Si chiude un’esperienza, si apre un’esperienza

È stato un travaglio difficile, una lenta agonia, ma la scelta è stata compiuta. Con oggi si è chiuso il mio capitolo quindicennale, di tentare di rifondare un partito Socialista, con oggi si è ufficializzato il mio abbandono al Nuovo PSI.
È stato un travaglio difficile, una agonia, ma la scelta è stata compiuta. Da oggi riprendo il mio cammino nel tentativo di riorganizzare una forza politica di matrice Socialista.
Con oggi comincia il mio cammino nel soggetto politico Socialismo e Libertà che aderirà al progetto politico di Futuro e Libertà!
Credo che ormai l’esperienza politica del PDL sia giunta al termine e con esso anche la partecipazione del Nuovo PSI .
Quello in cui ho creduto per almeno quindici anni è stato un progetto che aveva la presunzione di ridare fiato alla cultura Socialista, Riformista, al Pensiero Libero, alla moderazione ed alla innovazione.
Berlusconi ha rappresentato per molti di noi l’ancora di salvataggio, l’oasi nel deserto, la continuazione della politica antidogmatica, equilibrata progettuale di Craxi.
Come non ricordare i suoi interventi ai nostri Congressi, come non ricordare il congresso di Milano, quando di fronte ad un Palavobis stracolmo, ci prospettò la rinascita del PSI di cui lui sarebbe stato la nuova levatrice.
Le intenzioni del Presidente sono rimaste però tali solo sulla carta; non credo ad onor del vero che tutto dipendesse da lui, quanto da nostri ex compagni, gli stessi che oggi teorizzano l’appartenenza al PPE e che parlano del riformismo cattolico paragonabile a quello Liberal-Socialista, che dovendosi trovare uno spazio politico-culturale hanno sempre ostacolato, in molti casi osteggiato una crescita di un Nuovo PSI.
Così siamo nella situazione attuale, quella in cui la componente Socialista all’interno del PDL conta poco, per non dire nulla, in cui gli ex MSI e colonnelli hanno di fatto circondato, non solo metaforicamente, Berlusconi, aprendo di fatto la crisi del PDL e avvicinando la fine della seconda Repubblica.
Quello che si sta verificando è una partita completamente nuova, ove all’interno di un nuovo schema e di un nuovo ordine avverrà quello che il buon De Michelis aveva ipotizzato almeno 5 anni fa:; la scomposizione e ricomposizione dei Poli.
La frattura avvenuta tra il Presidente del Consiglio e quello della Camera è una frattura che molto probabilmente significa molto di più di quello che si vede e che leggiamo.
Il contesto, e non solo italiano, ma Europeo, evidenzia crisi di sistema profonda, assenza di progettualità di classe dirigente di riferimenti culturali.
Il PDL si era arroccato su posizioni che per certi versi si manifestavano come palesemente dogmatiche, esattamente speculari a quelle del PD (PDL-L), lo spazio per una laicità dello Stato, del Pensiero, della libertà si era ridotto al lumicino.
Quando una formazione politica assume la connotazione di un Partito “carismatico” , più per volontà degli altri che del Presidente, ciò significa contemporaneamente la fine del confronto interno e della crescita culturale.
Questo è quanto è avvenuto nel PDL, un’idea straordinaria che poi si è persa per strada, che è rimasta bloccata a livello verticistico con alcuni leader o presunti tali, che seguendo l’imprinting del partito carismatico, vogliono assumere le sembianze del leader senza averne il carisma.
Oggi quello che si sta aprendo al centro è un elemento di novità; è certamente la fine della Seconda Repubblica, non so se sarà l’inizio della terza, è il graduale ritorno alla FISIOLOGIA della vita politica.
È il progressivo inizio della progettualità del confronto, dello scontro vero politico, non gossip paro di questi giorni.
Diciamolo una volta per tutte: ma a chi interessa se Berlusconi vede giovani donne, se Fini ha un cognato che abita a Montecarlo, se l’ex Presidente della Regione Lazio ha frequentazioni “inusuali”!
Finito il momento del dileggio passato tutto, ma i problemi rimangono.
Blair in una recente intervista televisiva ha dato una grande lezione di Politica e di stile; a domanda come si fa a sconfiggere Berlusconi la sua risposta è stata: “meno scandali più politica, poiché all’elettore nel momento del voto poco importa della vita privata, molto di chi ritiene più in grado di curare i propri interessi”.
La politica, quello che spero di ricominciare a fare, seriamente nel nuovo progetto di Socialismo e Libertà, l’area Laica, Socialista, Riformista, del Pensiero Libero, moderno moderato e concreto di Futuro e Libertà.
L’area che vuole rappresentare la nuova moderazione, la “QUARTA ELLE” di FLI.
Il percorso sarà duro e difficile, ma entusiasmante! C’è un’area da occupare, un’intera situazione in cui poter intervenire con il nostro approccio a-dogmatico, per affrontare le questioni per come sono e nel tentativo di dare una risposta, quella che noi riteniamo la più idonea.
C’è da divertirsi da condividere percorsi e progetti, da ritrovare il significato dell’essere Socialisti e Riformisti oggi nel terzo millennio, nel millennio della globalizzazione, della tecnologia, dello sviluppo.
Socialismo e Libertà, un’area culturale che in Futuro e Libertà può e deve avere la forza, essendo un socio fondatore e quindi allo stesso livello di altri, di essere determinante nelle scelte politiche future nel Paese.
Agli amici e compagni del Nuovo PSI dico grazie, per tutto quello che mi hanno dato, con la speranza di ritornare presto ad essere un’unica grande forza.
Per quanto riguarda me, “beh, io speriamo che me la cavo”.

Che c’entra Sturzo con Turati?

Bello ed interessante il convegno che si è tenuto a Milano sabato 10 Ottobre sul discorso di Turati “Rifare l’Italia”.
Una dimostrazione di come l’area socialista sia ancora presente, anche se queste riunioni hanno più il senso di un incontro nostalgico che una presa d’atto di una necessità impellente, ossia quella di dare uno slancio ad una politica Socialista-Liberale di cui oggi in Italia si sente un necessario bisogno.
Lodevoli gli interventi di alto profilo, ma ancora una volta ci troviamo di fronte ad una classe intellettuale che si crogiola nell’analisi di sé stessa e di quel che è stato e non di quel che sarà.
Unica nota stonata la presenza dell’On. Mario Mauro, che in un intervento di alta qualità ha paragonato il riformismo Turatiano a quello di Don Sturzo, fondatore del Partito Popolare e propositore del “riformismo cattolico”.
Ma ancora più stonata la nota di Fabrizio Cicchitto che ha rilanciato la necessità di un convegno su Sturzo.
Cosa c’entra il riformismo cattolico con quello Socialista-Liberale?
Qual è la prospettiva di questo ragionamento?
La prima evidenza logica che mi viene alla mente è che Cicchitto, uno dei membri della Segreteria del vecchio PSI che decise di espellere i Craxiani, dichiarandosi pronto ad entrare nella macchina da guerra di Occhetto, si immagini un percorso che ci conduca tutti nell’alveo del partito Popolare Europeo.
Un percorso che certo è molto lontano da noi, non solo dalla nostra storia ma anche dal nostro futuro.
Siamo di fronte ad un nuovo ordine mondiale, una situazione che ci vedrà riassestare tutti i nuovi equilibri, sia politici che economici.
Gli Stati Uniti stanno perdendo la loro egemonia, avendo forse sottovalutato che il sistema del libero mercato ha bisogno di un competitor per rimanere virtuoso; la fine dell’Unione Sovietica ha comportato un nuovo equilibrio dello sviluppo politico che inevitabilmente avrà ripercussioni sull’economia mondiale.
Ovviamente l’Italia ha un debito maggiore, poiché alla crisi mondiale ci arriva con una situazione di patologia cronica della politica; da troppo tempo non abbiamo più la crescita e lo sviluppo di una classe dirigente che sappia attraversare le situazioni che ci vengono imposte.
Ecco quindi la scommessa.
Superare anche a livello Europeo come sta già avvenendo in Italia la dicotomia tra Partito Popolare Europeo e Partito Socialista Europeo.
Ecco perché Don STurzo non c’entra nulla con noi; la loro non è una storia sovrapponibile alla nostra, ma è una storia che nel futuro può confrontarsi con la nostra.
Non dobbiamo ripetere gli errori che sono stati fatti nel centro sinistra, laddove si sono volute mortificare due culture similari ma non sovrapponibili, quelle del Dogmatismo Cattolico e quelle del Dogmatismo Comunista.
In Italia, come in Europa c’è bisogno del Riformismo Socialista- Liberale e del Riformismo Cattolico; due culture che nel confronto reciproco possono crescere, ma che nell’unione schematica di alcuni dirigenti dell’attuale schema politico possono implodere.
Noi Socialisti facciamo il nostro compito, cominciamo a fare quella rete di cui si va parlando e perché no facciamo, se è vero che sono più di 70 i membri del Parlamento che hanno fatto parte del vecchio PSI, un gruppo interparlamentare: il nome c’è gia: Gruppo Riformista Socialista-Liberale.
Franco Spedale

Tavola Rotonda del Nord: un progetto che dobbiamo fare insieme

Credo che si debba cambiare anche il sistema di preparare questi convegni; non più un’oligarchia ristretta, che decide spesso disconnessa dalla realtà, ma delle tesi da sviluppare aperte al contributo della rete.
Vi chiedo quindi di mandarmi tutti i suggerimenti che ritenete opportuni, perchè si possa riempire di contenuti il ragionamento politico che i Socialisti vogliono fare.
Nel frattempo sono andato a riascoltare alcuni contributi del convegno che la Direziona Nazionale (vera) del PSI (vero) fece a Brescia nel 1990. Per chi volesse qui c’è il link.
Aspetto il vostro contributo.

Grazie
Franco Spedale

Contributi del Convegno 1990

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Una grande manifestazione politica dei Socialisti del Nord

È di questi giorni la notizia del Congresso, previsto per Gennaio-febbraio 2009, di “fondazione” della PDL.
Una circolare a firma del coordinatore di F.I. Verdini e del reggente di A.N. La Russa, apparso anche nei giornali, tracciano il percorso di un processo che sembra tutto interno ai due principali raggruppamenti.
La somma dei due partiti insomma che, riprendendo logiche ormai a noi Socialisti ben conosciute, considerano tutto il mondo ruotare attorno a loro e di utilizzare, a seconda delle necessità io piccoli raggruppamenti di turno, Nuovo PSI compreso.
Un dibattito, che seppur apparentemente non ci può interessare, in realtà ci obbliga a svolgere alcune riflessioni.
La prima riflessione riguarda al ruolo che una componente laico-liberal Socialista potrebbe e può svolgere all’interno della PDL, ossia senza i “Socialisti” il PDL cosa rappresenta?
Io sono convinto che la nostra area sia elemento indispensabile per la formazione di un nuovo soggetto politico, moderato, innovatore e aperto alle nuove problematiche. E non lo dico da Socialista convinto quale sono sempre stato, lo dico perché oggettivamente manca oggi in Italia un’area che si riconduca alla politica riformista del Socialismo liberale.
È conseguenza evidente che senza il Socialismo liberale il PDL è assolutamente assimilabile al PDL senza la L cioè il PD, un’aggregazione che specularmente si trova ad essere conservatrice.
La seconda riflessione si basa sul fatto se possiamo o meno incidere sulle regole del gioco.
È altrettanto evidente che la risposta è NO.
Del resto un ceto politico che si autocelebra e autonomia non può far altro che stringere il cerchio invece che allargarlo poiché se il meccanismo di confronto si dovesse basare sulle capacità politiche, credo, senza esagerare che il 99% degli attuali dirigenti dei maggiori Partiti Politici si troverebbero immediatamente disoccupati.
E qui si pone per noi il vero problema.
Se siamo convinti, come lo siamo che non vi siano neppure le minime condizioni per intraprendere un confronto con il PD, dobbiamo allora capire come diventare elementi necessari per la costruzione del VERO PDL.
Se si modificherà la legge al Parlamento Europeo, se toglieranno cioè le preferenze e metteranno lo sbarramento, se le liste alle Provinciali saranno composte da AN-FI (PDL) da una parte e i partiti minori dall’altra nel ruolo degli utili idioti se si continuerà il processo di mortificazione di un confronto culturale (bene Gasparri!) come si è sempre continuato noi Socialisti Liberali, abbiamo il dovere di imporci con le idee.
Dobbiamo essere in grado di declinare capillarmente il significato dell’essere Socialisti-Liberali, di essere riformisti di essere innovatori.
Sono molto preoccupato del fatto che alle prossime elezioni Provinciali, laddove saremo determinanti Verdini e La Russa verranno a chiedere la presenza delle liste del Nuovo PSI.
Perché se questo dovesse avvenire senza che noi siamo stati in grado di costruire un progetto politico del dopo Berlusconi, verremo corteggiati, qualcuno di noi si sentirà gratificato per essere stato coinvolto, ma il giorno dopo saremo nella disperazione totale.
A me il PDL così come si sta formando non mi attira molto, almeno per il momento.
Credo fortemente nel processo federativo che possa veraci coinvolti, ma anche per avere il coraggio di proporci come interlocutori dobbiamo essere in grado di dimostrare di non essere dei questuanti della Politica ma viceversa di avere un progetto.
Una grande manifestazione dell’Italia Settentrionale che affronti con coraggio e prospettiva il tema del Federalismo Fiscale, della riforma del Lavoro, del miglioramento delle Infrastrutture, del riordino del Sistema Sanitario, che dia il senso di ciò che significa essere Socialisti oggi nell’Italia Settentrionale è quello che mi sono proposto di fare entro la fine dell’anno e che propongo a tutto il Partito Nazionale, affinché ripartendo con delle tesi Politiche dal Nord si possa tracciare un cammino che non sia solo elettorale ma che abbia il coraggio di scommettere sulla Politica.
Questo sistema non può reggere ancora molto, la politica ha delle sue regole e queste prima o poi ritornano prepotentemente, perché nulla può essere lasciato al caso, né tantomeno all’improvvisazione.
Solo riuscendo a spostare il confronto sulla politica allora potremmo dire di essere indispensabili.
Diversamente il nostro sarà un gioco al massacro, fatto di tante delusioni e di poche soddisfazioni.

Sanità: un sistema da rinnovare

Di tutta la vicenda Abruzzese, una cosa passa ai più inosservata e se la stessa la si collega ad altri fatti accaduti in un’altra regione, ma ugualmente significativi, la vicenda, che prima era nascosta improvvisamente si mostra.
Mi riferisco non tanto alle tangenti, tutte da verificare o meno e nemmeno alla necessità di una custodia cautelare nei confronti del presidente Del Turco, quanto alle vicende legate alla Sanità.
Tutti noi abbiamo ancora nella mente le vicende legate ad una clinica privata convenzionata milanese, che si dice gonfiasse le prestazioni ed in alcuni casi creasse le “malattie” pur di avere dei rimborsi dalla regione Lombardia.
È di due giorni fa la notizia che un’altra clinica privata, convenzionata con il sistema sanitario pubblico, la San Donato, anch’essa gonfiasse i rimborsi regionali.
E la vicenda Abruzzese sembra essere legata ad alcune cliniche private anch’esse convenzionate.
Da troppo tempo diventa evidente agli addetti del settore che il sistema sanitario così com’è impostato non può reggere.
La fantomatica concorrenza pubblico-privato non solo non è reale, ma è anzi dannosa e pericolosa sia per i conti dello stato, ma cosa ancor più grave per la salute dei cittadini.
Il sistema sanitario è legato ad una rendicontazione che viene stabilita con prezzi che spesso variano da regione a regione, ciò vale a dire che un intervento di appendice ha un suo “rimborso” e che lo stesso può avere prezzi diversi in regioni diverse; lo stesso lo si può fare in un classico Ospedale Statale o in una ex Clinica Privata, che viene convenzionata con il sistema sanitario Nazionale permettendo così al cittadino di scegliere dove farsi ricoverare.
Se il principio può essere condivisibile, non lo è il sistema di rendicontazione.
Accade infatti che la struttura privata, per sopravvivere e non essendo un istituto di beneficenza, deve rendere, deve quindi produrre, generando un meccanismo di aumento del bisogno di Sanità che in alcuni casi potrebbe non essere reale.
Il welfare è uno degli aspetti più importanti di un Paese, è il termometro che regola il benessere l’evoluzione, l’avanguardia dello stesso; e la sanità ne è tra i principali protagonisti.
È necessario cominciare a pensare ad un meccanismo sanitario completamente diverso da quello attuale, ove pur mantenendo la presenza del “privato” questo non vada verso la disumanizzazione del cittadino e delle sue malattie.
Così come è necessario modificare l’attuale assetto Aziendale; non più un direttore generale espressione del Consiglio Regionale e sottoposto al “ricatto” politico, ma viceversa la presenza di un consiglio d’amministrazione, espressione di tutte le sensibilità territoriali presenti, che indirizzi e rinnovi il sistema sanitario italiano, che purtuttavia riamane uno dei più efficienti in assoluto.
Se non andava assolutamente bene il sistema di ripianamento dei debiti accumulati dagli Ospedali, così non va assolutamente bene il sistema del DRG, che provoca distorsioni e aumenti della spesa sanitaria che diventa ancor di più incontrollata che nel passato.
I socialisti da sempre sono stati attenti al Sociale, sono stati tra coloro i quali hanno contribuito ad avere uno stato il più equo in assoluto.
Credo che il Nuovo PSI non possa rimanere inerte davanti a questo problema che potrebbe diventare enorme.
Su questo credo sia necessario che presto si possa condurre un’iniziativa che proponga la riforma del Sistema sanitario nel suo complesso.

Il dopo Berlusconi è già alle porte

Non so se dire di essere orgoglioso di non far parte di questo Parlamento o meno!
La riflessione nasce dopo aver assistito, via radio alla manifestazione dell’IDV e dopo aver visto in tv il dibattito sul “lodo Alfano”.
Il mio senso di rispetto per le Istituzioni è sicuramente alto, credo che se delegittimiamo le Istituzioni, ciò significhi automaticamente anarchia nella vita di tutti i giorni.
Ma quando è troppo è troppo.
Un Parlamento nominato, in cui c’è di tutto e spesso il peggio, non è certamente un buon viatico.
E questo vale tanto per la coalizione che noi stiamo sostenendo, quanto per l’attuale opposizione.
Un Parlamento nominato con dentro gli amici più cari, le fisioterapiste di famiglia, i portaborse saliti di grado, fa poi quel che può.
Io credo viceversa che chi fa politica, chi vuole essere un dirigente politico, deve in qualche maniera essere un illuminato.
Ciò non significa essere necessariamente di un ceto sociale o di una classe sociale elevata, ma certamente deve avere una “cultura” del senso dello Stato che chi per una vita ha fatto altro fuori che interessarsi di politica non può fisiologicamente avere.
Mi ha fatto tristezza sentire in Piazza Navona i cosìdetti intellettuali di sinistra ( chissà poi perché di sinistra? O lo sono o non lo sono e basta!), la povera rita Borsellino, che utilizzava una frase si e l’altra pure, il ricordo di suo fratello Paolo, la insoddisfatta Sabina Guzzanti prendersela con il mondo!
Per non parlare poi degli interventi alla Camera!
L’unico che si è salvato è stato certamente Cicchitto, che ha posto esattamente i termini della questione per quello che sono.
Tutto è figlio del colpo di Stato di Tangentopoli!
Ma torniamo al punto di partenza!
Essere Parlamentari non è uno status, non può essere un luogo di lavoro, secondo me neanche molto ben retribuito, per quello che dovrebbe richiedere, né può essere interpretato come l’appartenenza ad una casta dentro la quale si gioca con regole e logiche solo interne.
Per me essere Parlamentari significa avere un progetto, avere qualcosa da dire, contribuire al cambiamento e all’evoluzione del nostro Paese, dando il proprio contributo, modesto o elevato che sia, perché il nostro vivere sia al passo con una Società che si evolve.
E il problema è tanto più dei piccoli Partiti che perdono ogni giorno l’occasione di affermare la propria peculiarità e finiscono viceversa per essere fagocitati dai grandi.
Oggi si ha paura di dire qualcosa di diverso rispetto a quello che i “grandi” fanno o dicono, con la preoccupazione poi di stare fuori da tutto.
Penso invece che si debba fare il contrario, che si debba lodare un progetto quando questo è giusto, che lo si debba contestare e contraddire quando lo stesso è secondo noi diverso da un progetto di crescita.
Se ciò non avviene, se cioè non rivendichiamo la nostra identità e la nostra autonomia, che sono sostanzialmente due modi per intendere la nostra libertà di pensiero, se finiamo con lo stare “coperti” avremo fatto sparire il motivo del nostro esistere, quello cioè che siamo convinti di avere molto da dire e qualcosa da fare.
In parte questo è dovuto al sistema elettorale; non esistono più le preferenze, perciò a che serve muoversi?
Noi oggi abbiamo due Parlamentari!
Qualcuno se ne è accorto? I nostri due rappresentanti si muovono sul territorio pronti a “divulgare” la nostra azione politica? Hanno assunto qualche iniziativa Parlamentare tale per cui emerga in qualche misura la presenza di una forza Socialista e riformista nella PDL?
Secondo me no, e lo dico con rammarico. Ho creduto, forse ingenuamente, che questa, non essendoci i vecchi tromboni, sarebbe stata una stagione di crescita.
Siamo certamente in ritardo ma non tutto è perduto, se vogliamo fare politica.
Dobbiamo dare un’inversione di tendenza, guardando al progetto e non a fare una piccola UDEUR.
Se è vero che i progetti corrono sulle gambe degli uomini, è altrettanto vero che prima servono i progetti. E poi gli uomini; non tutti, bastano quelli che hanno voglia di dare il loro contributo, che credono in un ideale, che voglio fare politica perché la vivono come passione e non come un ufficio di collocamento; servono dirigenti che affrontino con consapevolezza un percorso difficile ed irto, che non siamo pronti a tradire dopo la prima delusione, che non siamo pronti a riprendere un percorso con noi solo perché le proprie ambizioni non sono state soddisfatte.
Serve un gruppo coeso e determinato che voglia scommettere in grande, che non subisca ricatti, che sia libero nella mente e nello spirito, che sia pronto a dare battaglia per un ideale.
Dobbiamo dare un colpo di reni a questo Partito; eravamo più attivi anni fa quando eravamo fuori dalle istituzioni di quanto non lo siamo adesso.
Ci serve un progetto, una proposta, ci serve fare politica. Non possiamo perdere l’ultima occasione.
Il dopo Berlusconi è già alle porte, chi non l’ha capito è perduto.

Nencini, il PS ed il Nuovo PSI

Si è rotto l’asse Berlusconi-Veltroni? Si farà il PDL?
Tutte domande che al momento non hanno risposte e la sola idea di volerne dare ci può condurre su una strada assai lontana da quello che serve.
Venerdì sabato e Domenica si è tenuto il primo congresso del PS.
Nencini è diventato segretario Nazionale e sta cercando di rilanciare un’iniziativa politica per rientrare nel gioco delle istituzioni italiane.
Alcuni aspettti mi hanno convinto, altri meno.
Non mi ha convinto per esempio l’interlocuzione univoca che ha voluto aprire con Veltroni, anche se una risposta di una possibile apertura è arrivata, allorquando il leader dell’attuale opposizione risponde che la sua partecipazione al congresso è da intendersi come una volontà di ri-costruire un rapporto.
Non mi convince il fatto che ancora una volta non ha voluto affrontare alla radice il vero problema che vi è in Italia e cioè che una forza Socialista, Riformista, moderna e moderata non può interloquire con l’area più conservatrice e dogmatica che ancora è presente nel nostro Paese.
Il problema non può essere quello di affrontare con pregiudizi le importanti riforme che necessitano al nostro Paese, viceversa quello di dare un impulso diverso, nuovo e attuale alle questioni sul tavolo.
Sicurezza, infrastrutture, sanità, giustizia, lavoro; tutte questioni che devono essere affrontate con un approccio moderno, senza preclusioni, senza preconcetti, valutando cosa è necessario fare e quale è la via possibile e migliore per attuarle.
Non mi ha convinto ancora la mancanza di apertura ad un dialogo con tutti i Socialisti, come se loro e solo loro posseggono l’unica e sola identità di Socialisti.
Viceversa ho apprezzato molto il dinamismo e la scommessa che lo stesso ha voluto porre sul tavolo.
L’asse con l’UDC era l’unica via possibile per aprirsi un’interlocuzione, una sorta di asse privilegiato per rimettersi sul tavolo della Politica, obbligando Veltroni a prendere una decisione su Di Pietro ed allo stesso tempo facendogli capire che il PD non può essere il solo depositario della cosìdetta politica riformista.
Così come interessante ed intelligente mi pare la volontà di manifestare per il Presidente della Repubblica; indipendentemente dalla cassa di risonanza che potranno avere, il senso politico di un richiamo alle Istituzioni è condivisibile e apprezzabile.
Un Congresso insomma che ci dà spunti per una riflessione che riguarda anche, per ovvie ragioni, a quello che succede nel nostro partito.
Bene l’intervento di Stefano, che ha portato il saluto della nostra organizzazione e ha offerto, anche se non richiesto, la possibilità al PS di avere degli interlocutori al Parlamento attraverso i nostri due deputati eletti con la PDL.
Quello che invece mi pare troppo lenta è viceversa l’iniziativa politica che in questo momento appare debole sottotono e per certi versi assente.
Se è vero che da una parte siamo gli unici Socialisti presenti in Parlamento è altrettanto vero che tutto questo non appare nella vita Istituzionale.
Per certi versi siamo troppo passivi, in attesa che gli eventi ci precipitino addosso, con scarso spirito d’iniziativa, con uno sfilacciamento che diventa ogni giorno sempre più palpabile e sempre più preoccupante.
Proprio in virtù del fatto che non sappiamo cosa succederà all’interno della nostra coalizione dovremmo essere più dinamici, pronti a interloquire con forza se pensiamo che il PDL si farà o pronti ad essere organizzati se viceversa il partito unico dei moderati non si farà.
Esiste un problema settentrionale nel nostro Partito che pesa come un macigno; un problema di risorse umane e di spazi politici; un problema che presto o tardi saremo obbligati ad affrontare.
Fintanto che il Nuovo PSI non sarà un partito presente anche al Nord, noi non saremo mai un partito!
I prossimi mesi saranno decisivi per capire in che direzione andrà la politica Italiana; il primo appuntamento sarà certamente quello della possibile riforma elettorale per le Europee.
E quello è un appuntamento che il Nuovo PSI non può né deve mancare.
Se saremo capaci di costruire un percorso politico ed organizzativo tale per cui possiamo pensare di raccogliere consensi e di occupare uno spazio politico allora avrà senso continuare a tenere in piedi questa comunità; viceversa il tutto rischia di essere un ufficio di collocamento per pochi.
E questa cosa sinceramente non mi interessa.

PDL: coalizione di moderati, non di destra

La coalizione della PDL si caratterizza per essere un patto tra alleati che hanno in comune provenienze diverse ma la stessa visione modernista riformatrice e liberale della società.
Una coalizione elettorale che presenta tra i propri candidati rappresentanti dell’area cosidetta laica, e riformista quali i Repubblicani e soprattutto i Socialisti, non può certamente essere una coalizione troppo spostata a destra.
I rappresentanti del Nuovo PSI nel prossimo Parlamento continueranno nella tradizione della loro storia, garantendo quella libertà di pensiero che da sempre li ha caratterizzati

Noi sempre coerenti, Boselli invece un’opportunista

Da sempre ci siamo battuti per mantenere alta l’identità e l’autonomia, ricercando in più occasioni la possibilità di una ricomposizione di tutte le anime della diaspora Socialista.
In tutte le occasioni Boselli ha preferito nascondersi sotto altre sigle propendendo per scelte opportunistiche.
Adesso, viceversa, in un quadro politico completamente nuovo, è stato obbligato a fare una battaglia di rappresentanza che lo porterà all’estinzione.
Il Nuovo PSI ha scelto di continuare ad esistere partecipando al progetto della coalizione che vede il PDL protagonista.
Eleggere una rappresentanza parlamentare per continuare a tenere alti gli ideali riformisti
Questo è quello che i Parlamentari Socialisti continueranno a fare una volta eletti.
Saranno i continuatori degli ideali di Craxi e rappresenteranno orgogliosamente tutti i Socialisti dichiarandosi disponibili a rappresentare anche le istanze di coloro i quali non saranno presenti in Parlamento

Un’occasione irripetibile!

Un’occasione irripetibile.
Questa è la nostra terza ed ultima possibilità; la prima la sprecammo nel ’96 quando con il CCD all’1,2% (ricordate?) noi invce che fare una scelta di campo presentammo autonomamentel a lista dei sette garofani al Senato prendendo l’1%! Li fu la prima occasione persa il primo lampo di genio di vecchi tromboni che pensando alla loro collocazione che non venne garantita pensarono di buttare alle ortiche la nostra storia.
Ricodiamo tutti Intini e la sua storia degli abiti rubati, di riprendere il nostro onore, la nostra dignità.
Abbiamo visto dov’è finito a fare da Vice a D’Alema e capo a Bobo!
Li perdemmo la prima vera grande occasione, che era quella di costruire l’allora Polo delle Libertà, perdemmo l’opportunità di mettere delle bandierine, di ridare vigore al nostro simbolo.
Poi ci fu la stagione di GDM, per certi versi anche esaltante, nonostante le traversie del 2001 e nonostante Socialisti, riuscimmo a portare una pattuglia in Parlamento. Subito dopo cominciò ancora una volta la solita litania con Bobo che esce, poi rientra Gianni che ogni giorno si sposta verso la sinistra.
Malgrado tutto riusciamo pero 8 anni dopo il ’96 ad arrivare al 2%! Una forza che rappresentava la metà della percentuale che aveva ottenuto la Lega Nord nel 2001!
Poi la parabola discendente e la seconda occasione buttata alle ortiche; la frattura con Bobo (ancora) e Zavettieri, legata al fatto che probabilmente GDM aveva preso accordi che poi non ha mantenuto, il Congresso non Congresso e tutte le altre storie che sappiamo fino ad arrivare all’ulteriore scissione della scorsa estate.
E adesso come quasi sempre accade nella vita uno spiraglio di luce dopo tanto buio.
Per noi l’opportunità di riprendere un cammino, la possibilità, a differenza della “Rincostituente”, di dare fiato e prospettiva ad un progetto di rinascita Socialista, la possibilità di dare un nuovo futuro alla storia di un Partito che vuole portare avanti i meritevoli e proteggere i più deboli.
Le elezioni sono vicine, forse già nei prossimi giorni le Camere si scioglieranno anticipatamente; adesso tocca noi, non perdere quest’occasione, non mancare, non deludere i numerosi Socialisti, consapevoli e non, che hanno bisogno di un Partito di riferimento, che porti serietà, serenita, riforme, progetto e prospettiva.
Un progetto Socialista per un Italia da Riformare, in tutti i sensi

Il saccheggio all’Italiana

Non bastavano i saccheggi fatti negli anni scorsi con Telecom, con Parmalat, con l’Eni, con tutte le più grandi aziende italiane, adesso si chiude la partita con Alitalia.
Ad una prima lettura, a chi è ingenuo di economia come me, la prima cosa che balza agli occhi è di salvare la nostra compagnia aerea.
E ti chiedi come si possa fare, perché non intervengono, perché lasciano stare e fanno si che tutto rovini precipitosamente; senti che le prime offerte vanno a vuoto e cominci a porti qualche domanda: ma non sarà per caso una storia già vista con altre aziende?
Poi vedi l’offerta di AIRONE e di AIR France.
Vedi che AIRONE valuta le azioni a ben, udite udite 1 (si avete letto bene 1) centesimo e AIR France a ben 35 centesimi, mentre il valore commerciale sarebbe di 80 centesimi per azione.
Poi leggi che la maggior parte dei politici, prevalentemente quelli dogmatici, di GOVERNO, propendono per AIRONE.
Nel frattempo il titolo di Alitalia crolla, ovviamente, e i falchi continuano a sorridere.
Poi il colpo di fulmine, forse sono riuscito a leggere le famose regole non scritte.
Chi è il socio di AIRONE? Ma è ovvio no? Il banchiere prodiano, quello che il buon Prodi, alla faccia del conflitto di interessi ha sempre premiato dai tempi dell’IRI in poi, quello a cui ha permesso il monopolio bancario, quello che davvero governa l’Italia, il suo prode amico Batoli e la sua Banca Intesa-San Paolo.
Allora forse ho capito perché le azioni sono valutate tutti questi soldi (1 centesimo… posso acquistarla abnch’io allora la compagnia aerea…!) e capisco perchè molti politicanti sono propensi a privilegiare l’offerta minore di AIRONE invece che quella misera, ma più interessante di Air France. E il buon ministro Bianchi che dice non abbiamo fretta…
Si aprono le scommesse. Sono sicuro che non vincerà Air France

Boselli: socialista (per dire) senza autonomia

Il Governo è sempre più solo; Prodi disperatamente si aggrappa a qualsiasi cosa pur di sopravvivere non importa come; gli scenari politici subiscono mutamenti quotidiani che rendono imprevedibile ogni previsione.
Eppure in tutto questo quadro vi è una certezza: la fine della costituente Socialista e del percorso di Autonomia individuato da Boselli.
È innegabile infatti che la situazione più difficile nel Panorama politico nel centro sinistra sia quella dello SDI e dei suoi annessi.
In più di un’occasione lo SDI e Boselli hanno infatti rilanciato la proposta di Autonomia dal Governo, rivendicando mani libere e prese di distanze da un Governo che oltre a non mostrare nessun Socialista di spicco non ha nulla di Socialista.
La mediazione di Prodi infatti è sempre al ribasso ed è a tenere calma una volta la sinistra radicale, una volta Mastella, un’altra Dini, ma mai nel processo decisionale è coinvolto Boselli.
Ed in più la collocazione fisica non lascia spazio; da una parte il PD, che assume posizioni che vorrebbero essere moderate, dall’altra la nuova formazione somma di tutta la sinistra radicale. È evidente che questa spazio finisce per essere compressivo per una forza Socialista che si richiama al riformismo europeo.
Vi sono almeno tre motivi, più o meno validi perché lo SDI non può stare lì.
Il primo, il più scontato e meno politico è che i Socialisti non possono stare con chi li ha eliminati e con chi ne ha preso i propri documenti (Intini 1996); argomento ormai superato dal tempo, di scarso respiro allora, nullo adesso.
Il secondo, più fondato, è che i Socialisti non possono certamente stare con la sinistra Radicale; non appartiene alla nostra cultura, alla nostra storia, alla nostra politica.
Ma anche questo è un discorso molto flebile e di scarsa sopravvivenza.
Il vero motivo per cui non possono stare di là è invece molto più semplice ma allo stesso tempo molto più forte politicamente e cioè nella collocazione nella quale stanno c’è tutto quello che il PSI ha combattuto nella sua lunga storia.
C’è la conservazione, la tradizione, il Dogmatismo, l’integralismo.
I socialisti sono per cultura Riformisti, moderati, innovatori, si sono sempre contrapposti al compromesso storico e al cattocomunismo.
Se è vero quello che annuncia Boselli, cioè la politica delle mani libere lo dimostri: da subito.
Apra la crisi di Governo, dica a Prodi che siamo arrivati all’ultima fermata e che il si scende vale per tutti.
Usi i suoi senatori per far cadere il Governo più antisocialista della repubblica e non per farlo sopravvivere; rivendicherebbe autonomia ed identità, chiuderebbe la questione Socialista, aprirebbe la strada per la costruzione di un nuovo soggetto riformista.
Che non può collocarsi nell’attuale coalizione di cosiddetto “centro-sinistra”.

L’italia ha bisogno dei Socialisti?

Strano Paese l’Italia.

Ti svegli una mattina e ti accorgi che il problema è emerso repentinamente perché e accaduto che una povera signora sia stata aggredita e massacrata da uno sbandato proveniente dall’est.

E siccome il tam tam mediatico scatena l’indignazione popolare ecco allora che la nostra classe dirigente politica scopre il problema.

E via così adesso per una settimana si parlerà di Tor Bella Monaca, di Fini che è andato a raccogliere qualche voto in più, di Veltroni che dirà qualche Veltronata, del pacchetto sicurezza che Amato in 24 ore ha preparato e fatto, di Rutelli che chiede alla CDL di votarlo.

E poi tra una settimana emergerà qualcos’altro, che ne so, che il pane è troppo caro e allora via con la ripetizione di un copione già visto, in cui si cambiano solo i fattori.

Ma com’è possibile che la Politica sia scaduta così tanto?

Chi di noi non si è chiesto come mai hanno tollerato che gente potesse vivere in uno stato di degrado e abbandono in case fatte di cartone dove dormono in dieci, nelle quali non è garantita la minima dignità di sopravvivenza, la minima igiene, la minima condizione di civiltà ancor prima che la possibilità che sia rifugio di criminali?

Credo tutti noi che abbiamo visto quelle immagini nei telegiornali!

Eppure hanno consentito e consentono situazioni simili e numerose in tutte le città.

Tutto questo si chiama ipocrisia; è l’ipocrisia politica di una classe sociale-politica che si definisce sinistra, che ti accusa di squadrismo, di fascismo e quant’altro suscita aspetti negativi nella coscienza di ognuno di noi, se affermiamo che in Italia ci deve essere più legalità, che gli extracomunitari clandestini devono essere cacciati, che abbiamo il dovere di sentirci sicuri e difesi a casa nostra, che seppur tolleranti non accettiamo che ci vengano imposti da altri pensieri, azioni, che ci vengano stravolte abitudini.

Eppure in Italia la falsa Sinistra ci ricorda sempre le solite cose; si sono perfino inventati di dare il voto agli extracomunitari per decidere ci dovesse essere il capo del PD!

Nessun progetto per il futuro, solo una rincorsa ad accattivarsi il voto, afinalisticaente, o meglio con il sol fine di Governare secondo una logica del mantenimento del potere.

Ma è mai possibile che Veltroni non si sia accorto delle condizioni della sua città? Aveva paura di essere impopolare?

Questa èla differenza tra essere dei grandi Statisti e dei mediocri politici.

Craxi non ebbe paura di scontrarsi con gli Americani, che pure erano dei nostri grandi alleati, quando ritenne che questi cercarono di influenzare eccessivamente la nostra Politica, non ebbe paura a togliere la scala mobile; non ebbe paura dell’impopolarità!

Numerosi possono essere anche gli esempi esteri che mostrano che la Politica è davvero cercare di fare il bene del proprio Paese.

Questo deve essere uno dei nostri impegni, quando a breve, saremo chiamati a Governare nuovamente l’Italia, questo deve essere il principale punto programmatico che la CDL deve avere.

Non guardare la popolarità, ma fare le cose necessarie.

Abbiamo bisogno di riforme strutturali, che partendo dallo snellimento della burocrazia mettano l’amministrazione dello stato e degli enti nella condizione di risolvere i problemi.

Le Regioni si interessano solo di rimborsi sanitari, e obbligano gli Ospedali a creare o negare le malattie a seconda delle finanze disponibili; le Amministrazioni Provinciali fanno solo rotonde, almeno nel Nord, nel Sud forse neanche quelle; i Comuni si inventano le piccole Aziende Municipalizzate per fare non so cosa.

L’antipolitica non è nient’altro che lo sdegno del cittadino che si accorge che c’è una classe politica inetta, inefficiente, spesso incapace; che lascia crescere baraccopoli nei centri della città e che poi li abbatte quando è troppo tardi e quando diventa impopolare non farlo!

Questo deve essere un nostro compito, a tutti i livelli: parlare un linguaggio nuovo, della chiarezza, della progettualità; in questo possiamo e dobbiamo essere nuovi.

Su questo dobbiamo fare una scommessa verso tutti, e su questo sono convinto che l’elettorato ci darà ragione.

Perlomeno questo è quanto noi possiamo fare e quanto dipende da noi.

Il resto per ora è molto lontano e indipendente dalla nostra volontà.

Certo molto si sta facendo, forse non abbastanza, ma molto c’è da fare.

Dobbiamo dimostrare di essere una forza necessaria, che porta idee nuove che è aperta al futuro, non soltanto utile ai fini elettorali; diversamente il nostro rischia di essere un progetto che naufraga ancor prima di partire.

Non ci interessa eleggere un gruppetto di Parlamentari, ma viceversa costruire una linea politica nuova moderna riformista; ci interessa costruire un percorso che porti sviluppo, crescita, che consenta a chi sta peggio di stare meglio e  a chi già sta bene di consolidarsi.

Non so se l’Italia ha bisogno ancora dei Socialisti, così come noi abbiamo vissuto negli anni scorsi, mi auguro di si; penso però e sono sicuro che in Italia c’è bisogno di qualcosa di nuovo, che sappia trovare con decisione soluzioni serie e ragionevoli; che sappia porre lo Stato con autorevolezza al centro delle Istituzioni, che i cittadini vivano lo Stato come un qualcosa di integrante alla loro vita e non come ad un nemico da cui difendersi.

Solitamente i Socialisti sono riusciti ad interpretare i malumori del Paese.

Insieme dobbiamo continuare a farlo

Prodi ed il suo Governo: l’isola che non c’è!

L’isola che non c’è.

Così Bennato intitolava una sua canzone, anni fa; così mi pare sia l’illusione di Prodi, che nonostante tutto e contro tutti, continua a dire che il suo Governo è saldo, coeso, presente.

Il corteo rosso, che i giornali, riportano come una manifestazione anni 70, mostrano lo scollamento tra le due linee del centro sinistra; da una parte il PD, che deve tentare di Governare secondo le necessità oggettive, e la COSA ROSSA, che invece si ancora al più antico e drammatico tradizionalismo, superato dai tempi e dalla storia.

È evidente, e non dico una cosa nuova, che ormai la frattura tra le due componenti del centro sinistra è arrivata a limiti che difficilmente si placheranno,

Tutti tirano la giacca di Prodi: Giordano, Salvi, Mussi, Pecoraro richiamano Prodi ad una maggiore attenzione a quello che il mondo della sinistra radicale vuole; dall’altra l’inquietante “questione” Mastella, e la moderazione dei Diniani obbligano invece Prodi a cercare una mediazione.

Ma la cosa più inquietante è il nostro Presidente del Consiglio, che senza dignità, senza orgoglio, senza alcuna attenzione del futuro del nostro Paese è lì a studiare le mosse per non cadere.

E continua affannosamente a ricercare quell’isola che non c’è!

Si affanna, s’adopera, mostra sicumera e poi si rivolge all’amico Bazoli, azionista del Corriere della Sera, affinché la linea editoriale torni ad essere un po’ meno oggettiva ed un po’ più filogovernativa.

Nel frattempo la finanziaria viene bocciata a livello europeo perché non risana i conti, in Europa ci tolgono 8 seggi dal Parlamento Europeo, poi al termine di una grande mediazione, uno ci viene rassegnato, ma lo scarso ruolo dell’Italia viene evidenziato quando Gran Bretagna, Germania e Francia fanno uscire un documento nel quale, al di là dei contenuti, mostrano che loro hanno potere decisionale sul futuro dell’ Europa.

Guarda caso tre paesi che hanno in comune il fatto di svolgere una politica riformista, sia di destra che di sinistra.

In un caso addirittura, quello della Germania, si è preferito fare una grane coalizione con gli avversari piuttosto che affidarsi alla sinistra Radicale.

Un grande atto di dignità sarebbe gradito a noi del Nuovo PSI che non condividiamo nulla del Governo Prodi, ma ancora di più sarebbe gradito a tutti gli italiani, che il “professore” faccia davvero gli interessi del Paese e si dimetta.

Non sono tra coloro che ritiene necessario ritornare alle urne subito; probabilmente questa è la soluzione migliore; di sicuro il peggio che possiamo avere noi italiani, e che non meritiamo, è vedere questa lenta agonia di un presidente del Consiglio, che vivendo sulla luna, non si accorge che il tempo è passato, che lui ha finito il suo show e che solo per soddisfare il suo orgoglio l’Italia sta sprofondando sempre di più.

Professore visto che non lo vuol fare per gli Italiani lo faccia almeno per lei: se ne vada.

Dimostrerebbe di essere davvero un Presidente del Consiglio di un grande Paese; diversamente continuerà ad essere quello che è uno che con la Politica non ha proprio niente a che fare.

Franco Spedale  

Le primarie del PD ed il nuovo PSI

Finalmente siamo arrivati al 14 Ottobre; una data che per la politica Italiana può rappresentare un punto di novità.

Credo che un momento di così profonda crisi politico-istituzionale non sia mai capitato nel nostro paese dal dopoguerra ad oggi.

Nemmeno il colpo di Stato di Tangentopoli aveva mostrato i limiti di una classe politica che non si mostra degna di tale nome.

Un Governo, quello di Prodi, che fa rimpiangere i Governi Balneari della Prima Repubblica, che cerca di sopravvivere senza alcuna dignità e senza orgoglio, provocando la lenta agonia di un Paese che già deve affrontare numerose difficoltà.

Si parla di un’imminente caduta del Governo, di una Finanziaria che non sarà approvata, e quindi di un “commisariamento” dello Stato con l’esercizio provvisorio.

Non credo che ciò avverrà così presto, vero è tuttavia che soprattutto nel centrosinistra ogni giorno si vive un imbarazzo crescente.

Le sparate di TPS, i malumori della FIOM, i malesseri della sinistra Radicale che minaccia la rottura sul welfare, Dini che minaccia la sinistra Radicale.

Per non parlare di Mastella, che subisce un attacco mediatico vergognoso, che al di là delle possibili e corrette osservazioni, sembra più una forma di pressione ricattatoria al fine di obbligarlo a votare questo Governo; un tipico atteggiamento integralista del tipo “ o ti adegui o ti massacro”.

Ecco perché, indipendentemente dall’esito, in sé già scontato, e dal numero dei partecipanti, problema interno alle guerre del nuovo soggetto politico, quello delle primarie del PD è un fatto nuovo.

In primo luogo lo è perché è un passo verso la semplificazione del sistema politico verso uno schema bipartitico oltre che bipolare; in secondo luogo perché esso obbliga i protagonisti della nuova formazione politica a trovare una piattaforma programmatica e ad un modo necessariamente nuovo di procedere al confronto sia con gli alleati che con gli avversari.

È auspicabile che il Partito Democratico sia un partito, così come esiste in tutte le civiltà democratiche europee e mondiali, così come lo erano i partiti nella Prima Repubblica in Italia, che abbia una leadership una classe dirigente, che abbia un programma.

Questo non solo gioverebbe alla coalizione di Governo, poiché servirebbe ad evitare equilibrismi e tatticismi inutili e dannosi, ma diventa necessario anche per la CDL che così finalmente si troverebbe obbligata ad un confronto programmatico e culturale rispetto al quale potrebbe far emergere quegli elementi di novità che lo caratterizzano.

E la forte presenza del Partito Democratico ha ovviamente una fondamentale ripercussione sull’area Socialista ed in particolar modo sul futuro del Nuovo PSI.

La collocazione che in qualche maniera cercherà anche di occupare il PD sarà presumibilmente anche quella della storica collocazione dei Socialisti.

Qui per noi si apre uno spazio enorme che se saremo capaci di occupare ci potrà far tornare protagonisti della Politica Italiana.

Finita la fase dell’ambiguità Politica della collocazione e da alcuni giorni conclusosi anche l’imbarazzo della titolarità del nome e del simbolo, i Socialisti del Nuovo PSI devono saper trovare il loro percorso di crescita.

Da socialisti, riformisti, liberali, dobbiamo saper trovare le risposte ai bisogni che avanzano, costruendo un progetto che non sia mirato solo al tamponamento dell’emergente ma che viceversa preveda l’evoluzione della società e ne prevenga i possibili guasti.

Credo che un elemento fondamentale sia quello di ridare autorevolezza alle Istituzioni; tutto passa da lì.

Non vi può essere nessun provvedimento che riguardi la sicurezza se non vi è contemporaneamente autorevolezza dello Stato; uno Stato che troppo spesso viviamo come lontano da noi e come il nostro principale nemico.

Non vi può essere nessun provvedimento che riguardi la rimessa in ordine dei conti dello stato se non vi è un sentimento di uno Stato che tuteli i propri cittadini.

Nella visione dello Stato consiste la grande differenza oggi tra noi e loro.

Noi siamo per uno Stato moderno, agevole, snello, che garantisca i più meritevoli, che protegga i più deboli; ma non siamo per uno Stato ancorato alle vecchie logiche del passato, che non segue la modernità, che non sa prendere atto del progressivo ed inesorabile allungamento della vita e delle problematiche connesse.

Noi siamo perché la Politica abbia un ruolo centrale e non crediamo che screditandola, la vita quotidiana di ognuno di noi migliori; noi siamo per sgomberare le ipocrisie, siamo contro gli opportunismi, siamo per un Paese civile moderno.

Speriamo che Veltroni dia una svolta a questo stallo politico, perché senza confronto serio tutti noi siamo indeboliti.

Speriamo che Veltroni raggiunga quei consensi popolari tali per cui si senta autorizzato a far cadere il Governo, e che si giunga presto ad una nuova consultazione Popolare, pur sapendo che in questo momento la sconfitta per loro sarebbe quasi certa.

Sarebbe un modo nuovo per fare Politica, sarebbe il ritorno degli interessi del cittadino rispetto a quelli personali di un gruppo di persone autoreferenziate e nulla di più.

 

Franco Spedale

 

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