“La costituente varata da Boselli lascia aperta la diaspora socialista”.
E’ quanto dichiarato da Stefano Caldoro, Segretario Nazionale del Nuovo Psi: “i socialisti riformisti non seguono la costituente di Boselli, questo soggetto politico nato oggi per parlare del passato potrà richiamarsi a De Martino, sostenitore “degli equilibri più avanzati”, certo non a Craxi, autonomista e riformista.
Le ragioni politiche che sono alla base delle loro scelte aumentano le distanze tra quei socialisti che sostengono l’ Unione ed il Governo Prodi ed i socialisti riformisti che si pongono all’ opposizione. Il Nuovo Psi – conclude Caldoro – conferma la scelta di campo al fianco della Casa delle libertà con la maggioranza degli elettori della nostra tradizione che continua a scegliere la Cdl”.
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LA DIFFERENZA
Con non poca curiosità , per come si annunciava, domenica 8 u.s. in cui al Melià si consumava il congresso demichelisiano, ho ascoltato a Radio Radicale, il dibattito sino all’intervento di Mauro Del Bue,peraltro un buon intervento in un luogo sbagliato.
E di sorprese ce ne sono state tante; la prima quella del sostanziale rifiuto della proposta politica della costituente, culminato con il documento della Sardegna che prende le distanze ed accentua nel contesto dell’organizzazione federale,la propria autonomia nel decidere le alleanze.
La seconda,- non per ordine di importanza-,che si coglieva direttamente dagli interventi,anche astiosi, il sentimento di scoramento, la prospettiva del salto nel buio, quel senso di vuoto che prende allo stomaco colui al quale viene ordinato di lasciare la propria casa, la propria identità e costretto a convivere promiscuamente con il proprio aguzzino.
Non so quanti saranno ancora disponibili a vivere questa sorta di sindrome di Stoccolma ed a seguire un “ conducator “ che dal gennaio 2005 ha perso del tutto la bussola politica portando il partito allo sfascio, quasi fosse quella la mission affidatagli da quel congresso.
E’ vero che solo i cretini non cambiano idea, ma in politica premia la coerenza e la capacità di non rimanere prigionieri di un sogno quale quello della fine del bipolarismo seppur bastardo.
Capire che tutto concorre all’obbligatorio tentativo di semplificazione del sistema politico per stare in Europa, perché esso sia stabile e credibile e che in questa ottica va visto anche un sistema elettorale alla tedesca, significa farsi carico dei problemi del paese che certamente non è dimentico dell’azione riformista dei socialisti nel primo centrosinistra e successivamente con Bettino Craxi.
Questa è la scelta che abbiamo fatto, concorrere, in autonomia, al riavvio dell’azione riformista che significa “ dire quel che si fa e fare quel che si dice “ nell’unica alleanza politica nella quale si può sviluppare anche questa opportunità .
Quindi sta a noi ed a nessun altro, alla nostra capacità di proposta e di convincimento, riproporci all’elettorato che con la sua mobilità e soprattutto l’astensionismo mostra l’attesa del ritorno della capacità di governo alla guida del Paese.
Questo fa la differenza tra il Midas ed il Melià .
Peccato per Mauro, c’è da sperare che questa influenza passeggera guarisca presto.
Genova 10.07.2007
Sanna Gian Francesco
Segretario Regionale
Intervista a Giovanni ALVARO
Intervista al SEGRETARIO PROVINCIALE e membro della DIREZIONE NAZIONALE del Nuovo PSI, Giovanni ALVAROÂ
L’opinione pubblica non si raccapezza più. Prima i giornali hanno dato notizia che il 23 e 24 giugnosi è svolto il Congresso del Nuovo PSI, oggi danno notizia di un altro Congresso del Nuovo PSI che si è tenuto  il 7 e 8 luglio. Che succede?
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Succede che la maggioranza del Partito ha tenuto un regolare Congresso nel mese di giugno individuando in Stefano Caldoro il nuovo Segretario Nazionale e stabilendo in modo netto e chiaro la propria linea politica. La restante parte del Partito, molto ma molto minoritaria, si è riunita nel mese di luglio eleggendo a Segretario Mauro Del Bue e a spostando Gianni De Michelis a Presidente del Partito che impropriamente chiamano ancora Nuovo PSI..
L’uso dello stesso nome (Nuovo PSI) e dello stesso simbolo (Garofano) nasce dal fatto che pur divisi da scelte politiche diverse non si è ancora consolidata legalmente di chi è la titolarità .
E’ ciò ch’è successo quando Saverio Zavettieri e Bobo Craxi hanno lasciato il Partito, e per alcuni mesi è regnata sovrana la confusione, fin quando la Magistratura non ha messo la parola fine al problema dando a Cesare quel ch’era di Cesare.
E’ augurabile che non ci si costringa a ricorrere ancora una volta alla Magistratura, perché oggi come ieri il problema è squisitamente politico.
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Che vuol dire problema politico?Â
Vuol dire che il Nuovo PSI, nato nel 2001 dopo diversi tentativi di organizzare i socialisti che si sono rifiutati di entrare nei  partiti ‘collaborazionisti’ o che hanno evitato di chiedere ospitalità nei partiti che hanno usufruito, e come, della falsa rivoluzione giudiziaria, è nato con una precisa scelta politica aderendo all’aggregazione più consona ai propri convincimenti riformistici e autonomistici. In una parola ci si è tenuti nel solco delle scelte craxiane che nascevano sempre senza i paletti dell’assurda divisione destra-sinistra ma solo con l’occhio rivolto ai contenuti ed agli obiettivi.
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Alla fin fine, però,  bisogna schierarsi. O di là o di qua.Â
E’ vero, la legge elettorale ti costringe a schierarti pena la tua scomparsa definitiva, per cui lo schierarsi alcuni lo hanno interpretato come strumentale alla propria sopravvivenza: si ripeteva spesso, in questi anni, il ‘primum vivere deinde filosofare’. Ma c’era e c’è chi, invece, considerava e considera lo schieramento già una scelta sui contenuti e sugli obiettivi. Â
Da una parte uno schieramento eterogeneo e aggregato solo sull’antiberlusconismo perché sul resto c’è la tesi e l’antitesi su ogni cosa, dalla politica estera, alla politica sociale, alle grandi opere e via di questo passo.
Dall’altra c’è la concretezza degli obiettivi e la chiarezza delle posizioni, così concrete e così chiare  che hanno prodotto, nei 5 anni del Governo Berlusconi, ben 36 riforme di grande spessore e grande peso. Su quelle riforme c’è stato, per quanto piccolo, il contributo del Nuovo PSI.
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Ma non era più congruo scegliere e confluire in parte, diciamo, nel Partito prodiano, e altra parte, in quello di Berlusconi?Â
C’è chi l’ha fatto e chi si appresta a farlo. Sono di questi giorni, infatti, gli annunci delle adesioni nel Partito Democratico (Del Turco e Marini, o il calabrese Racco), ma c’è chi ha deciso di mantenere viva la fiammella socialista difendendo autonomia e identità come valori imprescindibili per il riformismo.
La scelta, oggi, di aderire a questo o a quel partito unico risponde solo alla necessità della singola sopravvivenza messa in discussione dalla stanchezza o dalla pochezza del proprio pensiero politico. E ciò vale anche per quanti pensano di pervenire alla confluenza seguendo un percorso in più fasi. Non cambia se lo sbocco è dentro o solo a sostegno del Partito Democratico, come in questi anni ha fatto lo Sdi con l’Unione..
Oggi questo iter lo ha messo in moto De Michelis e quanti lo hanno seguito. Pochi per la verità resi sempre più pochi dagli già annunciati abbandoni. Quando dico pochi dico letteralmente pochi. In Calabria per esempio il passaggio con De Michelis lo hanno deciso si e no 2, sottolineo 2, compagni.
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Ma con tutte queste scissioni, con questi pezzi che vanno via, con forze che, se non in Calabria certamente in altre Regioni, abbandonano il Partito, quale può essere il futuro del Nuovo PSI?Â
L’elezione di Stefano Caldoro a Segretario Nazionale è già una scelta politica di grande respiro che assicurerà certamente al Nuovo PSI un percorso positivo. Ma ciò che lo renderà un sicuro punto di riferimento per il mondo socialista, liberale, autonomista e craxiano è l’aver abbandonato, col Congresso del 23 e 24 giugno, gli equivoci e le ambiguità di questi anni. Si sta, senza se e senza ma, nella Casa delle Libertà , e vi si sta col nostro dna socialista. Nessun disagio per questa scelta: sarebbe stata la scelta di Bettino che è stato sempre distinto e distante dai comunisti comunque camuffati.
Il disagio semmai dovrebbero sentirlo quanti si sono trovati ieri, e quanti si troveranno oggi, fianco a fianco con i vari Di Pietro, Pecoraro Scanio, Caruso, Diliberto e le loro scelte politiche in materia giudiziaria, sociale ed ambientale.
Comunque non ci resta che augurar loro buon viaggio.
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E in Calabria come la mettete con un Sindaco che vi ha negato il riconoscimento dell’Assessorato al Comune di Reggio Calabria? Â
Se ad ogni difficoltà nei rapporti tra gli alleati ci si dovesse chiamare fuori e rompere ogni rapporto non ci sarebbe coalizione in grado di reggere per più di qualche settimana. In politica non può andare così. Il fatto che Scopelliti non ci ha ancora riconosciuto il ruolo di alleato vero nella Casa delle Libertà (mentre lo ha riconosciuto a partiti che attualmente inseguono sogni centristi) va certamente contrastato e corretto, anche perché il percorso di Reggio, o meglio il vento che ha soffiato a Reggio Calabria, deve essere trasferito nella Regione, e in questo processo, aldilà delle liste civiche che in poche potranno avere dimensione regionale, servono soprattutto i Partiti che hanno strutture organizzative in tutto il territorio della regione.
E’ un processo che deve vederci impegnati all’unisono perché non è ulteriormente tollerabile una Giunta, quella di Loiero, inconcludente e incapace che sta letteralmente affossando le speranze di riscatto delle nostre genti, e anche perché è tempo di tornare ai programmi, chiudendo la fase della mera occupazione del potere.
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In conclusione, vuole lanciare un appello alle varie anime socialiste?Â
La ringrazio di questa opportunità e la utilizzo immediatamente anche perché il popolo socialista, parlo degli elettori socialisti, della gente che ha vissuto l’età d’oro dei socialisti, ma anche dei giovani che inconsapevolmente sono animati da riformismo e da voglia di giustizia sociale, cercano disperatamente uno strumento per le loro battaglie per cambiare la nostra Calabria.
Ad essi, ma anche ai dirigenti di base e non, che sono sconcertati delle scelte suicide fatte prima da Saverio Zavettieri e da quelle sciagurate fatte oggi da Gianni De Michelis, chiediamo di rompere ogni indugio ed avvicinarsi al Partito. Le porte sono aperte, non c’è alcuna preclusione. Anche se non c’è il vitello grasso da  offrire ai figliuoli prodighi saremo comunque felici di accoglierli.
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Reggio Calabria, 11.7.2007
Caro amico “Mauroâ€
ti scrivo per dirti che quel diavolo di De Michelis e i furbetti del quartierino che gli sono rimasti ti hanno fatto segretario di un partito che non c’è. Nemmeno De Michelis non c’è più, da diverso tempo era con la testa fuori dal socialismo riformista o meglio “fuori di testaâ€. Vi ha trascinato tutti col falso miraggio di una costituente socialista, nel baratro e nello SDI, partito in liquidazione, di Boselli, asservito all’Unione e pronto ad entrare in una cosa o casa che non è quella dei socialisti e dei riformisti, nella quale non si riconoscerebbero Costa, Turati, Matteotti, Rosselli, Nenni, Saragat, Pertini, Craxi. A De Michelis hanno promesso la “luna nel pozzoâ€, il grave è che lui ci ha creduto; a te, invece hanno offerto la segreteria di un partito che non c’è; la cosa grave, anche per te come per De Michelis, è che ci credi. Come ti ho sempre detto “voi filosofi†non riuscite a capire la praticità delle cose, ma quello che mi rammarica è vederti “ridicolizzato†da 4 straccioni della politica che oltre a farti credere di averti eletto segretario di un partito che, ti ripeto, non c’è, hanno un animus laedendi tale che, comunque, in caso si fossero sbagliati, hanno affidato la rappresentanza legale e il simbolo a loro stessi come norma di salvaguardia dei loro interessi. Non si fidano e ti considerano meno di niente e questo mi fa arrabbiare, perché io ti sono amico e ripeto, vederti deriso da questi quattro “furbetti del quartierino†o meglio straccioni della politica, mi dà veramente fastidio. Gianni vi ha riportato nel limbo, nella terra di nessuno e di voi in futuro non si sentirà più parlare. L’unica cosa che mi conforta è che comunque, tu sei parlamentare e fin che dura questa legislatura saremo seduti vicino e continueremo a sparlare come abbiamo sempre fatto di Gianni e dei suoi 40 ladroni che lo circondano i quali pensano a spremerlo come negli anni ‘ 90. Mauro, la musica è finita, gli amici se ne vanno e tu rimani solo in un partito che non c’è con il grado di segretario, paradosso dei paradossi, contestato e senza nessuna rappresentanza. Dimenticavo: Boselli dice che non vuole “rompicoglioniâ€.
On. Lucio Barani Deputato Nuovo PSI Commissione Sanità della Camera Commissione Bicamerale dell’Infanzia
MA QUANTI SONO I PRETENDENTI AL TRONO?
 Alla riunione del 7 e 8 luglio che, senza preoccuparsi del ridicolo, continuano a chiamare Congresso del Nuovo PSI, ben sapendo che esso è illegale, illegittimo, e senza alcun valore politico, perché il Nuovo PSI il suo Congresso lo ha celebrato, rispettando tutte le norme e le regole statutarie e del Codice Civile, il 23 e 24 giugno scorsi eleggendo a Segretario Stefano Caldoro, si presentano con ben 5 candidati al ruolo di Segretario Nazionale. Al candidato unico on. Mauro Del Bue, si è aggiunto quasi subito, l’eurodeputato Alessandro Battilocchio, e in corso d’opera sembra si siano affacciati all’ipotesi Perini e Sergio Verrecchia. Troppi, veramente troppi pretendenti a un trono che tra l’altro è senza regno, sintomo certo che ormai sono totalmente staccati dalla realtà e continuano a duellare all’infinito. Ma quando non c’è orientamento maggioritario su chi deve assumere la leadership torna prepotentemente alla ribalta il 5° candidato che è il Segretario uscente Gianni de Michelis che diventa giocoforza, stante la frammentarietà delle proposte, il candidato vincente. C’è da scommettere infatti che, per evitare ulteriori lacerazioni, ed anche perché il ruolo di Segretario dovrebbe durare fino all’autunno data durante la quale sarà partorita la Costituente, pardon: il Nuovo SDI, il Segretario uscente sarà disponibile a sacrificarsi e a continuare a dirigere quel che resta del Partito. Vorrei ricordare che al Congresso, quello vero del 23 e 24 giugno, il candidato al ruolo di Segretario era UNO e UNO soltanto, Stefano Caldoro, ed è stato votato all’UNANIMITA’. E questo non solo perché gli si riconosceva la indiscussa leadership, ma anche perché il collante che teneva e tiene uniti quanti hanno deciso di scegliere la strada maestra del Nuovo PSI, riformista, liberale e autonomista nel solco craxiano, non era animato da spirito di potere. Stefano, avanti tutta. La strada imboccata è quella giusta. L’augurio è quello che molti di quelli illusi dalla speranza di una vera Costituente capiscano l’imbroglio e ritornino sui propri passi, perchè il futuro dei socialisti è quello di stare lontani dai comunisti. Giovanni ALVARO Segretario Provinciale di Reggio Calabria
IL GIORNALE 25/06/2007 PAG 7;Caldoro: il Nuovo Psi ricomincia dai giovani
«Restiamo nella Cdl per modernizzare il Paese con riforme autentiche»
da Roma
Delle sirene agitate dal centrosinistra non ne vuole proprio sapere. Così come nessun appeal esercita su di lui la nuova Costituente socialista targata Sdi. Stefano Caldoro – nel giorno della sua elezione a segretario del Nuovo Psi e del divorzio ormai conclamato da Gianni De Michelis – detta la rotta. Rivendica la coerenza del suo percorso. Ribadisce la scelta di campo a favore della Casa delle libertà . Incassa gli auguri di Silvio Berlusconi che saluta nel Nuovo Psi «un alleato contro un governo reazionario illiberale». E all’hotel Midas di Roma (dove 31 anni fa venne eletto per la prima volta alla guida del Psi Bettino Craxi) recita, innanzitutto, un credo riformista e anticomunista.
Onorevole Caldoro, mentre a sinistra vanno in scena le prove tecniche per una costituente socialista, lei ribadisce la scelta di rimanere con il centrodestra. Per quale motivo?
«Abbiamo fatto una scelta di campo: stare con la Cdl contro il governo Prodi, contro l’esecutivo dell’inasprimento fiscale e delle controriforme. La mia non è una scelta basata sul rancore per il giustizialismo mostrato in più occasioni dal centrosinistra. È una posizione ragionata e inevitabile».
Lei dice no al progetto di Boselli, Bobo Craxi e De Michelis. Non ha paura dell’isolamento?
«La Costituente socialista non ha nessuna ragione di nascere soprattutto alla luce della candidatura di Veltroni alla guida del Partito democratico. Nasce già come soggetto politico vicino alla Sinistra democratica, al gruppo di Mussi, e quindi molto legata al Partito democratico stesso e alla sinistra».
Quale futuro potrà avere questa Costituente?
«Io sono sicuro che Gianni De Michelis porterà le sue idee. Ma è evidente che la Costituente socialista non ha futuro e si schiererà a sinistra del Partito democratico, in una deriva tardo-demartiniana. Non si può ricostituire il Psi in un posizionamento anti-storico e con compagni di viaggio tanto anomali. Mi sembra che la Costituente somigli molto al Psiup: avrà un carattere stagionale».
Cosa può rappresentare il Nuovo Psi dentro la Cdl?
«Noi difendiamo la nostra coerenza e la nostra identità . E in molte realtà abbiamo un forte radicamento sul territorio. Lo abbiamo dimostrato a Reggio Calabria dove abbiamo ottenuto il 2% contro il 3% dell’Udc o il 6% dei Ds o a Caivano».
Non crede che le innumerevoli liti che hanno segnato la diaspora socialista abbiano fiaccato l’entusiasmo dei sostenitori del Garofano?
«La stragrande maggioranza dell’elettorato socialista dal ’94 ha compiuto una precisa scelta di campo e non l’ha più abbandonata. Su queste scelte noi pensiamo di poter intercettare il consenso delle giovani generazioni, per rinnovare e rivitalizzare il socialismo liberale e riformista, seguendo la scia dello spirito della scelta autonomista di Craxi».
Lei crede ancora nella Casa delle libertà ?
«La nostra scelta di campo è basata sui fatti: sulla riforma della scuola, delle pensioni, dell’università , sulla legge Biagi, sull’abolizione della tassa di successione. Tutte scelte di modernizzazione del Paese. Si tratta di migliorare queste politiche non di stravolgerle. Ferma restando la leadership di Silvio Berlusconi come elemento di sintesi di tutta la coalizione».
Qual è la battaglia che il Nuovo Psi vuole intestarsi?
«Quella per l’istruzione. Le risorse devono essere destinate a scuola, Università e ricerca ma direttamente alle famiglie e agli studenti, evitando la concentrazione di risorse in mano allo Stato e alle istituzioni del sapere».
Teme il vento dell’antipolitica che si solleva dalla società civile?
«Io credo che si debba introdurre in Parlamento un sistema di valutazione dell’attività legislativa e della ricaduta delle leggi. In ogni caso io lancio una sfida al governo Prodi: riduca immediatamente i ministri e sottosegretari a un numero massimo di cinquanta. Questo sarebbe un modo di dare una risposta al Paese».
Sono annessi allo SDI
da quekl che ci risulta (Bobo Craxi) domani si dovrebbe tenere l’atto costitutivo della FALSA “COSTITUENTE SOCIALISTA”.
Al tavolo saranno presenti Bobo, Saverio, Gianni, Mauro, Boselli, Turci e Caldarola.
Questo è l’inizio del percorso che dovrebbe concretizzarsi a Luglio con una manifestazione e poi la formazione del Nuovo Partito.
Alcunivirtuosi ci spiegano che i Soicalisti devono stare nel PSE.
Sorge spontanea una domanda. Lo statuto del PSE qualcuno lo conosce?Â
Qualcuno bene informato ci comunica che i nuovi soggetti devono chiedere l’ammissione al PSE e quindi una delle tre:
1) al momento lo SDI “ANNETTE” le altre frazioni essendo l’unico iscritto al PSE
2) lo SDI modifica il suo nome, ma in questo caso fa un Congresso con all’ordine del giorno la modifica del NOME
3) lo SDI decide di uscire temporaneamente dal PSE e chiede formalmente la riammisiione come nuovo soggetto POLITICO
Qualesembra l’ipotesi più plausibile?
Chi vivrà vedrà , al momento noi difendiamo la NOSTRA IDENTITA’ e la NOSTRA AUTONOMIA al COngresso del 23 e 24 Giugno.
a loro buon viaggio
Grazie Capranica.
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C’era chi si era accontentato di una semplice assicurazione di Gianni De Michelis che mai sarebbe andato con questa sinistra che oggi deve ricredersi, a meno che non voglia continuare a fare il sordo per cui si conferma l’assunto che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Ma in Calabria, nella recente tornata congressuale, il 100% degli iscritti meno 1 non sono stati né sordi né ciechi. Â
Al Caprinica sono caduti tutti i veli ed anche il cieco calabrese dovrebbe riflettere su dove intende condurlo l’ex Segretario del Nuovo PSI, che messo alle strette ha dovuto parlare di costituente socialista collocata a sinistra. Â
Per quanto ci riguarda la collocazione la deciderà il Congresso del 23 e 24 giugno ma da come stanno andando i Congressi provinciali e quelli regionali credo non sia azzardato dire che si continua nel solco tracciato dai padri fondatori del socialismo democratico e nettamente praticato da Bettino Craxi che il riformismo lo intendeva distinto e distante da una sinistra massimalista, oltranzista, egemonica e sostanzialmente antisocialista.Â
Peccato che le strade divergano, peccato che un altro pezzo (anche se esiguo) lascia la trincea per lidi più tranquilli, peccato certo, ma forse è meglio così: non serviva a nessuno una finzione unitaria che bloccava il dispiegarsi dell’iniziativa politica com’è avvenuto per esempio durante la grande manifestazione contro la finanziaria del 2 dicembre dell’anno scorso. Â
Per cui bisogna dire: grazie Capranica perché la chiarezza in politica è fondamentale.Â
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                                                           Giovanni ALVARO                                              Segretario Provinciale di Reggio Calabria
Socialisti e basta
Quando ci si trova nella situazione dei SOCIALISTI, costretti da un complotto a rifugiarsi in esilio fuori da casa propria, non c’è solo tristezza.
Ricordo che dopo “l’eccidio” del 1994, a parte il SI (che era una sottospecie del “signorsì” ai desiderata dell’allora PDS e un timido tentativo dei LABURISTI di Valdo Spini, subito rientrato con confluenza nella COSA/2 per un PIATTO DI LENTICCHIE,i SOCIALISTI orfani di CRAXI costituirono un movimento chiamato prima sinistra liberale, poi via via determinato in N.PSI dopo l’uscita di Intini, Manca ed altri attratti dalla “sirena” UNITARIA di Boselli. l’anticomunista craxiano di ferro Intini, ottenne un posticino prima come deputato e sottosegretario, oggi solo come sottosegretario di D’ALEMA (sic!) e Manca che non aveva avuto nulla confluì, con La Ganga ed altri, nella cattolicissima Margherita (in barba alla laicità dei socialisti).
Resto DIGNITOSAMENTE in solo DE MICHELIS, che non dimentico delle angherie subite e della SIDERALE distanza tra la cultura politica dei socialisti con quella degli ex comunisti (poi neanche tanto ex!), almeno dal 1953 quando STALIN inaugurò la politica dei PARTIGIANI DELLA PACE (ancora sic!) e dopo, dall’invasione dell’Ungheria alla scissione del PSIUP, dalla guerra al centrosinistra, AL COMPROMESSO STORICO, per finire con l’assalto alla 1^ repubblica attraverso i referendum dell’ometto di paglia, e il castello di TANGENTOPOLI CHE ALLA FINE HA DISTRUTTO SOLO I SOCIALISTI.
Noi non abbiamo alcuna paura di confrontarci A SINISTRA, va però sempre ricordato la grande diversità tra gli idealisti/utopisti alla PROUDHON e i MARXISTI interpretati da ENGEL/LENIN.
Essere quindi distanti da questa cultura doppio/vetero/cattocomunista, con la quale i SOCIALISTI da oltre CINQUANT’ANNI, non sono più andati d’accordo, NON E’ UNA TRISTEZZA.
Anche se debili, è una questione di DIGNITA’. di PURA DIGNITA’.
Non mi pare che i socialisti con Berlusconi abbiano avuto molto (Berlusconi premia solo che entra in FORZA ITALIA), però, nei confronti della politica di questa pseudo/sinistra per allocchi, come si vede anche in questi ultimi giorni dal caso SPECIALE, è MOLTO MEGLIO ESSERE CRITICI; molto critici!
Turarsi il naso, tapparsi le orecchie, chiudere gli occhi e aprire le chiappe, non è propriamente il comportasmento degli uomini LIBERI. Quello che i socialisti sono.
So che non sarà facile ricomporre un partito come lo conoscevamo (soprattutto noi vecchi militanti senza prebende), ma ritengo che noi siamo ULTRADISPONIBILI a lavorare SOLO per questo. Se non ce la faremo pazienza. Ogni popolo ha il GOVERNO CHE SI MERITA e non sarà certo colpa nostra se esso ha la propensione a seguire le sirene che lo portano diritto al naufragio. come la storia ci ha sempre insegnato. E’ difficile vivere da esiliati, ma è molto meglio che fare i servi sciocchi!
Noi restiamo con la nostra dignità e con le difficili posizioni che hanno contraddistinto GLORIOSAMENTE, TURATI, TREVES, MATTEOTTI, NENNI, CRAXI, ma ANCHE SARAGAT e tanti tanti grandi socialisti a cui rendiamo ancor oggi omaggio e che ringrazieremo per quanto hanno fatto in favore della libertà della democrazia, dell’uguaglianza, della giustizia, e del progresso umano. SENZA ASSUMERSENE MERITI ASSOLUTI, ma condividendoli (anche dopo aver strenuamente lottato) con i partiti che con noi hanno condiviso la modernizzazione dell’ITALIA FEUDALE!
Giampaolo Mercanzin
Il Congresso non può non essere che a mozioni, perché dobbiamo sapere dove vuole andare la maggioranza del Partito.
Ho letto il documento di Mauro Del Bue e pur apprezzandone lo sforzo unitario, non posso non rilevarne la debolezza intrinseca perché sull’altare dell’unità mantiene una situazione di estrema ambiguità . Gli appelli ai sentimenti dei compagni non risolvono i nostri problemi. E’ necessario invece, una volta per tutte e in modo netto e chiaro, capire dove vogliamo andare. E questo lo si può decidere solo in un Congresso evitando le continue interpretazioni di comodo.Â
Per esempio: Battilocchio si rifà ai padri fondatori che vanno da Turati a Saragat, a Nenni e a Craxi e dà una lettura della loro storia diametralmente opposta a quella che viene data da Mauro e tanti altri. Tutti dicono di essere di sinistra, ma mentre Perini è prigioniero del contenitore ‘sinistra’, altri non sottostanno a questi ridicoli schieramenti e vogliono operare in ‘mare aperto’ come genuina forza riformista.. Â
In una parola, se non si supera l’attuale ambiguità , e il Congresso dovrà servire a questo, si finisce per perdere una occasione capace di fare chiarezza sugli intendimenti del Nuovo PSI, e il risultato sarà identico a quando votati i documenti all’unanimità , a partire dal luglio dell’anno scorso, ognuno vi ha poi dato l’interpretazione che ha voluto.Â
Il Partito non può più reggere una situazione simile. Un’unità solo di facciata, con il perpetuare le regole antidemocratiche che lo hanno governato, non serve a nessuno: i risultati grami che il Partito raccoglie nel Paese nascono anche dalle incertezze che ci hanno finora accompagnato. L’unità nella chiarezza, anche se nella diversità , col ripristino delle regole democratiche è quello che ci serve. Ma questo sarà il risultato del Congresso e non di inutili accordi di vertice.Â
Non è quindi né giusto, né politicamente corretto tirare per la giacchetta il nostro Mauro che, per quello che abbiamo letto in questi mesi, è lontano mille miglia da chi oggi tenta di accattivarsene la simpatia. A Mauro voglio soltanto dire: un’unità fittizia non serve a niente, sarebbe la tomba definitiva degli sforzi che da anni stiamo facendo per mantenere in vita il nostro piccolo Partito. Â
Un’altra strada sarebbe perdente: si continuerebbe a far vivere il Partito in una grave situazione di precarietà . Per questo il Congresso del 23 e 24 giugno è necessario. Â
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                                                                 Giovanni ALVARO
                                              Ex Direzione Nazionale – Reggio Calabria
La Costituente secondo lo SDI-PaoloDellabitta
Sabato 26 Maggio si è svolto presso il Centro Polifunzionale “Salyut†di S. Pietro Berbenno (SO) un incontro organizzato dallo SDI per affrontare lo spinoso tema della Costituente Socialista. Vi hanno partecipato l’on. Paolo Pillitteri (Forza Italia), Sergio Fumagalli (segretario regionale Sdi), Pierluigi Camagni (rappresentante del segretario Regionale del Nuovo Psi), Ermanno Simonini (segretario provinciale Sdi) e Geraldo Marchica (Segretario del Nuovo Psi della Sezione di Sondrio).
L’incontro ha avuto effetto mediatico dato da un articolo pubblicato oggi dal quotidiano locale di Sondrio “Centro Valle†che contiene alcune inesattezze. Siamo abituati alle molti imprecisioni del segretario provinciale SDI che ultimamente è sui giornali locali come il prezzemolo e non bada molto ai contenuti. In particolare vengono estrapolate alcune frasi di Geraldo Marchica puntualmente fraintese.
Vorrei ricordare che la Dirigenza Nazionale del Nuovo Psi ha già ampiamente dichiarato che parteciperà ad un tavolo di confronto con lo SDI sulla benedetta Costituente, se e solo se verranno rispettati alcuni punti fermi:
– pieno sostegno al Concordato Chiesa-Stato voluto da Bettino Craxi.
– NO a battaglie ultralaiciste stile radicali italiani.
– proseguire gli ideali Socialisti Riformisti di Bettino Craxi.
Ad oggi tali ideali rimangono inascoltati dalla segreteria Sdi, che forse è ancora sull’onda del Congresso di Fiuggi. Il nostro NO è tranchant. O le nostre richieste verranno ascoltate oppure noi andremo Avanti per la nostra strada
Un abbraccio.
Unità , Autonomia, Questione LiberalSocialista
Per l’unità della nostra piccola comunitÃ
Offriamo a Gianni De Michelis e a Stefano Caldoro, ai compagni che sono schierati nelle due componenti e ai tanti che non lo sono, un’opportunità politica, un testo che dovrebbe far riflettere coloro che enfatizzano le nostre divisioni e pensano a congressi e a partiti contrapposti.
Abbiamo sentito dire recentemente che potremmo dividerci senza farci del male. La divisione, quando non è sufficientemente giustificata da motivazioni politiche è di per sè un male. Nessuno può capire perchè sfumature diverse non possano conciliarsi e differenze, anche più marcate, non possano convivere nello stesso partito. Nessuno può capire perchè dopo quattro documenti votati all’unanimità dagli organi del partito nel corso dell’ultimo anno si debba procedere addirittura ad una lacerazione del partito e una divisione del nostro micropartito in due micropartitini.
Fissiamo in quattro punti un progetto politico che è, insieme, di continuità con i diversi documenti approvati, e anche di rinnovamento, alla luce delle tendenze elettorali più recenti e delle possibili conseguenze sul quadro politico.
La questione liberalsocialista
Noi non vogliamo certamente fondare il Psiup, come ha ironicamente affermato Ottaviano Del Turco per motivare il suo passaggio nel Partito democratico. Il Psiup ha rappresentato una pagina poco nobile politicamente della storia del socialismo italiano per la sua subalternità al Pci e per il suo filo sovietismo. Noi non vogliamo neppure rifondare il Psi demartiniano, quello degli equilibri più avanzati e dell’incerta identità , quello del “mai più al governo senza i comunisti†del 1976, quello che ci costò voti e alcuni anni di vetero socialismo asfittico. Noi non vogliamo rifondare il Psi del 1893, come afferma Boselli, il Partito che acquisì per la prima volta il nome di socialista e si chiamò Psli, un anno dopo il congresso della sua fondazione. Noi non vogliamo neppure rifondare il Psi di Craxi, che è legato ad un’esperienza che pure ha visto protagonisti una parte di noi e che oggi è oggetto di rivalutazione da parte di quelle stesse forze che dieci anni fa lo vollero criminalizzare. Noi, e questo obiettivo è inscritto nella natura del nostro partito, nato a Milano nel gennaio del 2001, vogliamo fondare un partito socialista, riformista e liberale e per questo proposito abbiamo deciso di nascere e di sviluppare la nostra azione politica. Noi potremmo definire l’attuale questione come “la questione liberalsocialistaâ€, cioè quel caso che pareva solo italiano nel panorama europeo degli anni ottanta e che attraverso i contenuti delle due Rimini e del dialogo lib-lab seppe mutare i caratteri del nostro socialismo, dichiarandolo non antitetico al liberalismo, ma compenetrato con esso. Un socialismo che è al confine col liberalismo e lo integra. Oggi di questo ha parlato Tony Blair che lo ha riassunto nella sua “terza via†e non distante da questa posizione si è recentemente collocato lo stesso Sarkozy con l’integrazione di ministri liberali e socialisti nel suo recente governo e con un programma di forte modernizzazione. Aggiungiamo che in Europa il vetero socialismo attraversa una crisi profonda che è collegata alla crisi dello Stato sociale e alla incapacità di dare risposte innovative ai giovani e convincenti sui temi della sicurezza e della difesa delle identità . Dunque siamo interessati, e come potremmo non esserlo, alla discussione che si è aperta nello Sdi, in movimenti d’ispirazione socialista e in una parte dei Ds, che hanno rifiutato di porre sulla questione liberalsocialista la pietra tombale del partito democratico, frutto soprattutto di due tradizioni, entrambe segnate da integralismo, incapaci di individuare una matrice internazionale comune e di elaborare idee comuni sul tema della laicità . Purtroppo questa questione non si è aperta nel centro destra, dove pure sono presenti e in numero non trascurabile, esponenti parlamentari, dirigenti centrali e periferici e un numero cospicuo di elettori di tradizione e di matrice liberalsocialista. Certo avrebbe avuto ben altro effetto l’apertura sui due fronti della stessa questione che riguarda l’identità perduta, alla luce della crisi della politica fondata solo sulle collocazioni. Così non è stato e anzi dalla parte del centro destra sono numerosi gli esponenti che hanno sollecitato un nuovo cantiere: quello del Partito delle libertà , che oggi viene proposto solo nella forma federativa. Grazie al convegno di Bertinoro la discussione è iniziata finalmente in forme nuove, senza quegli schematismi che in passato avevano caratterizzato la posizione dello Sdi, rigidamente collocato all’interno dell’Unione e subalterno a Romano Prodi e al suo governo. Per la prima volta, anche nel congresso dello Sdi, Enrico Boselli ha voluto esaltare l’identità socialista e laica e contrapporla decisamente a quella del futuro Partito democratico, alla identità postcomunista dei Ds e post democristiana della Margherita. Per la prima volta uomini di un’altra tradizione, come Emanuele Macaluso, Giuseppe Caldarola, Lanfranco Turci hanno apertamente annunciato la loro intenzione di partecipare ad una costituente di un nuovo partito d’ispirazione socialista e anche liberalsocialista (quest’ultima era la definizione del rema posto a alla base del convegno di Bertinoro), per la prima volta questa costituente annunciata ha riscontrato l’interesse di uomini quali Gavino Angius e larga parte della sua componente. Noi pensiamo che una costituente liberalsocialista non possa fare a meno dei radicali, che già si trovano nella Rosa nel pugno, un progetto di partito che si è arenato, ma che resiste come forma del gruppo parlamentare della Camera che continua ad associare radicali e Sdi. Sui temi delle liberalizzazioni, della politica estera, sulla lotta contro la pena di morte nel mondo, sui temi dei diritti civili, dei quali il caso Welby è stata dimostrazione ad un tempo nobile e drammatica, sulla giusta difesa del principio di libertà e di autonomia del Parlamento, i radicali hanno costituito un elemento centrale, fondamentale e insostituibile. La costituente deve rivolgersi anche all’area liberale di Forza Italia, dove finora non vi è stata ricezione alcuna. Ma per ottenere qualche forma di successo in un’area decisiva per il buon andamento del nostro progetto, occorre concepire il percorso verso la costituente come non statico, irrigidito dalle attuali contrapposizioni, ma anzi esso stesso fautore di novità profonde nel sistema politico italiano. Una costituente che fosse o la semplice riedizione di un Psi che non c’è più, in una sorta di progetto segnato dal rimpianto e dal pur comprensibile desiderio di riscatto o, ancor peggio, un semplice accorpamento di spezzoni politici, compreso il nostro piccolo partito, sulle posizioni dello Sdi, non avrebbe alcuna possibilità di successo. Quello che noi proponiamo è una grande costituente liberalsocialista, comprensiva di socialisti del vecchio Psi, di componenti di altri partiti, Ds e anche Forza Italia, dei radicali e dei laici e liberali, con un progetto fortemente innovativo sui temi dell’economia, della società , della laicità , della sicurezza e dei diritti e con una politica estera filo occidentale ed europea. Un partito che sulla politica estera e sulla politica economica si ispiri a Blair, ma anche a De Michelis, sulla capacità di innovazione alle nostre Rimini e al patto tra le generazioni del quale parlarono Craxi, Martelli e oggi anche Giuliano Amato, sulla riforma del welfare si ispiri alle diverse intuizioni sulla società solidale, composta da una miriade di soggetti e di voci oggi senza rappresentanza.
Noi intendiamo seguire il cantiere della costituente, con le nostre idee e i nostri progetti e poi fare un bilancio ad ottobre, per verificare la possibilità di far parte o meno del nuovo partito.
Il modello tedesco
Noi non abbiamo mai aderito, né intendiamo aderire all’Unione. Così come in passato non aderimmo all’Ulivo, la prima coalizione che prese piede con Prodi leader, dopo la sconfitta dei progressisti alle elezioni del 1994. Noi non accettiamo che venga concepita la Costituente liberalsocialista all’interno dell’Unione, con una cappa di piombo sulle sue ali. La costituente liberalsocialista ha bisogno di spazio, di libertà , di coraggio, anche di spregiudicatezza, per potersi affermare, non già di camicie di forza, di caserme, di confini segnati con le pregiudiziali politiche. La costituente deve contaminare e contaminarsi, deve unire valori di sinistra e di destra, come facemmo noi negli anni ottanta con successo, e anche anticipando analoga scelta da parte di leader e di partiti europei degli anni novanta e del duemila. Siamo stati anticipatori, corsari, precursori e oggi dobbiamo tornare ad esserlo. Non per riesumare il passato, ma per costruire il futuro. Le identità storiche sono entrate in crisi in Italia agli inizi degli anni novanta, ma le nuove identità politiche sono in crisi due volte: perchè non si collegano a nulla, dunque non hanno identità , e per di più non hanno avuto, in questi anni, la capacità di innovare la politica. La crisi della politica è sotto i nostri occhi. E’ una crisi di credibilità e di capacità di rappresentanza, alla quale pare estranea la Lega, un movimento fortemente collegato al suo territorio, dunque in grado di rappresentarne interessi e di fornire risposte per la sua tutela, anche in termini di sicurezza, oltre che di valorizzazione. La crisi di credibilità risale al mancato funzionamento del sistema della cosiddetta seconda Repubblica, nata col proposito di emendare i vizi e le contraddizioni della prima. La moltiplicazione dei soggetti politici, la nascita di coalizioni eterogenee in grado di vincere le elezioni, ma poi in grande difficoltà nel governare, una legge elettorale cambiata due volte e in contrasto con quella delle regionali, delle provinciali e delle comunali, che sono a loro volta in netta contraddizione con quella delle europee, la mancata riforma istituzionale, per la creazione di un presidenzialismo, di un semi presidenzialismo, di un cancellierato o di una premiership, l’adozione di leggi che rafforzano, con l’elezione diretta e i poteri conseguenti, i presidenti (o governatori) di Regione, i presidenti di provincia e i sindaci, al di fuori di ogni principio di collegialità e in forme spesso esercitate in termini monocratici, l’estendersi della pletora di enti, organismi, società pubbliche o semi pubbliche e il conseguente aumento vertiginoso dei costi del sistema politico, molto più alti di quelli del sistema precedente il 1994, impongono riflessioni e decisioni conseguenti, pena il venir meno definitivo della credibilità della politica in Italia. Va naturalmente evitata la creazione di un sistema politico solo per chi ha i soldi per poter concepire la politica come un diversivo volontario. Sarebbe la fine della democrazia. Occorre parimenti evitare di considerare qualsiasi impegno politico e amministrativo come un mestiere, un occasione di stipendi e di gettoni. Ma se un intervento per abbassare i costi del sistema non si abbina con una profonda riforma dello stesso sistema prima o poi si tornerà daccapo. Occorre che il nostro Partito, anche alla luce degli insegnamenti del passato, prenda atto delle definitiva crisi della cosiddetta seconda Repubblica, che è stata un inganno perchè ha innestato nella vecchie istituzioni l’elemento del nuovismo, frutto della falsa rivoluzione giudiziaria italiana, e proponga una complessiva riforma delle istituzioni e della politica fondata sul superamento del bipolarismo all’italiana e sul ritorno dei soggetti identitari, alla luce della necessaria coerenza col contesto europeo. Senza partiti identitari, nascono partiti mercantili, il cui fine è quello di contrattare un peso e una rappresentanza, e questi ultimi possono dividersi e moltiplicarsi all’infinito, senza alcun ritegno, perchè mancano di un cemento ideale. E’ assurdo continuare a riformare le istituzioni a maggioranza e senza un minimo di coerenza. Noi proponiamo: il modello istituzionale tedesco, cioè un sistema elettorale proporzionale con sbarramento e il cancellierato, che appaino le misure più consone alla vicenda italiana, il federalismo, ovviamente anche fiscale, con fondo di perequazione nazionale, l’eliminazione dei comuni con meno di 2000 abitanti e il loro accorpamento, la creazione delle aree metropolitane e il superamento delle province, la completa liberalizzazione dell’energia e dei servizi pubblici locali.
E’ evidente che se la Costituente socialista adotterà questa posizione, uscirà dalle secche dell’unionismo e del prodismo, supererà lo spettro di un bipolarismo negativo per il Paese, oltre che contrario alla logica e all’esigenza della creazione di un nuovo soggetto socialista e liberale, fondato sull’autonomia e sulla capacità di costruire il futuro. E’ evidente che i socialisti, nella loro versione attuale, o i liberalsocialisti nell’ipotizzata versione costituente futura, non sono in condizione di determinare un nuovo modello istituzionale e neppure elettorale, ma è altresì evidente che essi devono avere in questo il loro principale mastice, il loro comune orizzonte, che segna anche la sorte di una identità , altrimenti destinata a non risorgere mai.
La crisi del bipolarismo italiano e del governo Prodi
In questo contesto risulterebbero inaccettabili i richiami al nostro partito ad allineamenti con maggioranze oggi peraltro in crisi e all’interno di confini di coalizioni che oggi probabilmente già non esistono più. La crisi del governo Prodi pare irreversibile. Manca ancora il killer. Questo governo non avrebbe neppure dovuto nascere. Lo abbiamo detto, scritto e ripetuto. Le elezioni avevano segnato un sostanziale pareggio e al Senato addirittura la Casa delle libertà aveva ottenuto più voti. Si è ugualmente formato un governo Prodi con maggioranza unionista, formalmente per coerenza con le scelte elettorali, ma in realtà per salvare una politica e un gruppo dirigente che aveva scommesso se stesso sulla vittoria. Oltre alla mancanza di una chiara maggioranza al Senato e a un premio di maggioranza ottenuto alla Camera per soli 26mila voti, peraltro contestati, esisteva già ad inizio legislatura un problema di affinità programmatica. Il lungo programma dell’Unione, o programmanone, non comprendeva, e non a caso, un giudizio sulle missioni italiane e in particolare su quella dell’Afghanistan e un’idea sull’Alta velocità . Sulla politica estera e sulle opere pubbliche il governo non aveva, già all’inizio della legislatura, una politica omogenea. Di qui il conflitto con la cosiddetta sinistra radicale, cioè comunista e verde integralista, e la crisi del primo governo Prodi proprio sulla politica estera. Poi il Prodi due, il progammino dei dodici punti, il comunicatore unico, e tanti altri buoni propositi mai realizzati. La verità è che una coalizione del genere non poteva avere un progetto chiaro. Lo ha testimoniato il contenuto della legge finanziaria che ha proposto al Paese il risanamento come alternativo allo sviluppo e alla equità , al di là dei propositi del Dpef. Così il governo è apparso, soprattutto al Nord del Paese, come il governo delle tasse e delle imposte, e nel contempo, nonostante la manovra sul Tfr (che così com’è stata concepita è addirittura un passo indietro per i lavoratori dipendenti) e il taglio del cuneo fiscale (che alla fine riguarderà solo le grandi imprese e molto meno le piccole che in Italia sono il 95% del totale) il governo Prodi si è configurato come un governo nemico e questo, caso davvero unico, dopo solo un anno dalla sua nascita. I dati della recente consultazione elettorale rappresentano una conferma, peraltro accentuata, di tutti sondaggi degli ultimi mesi. Il crollo di Ds e Margherita è innanzitutto un crollo di credibilità del governo Prodi. E’, inoltre, un avviso di sfratto nei confronti del futuro Partito democratico, alle prese con una duplice scissione (di Sinistra democratica dal ventre Ds e di Bordon e altri da quello della Margherita). Il nuovo Psi manifesta la sua intenzione di continuare una politica di opposizione all’attuale governo e nel contempo auspica che sorga al più presto quell’esecutivo di larghe intese che permetterebbe la nascita di un equilibrio di governo più in sintonia con le esigenze del paese e una più facile collocazione unitaria per tutti i liberalsocialisti.
La Costituente e le nostre idee
Dunque aderiremo al cantiere della Costituente con le nostre idee, senza alcun complesso di inferiorità , a schiena dritta, senza aderire alla Unione ed a una maggioranza di governo oggi in crisi. E vi aderiremo con il progetto di un modello elettorale e istituzionale che permetta il passaggio dai partiti di utilità marginale per le coalizioni ai partiti di forte identità storico-politica. Noi dovremo costituire un partito di area, non semplicemente di tradizione, un partito che rappresenti il meglio della storia liberalsocialista italiana (da Turati, a Rosselli, a Gobetti, da Saragat, a Ernesto Rossi, da Craxi a La Malfa e a Pannella). Si tratta di un area che ha prodotto in Italia le migliori e più profonde innovazioni programmatiche e politiche. E dovremo elaborare un progetto di forte impatto: dovremo esporle nella nostra Rimini tre. Una nuova Rimini per esaminare una situazione economica e sociale profondamente cambiata, per distinguere tra riformisti e conservatori, e non più tra destra e sinistra. E per riformisti noi intendiamo coloro che intendono cambiare la società e lo Stato italiano nel segno della laicità , della equità , della libertà , della sostenibilità . La laicità come bussola, non un anticlericalismo di stampo ottocentesco, che annunci nuove crociate alla Chiesa, ma una laicità che difenda e valorizzi la piena libertà di legiferare della Stato e la volontà di rispettare tutte le religioni e le credenze. Un partito laico, rispettoso, tollerante, che affermi nuovi diritti per tutti, che chiuda il ventaglio che separa l’Italia dall’Europa, questo sui diritti delle coppie di fatto, come sul testamento biologico e sulla separazione delle carriere dei magistrati, sulla quale Rosa nel pugno, Nuovo Psi e Pri hanno presentato una proposta di legge insieme alla Camera. L’equità come processo di cambiamento economico e sociale. E’ evidente che occorra su questo versante un governo delle riforme. Non è più rinviabile una vera riforma della previdenza e un vero patto delle generazioni. Se non si interviene su questo argomento e se lo si rinviasse sine die, non avremo anziani e giovani diversamente trattati e dunque l’esplosione di un conflitto generazione difficile e pericoloso. Anche sui temi dell’occupazione bisogna insistere sulla via tracciata dalla legge Biagi, sia pur accettando e anche proponendo eventuali correzioni e miglioramenti come quelle sugli ammortizzatori. Non è stata la legge Biagi a inventare la precarietà . Anzi la legge Biagi ha corretto i vecchi contratti Co-Co-Co, introdotti dal vecchio governo dell’Ulivo e dal ministro Treu. Occorre procedere in modo coerente, nel segno della libertà , sul processo di liberalizzazioni, che non sono solo manovre propagandistiche e da decidere in modo slegato e in qualche caso anche punitivo nei confronti di categorie sociali non certamente privilegiate. Noi siamo contrari alla logica della concertazione, ma siamo per la consultazione. Invece oggi assistiamo per certe categorie a interventi sindacali per concertare la politica col governo e per altri, come quelli configurati dai provvedimenti di Bersani, a interventi punitivi e senza neppure ascoltarne le legittime esigenze. Tuttavia riteniamo giusto correggere un mercato troppo legato a vincoli e impedimenti, sburocratizzarlo, abolire lacci e laccioli che impediscono di fare impresa nei modi, e soprattutto nei tempi, giusti. Occorre oggi più che mai valorizzare il merito. Ci sono intere categorie sociali senza diritti. Eppure si tratta di ceti che sviluppano ricchezza e creatività nel Paese ed esportano nel mondo la migliore immagine dell’Italia. Una vetero sinistra incapace di raccoglierne la rappresentanza è destinata a essere minoranza in un Paese che è sempre più costituito da ceti emergenti e meno da lavoratori tradizionali. E occorre anche farsi carico delle giuste esigenze dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, degli stipendi e dei salari troppo bassi, soprattutto dopo la perdita di valore a fronte dell’entrata nell’Euro. Occorre che i sindacati ritornino a fare politica salariale e non si occupino prevalentemente del loro potere nella società italiana (vedasi trasferimento all’Inps del Tfr). E, infine, ma non da ultimo, una politica sostenibile, nelle sue diverse compatibilità , delle quali quella ambientale non può essere certo l’ultima. L’emergenza clima e la crisi energetica sono alle porte. Occorrono risposte planetarie e fa piacere che finalmente anche l’America di Bush se ne stia rendendo conto, dopo l’annuncio di un vertice a 15 sull’argomento. Nella ormai inevitabile riconversione dell’apparto produttivo, per potere diminuire le emissioni di CO2, c’è la sfida del presente e del futuro. C’è ovviamente una compatibilità economico-finanziaria, affinchè i progetti non si sposino con la logica rivendicativa del “diamo tutto a tuttiâ€, in stile assistenziale che ancora oggi si pratica in alcune regioni del Sud, dove al clientelismo democristiano è succeduto un nuovo e ancora più marcato clientelismo praticato dagli esponenti di ambo i poli. E ancora, esiste, ormai, una compatibilità democratica. Il rapporto tra i poteri forti e il cittadino sono sempre più complicati e in parte anche degenerati. Il dominio assoluto delle Banche, il loro ampio potere discrezionale, gli abusi che sono stati praticati contro i risparmiatori italiani, in drammatiche vicende come quella di Parmalat e dei Bond argentini, sono sotto i nostri occhi e hanno toccato da vicino gli interessi di quasi un milione di italiani. A questo si aggiunga oggi la commistione, mai prima di oggi così evidente, tra potere politico e accorpamento di imprese bancarie. La nascita dei due colossi finanziari recentemente battezzati, porta a domande ancora più inquietanti rispetto al potere decisionale in Italia. E così pure il dominio assoluto dei grandi schieramenti e dei partiti di loro riferimento sui mass media e soprattutto sul sistema televisivo, dove il vero conflitto d’interessi esiste tra i rappresentanti dei due poli e la democrazia italiana.
Con questi contenuti e con questo orizzonte politico il Nuovo Psi parteciperà al cantiere costituente, senza assolutamente rompere i rapporti con gli altri partiti dell’attuale opposizione e convocando fin d’ora un congresso politico per ottobre al fine di compiere un bilancio del percorso politico iniziato.
La democrazia nel partito
Non tutto quello che si è fatto in questi anni è stato giusto e tanto meno saggio. Molto dovremo cambiare. Bisogna passare a una organizzazione federalista. Ogni regione può darsi uno statuto regionale e il partito può anche assumere un nome diverso in sede regionale. Il partito regionale avrà un segretario che è di diritto membro del consiglio federale centrale, organo che sostituisce il nostro Consiglio nazionale. Occorre una gestione amministrativa del partito trasparente e concertata con i segretari regionali. Occorre stabilire una quota del bilancio da versare alle regioni e una quota per il mantenimento del centro. Ogni anno deve essere presentato un bilancio chiaro da approvare da parte dei revisori dei conti. Il tesseramento va fatto annualmente, fino a che resisterà il nostro partito nella sua forma autonoma, e non ogni due o tre anni, e una quota va versata alle centrali regionali. Più in generale bisogna passare da una forma paternalistica della gestione del partito a una forma democratica. Le decisioni degli organi vanno sempre rispettate, e la commissione di garanzia va scelta tra persone il più esterne possibile alle suggestioni politiche interne, e ha il compito di far rispettare le regole statutarie. Il cambiamento dello statuto è inevitabile se si vuole affermare la forma federale del partito. Inoltre si propone di istituire due figure che lo devono reggere. Quella del presidente e quella del segretario, in armonia con il documento approvato pressoché all’unanimità dal Consiglio nazionale del 31 marzo. Il presidente avrà compiti di rappresentanza politica del partito, il segretario avrà compiti prevalentemente di gestione. La gestione del simbolo e del nome sarà collegiale. Il consiglio federale sarà composto al massimo di cento membri rigorosamente selezionati dalle regioni in base al loro peso congressuale (rapporto iscritti-voti). Il consiglio federale dovrà eleggere una direzione di trenta membri, il tesoriere del partito, la commissione di garanzia, i cui membri sono incompatibili con qualsiasi altro incarico di partito nazionale o locale, i revisori dei conti. La direzione dovrà eleggere la segreteria e i tre vice segretari (uno espressione del Nord, uno del Centro e uno del Sud). La segreteria è composta dal presidente, dal segretario, dai tre vice segretari, dal tesoriere. La direzione designa anche il direttore politico del quotidiano del partito e del sito informatico.
Mauro Del Bue ed altri
Chi ha assicurato Vittorio CRAXI che il simbolo sarebbe stato usato solo a sinistra?
  Ho letto con una certa sorpresa una dichiarazione di Vittorio Craxi messa in circolo dall’AGI nella quale si afferma testualmente:“Nonostante le assicurazioni qualcuno ha continuato ad utilizzare in modo fraudolento ed illegale, come presto sarà dimostrato, il simbolo del garofano nel centro-destra, generando non poca confusione nell’elettorato. E’ un caso che non può continuare a ripetersi all’infinitoâ€.  La domanda spontanea che ci si pone è semplicemente questa: CHI HA ASSICURATO che il Garofano non sarebbe stato utilizzato per alleanze con
 C’è comunque materia per
                                                                  Giovanni ALVARO                                              Ex Direzione Nazionale – Reggio Calabria
VOTO: CRAXI (SI), ORGANIZZARE COSTITUENTE SOCIALISTI =
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Apc-NUOVO PSI/ CONGRESSO NAZIONALE 23-24 GIUGNO A HOTEL MIDAS DI ROMA
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