento fondamentale di una repubblica è il voto libero da condizionamenti. Oggi in Italia questo voto libero si dà solo in un punto, in un momento: quando si tratta di scegliere fra Berlusconi e Veltroni, come prima tra Berlusconi e Prodi e ancora prima fra Berlusconi e Rutelli. Questa è l’unica scelta che è rimasta all’elettore. Importante certo, ma la democrazia politica non si riduce a questo. Questo è tollerabile nelle democrazie nascenti, nello Zimbawe, nello Sri Lanka. Per il resto non si può dire che esistano partiti veri, sicuramente, se esistono, sono non democratici, a destra come a sinistra. Sono partiti carismatici che si basano sul rapporto fra un leader e le masse trasformate in pubblico, sono chiamate ad applaudire. Non c’è più una base di iscritti, di militanti che abbiano conoscenza, coscienza e capacità decisionale. Anche a livello locale le nomine avvengono per designazione dall’ alto, non esistono elezioni primarie istituite per legge ovvero regolamenti che stabiliscono in che modo si forma la volontà di un partito ed il suo gruppo dirigente.
Non esiste più il voto di preferenza e non c’è più la competizione tipica del sistema uninominale maggioritario dell’ uno contro uno. Ci sono liste bloccate di partiti non democratici i cui dirigenti sono nominati dall’alto. Siamo in una condizione di assoluta a-nomalia democratica nel senso letterale di assenza di regole democratiche. Ma c’è un altro aspetto che aggrava questa a situazione. Secondo uno dei più grandi filosofi politici viventi, l’indiano Amartyia Senn, l’essenza di un sistema democratico, che non è solo nell’appannaggio della concezione occidentale, è l’esistenza di una discussione pubblica libera. In Italia c’è una discussione pubblica libera? Secondo me no. Ovviamente non mi riferisco alla possibilità di chiacchierare al bar o in tram. Questa libertà c’è, ma c’era anche col fascismo. Mi riferisco alla libertà di informazione e di espressione. E qui casca l’asino. La libertà pubblica non è garantita perché i media, giornali e tv, o sono posseduti da poteri economici o sono politicamente ed ideologicamente schierati. E per lo più sono tutte e due le cose contemporaneamente. Questa situazione spiega, d’altra parte, il sorgere delle proteste gridate: quando manca la possibilità di discutere si finisce per urlare o ci si rifugia nell’apatia. In Italia ci sono l’apatia e l’urlo perché non c’è una discussione pubblica libera, perché la democrazia è commissariata.
E’ necessario quindi invertire la rotta, secondo lei?
Guardo con grande preoccupazione alla crisi economica, la più grave degli ultimi trenta anni. L’assenza di vita democratica e la crisi economica e sociale possono essere foriere di rischi maggiori. Tremonti ha parlato di rischio del fascismo, qualcuno a sinistra pensa che quel rischio è rappresentato da Berlusconi e non vede che libertà e di democrazia latitano anche in questa sinistra senza popolo. Sì, condivido la preoccupazione che un fascismo possa rinascere in questa crisi democratica a causa della crisi economica. E certo non aiuta di continuare ad ingigantire il tema dell’insicurezza della vita urbana o di dare risposte solo guardando alla parte più estrema del proprio elettorato come fa la Lega.
In che senso?
Faccio l’esempio delle impronte ai bambini rom perché è la conferma della cattiva politica. La lega ha preso l’impegno con gli elettori di essere dura con i clandestini ed ha iniziato una crociata ideologica. Bene, ma c’era proprio bisogno di lanciare la crociata sulle impronte ai bambini rom? Bisogna aspettare l’ondata di sdegno soprattutto internazionale per decidere che le impronte bisognerà prenderle a tutti, anche agli italiani? Un Ministro degli interni che avesse voluto risolvere il problema dell’identificazione dei rom seriamente, concretamente, sarebbe andato davanti ad una telecamera per farsi raccogliere, lui per primo, le impronte digitali. Tutto, dopo, sarebbe risultato più naturale, se, invece, tu Ministro parti dai bambini rom fai una cosa ingiusta e vai a sbattere. Poi per rimediare prometti di dare a tutti i bambini rom la cittadinanza italiana. Altro errore! Perché solo ai bambini rom e non a tutti i nati in Italia come recitano tutte le costituzioni moderne da quella americana a quella francese. Intanto l’unico risultato è un’ulteriore delegittimazione della politica. Non si governa un grande paese con gli atteggiamenti muscolari, gli insulti alla nazione buoni per vellicare la parte più aggressiva e più sprovveduta del proprio elettorato. La lega può prendere il 20 al nord ma non sarà capace di governare se mantiene questa linea di durezza. Bisognerà capire, poi, anche cos’è questo federalismo fiscale. Non riesco a capire a quale modello ci si ispiri. Il modello svizzero, quello americano ed il tedesco, dove ci sono buoni risultati, sono profondamente diversi dalle logiche che emergono nella politica italiana. Il federalismo, è bene ricordarlo, nasce dal basso per unire, federare in latino significa unire non dividere, disarticolare, smembrare.
La XVI legislatura è partita sotto i buon auspici del dialogo tra maggioranza ed opposizione. Questo proposito però è fallito in tempi brevi, era solo il libro delle buone intenzioni o ci sono emergenze così gravi, come la giustizia, per le quali partendo da diverse sensibilità è difficile costruire dialogo?
Il dialogo è andato a sbattere proprio sulla questione giustizia. Esiste nel Paese una questione irrisolta. Il Pd non riesce a dissociarsi, non tanto da Di Pietro, ma dalle procure soprattutto da quelle che hanno in odio Berlusconi. Per esempio da quella di Napoli. Una procura vistosamente incompetente a giudicare le ultime vicende di Berlusconi perché c’era un manifesto difetto di giurisdizione. Cosa c’entra Napoli con un reato compiuto tra Roma e Milano? Poi ancora come si fa a sostenere ciecamente la magistratura nel caso Mills, a non prendere le distanze da questa vicenda? Leggo cose che fanno a pugni con il buon senso. Un giudice fa dichiarazioni pubbliche contro il politico Berlusconi però darebbe garanzie di imparzialità contro l’imputato Berlusconi. Ancora, non capisco come si possa avvallare pedissequamente una accusa in cui l’imputato avrebbe corrotto il proprio avvocato? Ma all’avvocato non si pagano le parcelle? E com’è che questo Mills un giono è coimputato e un giorno è un testimone suscettibile di accusa di falsa testimonianza?
La sinistra farebbe bene a dissociarsi da queste cose come farebbe bene a dissociarsi da forme plateali di utilizzo della carcerazione preventiva, come è capitato per il caso Del Turco. Tra l’altro questa strategia, che sposa ad occhi bendati le mattane di certi pm, non paga né politicamente – già dimenticate le dimissioni del ministro Mastella? – tanto meno elettoralmente. Berlusconi adesso sembra determinato a produrre una grande riforma del sistema giustizia ma anche lui non può pensare di riformare la giustizia affidandosi ai suoi avvocati legislatori. Gli avvocati legislatori sono pessimi legislatori non so quanto siano buoni avvocati. L’idea di due categorie di processi, a secondo degli anni di pena da scontare per un determinato reato, è un mostro giuridico che non ha nessuna cittadinanza in alcuna parte del mondo ed è in totale contraddizione con la sicurezza promessa ai cittadini. Abbandonata con perdite questa idea disastrosa si è scelta la strada dell’immunità per le quattro più alte cariche dello Stato. Secondo quale logica? Perché non si è pensato, se è giusto il principio di tutelare la funzione di governo, di estenderla a tutti i Ministri e se è giusta l’esigenza di tutelare i presidenti della Camera e del Senato di estenderla a tutti i deputati e a tutti i senatori? Credo che il ritorno alla Costituzione del ’48, il ritorno alla immunità parlamentare, così come l’avevano pensata i padri costituenti sia necessaria. In questi anni si è creato uno squilibro. I casi sono due: si può ristabilire l’equilibrio tagliando le unghie all’irresponsabilità e alla politicizzazione di certa magistratura o ristabilendo nuovamente l’immunità parlamentare abrogata nel ‘93 in pieno furore giustizialista..
La novità però sembra essere data dalla ricerca di raggiungere il bipartitismo. Una risposta alla richiesta di semplificazione che chiedevano gli elettori?
In questo parlamento ci sono altre formazioni oltre a Pd e Pdl che con loro liste hanno eletto parlamentari: c’è la Lega, l’ Idv, Udc e l’ Mpa: non c’è un bipartitismo perfetto e non credo ci sarà nel prossimo futuro. Il Pd ed il Pdl hanno avuto la capacità machiavellica, per via elettorale e politica, di abolire tutti gli altri partiti senza toccare la legge vigente. Credo che gli altri partiti si organizzeranno anche alla luce del malcontento che esiste. Il 90 per cento degli italiani ha perso il 15 % del proprio reddito negli ultimi anni, e continua a impoverirsi. A questo ed alle preoccupazioni che ne nascono bisognerà dare delle risposte. Nessuno ha cominciato a farlo.
I temi cari agli italiani oggi sono la sicurezza e la lotta all’immigrazione clandestina, come si sta muovendo il Governo?
C’è un piano per aggredire camorra o la ndrangheta come io feci con la mafia negli anni novanta? Io non lo vedo. Lo feci anche con immigrati con una legge che da alcuni fu considerata troppo generosa mentre era una legge seria e severa. Da allora i principi sono sempre gli stessi: può venire nel nostro Paese chi ha un lavoro ed una casa. Negli anni sono cambiati anche i flussi migratori, ma con la mia legge le cose andavano meglio. Nei dieci anni in cui è stata in vigore gli immigrati regolari sono aumentati di 350mila unità, era dunque un provvedimento severo che conteneva e regolava i flussi migratori. Dal 1998 al 2008 abbiamo avuto la legge Turco-Napolitano, la Bossi Fini, i pasticci di Amato e Ferrero e poi ancora la Bossi Fini: quattro leggi che hanno fatto passare gli immigrati da 1.350.000 a quasi 4 milioni. Questa è una verità che nessuno racconta perché nessuno riconosce che l’inesperienza, le pretese di generosità dei Turco e dei Ferrero o la faccia feroce della Bossi Fini non hanno cambiato una virgola. Il problema è di gestione, di amministrazione se si fanno le leggi ma nessuno riesce a gestire le situazioni non cambierà nulla. Anche qui conta l’esempio. Nel 1991 arrivarono in Italia circa ventimila albanesi a Brindisi e Bari, li identificammo tutti e li facemmo ritornare, in poche settimane, nel loro Paese. Adesso assistiamo al dibattito sul reato di clandestinità. Introducendo i reati la situazione si complica, si ingarbuglia di più, è evidente. Non potrebbero valere regole diverse ed allora i tre gradi di giudizio necessari per perseguire anche questo nuovo reato creerebbero solo problemi. Perché a destra ed a sinistra non vogliono capire cosa è l’espulsione? E’ una misura amministrativa e tale deve rimanere. Che differenza c’è in termini di diritto se un clandestino è respinto alla frontiera o dopo quando è già entrato nel territorio dello stato? Nessuna! E allora perché nel primo caso basta la polizia e nel secondo bisogna instaurare un processo?
Onorevole Martelli lei è stato uno dei padri del riformismo socialista. Cosa è oggi il riformismo, è ancora attuale?
La parola riformismo significa tutto ed il contrario di tutto ormai. La natura del riformismo socialista storicamente aveva una doppia essenza: a destra si opponeva ai moderati ed ai conservatori e a sinistra ai massimalisti e ai rivoluzionari. Il riformismo era l’idea di un cambiamento che assorbisse in sé le ragioni e le istanze di natura rivoluzionaria graduandole con le compatibilità di governo del sistema: di questo non vedo traccia. L’ultima ventata riformista in Italia è stata la nostra, quella degli anni ottanta, con Bettino Craxi e il gruppo dirigente del PSI. In Europa gli esempi più freschi sono quelli di Blair e di Zapatero. Quella di Blair è stata fondamentalmente una umanizzazione della rivoluzione thatcheriana, una correzione solidale e compassionevole dei suoi eccessi. Il Primo Ministro britannico lavorava sulla base di una rivoluzione liberista, restauratrice, capitalista, Blair l’ ha moderata nel senso della ‘compassion’, compassione che in inglese ha però un altro significato, è il senso di una attitudine benevolente verso in prossimo, in italiano si traduce con solidarietà. Zapatero non ha manifestato il suo riformismo sul terreno economico, dove ha lasciato intatto il lascito di Aznar che a sua volta aveva ereditato il pragmatismo di Felipe Gonzales. Il riformismo di Zapatero è di natura civile riguarda i diritti individuali, segna una svolta culturale, si manifesta con un’esplosione di libertà. Fa discutere, fa pensare, ha aperto le menti ed ha risposto ad una attesa del popolo spagnolo. La Spagna si è scrollata di dosso una tradizione pesante, eccessiva in tanti campi, dai diritti sessuali alla libertà nella ricerca scientifica.
Il Socialismo oggi. La ricerca di identità cercata seguendo diverse scelte. Il Pdl, l’autonomia che diventa isolazionismo, la vecchia sinistra. La diaspora non avrà mai fine? Come si immagina un futuro per i socialisti?
La storia è stata derisoria con i socialisti. Ma ormai le responsabilità maggiori del disastro non si possono imputare, dopo 15 anni, ancora a ‘mani pulite’ ed alla persecuzione giudiziaria. Quello è stato un colpo micidiale, perché in politica l’attacco morale ti taglia le gambe equivale a un colpo sotto la cintola nel pugilato. Però c’è stato il tempo di un recupero e questo tempo è stato sprecato. Io ho predicato invano per dieci anni, prima da cittadino e poi nel Parlamento Europeo, l’unificazione dei socialisti in una posizione scomoda, ma l’unica possibile, che è quella autonoma dai due blocchi. Certo potevi non essere eletto per un turno però si sarebbe preservato un nucleo politico identitario che avrebbe poi trovato anche il suo spazio elettorale. Nencini mi sembra stia facendo lo stesso errore di sempre. Guarda non agli elettori ma ai pochi eletti, vive la necessità di conservare e preservare prima di tutto i consiglieri e gli assessori e annuncia già che si vuole alleare con il Pd alle prossime europee: è un percorso a termine che non può esaltare nessuno. Claudio Signorile, qualche anno fa, aveva inventato una formula intelligente, disse ‘il socialismo è una civilizzazione, una cultura’, non ha più importanza che sia identificato in un partito, l’importanza è che resti la cultura e si sviluppi, si coltivi (ndr è questo d’altra parte lo spirito dell’appello de Il Lab che riproponiamo). Però qualche soggetto dovrebbe esserci, magari non uno solo.
Anche in vista delle elezioni europee i socialisti non trovano facile collocazione. Il Pd, ad esempio, non riesce a proiettare la sua esperienza. Lei, già molti anni fa, penso si dovessero superare i confini della tradizione socialista.
Ai miei tempi io cercavo una via che potesse allargare i confini della tradizione socialista e comprendere in una prospettiva, un contenitore (si direbbe oggi e la parola non mi piace), i laici, i socialisti ed offrire una sponda alla evoluzione del Pci. Craxi mi disse che una prospettiva tanto importante la si poteva sviluppare solo a livello internazionale. Fu lui a interrogare l’Internazionale Socialista, perchè valutasse l’ipotesi di trasformare l’internazionale socialista in internazionale democratica per aprirla ai democratici americani, alle forze progressiste nel mondo? L’eurosocialismo rispose no, non se ne fece nulla e Craxi rifluì anche in Italia sull’idea dell’ unità socialista con il PSDI subito con il PCI in un vago domani. Di tutto questo non c’è più traccia nella discussione attuale. Nel Pd questa prospettiva è stata sacrificata alla fusione con una parte minoritaria del vecchio mondo democristiano e anche questa fusione traballa. E’ giusto dire che anche il contesto è completamente diverso: allora laici e sinistra sfioravano il 50%, ora arrivano al 32 con i cattolici di sinistra. Dove sono finiti gli elettori socialisti? Evidentemente c’è una questione pregiudiziale che resta a fare da spartiacque. C’è un’ astuzia non della ragione ma della morale. Ieri la questione morale agitata dal PCI tributario di mani pulite ha abbattuto il PSI, oggi la questione morale vieta ai socialisti di ricongiungersi con gli ex comunisti. L’abbattimento totale del giustizialismo è una delle priorità per tornare a parlare alla comunità socialista e laica. Su questo muro sono andati a sbattere anche i socialisti, prima perchè ne sono stati vittime e poi perchè i tentativi di ripiantare il socialismo a sinistra sono falliti non riuscendo a riconquistare i loro elettori. Un problema diverso ma non minore c’è anche a destra. A destra gli ex socialisti sono costretti all’alleanza con ex fascisti e leghisti e devono coltivare la speranza diventare tutti popolari europei, insomma, di “morire democristiani”. Nel governo di centrodestra ci possono essere individualità notevoli come lo sono i ministri Tremonti, Sacconi, Brunetta e Frattini: hanno geni socialisti, ma sono singoli, non fanno gruppo, non fanno nemmeno tendenza. A destra un partito socialista non ci può stare. Ci può stare un capo ex socialista ma dev’essere un Mussolini, deve comandare tutta la nazione.
Si può immaginare un dopo-Berlusconi? Un suo delfino?
Se Berlusconi non si pone il problema adesso che ha tempo per riflettere e preparare il dopo se lo dovrà porre poi in fretta e furia. Se non fa nulla assisteremo ad una implosione del sistema che ha costruito.
di Gaetano Amatruda Fiorella Anzano

No ad ipotesi terzopoliste

Il Segretario Nazionale del Nuovo Partito Socialista Italiano, Stefano Caldoro, ha sintetizzato in maniera esplicita la collocazione del Partito nella cornice delle forze politiche in campo e cioè
: 1) adesione alla linea di Governo, interpretata dall’ area di Centro-destra ed in particolar modo dal Primo Ministro on. Silvio Berlusconi;
2) invito agli altri socialisti, incerti o collocati in fantastici ed illusori Paesi delle Meraviglie a planare ed a misurarsi con la realtà effettuate;
3) sollecitazione forte al Segretario Nazionale del PS Nencini – ed alla schiera delle notorie intelligenze – a non farsi allettare dalle sirene di una Sinistra assorbente ed autoreferenziale, perché ha sempre dimostrato – sia al Governo, peggio ora che ne è fuori – che la conflittualità di quelle pertinenze è permanente, senza sbocchi, estremista, girotondina e, per di più, giustizialista, con un Di Pietro che macina politica come se si trattasse di masticare granito, mentre Veltroni e Rutelli somigliano sempre di più a quei santi in processione, sballottati da chi li porta, con un destino segnato:
essere ombra di se stessi e di quanti li sostengono e comunque già scelti e tenuti sotto controllo per il prossimo sacrificio, come si conviene ai capri espiatori.
È forse politicamente corretto non riconoscere che i risultati elettorali di aprile hanno mostrato che gli Italiani ne hanno piene le tasche delle chiacchiere e vogliono la risoluzione dei problemi, che non può passare attraverso un ottica ideologica ma richiede una filosofia dell’azione che si rapporti ai fatti, li problematizzi e li rilanci in una prospettiva di concrete ed operative riforme? La monnezza di Napoli non è né di destra né di sinistra, come la giustizia, la scuola ed altro! Questo è il nucleo fondante del progetto socialista, non una scelta a sinistra di fresca bocciatura da parte dell’elettorato e allo stato senza senso, perché vorrebbe significare squagliarsi nella confusione dell’ideologismo a-prioristico. Solo utile sul piano dell’esercitazione fantastica, ma tutt’ altro che concreta e realistica perché fuorviante è, poi, la posizione di quanti immaginano un TERZO POLO cioè una realtà fittizia fatta a propria misura, quando invece questa corre da altra parte e ci sarebbe bisogno di strumenti d’indagine più accurati e mirati di verifiche, prima di credere che siano praticabili.
Prof. Luigi Saladino
Componente Consiglio Nazionale Nuovo PSI

Lettera aperta all’On. Stefano Caldoro:

Il Caso Englaro e le paure della fede

la questione sollevatasi con il controverso caso di Pier Giorgio Welby, nonché quella riguardante le attuali condizioni sanitarie di Eluana Englaro, sarebbero risultate maggiormente superabili se la nostra classe politica si fosse decisa ad introdurre, nel nostro ordinamento giuridico, uno strumento normativo fondamentale al fine di orientarsi intorno a simili problemi: il testamento biologico. Esso, infatti, nel caso di Eluana sarebbe risultato dispositivo prezioso, sia da un punto di vista etico, sia sotto un profilo più sostanzialmente pratico. Ed è per questo genere di motivazioni che risulta già in vigore in gran parte degli altri Paesi occidentali.
Se fosse prevista la possibilità di indicare in un testo scritto le effettive volontà di un malato allorquando questi è ancora nelle proprie piene facoltà mentali, le difficoltà di formazione della prova, in sede giudiziaria, favorevole o contraria ad ogni tentativo di cura nei casi di patologie terminali o di morte cerebrale, diverrebbero meno faticose da discernere.
Certamente, il tema etico di non lasciare mai nulla di intentato nella lotta contro le patologie incurabili rimane questione di fondo, soprattutto negli ambiti della sperimentazione di carattere medico – scientifico. Tuttavia, una certa facilitazione della decisione, pur lasciando al medico l’opportunità di obiettare nel merito per motivazioni di coscienza personale – vincolata altresì all’obbligo di indicazione del collega più adatto ad assumersi determinate responsabilità – appare esigenza non più procrastinabile per un Paese realmente civile. Non si tratta di porre limiti alla Provvidenza: si tratta di concedere a medici e singoli cittadini la possibilità di poter affrontare e risolvere con maggiore linearità quei particolari frangenti di ribaltamento logico che si vengono a creare nelle situazioni più drammatiche e complesse della nostra vita. In tal senso, il cattolicesimo appiattisce la propria impronta morale intorno ad un insano egualitarismo che mescola, assai confusionariamente, i sentimenti di natura più egoistica verso un nostro congiunto, con quelli più altruistici ed effettivamente sinceri.
Ciò risulta atteggiamento indotto sin dalle prime forme di espressione empirica dei nostri sentimenti religiosi: alle autorità ecclesiastiche non sembrano interessare le reali motivazioni per cui Dio viene adorato, purché Esso sia riconosciuto nella sua essenzialità mistico – divinatoria. Tanto per fare un esempio a te che sei napoletano, molti fedeli della tua città non venerano San Gennaro in quanto direttamente riconoscenti al mito del suo martirio o al messaggio del suo ministero, bensì per poter ricevere in cambio una ‘grazia’ di ordine miracolistico. Ora, un padre affettuoso come Beppino Englaro farebbe senza dubbio salti di gioia se sua figlia si risvegliasse dal proprio stato di morte cerebrale in seguito ad un miracolo. Tuttavia, dopo 16 lunghi e difficilissimi anni, egli ha compreso come si stia avvicinando il momento di dover lasciar andare la propria figliola verso Dio, ha cioè capito quanto sia divenuto egoistico il proprio desiderio di rivedere Eluana nuovamente in buona salute.
Eluana stessa, nelle sue dichiarazioni avanzate in passato, avrebbe voluto evitare di rappresentare un peso per la vita dei propri parenti più prossimi. Ma una ragazza con simili sentimenti, sotto il profilo strettamente morale, non può più morire: ella ha già sconfitto la morte, meritando il Paradiso proprio grazie al suo altruismo. Se la Chiesa continuerà a mettere in discussione simili concetti, caro Stefano, finirà con l’ottenere due esiti totalmente opposti a quelli sperati:
1) essa si vedrà messa in discussione in quanto incapace di concepire razionalmente determinate forme di ‘ribaltamento spirituale’, fornendo altresì il fianco alla concorrenza di culti alternativi quali quelli facenti capo alle superstizioni spiritistiche;
2) essa correrà inoltre il rischio di mettere involontariamente in crisi persino il dogma della resurrezione di Cristo, il quale, proprio secondo la morale cattolica, fu capace di vincere la morte decidendo di riporre con coraggio la propria anima nelle mani del Padre. Nel primo caso, ad una Chiesa paurosa nei confronti della morte si contrapporranno versioni alternative in grado di alimentare nuove culture ‘negative’ di questa; nel secondo, il rischio di andare incontro ad una grave forma di incoerenza teologica potrebbe intaccare il valore universalistico del proprio ruolo politico e morale nel mondo, relegandola al solo ambito delle culture religiose rivolte a pochi eletti o ristretta solamente a coloro che vi credono ciecamente.
Sta dunque alla Chiesa la vera decisione di fondo: essa vuol continuare a svolgere un ruolo attivo sul proscenio delle gravi ingiustizie della nostra esistenza terrena, oppure vuole limitarsi a promettere cose a cui essa stessa dimostra di non credere o di credervi in maniera contraddittoria? Caro Stefano, la ricerca di un significato nella nostra esistenza non è detto presupponga una verità eterna: forse è triste confessartelo, ma in quanto laico temo fortemente sia così. Una fede che si pone come paura della morte rappresenta solamente una stampella per coloro che desiderano certezze ma che non possiedono il coraggio di cercarsele in forme libere ed autonome. Ma una fede di questo genere finisce col pretendere solamente per sé la verità e, in base a ciò, rischia di giudicare ‘troppo oggettivamente’ la realtà. In tempi di rivolgimenti globali come quelli attuali, essa può dunque rivelarsi una costruzione dalle fondamenta assai precarie, un vedere che non aiuta o un sapere che non giova a nulla. Ti abbraccio fraternamente.

di Vittorio Lussana
Condirettore di www.diario21.net
Capo redattore centrale di www.laici.it

PDL: BERLUSCONI, A GENNAIO CONGRESSO SCIOGLIMENTO PARTITI

(ANSA) – ROMA, 18 LUG – ‘Insieme alle forze politiche di centrodestra stiamo dando vita ad un grande movimento che segnera’ la storia politica italiana nei prossimi anni. Siamo a buon punto e posso dire che a gennaio 2009 ci saranno i congressi di scioglimento di Forza Italia, Alleanza Nazionale e la nuova Dc per dare vita al Popolo della Liberta’ ‘. Lo ha affermato il premier Silvio Berlusconi, intervenendo all’assemblea nazionale di Coldiretti. (ANSA).

== SANITA’: REGIONI DICONO NO, SCONTRO TREMONTI-FORMIGONI (2)=

(AGI) – Roma, 15 lug – Che la riunione sarebbe stata ‘calda’ era prevedibile, ma non fino a questo punto. Il primo ad attaccare, secondo quanto si e’ appreso, sarebbe stato il Presidente della Conferenza delle regioni Vasco Errani che avrebbe contestato il metodo: “Non potete chiederci emendamenti su un testo non condiviso con noi…”.
Il ministro per gli Affari regionali Fitto avrebbe lanciato sul tavolo la possibilita’ di “400 milioni aggiuntivi per il 2009 allo scopo di evitare i ticket”.
Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, secondo quanto riferito da piu’ partecipanti, avrebbe aggiunto: “In fondo 103 miliardi per la sanita’ nel 2011 sono di piu’ rispetto a 101 miliardi nel 2009…”.
Qui sarebbe intervenuto Roberto Formigoni, Presidente della regione Lombardia: “Non possiamo far finta che i fondi siano sufficienti. Questo non e’ vero e fra tre anni ci ritroveremmo qui con la paralisi. A quel punto i problemi non sarebbero solo delle regioni…”.
Tremonti, secondo quanto si e’ appreso da piu’ fonti, avrebbe lasciato il ‘tu’ per passare al ‘lei’, e rivolto a Formigoni avrebbe detto: “Lei e’ un irresponsabile”.
Lo scontro era all’apice e la comune appartenenza al Pdl ne amplificava il significato. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, secondo quanto si e’ appreso, avrebbe tentato una mediazione: “Il testo e’ ancora in commissione e sono possibili emendamenti. Il ministro Fitto e’ a disposizione in ogni momento…”.
Le regioni pero’ sono scontente. All’uscita da Palazzo Chigi la dichiarazione piu’ blanda e’ stata: “L’incontro e’ andato malissimo”. Un altro Presidente afferma: “Vogliono paralizzare la sanita’ e poi dare la colpa alle regioni…”. Un terzo governatore sottolinea: “Tremonti ci prende in giro. I suoi stanziamenti non coprono neanche l’inflazione”.(AGI)

== SANITA’: REGIONI DICONO NO, SCONTRO TREMONTI-FORMIGONI =

(AGI) – Roma, 15 lug – E’ scontro al calor bianco a Palazzo Chigi sulla sanita’. Le regioni non accettano “il taglio del 10% in 3 anni degli stanziamenti”. Il pericolo e’ quello della paralisi oppure l’introduzione dei ticket. Fra il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ed il Presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni sono volate scintille. Tremonti, secondo quanto si e’ appreso, avrebbe detto a Formigoni: “Lei e’ un irresponsabile”. L’agettivo ‘irresponsabile’ sarebbe stato ripetuto piu’ volte.(AGI)

PDL: CICCHITTO STRIGLIA MINISTRI E BERLUSCONI ASSICURA, FARO’ LORO RAMANZINA =

Roma, 15 lug. (Adnkronos) – Non si puo’ andare avanti cosi’. Non e’ possibile che ministri e sottosegretari non rispondano al telefono ai deputati che li chiamano per i problemi sul territorio. Certe volte devono passare 5 giorni per contattarli… Cosi’ Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera del Pdl, si sarebbe sfogato durante l’assemblea dei parlamentari del centrodestra alla presenza di Silvio Berlusconi.

Il premier, ascoltate le parole dell’esponente azzurro, avrebbe promesso ai presenti una bella ramanzina ai suoi ministri perche’ devono rispondere in giornata: si tratta di una questione di buona educazione e rispetto. Silvio Berlusconi avrebbe parlato anche di legge elettorale, sottolineando che quella attuale va benissimo cosi’ e non va quindi modificata. Secondo quanto riferito da alcuni partecipanti alla riunione il Cavaliere avrebbe detto che la nuova legge elettorale per le europee e’ pronta. Il cavaliere avrebbe ribadito di essere vittima di aggressioni senza precedenti, ma e’ sempre stato assolto. Quando sara’ passato tutto questo vorro’ organizzare un incontro con tutti voi per raccontarvi tutti i miei processi dove sono stato assolto.

IL BISOGNO DEI SOCIALISTI

Oggi nonostante l’impegno del governo, la crisi che ha ormai suonato al nostro campanello di casa è molto grave e prospetta periodi molto duri, non solo per gli italiani ma anche per tutto il mondo occidentale. Dovremo pertanto rimboccarci le maniche, nel vero senso della parola, per cercare di sopravvivere alla stessa stregua del tempo di guerra, che di questa si tratta se pur non effettuata con bombe e cannoni. Pertanto non è sufficiente una cultura liberale per far fronte a quanto sopra: Occorre unire alla cultura del fare ( che è un caratteristica socialista ) quella della reale solidarietà, del popolarismo, dell’associazionismo affinchè lo sforzo, che deve necessariamente essere fatto, sia compartecipato attivamente e emotivamente da tutti i cittadini. Come occorse nella prima guerra mondiale, occorre sostituire i metodi cadorniani ( che hanno portato alla disfatta di Caporetto facendo trucidare inutilmente migliaia di ragazzi e quelli che per la paura indietreggiavano, farli uccidere come traditori dai plotoni d’esecuzione) a quelli del gen. Diaz, che invece ha dato fiducia, entusiasmo e ha cambiato il modo di combattere arrivando alla vittoria. Il ruolo dell’identità socialista non può essere confuso comunque in un “calderone” dove il suo apporto positivo viene rappresentato invece da chi approffitta di tale profiquo contributo, segregandone in un oscuro ruolo i meriti degli effettivi artefici. Come ho già più volte sostenuto, è sbagliato aderire ad iniziative di accorpamento politico ove queste, nuove, realtà siano prive di autentica vita democratica e di vita, reale e partecipata, sul territorio perchè vorrebbe dire cancellare e rendere inaggregabile nuovamente un modo di pensare la società in modo positivo e popolare a favore di un entità elitaria e di snob che potrebbe portare indietro di un secolo il nostro paese facendo riproporre la divisione in classi della società premiando di fatto quanti hanno continuato a sostenere la rivoluzione classista.

Piergiorgio Razeti