DEL TURCO, IL TEMPO E’ SEMPRE GALANTUOMO

L’arresto di Ottaviano Del Turco è l’ennesima vicenda choc che ripropone l’urgenza di una profonda riforma del sistema giudiziario italiano. Ancora una volta tintinnano le manette e solo fra alcuni anni sapremo se legittimamente o meno. Intanto un cittadino senza, ancora, un giudizio finisce dietro le sbarre, e le prime pagine dei giornali, com’è naturale visto il personaggio, sono piene di titoloni. La vicenda, però, se non si è come Di Pietro, offre spunti per una riflessione che va aldilà degli schieramenti l’un contro l’altro armati.

E vediamo perché, partendo da una semplice domanda che merita una altrettanto semplicissima risposta. Perché è stato arrestato Ottaviano Del Turco? Qual’era la necessità che ha spinto pm e gip a privarlo della libertà? Francamente sembra impossibile rispondere a queste semplici domande. Ma se rifiutiamo la lettura del sen. Francesco Cossiga che sostiene essere ‘un avviso a Veltroni e a sua moglie’, bisogna rifarsi a quello che pensa la gente comune in questo nostro martoriato Paese, e cioè al solito trito e ritrito protagonismo di alcuni magistrati.

L’arresto in Italia è previsto solo, e sottolineo solo , in fragranza di reato ex art. 380 ccp, e, negli altri casi, se c’è pericolo di fuga, pericolo di inquinamento delle prove e pericolosità sociale. Tre ipotesi assolutamente inesistenti nel caso specifico: niente fuga (se avesse dovuto farlo lo avrebbe fatto da tempo dato che le indagini sono in corso da parecchio), impossibile inquinare le prove (essendo l’inquisito sotto i riflettori delle indagini), e niente pericolosità sociale (non si tratta chiaramente di un mafioso o un camorrista). Ma intanto è stato lo stesso sbattuto dietro le sbarre di un carcere. Non ha ragione Silvio Berlusconi quando dice che ‘bisogna riformare la giustizia ad imis, cioè in modo radicale’?

Ne sono convinti un po’ tutti, ma l’atteggiamento ostile contro il premier è tale che dopo aver criticato aspramente l’atteggiamento di Berlusconi teso a sfruttare tutte le palle al balzo, si afferma, nei fatti, che l’arresto era inutile ed eccessivo. Illuminante in questa direzione quanto sentito in una nota trasmissione radiofonica, ieri sera, dove le arrampicate sugli specchi sono state una operazione incredibilmente faticosa. Dissentire in modo netto da Silvio Berlusconi, ma non potergli dar torto nei fatti è l’ultima trovata dei commentatori di sinistra.

Nella vicenda, comunque, ci rifiutiamo di schierarci pro o contro l’innocenza di Del Turco. Non è questo in discussione, quanto l’uso spregiudicato che si fa dei poteri giudiziari. Ottaviano Del Turco, come ricordano i socialisti, fu il ‘liquidatore’ del vecchio PSI craxiano, il suo ‘necroforo’ ufficiale. La ‘liquidazione’ fu condotta, assieme a Giorgio Benvenuto, con tale acrimonia e tale veemenza (‘non mi stupisco affatto dell’esistenza del partito degli affari nel PSI’ disse) che mise in difficoltà molti militanti sulla possibile colpevolezza di Bettino Craxi. Ma il tempo è stato galantuomo, e le mascalzonate si sono rivelate per quello che erano effettivamente.

La vicenda offre, comunque, l’occasione per una considerazione. Se Del Turco, oggi, dovesse risultare colpevole, le parole pronunciate ieri contro Craxi, erano solo un meschino personale paravento; se, al contrario, dovesse, come ci auguriamo, risultare innocente, credo che finalmente capirà lo stato d’animo di chi, come Bettino Craxi, subiva la gogna mediatica dell’allora vincente pool di Milano, e doveva ‘sopportare’ le insinuazioni di un proprio ingrato compagno di partito.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 15.7.2008

IL BISOGNO DEI SOCIALISTI

Oggi nonostante l’impegno del governo, la crisi che ha ormai suonato al nostro campanello di casa è molto grave e prospetta periodi molto duri, non solo per gli italiani ma anche per tutto il mondo occidentale. Dovremo pertanto rimboccarci le maniche, nel vero senso della parola, per cercare di sopravvivere alla stessa stregua del tempo di guerra, che di questa si tratta se pur non effettuata con bombe e cannoni. Pertanto non è sufficiente una cultura liberale per far fronte a quanto sopra: Occorre unire alla cultura del fare ( che è un caratteristica socialista ) quella della reale solidarietà, del popolarismo, dell’associazionismo affinchè lo sforzo, che deve necessariamente essere fatto, sia compartecipato attivamente e emotivamente da tutti i cittadini. Come occorse nella prima guerra mondiale, occorre sostituire i metodi cadorniani ( che hanno portato alla disfatta di Caporetto facendo trucidare inutilmente migliaia di ragazzi e quelli che per la paura indietreggiavano, farli uccidere come traditori dai plotoni d’esecuzione) a quelli del gen. Diaz, che invece ha dato fiducia, entusiasmo e ha cambiato il modo di combattere arrivando alla vittoria. Il ruolo dell’identità socialista non può essere confuso comunque in un “calderone” dove il suo apporto positivo viene rappresentato invece da chi approffitta di tale profiquo contributo, segregandone in un oscuro ruolo i meriti degli effettivi artefici. Come ho già più volte sostenuto, è sbagliato aderire ad iniziative di accorpamento politico ove queste, nuove, realtà siano prive di autentica vita democratica e di vita, reale e partecipata, sul territorio perchè vorrebbe dire cancellare e rendere inaggregabile nuovamente un modo di pensare la società in modo positivo e popolare a favore di un entità elitaria e di snob che potrebbe portare indietro di un secolo il nostro paese facendo riproporre la divisione in classi della società premiando di fatto quanti hanno continuato a sostenere la rivoluzione classista.

Piergiorgio Razeti

RIFORME: NUOVO PSI, NECESSARIE PER FAR RIPARTIRE IL PAESE

(ANSA) – ROMA, 12 LUG – ‘Le riforme costituzionali sono essenziali per far ripartire il Paese. Tra queste vi e’ anche quella della riforma elettorale, poiche’ un Paese deve essere guidato da una classe dirigente illuminata e non improvvisata’.
Lo sostiene Franco Spedale, vice segretario nazionale del Nuovo Psi di Caldoro.
‘Questo sistema elettorale non va affatto bene, qualsiasi modello si dovesse scegliere – aggiunge – non dovra’ prescindere da un fatto: le preferenze’.
‘La preferenza – sottolinea – comporterebbe infatti una maggior selezione dei Parlamentari, obbligherebbe alla formulazione di un progetto politico e farebbe sparire un sacco di partiti fantocci’.
‘Vi e’ una legislatura a disposizione per fare una buona riforma elettorale; non si perda tempo anche alla luce delle dichiarazioni che arrivano dal Presidente Napolitano’ ‘Il Nuovo PSI nella sua Direzione Nazionale ha stabilito – conclude Spedale – che provvedera’ a presentare una proposta di legge per la reintroduzione del proporzionale con preferenza’.
(ANSA).

Sacconi:”Sulla Sanità basta parlare di tagli, la spesa complessiva salirà“

Milano, 13 lug. (Apcom) – Se i conti della sanità di Campania, Calabria, Abruzzo e Sicilia saranno negativi le Regioni verranno commissariate, come già è accaduto con il Lazio. Lo ha confermato il ministro del Welfare Maurizio Sacconi che, in un’intervista a La Stampa, ha anche respinto l’idea dei tagli alla sanità.
“Tagli? – ha detto Sacconi – Solo a sentire questa parola mi viene l’orticaria. Ma che significa? Nel 2008 la spesa complessiva è pari a 99 miliardi, nel 2009 sale a 102, nel 2011 sarà di 106”. Sacconi ha poi ricordato che il Patto sulla salute firmato con Padoa-Schioppa, che prevedeva un aumento tendenziale della spesa “scade nel 2009. Se aumentassimo la spesa a quel ritmo nel 2050 salirebbe a più di 200 miliardi annui. Rammento che il bilancio italiano ne vale 630 e che un pezzo è impegnato per pagare le pensioni”.

Sul tema delle quattro regioni – Campania, Calabria, Abruzzo e Sicilia – che avrebbero i conti della sanità in rosso, Sacconi è chiaro: “Se la verifica dei conti che stiamo facendo darà esito negativo, non potremmo far altro che applicare la stessa cura imposta al Lazio, ovvero commissariare”. E a Formigoni ed Errani che protestano, Sacconi replica: “Se invece di muoversi secondo logiche sindacal-comperative accettando la sfida che ci porterà al federalismo, tutto il sistema ne avrà un beneficio”. “Per far funzionare la sanità al sud – ha aggiunto il ministro Sacconi – ci vuole uno spirito un po’ coloniale. Sistemi come quelli emiliano o lombardo dovrebbero aiutare le Regioni più arretrate a costruire sistemi più efficienti condividendo criteri di responsabilità“.

Secondo il ministro “nella sanità italiana si può trovare il meglio e il peggio di quanto si possa avere nel mondo industrializzato. Dare un significato alla parola solidarietà significa aiutare i cittadini del sud a conquistare una sanità che non li obblighi, come spesso accade, a fare centinaia di chilometri per essere curati adeguatamente. Ora – ha concluso Sacconi – abbiamo una sola strada: non aggiungere soldi al pozzo di San Patrizio e mettere in moto strumenti di deterrenza che inducano le Regioni a essere virtuose”.

Razeti sul dibattito di Montecatini

Il dibattito di Montecatini mi è parso fatto di frasi iniziate e non finite…..per non entrare nel merito dei temi e opportunisticamente non chiudere nessuna porta e poter contenere le posizioni delle diverse personalizzazioni.
Leggendo l’intervista del Segretario della Liguria del PS ( Il secolo XIX del 6/7/2008 pag. 2 )
[………..Sta dicendo che il Ps è più vicino al pensiero D’Alemiano? – «Esattamente. Se la sinistra vuole riscattarsi, fin dalle Europee del prossimo anno, va rilanciata la politica delle alleanze, con un progetto autenticamente progressista. Non può essere ovviamente riproposto il logoro modello dell’Unione» ]…pare capire che la posizione sia a sinistra comunque a “prescindere”.
La riproposizione di una linea frontista ormai sconfitta dalla storia:
Il popolo Socialista è di sinistra per le cose che propone con coraggio e responsabilità e non per dove si vanno a sedere gli eletti, magari riproponendo anche temi minoritari che sembrano scopiazzati dalle pagine di Guareschi per crearsi un po’ di visibilità mediatica:
Sul nostro versante riscontro invece un crescente consenso, non solo per la nostra posizione politica che ci ha permesso di avere due deputati ma, verso quelle iniziative che ci consentono di essere un partito della gente e non esclusivamente del palazzo.
Il consenso, come sapete, ahinoi non si ottiene solo con qualche apparizione in TV o perché vent’anni fa si era craxiani “doc”ma da una capillare presenza a fianco dei cittadini, ascoltandoli e possibilmente aiutandoli anche direttamente quando le istituzioni sono assenti se non proprio contrarie.
Sicuramente queste iniziative costituiscono una scommessa difficile la quale può essere vinta facilmente se sapremo proporre, come ne sono certo, serietà e spirito di servizio.
Forse, adottando un po’ di movimentismo, dovremo saper proporre coraggiosamente con forza tutte quelle soluzioni che ammodernino nel vero senso del termine il nostro paese a partire dalle infrastrutture, dalla formazione, dai trasporti pubblici, ……., e non ultimo dall’ammodernamento della Pubblica Amministrazione.
Ad esempio, anche per far fronte ad una pesante situazione economica internazionale che si proporrà nei prossimi due anni, sarà opportuno proporre iniziative che incentivino concretamente i cittadini a riprendere e rivalutare, con una nuova cultura e meno vincoli e oneri da parte della PP. AA., quelle attività che pur gravose, possono far coniugare facilmente: la salvaguardia del territorio; un adeguato riscontro economico; produzione di beni primari sempre più necessari.
Piergiorgio Razeti

Intervento di Marcello

Avete uno strumento ‘potente’ nelle Vostre mani, dovete solo usarlo.
Questo ‘blog’ è libero dalle censure di direttori non compiacenti, dalle interverenze politiche, lontano dal mondo dei professionisti della notizia. Avete un ‘nome’ (partitosocialista.org) concreto a prova di ‘tonti’ che non lascia margini di errore e equivoci.
Dategli ‘autorevolezza’ parlando di cose concrete. Scrivete, raccontate il Socialismo Riformista, metteteci il cuore e parlate alla gente come lo fareste a cena con gli amici.
Fatelo conoscere, non abbiate paura di dirlo all’amico o al vicino di casa. Chiedete aiuto a chi ‘col computer ci sa fare’ o al blogger conosciuto alla quella festa la settimana scorsa.
Fatelo consocere.. portate gente e richiamate l’attenzione… al resto ci penserà la rete!

W il Socialismo!

Piccini: Liguria

Caro Franco
Ti invio il messaggio con un giorno di ritardo ma non disponevo della tua mail.
Al Consiglio Nazionale mi avevi promesso di inviarmela con i recapiti telefonici ma non ho più ricevuto nulla.
Ho letto il tuo intervento e le mail di alcuni amici.
Il Manzoni diceva di Don Abbondio che:”Chi non ha il Coraggio non può darselo.”
Parafrasando si potrebbe dire che: “Chi non ha un Partito non può darselo.” e non bastano miracolose scorciatoie di passaggi televisivi o gallonati nordici.
Bisogna lavorare e mostrare il coraggio.
Operiamo affinchè i risultati facciano premio all’impegno.
Fraterni saluti
Giuseppe Vittorio Piccini

Il dopo Berlusconi è già alle porte

Non so se dire di essere orgoglioso di non far parte di questo Parlamento o meno!
La riflessione nasce dopo aver assistito, via radio alla manifestazione dell’IDV e dopo aver visto in tv il dibattito sul “lodo Alfano”.
Il mio senso di rispetto per le Istituzioni è sicuramente alto, credo che se delegittimiamo le Istituzioni, ciò significhi automaticamente anarchia nella vita di tutti i giorni.
Ma quando è troppo è troppo.
Un Parlamento nominato, in cui c’è di tutto e spesso il peggio, non è certamente un buon viatico.
E questo vale tanto per la coalizione che noi stiamo sostenendo, quanto per l’attuale opposizione.
Un Parlamento nominato con dentro gli amici più cari, le fisioterapiste di famiglia, i portaborse saliti di grado, fa poi quel che può.
Io credo viceversa che chi fa politica, chi vuole essere un dirigente politico, deve in qualche maniera essere un illuminato.
Ciò non significa essere necessariamente di un ceto sociale o di una classe sociale elevata, ma certamente deve avere una “cultura” del senso dello Stato che chi per una vita ha fatto altro fuori che interessarsi di politica non può fisiologicamente avere.
Mi ha fatto tristezza sentire in Piazza Navona i cosìdetti intellettuali di sinistra ( chissà poi perché di sinistra? O lo sono o non lo sono e basta!), la povera rita Borsellino, che utilizzava una frase si e l’altra pure, il ricordo di suo fratello Paolo, la insoddisfatta Sabina Guzzanti prendersela con il mondo!
Per non parlare poi degli interventi alla Camera!
L’unico che si è salvato è stato certamente Cicchitto, che ha posto esattamente i termini della questione per quello che sono.
Tutto è figlio del colpo di Stato di Tangentopoli!
Ma torniamo al punto di partenza!
Essere Parlamentari non è uno status, non può essere un luogo di lavoro, secondo me neanche molto ben retribuito, per quello che dovrebbe richiedere, né può essere interpretato come l’appartenenza ad una casta dentro la quale si gioca con regole e logiche solo interne.
Per me essere Parlamentari significa avere un progetto, avere qualcosa da dire, contribuire al cambiamento e all’evoluzione del nostro Paese, dando il proprio contributo, modesto o elevato che sia, perché il nostro vivere sia al passo con una Società che si evolve.
E il problema è tanto più dei piccoli Partiti che perdono ogni giorno l’occasione di affermare la propria peculiarità e finiscono viceversa per essere fagocitati dai grandi.
Oggi si ha paura di dire qualcosa di diverso rispetto a quello che i “grandi” fanno o dicono, con la preoccupazione poi di stare fuori da tutto.
Penso invece che si debba fare il contrario, che si debba lodare un progetto quando questo è giusto, che lo si debba contestare e contraddire quando lo stesso è secondo noi diverso da un progetto di crescita.
Se ciò non avviene, se cioè non rivendichiamo la nostra identità e la nostra autonomia, che sono sostanzialmente due modi per intendere la nostra libertà di pensiero, se finiamo con lo stare “coperti” avremo fatto sparire il motivo del nostro esistere, quello cioè che siamo convinti di avere molto da dire e qualcosa da fare.
In parte questo è dovuto al sistema elettorale; non esistono più le preferenze, perciò a che serve muoversi?
Noi oggi abbiamo due Parlamentari!
Qualcuno se ne è accorto? I nostri due rappresentanti si muovono sul territorio pronti a “divulgare” la nostra azione politica? Hanno assunto qualche iniziativa Parlamentare tale per cui emerga in qualche misura la presenza di una forza Socialista e riformista nella PDL?
Secondo me no, e lo dico con rammarico. Ho creduto, forse ingenuamente, che questa, non essendoci i vecchi tromboni, sarebbe stata una stagione di crescita.
Siamo certamente in ritardo ma non tutto è perduto, se vogliamo fare politica.
Dobbiamo dare un’inversione di tendenza, guardando al progetto e non a fare una piccola UDEUR.
Se è vero che i progetti corrono sulle gambe degli uomini, è altrettanto vero che prima servono i progetti. E poi gli uomini; non tutti, bastano quelli che hanno voglia di dare il loro contributo, che credono in un ideale, che voglio fare politica perché la vivono come passione e non come un ufficio di collocamento; servono dirigenti che affrontino con consapevolezza un percorso difficile ed irto, che non siamo pronti a tradire dopo la prima delusione, che non siamo pronti a riprendere un percorso con noi solo perché le proprie ambizioni non sono state soddisfatte.
Serve un gruppo coeso e determinato che voglia scommettere in grande, che non subisca ricatti, che sia libero nella mente e nello spirito, che sia pronto a dare battaglia per un ideale.
Dobbiamo dare un colpo di reni a questo Partito; eravamo più attivi anni fa quando eravamo fuori dalle istituzioni di quanto non lo siamo adesso.
Ci serve un progetto, una proposta, ci serve fare politica. Non possiamo perdere l’ultima occasione.
Il dopo Berlusconi è già alle porte, chi non l’ha capito è perduto.

I SALTIMBANCHI DI PIAZZA NAVONA SONO UNA VERGOGNA PER IL PAESE

Vergogna, vergogna, vergogna. Quanto avvenuto a Piazza Navona è una vergogna. per i protagonisti, per chi li ha allevati, per chi li ha fatti entrare in Parlamento, per chi pensava di tenerli sotto controllo e li ha preferiti ai socialisti di Boselli che sono, rispetto al ‘molisano’, di un altro pianeta con differenza politica valutabile in anni luce. Non abbiamo alcuna remora a dirlo noi del Nuovo PSI. Gli errori di Boselli sono altri, non certamente quelli del qualunquismo e del giustizialismo che, forse, sono stati alla base della loro liquidazione per mano comunista.

Potremmo chiudere quì la riflessione dicendo soltanto, chi è causa del suo mal pianga se stesso. Ma il male purtroppo non ricade solo su chi lo ha provocato, ma sull’intero Paese che continua ad essere sottoposto a fibrillazioni inaccettabili. La vicenda, tra l’altro, deve essere assunta come riflessione tesa a correggere, ce lo auguriamo, gli errori che ne sono stati la genesi.

Se per anni in Italia si è gridato al pericolo del regime, al pericolo del fascismo, e che anzi era alle porte una terribile dittatura, non solo si permettono le sconcezze sentite in Piazza Navona, ma si spingono le nuove generazioni a non capire cos’è stato veramente il fascismo. Se si afferma continuamente che oggi siamo in un regime autoritario e che se avesse vinto Berlusconi c’era chi avrebbe abbandonato l’Italia, senza poi farlo, è chiaro che i giovani arrivano alla conclusione che quello del ventennio, in fin dei conti, non era quella terribile dittatura così come riportano i libri di storia. Poveri noi, se quattro intellettuali che si sentono superiori a tutti, per un solo quarto d’ora di protagonismo, diventano veicolo certo di disinformazione.

Se ogni porcata contro Berlusconi ed i suoi alleati viene giustificata perchè “è satira” e la satira non deve essere censurata, si autorizza la Sabina Guzzanti a dire tutto e il contrario di tutto, passando da una porcata all’altra senza alcuna remora, se non quella di evitare d’essere una persona civile perché nella gara a chi la sparava più grossa non bisognava essere seconda a nessuno, ma anche per ‘evitare’ di non venire accusata d’essere condizionata da quella testa lucida e pensante del senatore Paolo Guzzanti, che è anche suo padre.

Se, dopo l’imbarco del Di Pietro, e dopo il fallimento del suo ‘controllo’ anziché mandarlo a quel paese anche perché non ‘c’azzecca’ nulla con la politica, si è deciso di inseguirlo sul suo terreno preferito, ch’è la caccia al Cavaliere Berlusconi, e quest’inseguimento ha messo in discussione anche un nuovo modo di fare politica costruito sul dialogo e sull’assunto che l’avversario non è un nemico da abbattere, è chiaro che il nostro descamisados si senta l’ombelico del mondo ed è convinto di poter invertire il rapporto con il PD.

Se con le platee fornite dagli ex comunisti si è costruito il personaggio Grillo e, con soddisfazione, si sono esaltate le sue performance, non era possibile pensare che il percorso del personaggio potesse essere ricondotto a fenomeno passeggero facilmente assorbibile, anche perché il mare di soldi accumulati dal Beppe nazionale con i ‘suoi spettacoli’ è tale che per alimentarlo le sparerà sempre più grosse. Sono errori che si pagavo salatamene, ed è quello che oggi sarà costretto a pagare Walter Veltroni e il suo PD, se è vero che i sondaggi danno in crescita il gradimento dell’odiato Cavaliere.

Lungi da noi il “tanto peggio, tanto meglio”. Esso non è nella nostra cultura. Non gioiamo per le disgrazie altrui che possono, tra l’altro, diventare disgrazie per tutto il Paese: i saltimbanchi non sono la politica, ma solo e soltanto una vergogna per l’intero Paese, e sulla vergogna non si costruisce niente.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 10.07.2008

Riflessioni di Laura Turati

Cari tutti,
ringrazio Piergiorgio per la buona volontà e il tempo che dedica a mobilitarci e mi scuso per non avergli potuto dare spalla prima, ma prometto di fare il possibile per essere d’aiuto.
Ho letto in breve successione questa mail e l’intervento di Franco Spedale sul giornale e vorrei aggiungere la riflessione fatta domenica leggendo i giornali: nessuno ha parlato di noi in relazione al congresso di Montecatini. Non solo siamo stati ignorati: il PS è stato da tutti presentato, come al solito, come l’unico partito socialista esistente, poi, di soprammercato, alcuni quotidiani hanno parlato del PS come del partito del Garofano (addirittura) e hanno citato i “socialisti di destra” nominando solo i parlamentari del PDL (Cicchitto e C.). Di noi nessuna traccia. Il nostro Segretario ha parlato dal palco offrendo addirittura diritto di tribuna in parlamento ai padroni di casa che ne sono esclusi: nessun giornalista l’ha sentito né ha capito chi fosse, dato che nessuno gli ha dedicato né una riga né ha compreso chi e cosa rappresentasse.
Piergiorgio scrive “Il consenso, come sapete, ahinoi non si ottiene solo con qualche apparizione in TV” e ha ragione, ma è vero che si fa fatica a proporre la tessera di un partito ignorato.
Raccolgo allora ben volentieri il grido di Franco Spedale e lo interpreto secondo il mio carattere, più propenso alla proposizione che alla denuncia: noi, che qui a Nord abbiamo più difficoltà, è inutile negarlo, cerchiamo di stringere i contatti, di comunicarci le iniziative che ognuno prende così da poterle esportare, riprodotte e magari migliorate. Cerchiamo di occupare uno spazio sulle pagine locali dei giornali nazionali usando anche le conoscenze personali che eventualmente avessimo. I colleghi del PS vanno sulla stampa anche con trafiletti insignificanti, come inciso di un’opinione riportata: facciamo altrettanto! Se occupiamo spazio/pagina con le nostre idee rimarrà meno spazio per ospitare quelle altrui. Ma non sprechiamo spazio e tempo parlando di cosa ci distingue dagli altri, dando di fatto a loro un’ulteriore pubblicità: parliamo di noi, dei nostri programmi!
La contraddizione è che noi siamo in parlamento ma nessuno lo sa, e offriamo diritto di tribuna a loro che nessuno ha votato ma che tutti conoscono!
Siamo persone intelligenti e, da quel che ho capito, tutti con una certa capacità di leadership: se ci coordiniamo sono certa che potremo realizzare qualcosa di buono e di nuovo, adatto al nostro straordinario territorio, arricchendo di idee e contenuti anche il lavoro della Segreteria Nazionale.
Franco dice: “Se saremo capaci di costruire un percorso politico ed organizzativo tale per cui possiamo pensare di raccogliere consensi e di occupare uno spazio politico” e, prima: “Sicurezza, infrastrutture, sanità, giustizia, lavoro; tutte questioni che devono essere affrontate con un approccio moderno, senza preclusioni, senza preconcetti, valutando per attuarle.” Bene
Concordo: lui che è il vicesegretario nazionale e coordinatore del Nord individui e proponga il programma più adatto a dare visibilità e attivare le risorse nelle nostre regioni, noi faremo “rete” attorno a lui, verificheremo le competenze che ognuno di noi può mettere a disposizione del gruppo e le valorizzeremo.
Cominciamo dalle presentazioni, mettendo sul tavolo il dono di competenze e disponibilità che ognuno di noi può portare al gruppo: io mi occupo di editoria e, se volete, posso curare la pubblicazione di qualunque elaborato possa servirvi per le vostre iniziative locali, inoltre posso scrivere senza difficoltà articoli o trafiletti si rendano necessari a chiunque di voi. Di pochi altri so qualcosa e penso di non essere un’eccezione: scambiamoci le informazioni che occorrono e poniamoci degli obiettivi concreti, facciamo un programma.
Perdonate il mio pragmatismo, ma questo è utile e funzionale, mentre conversare sui blog non mi attrae molto: ruba tempo al sonno e da poco costrutto.
Un abbraccio a tutti

Laura Turati

CASO ENGLARO: SPEDALE (NUOVO PSI), ATTO DI CIVILTA’ E UMANA COMPRENSIONE

=
ERA ACCANIMENTO TERAPEUTICO

Roma, 9 lug. – (Adnkronos) – ‘La decisione della Corte d’appello civile di Milano, che ha autorizzato il padre di Eluana Englaro ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzato che da 16 anni tiene in vita la figlia, rappresenta un atto di grande civilta’ giuridica prima ancora che un atto di umana comprensione’. Lo ha dichiarato Franco Spedale, medico e vice segretario nazionale del Nuovo Psi di Caldoro che sostiene il Governo Berlusconi.

‘Si e’ interrotto un calvario – ha aggiunto Spedale – che si era trasformato un accanimento terapeutico che provocava sofferenze anche nelle persone che quotidianamente con grande affetto hanno seguito la ragazza’. ‘Adesso il Parlamento non puo’ perdere altro tempo ed ha il dovere di legiferare per evitare che in una materia cosi delicata ci sia uno scandaloso vuoto giuridico. I giudici ed i tribunali, per quanto preparati, non possono – ha concluso il medico – in uno Stato di Diritto sostituirsi al legislatore’.

Edizione 141 del 09-07-2008

Il successo di un congresso che non si doveva fare

Resurrezione socialista

di Biagio Marzo

Rino Formica, che è uno che non le manda a dire, aveva affermato ( il Riformista), da par suo, che non

era proprio il caso che si svolgesse il Congresso socialista. Probabilmente, per il fatto che i risultati

elettorali non avevano permesso al Ps di eleggere un gruppo parlamentare e visto che lo svolgimento

delle assise locali non avevano alimentato un dibattito politico. Anzi. Vero è che su parecchie cose

socialiste, ha ragione da vendere, epperò, è stato smentito in pieno, perché, a Montecatini, i socialisti

hanno dato il meglio di sé. Quello che hanno potuto fare e dare nelle condizioni in cui si trovano.

L’handicap di essere fuori dal Parlamento non è una cosa di poco conto. Tuttavia, è venuta fuori in modo

preponderante la voglia di lottare per ritornare sulla scena politica come attori, lungo la tradizione del

socialismo italiano. Si intende in modo nuovo, rompendo i vecchi schemi: non più lotta parlamentare,

ma lotta al fianco del cittadino in carne e ossa. Il che non significa che il Ps non abbia alcune “idee

forza” sul piano del programma di governo, con le quali aprire un confronto tanto con maggioranza

quanto con il resto dell’opposizione. Partito di governo e di movimento, per l’appunto. Per supplire

all’assenza dalle Camere, il Ps sceglie di gettarsi nell’esperienza movimentista, senza allontanarsi

dall’essere sinistra di governo.

Il tutto in chiave autonomista, garibaldina e corsara. Autonomista non come sinonimo di autosufficienza

che porta all’annullamento politico, ma alla libertà di essere fuori dai giochi delle due coalizioni in

campo, spinte artatamente per interessi di bottega al bipartitismo. Il quale è stato issato come bandiera

di combattimento da Berlusconi e Veltroni, perché entrambi, prendendo a pretesto il bene della

democrazia parlamentare e del Paese in particolare, hanno inneggiato al voto utile; insomma, al voto a

una delle due coalizioni. Ragion per cui, hanno svolto la campagna elettorale sull’onda della

semplificazione del sistema partitico, raccogliendo, immeritatamente, una messe di voti a scapito dei

partiti medi e piccoli, anziché approvare una legge elettorale meno oligarchica e partitocratica di quella

in vigore e senza svolgere minimamente un ragionamento politico secondo cui la Grande riforma è la

madre del rinnovamento istituzionale e politico italiano.

Garibaldina nel senso che i “Mille” socialisti rimasti in campo sono forza dinamica, pronti a tutto per

conquistare la terra perduta e per riscattarsi dall’onta delle sconfitte e delle offese subite. Consapevoli,

peraltro, che la loro storia è più grande dello 0,98% acquisito nell’ultima tornata elettorale. Corsara sta

per libertà di alleanze negli enti locali, non avendo nessuno contrattato alcun impegno con nessuno.

Seppure guerra di corsa, il vascello Ps deve navigare in mare aperto, seguendo la rotta riformista: da un

lato il Pd, dall’altro l’Udc, senza sottrarsi al confronto con le altre forze riformiste tra cui quelle di origine

socialista presenti nel Pdl. Argomento, questo, sul quale si è battuto molto Gianni De Michelis e si è

speso Bobo Craxi. Una bella scommessa non c’è che dire e Nencini è cosciente che per vincerla bisogna

partire dalle sfide, che sono il pane del socialismo, senza le quali esso sarebbe un reperto archeologico.

La fine che rischia di fare la socialdemocrazia se non riuscirà a rinnovarsi sul piano culturale, politico e

programmatico. E comunque, è iniziato il periodo post Sdi-Boselli, con la nascita del Ps e con l’elezione

di Nencini a segretario. A Enrico Boselli vanno riconosciuti meriti e demeriti. In primo luogo, per essersi

battuto per l’unità, dopo un lungo periodo di diaspora; in secondo luogo, per non aver accettato il diktat

di Veltroni di passare armi e bagagli nel Pd.

Naturalmente, questo avrebbe comportato la fine della peculiarità, del ruolo e della funzione dei

socialisti italiani. Finché questi sono vivi e vegeti, benché a ranghi ridotti, restano una spina nel fianco

del Pd e non solo. Con l’intento che il sogno possa trasformarsi in realtà al più presto, e che l’Italia abbia

bisogno di socialismo. I demeriti di Boselli. Soprattutto uno: di aver insistito su una linea politica che

non era nel Dna del socialismo italiano. Piuttosto che rubarla senza successo a Pannella, avrebbe potuto

riproporgli la Rosa nel Pugno, facendo di necessità virtù. Comunque sia, già i buoi erano scappati dalla

stalla. Alla fine i socialisti soli soletti e i radicali in un compagnia. Una compagnia scomoda, quella del

Pd, e fuori dalla loro cultura politica, ma comoda per essere eletti e per affermare, dopo le elezioni, di

essere una delegazione nel Pd. Come se il Pd fosse una sorta di Onu. A Boselli va addebitato un altro

demerito. Il fallimento della Costituente prodromo del flop elettorale. E qui c’è la responsabilità

personale anche del comitato costituente, che ha lasciato fare e disfare a Boselli come ha voluto, senza

mai opporsi, compresa la sua candidatura alla premiership.

Un comitato che ha peccato di deficit politico e di una visione strategica d’insieme sul futuro della

questione socialista. Vale o no la pena battersi per le sue idee? Invece di volare alto, si sono viste le

prime smagliature nelle “Primarie delle idee”. Un Convegno di cui non è restata traccia. A Montecatini,

proprio per la conduzione della Costituente, gli esponenti più in vista hanno lasciato le penne. Tutto il

potere ai soviet, senz’altro. Le luci si sono spente sul congresso di Montecatini ed è stato merito di

Riccardo Nencini aver saputo dare vigore all’azione e all’iniziativa socialista, vigore di cui, per la verità,

si sentiva da molto tempo bisogno. Dopo Montecatini il Ps è entrato, finalmente, nel mercato politico e si

appresta a essere competitivo. Dio ce la mandi buona.

 Da L’Opinione

Intervista a Cossiga: dal Corriere della Sera

Cossiga compie 80 anni: Moro?
Sapevo di averlo condannato a morte
«La strage di Bologna, fu un incidente della resistenza palestinese»

Presidente Cossiga, auguri per i suoi ottant’anni. Lei è sempre malatissimo, e tende sempre a relativizzare il suo cursus honorum — Viminale, Palazzo Madama, Palazzo Chigi, Quirinale —. Eppure la vita le ha dato longevità e potere. Come se lo spiega?
«Ma io sono ammalatissimo sul serio! Nove operazioni, di cui cinque gravi, una della durata di sette ore, seguita da tre giorni di terapia intensiva. Ma resisto. Come si dice in sardo: “Pelle mala no moridi”; i cattivi non muoiono. E io buono non sono. Io relativizzo tutto quello che non attiene all’eterno. E poi, come spiego in un libro che uscirà a ottobre, “A carte scoperte”, scritto con Renato Farina, tutte le cariche le ho ricoperte perché in quel momento e per quel posto non c’era nessun altro disponibile. Io uomo di potere? Sempre a ottobre uscirà un altro libro — “Damnatio memoriae in vita” — con tutti gli articoli, lettere e pseudo saggi di insulti e peggio pubblicati durante il mio settennato contro di me da Repubblica ed Espresso ».

A trent’anni dalla morte di Moro, il consulente che le inviò il Dipartimento di Stato, Steve Pieczenick, ha detto: «Con Cossiga e Andreotti decidemmo di lasciarlo morire». Quell’uomo mente? Ricorda male? Ci fu un fraintendimento tra voi? O a un certo punto eravate rassegnati a non salvare Moro?
«Quando, con il Pci di Berlinguer, ho optato per la linea della fermezza, ero certo e consapevole che, salvo un miracolo, avevamo condannato Moro a morte. Altri si sono scoperti trattativisti in seguito; la famiglia Moro, poi, se l’è presa solo con me, mai con i comunisti. Il punto è che, a differenza di molti cattolici sociali, convinti che lo Stato sia una sovrastruttura della società civile, io ero e resto convinto che lo Stato sia un valore. Per Moro non era così: la dignità dello Stato, come ha scritto, non valeva l’interesse del suo nipotino Luca».

Esclude che le Br furono usate da poteri stranieri che volevano Moro morto?
«Solo la dietrologia, che è la fantasia della Storia, sostiene questo. Tutta questa insistenza sulla “storia criminale” d’Italia è opera non di studiosi, ma di scribacchini. Gente che, non sapendo scrivere di storia e non essendo riusciti a farsi eleggere a nessuna carica, scrivono di dietrologia. Fantasy, appunto ».

Quale idea si è fatto sulle stragi definite di «Stato», da piazza Fontana a piazza della Loggia? La Dc ha responsabilità dirette? Sapeva almeno qualcosa?«Non sapeva nulla e nessuna responsabilità aveva. Molto meno di quelle che il Pci (penso all'”album di famiglia” della Rossanda) aveva per il terrorismo rosso».

Perché lei è certo dell’innocenza di Mambro e Fioravanti per la strage di Bologna? Dove vanno cercati i veri colpevoli?
«Lo dico perché di terrorismo me ne intendo. La strage di Bologna è un incidente accaduto agli amici della “resistenza palestinese” che, autorizzata dal “lodo Moro” a fare in Italia quel che voleva purché non contro il nostro Paese, si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo. Quanto agli innocenti condannati, in Italia i magistrati, salvo qualcuno, non sono mai stati eroi. E nella rossa Bologna la strage doveva essere fascista. In un primo tempo, gli imputati vennero assolti. Seguirono le manifestazioni politiche, e le sentenze politiche».

Scusi, i palestinesi trasportavano l’esplosivo sui treni delle Ferrovie dello Stato?
«Divenni presidente del Consiglio poco dopo, e fui informato dai carabinieri che le cose erano andate così. Anche le altre versioni che raccolsi collimavano. Se è per questo, i palestinesi trasportarono un missile sulla macchina di Pifano, il capo degli autonomi di via dei Volsci. Dopo il suo arresto ricevetti per vie traverse un telegramma di protesta da George Habbash, il capo del Fronte popolare per la liberazione della Palestina: “Quel missile è mio. State violando il nostro accordo. Liberate subito il povero Pifano”».

C’è qualcosa ancora da chiarire nel ruolo di Gladio, di cui lei da sottosegretario alla Difesa fu uno dei padri?
«I padri di Gladio sono stati Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani, Gaetano Martino e i generali Musco e De Lorenzo, capi del Sifar. Io ero un piccolo amministratore. Anche se mi sono fatto insegnare a Capo Marrangiu a usare il plastico».

Il plastico?
«I ragazzi della scuola di Gladio erano piuttosto bravi. Forse oggi non avrei il coraggio, ma posseggo ancora la tecnica per far saltare un portone. Non è difficile: si manipola questa sostanza che pare pongo, la si mette attorno alla struttura portante, quindi la si fa saltare con una miccia o elettricamente… ».

E’ sicuro che il plastico di Gladio non sia stato usato davvero?
«Sì, ne sono sicuro. Gli uomini di Gladio erano ex partigiani. Era vietato arruolare monarchici, fascisti o anche solo parenti di fascisti: un ufficiale di complemento fu cacciato dopo il suo matrimonio con la figlia di un dirigente Msi. Quasi tutti erano azionisti, socialisti, lamalfiani. I democristiani erano pochissimi: nel mio partito la diffidenza antiatlantica è sempre stata forte. Del resto, la Santa Sede era ostile all’ingresso dell’Italia nell’Alleanza Atlantica. Contrari furono Dossetti e Gui, che pure sarebbe divenuto ministro della Difesa. Moro fu costretto a calci a entrare in aula per votare sì. E dico a calci non metaforicamente. Quando parlavo del Quirinale con La Malfa, mi diceva: “Io non c’andrò mai. Sono troppo filoatlantico per avere i voti democristiani e comunisti”».

Qual è secondo lei la vera genesi di Tangentopoli? Fu un complotto per far cadere il vecchio sistema? Ordito da chi? Di Pietro fu demiurgo o pedina? In quali mani?
«Credo che gli Stati Uniti e la Cia non ne siano stati estranei; così come certo non sono stati estranei alle “disgrazie” di Andreotti e di Craxi. Di Pietro? Quello del prestito di cento milioni restituito all’odore dell’inchiesta ministeriale in una scatola di scarpe? Un burattino esibizionista, naturalmente ».

La Cia? E in che modo?
«Attraverso informazioni soffiate alle procure. E attraverso la mafia. Andreotti e Craxi sono stati i più filopalestinesi tra i leader europei. I miliardi di All Iberian furono dirottati da Craxi all’Olp. E questo a Fort Langley non lo dimenticano. In più, gli anni dal ’92 in avanti sono sotto amministrazioni democratiche: le più interventiste e implacabili».

Quando incontrò per la prima volta Berlusconi? Che cosa pensa davvero di lui, come uomo e come politico?
«Era il 1974, io ero da poco ministro. Passeggiavo per Roma con il collega Adolfo Sarti quando incontrai Roberto Gervaso, che ci invitò a cena per conoscere un personaggio interessante. Era lui. Parlò per tutta la sera dei suoi progetti: Milano 2 e Publitalia. Non ho mai votato per Berlusconi, ma da allora siamo stati sempre amici, e sarò testimone al matrimonio di sua figlia Barbara. Certo, poteva fare a meno di far ammazzare Caio Giulio Cesare e Abramo Lincoln…».

Ci sono accuse più recenti.
«Non facciamo i moralisti. Il premier britannico Wilson fece nominare contessa da Elisabetta la sua amante e capo di gabinetto. Noi galantuomini stiamo con la Pompadour. Quindi, stiamo con la Carfagna ».

Lei non è mai stato un grande estimatore di Veltroni. Come le pare si stia muovendo? Resisterà alla guida del Pd, anche dopo le Europee? «E che cosa è il Pd? Io mi iscriverei meglio a ReD, il movimento di D’Alema, di cui ho anche disegnato il logo: un punto rosso cerchiato oro. Veltroni è un perfetto doroteo: parla molto, e bene, senza dire nulla. Perderà le Europee, ma resisterà; e l’unica garanzia per i cattolici nel Pd che non vogliono morire socialisti».

Perché le piace tanto D’Alema?
«Perché come me per attaccare i manifesti elettorali è andato di giro nottetempo con il secchio di colla di farina a far botte. Perché è un comunista nazionale e democratico, un berlingueriano di ferro, e quindi un quasi affine mio, non della mia bella nipote Bianca Berlinguer che invece è bella, brava e veltroniana. E poi è uno con i coglioni. Antigiustizialista vero, e per questo minacciato dalla magistratura ».

Cosa pensa dei giovani cattolici del Pd? Chi ha più stoffa tra Franceschini, Fioroni, Follini, Enrico Letta?
«Sono una generazione sfortunata. Il loro futuro è o con il socialismo o con Pierfurby Casini».

Come si sta muovendo suo figlio Giuseppe in politica? E’ vero che lei ha un figlio “di destra” e una figlia, Annamaria, “di sinistra”?«Li stimo molto entrambi. Tutti e due sono appassionati alla politica come me. Mia figlia è di sinistra, dalemiana di ferro, e si iscriverà a ReD. Mio figlio è un conservatore moderno, da British Conservative Party. Io pencolo più verso mio figlio».

E’ stato il matrimonio il grande dolore della sua vita?«Non amo parlare delle mie cose private. Posso solo dire che la madre dei miei figli era bellissima, intelligentissima, bravissima, molto colta. Che ha educato benissimo i ragazzi. E che io l’ho amata molto».

Aldo Cazzullo
08 luglio 2008

== COSSIGA, SAPEVO DI AVERE CONDANNATO A MORTE ALDO MORO

LA STRAGE DI BOLOGNA? UN INCIDENTE DELLA RESISTENZA PALESTINESE (ANSA) – ROMA, 8 LUG – ‘Quando il Pci di Berlinguer ha optato per la linea della fermezza ero certo e consapevole che, salvo un miracolo, avevamo condannato Moro a morte’. In una intervista al ‘Corriere della Sera’ in occasione dei suoi 80 anni, il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga racconta i fatti che hanno segnato la sua lunga carriera politica, dagli anni di piombo, a Tangentopoli, fino al Pd di Veltroni, ‘perfetto doroteo che parla bene senza dire nulla’. Cossiga difende la sua scelta di non trattare con le Br per la liberazione di Moro: ‘Io – dice – ero e resto convinto che lo Stato sia un valore. Per Moro non era cosi’: la dignita’ dello Stato, come ha scritto, non valeva l’interesse del suo nipotino’.
L’ex presidente della Repubblica ripete anche la sua verita’ sulla strage di Bologna: ‘Fu un incidente accaduto agli amici della ‘resistenza palestinese”, che ‘si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo’. La condanna di Mambro e Fioravanti arrivo’, quindi, perche’ ‘nella rossa Bologna la strage doveva essere fascista’.
Cossiga si dice anche convinto che ‘la Cia e gli Stati Uniti non siano stati estranei a Tangentopoli, cosi’ come alle disgrazie di Andreotti e di Craxi’, che sono stati ‘i piu’ filopalestinesi tra i leader europei. I miliardi di All Iberian furonono dirottati da Craxi all’Olp. E questo a Fort Langley non lo dimenticano’.
Infine uno sguardo all’attualita’ e al Partito Democratico: ‘Ma che cos’e’? – si chiede – Io mi iscriverei meglio a ReD, il movimento di D’Alema, di cui ho disegnato anche il logo: un punto rosso cerchiato oro’. (ANSA

RASSEGNA STAMPA/ COSSIGA: USA E CIA DIETRO TANGENTOPOLI

(9Colonne) Roma, 8 lug – In una intervista al Corriere della Sera Francesco Cossiga sostiene che gli Stati Uniti e la Cia non sarebbero stati estranei allo scoppio di Tangentopoli “così come certo non sono stati estranei alle ‘disgrazie’ di Andreotti e di Craxi”. L’ex presidente della Repubblica sostiene questa tesi sottolineando che “Andreotti e Craxi sono stati i più filopalestinesi tra i leader europei. I miliardi di All Iberian furono dirottati da Craxi all’Olp. E questo a Fort Langley non lo dimenticano. In più, gli anni dal ’92 in avanti sono sotto amministrazioni democratiche: le più interventiste e implacabili”. Ricorda quindi il primo incontro con Berlusconi: “Era il 1974, io ero da poco ministro. Passeggiavo per Roma con il collega Adolfo Sarti quando incontrai Roberto Gervaso, che ci invitò a cena per conoscere un personaggio interessante. Era lui. Parlò per tutta la sera dei suoi progetti: Milano 2 e Publitalia. Non ho mai votato per Berlusconi, ma da allora siamo stati sempre amici, e sarò testimone al matrimonio di sua figlia Barbara. Certo, poteva fare a meno di far ammazzare Caio Giulio Cesare e Abramo Lincoln…”. E lo difende quindi dalle recenti accuse: “Non facciamo i moralisti. Il premier britannico Wilson fece nominare contessa da Elisabetta la sua amante e capo di gabinetto. Noi galantuomini stiamo con la Pompadour.
Quindi, stiamo con la Carfagna