LA SCOSSA CHE HA TRAVOLTO LA SINISTRA

E’ arrivato come un manrovescio, una sberla senza complimenti, un pugno ben assestato, e l’hanno assorbito senza fiatare perché totalmente disorientati. Di certo non se lo aspettavano ed anche per questo, infatti, è stato ancor più pesante e mortificante. In un attimo, mesi e mesi di “imbecillità” e di gossip sfrenato sono finiti nel nulla, diradati come nebbia al sole, scomparsi dalla scena, quella costruita con tanta cura e convinzione di successo, anche per l’apporto di ascari stranieri al soldo di uno squalo senza vergogna alcuna che, proprio in queste ore, si sta rivelando uno squallido personaggio.

Il G8 che doveva seppellire il Premier italiano è diventato invece la sua apoteosi, il suo trionfo certificato non da un Emilio Fede ma, addirittura, dal Presidente americano Barack Obama, un democrat doc, osannato fino ad ieri come un messia, e che aveva fatto sognare le scomposte e brancaleoniane truppe italiche ormai letteralmente allo sbando, in precipitosa ritirata ed alla ricerca di vessilli da inseguire o di nicchie dove garantirsi una sopravvivenza. Non esiste altro metro di lettura per i travasi di ‘fior di dirigenti e di intellettuali’ verso l’IDV del superacculturato Antonio Di Pietro, ormai faro per l’intellighetia rossa.

Aver sentito dire ad Obama che a Berlusconi, all’odiato Berlusconi, al nemico pubblico n. 1, all’abominevole uomo delle nevi, all’uomo senza remore e senza morale, al ‘frequentatore’ di minorenni (accusa accettata come verità anche da tal monsignor Vattelaapesca), andava riconosciuta una “straordinaria leadership”; aver ascoltato parole di esaltazione da parte di tutti i partecipanti agli incontri, ha sconvolto letteralmente la sinistra nostrana e i suoi, si fa per dire, dirigenti, ufficiali e no, da Franceschini a Veltroni, da Bersani a D’Alema, da Eugenio Scalfari a Ezio Mauro, a De Benedetti, con i loro ormai logori e spuntati strumenti come Repubblica, Corriere della Sera, Stampa e Unità oltre a testate estere come El Pais, Guardian e New York Times.

Altro che scossa! E’ stata una micidiale scarica di migliaia di volt! Un vero e proprio tsunami che ha spazzato via quel che rimaneva ancora in piedi della lettera di Veronica e della sua richiesta di divorzio, della festa di compleanno di Noemi e della condanna ad orologeria dell’avvocato Mills, dei voli di Stato e delle foto ‘rubate’ a Villa la Certosa, delle feste a Palazzo Grazioli e dell’infame testimonianza della D’Addario, dei tentativi ‘a pagamento’ per avere dichiarazioni contro il Premier e dell’asfissiante campagna di Repubblica fino alla ignobile richiesta del Guardian di esclusione dell’Italia dal G8.

All’improvviso la scossa che doveva verificarsi contro Silvio Berlusconi, ha cambiato direzione ed ha sommerso sotto macerie d’ogni tipo ideatori, esecutori e tricoteuses. Mai come in questo momento si può dire che ‘il re è completamente nudo’. Lo ha dimostrato un redattore di Repubblica che, in conferenza stampa, ha teso a capovolgere, con stupefacente candore, il problema domandando a Berlusconi cosa ne ‘pensasse del fatto che non vi era stata nessuna compromissione dell’immagine dell’Italia a seguito della campagna di Repubblica dato che erano stati espressi validi riconoscimenti da parte di Capi di Stato e di Governo stranieri’.

Si fa finta di non capire che senza le capacità di Berlusconi, Repubblica avrebbe avuto partita vinta con un Premier azzoppato ed un’Italia messa all’indice. Lapidaria la risposta del Presidente: ‘Cosa ne penso? Che non avete raggiunto il risultato che volevate. Volevate rovinare l’Italia, ma avete fallito. Auguri’

Giovanni ALVARO
Reggio Calabria 11.7.2009

E adesso che fare?

I cambiamenti dell’ordine del Mondo, le mutazioni della Politica Internazionale aprono, inevitabilmente, nuovi scenari e nuove prospettive anche nel nostro Paese.
Da troppo tempo si sta vivendo in uno stato di Patologia, ove alla politica si sostituisce il culto della personalità, del velinismo e la strategia dello screditamento.
Tutto ciò provoca inevitabilmente assenza di strategia, carenza di obbiettivi, pessima gestione delle Amministrazioni a tutti i livelli e classe dirigente che occupa spazi politici perchè garantiscono un buon stipendio.
Ma, in un Mondo che cambia, con una crisi Economica che sta notevolmente mutando equilibri, con Paesi considerati normalmente sotto sviluppati che diventano dei nuovi protagonisti, in un’Europa che ha perso la propria identità mostrando mai come ora una debolezza strutturale politica ed economica, l’Italia che già è debole mostra maggiormente la propria incapacità di cogliere le mutazioni e adeguarsi all’evoluzione del Mondo.
Tutto questo ha certamente un “peccato originale”, ed è il modo in cui nel recente passato si è voluto mettere alla gogna e cancellare una classe politica, sostituendola con un’altra assolutamente impreparata.
Una volta eseguita la diagnosi è però necessario attuare una terapia.
Il fallimento dei quesiti Referendari ci consegna una situazione nella quale non è ancora maturo il Bipartitismo, così come del resto molto lo si era già evidenziato nella ultima tornata elettorale, nella quale, alle elezioni per il Parlamento Europeo, in cui si usa un sistema Proporzionale con sbarramento ed in cui si è cercato di ridurre al massimo l’intervento del cittadino, creando in alcune circoscrizioni, liste “pseudo-bloccate”, diverse erano le liste che hanno voluto evitare di essere “annesse” a contenitori maggiori.
Noi lo scorso Marzo abbiamo aderito alla costituzione del Popolo delle Libertà.
Un progetto certamente interessante e di novità che ad oggi però presenta il grande vuoto della progettualità.
L’unico elemento che ci sembra di cogliere, è quello di costituire un unico gruppo al Parlamento Europeo che si è iscritto al Partito Popolare Europeo.
Manca ad oggi un progetto concreto, evidente, che permetta a realtà diverse, che vogliono combattere il dogmatismo e l’integralismo, di condividere un percorso.
Ed in più non sono ancora chiari gli equilibri delle varie componenti all’interno del nuovo soggetto.
Quello che viceversa si rende evidente è il vuoto lasciato da un’area Laica, Socialista Liberale che non è adeguatamente rappresentata né dai cosìdetti Socialisti di Forza Italia, che hanno viceversa svenduto Storia Ideali ed hanno gravemente nuociuto allo sviluppo di una corrente di pensiero che richiamasse gli ideali del riformismo Europeo, né dai Socialisti che partecipando ad una lista con i dogmatici ex-PCI hanno cancellato ogni velleità di presenza, né tantomeno da noi che con il Nuovo PSI abbiamo scelto, spesso, troppo spesso, la via del tatticismo, del silenzio timido.
Se è vero che in un Mondo che cambia, necessariamente serve una filosofia di pensiero adeguata allo sviluppo dei tempi, è altrettanto vero che rinunciare alla propria identità culturale ed alla propria autonomia di pensiero ci indirizza in un vicolo cieco nel quale ogni percorso ideale e politico viene a mancare a scapito di nuove regole, che non essendo quelle della politica, sono per noi che viceversa ne abbiamo da sempre fatto un’abitudine di comportamento, incomprensibili e impossibili da utilizzare al meglio.
Si rende così necessario adeguare la nostra azione politica ad una scenario che certamente non è più quello della fine 800 inizi del Novecento, ma dell’epoca della tecnologia della globalizzazione dei mercati, della cultura delle abitudini di vita.
Una nuova forma di riformismo che sappia cogliere le nuove necessità, sappia interpretare il nuovo Mondo e sappia prevedere la possibile direzione che lo stesso andrà ad assumenre nel futuro.
È necessario passare dalla fase del tatticismo a quello dell’iniziativa e della proposta politica, rivendicando con grande coraggio la nostra chiara identità culturale e la nostra autonomia, rafforzando il contenitore Partito sul territorio riempiendolo di contenuti che ad oggi sono stati completamente assenti.

I dati elettorali conseguiti alle ultime elezioni non sono certamente dati confortanti.
Escluso quelli ottenuti in alcune, pochissime a dir la verità , province che ne fanno esclusivamente un fattore Localistico, quasi da lista Civica, il Nuovo PSI in molte situazioni non riesce ad ottenere nemmeno il vecchio voto di simbolo, ma si attesta notevolmente al di sotto.
Se da un lato vi è l’ipocrita considerazione che il dato di rilievo è stato che la presenza del Partito è stata evidente sul territorio, dall’altro è evidente che non vi erano motivi alcuni per i quali gli elettori dovessero votare il Nuovo PSI.
Troppo spesso siamo stati supinamente in silenzio su argomenti di fondamentale importanza, non siamo stati in grado di fornire ai dirigenti periferici indicazioni e percorsi, né siamo stati in grado di coinvolgere il Partito nelle scelte di opportunità politiche, dalla PDL alla compilazione delle liste, che avrebbero mobilitato i quadri.
Viceversa il senso è stato quello di un diffuso rompete le righe per il quale molti anche dei nostri dirigenti si sono sentiti coinvolti e interpreti di un opportunismo politico che alla fine sta comportando la conclusione di una battaglia che da quindici anni stiamo ostinatamente portando avanti.
È necessario cambiare marcia, affrontare con consapevolezza le sfide che ci si pongono davanti, superare la timidezza dell’opportunismo, costruire con le giuste ambizioni un progetto politico, che sappia, all’interno del contesto che strategicamente abbiamo identificato come naturale, quello del PDL, raccogliere tutti gli innovatori, moderati e riformisti.
Riempire uno spazio lasciato vuoto, ritornare all’utilizzo delle regole della Politica, abbandonare la logiche personalistiche di sopravvivenza, rilanciare viceversa un progetto di “fisiologia politica”, nel quale il confronto, il ragionamento, la strategia, l’intuizione e l’interpretazione del tempo moderno siano la base della moderna Politica.
Se il Partito Socialista così come eravamo abituati a considerarlo non sarà più lo stesso, allo stesso modo, non è venuto meno la necessità di un moderno soggetto Socialista Liberale.
A noi raccogliere la sfida e saper essere i Nuovi Socialisti.
L’alternativa è sparire.

LUNGA VITA A PATRIZIA D’ADDARIO, ULTIMA GOSSIPARA

Si, sembra la stessa musica, la stessa identica musica suonata ormai da molti anni e ripetuta, ultimamente, dalle colonne de ‘la Repubblica’ e sotto la guida del maestro Ezio Mauro. Stavolta, però, non mi sembra giusto chiudere subito la partita dicendo ‘dejà vu’, e affermando che essendo il solito stonato ritornello, formato da ‘spazzatura’, non potrà avere maggiore fortuna sol perché la musica la dirige il Corrierone e il suo Direttore Ferruccio De Bortoli. Se non altro perché questa puntata era stata preannunciata da Baffino D’Alema che, invitando la sinistra a tenersi pronta, annunciava possibili e probabili ‘scosse’ nel Governo.
Ora, però, leggendo l’intervista della Patrizia D’Addario (nuova pasionaria del gossip) non sembrano esserci elementi capaci di provocare ‘scosse’ nel Governo che sono sempre comunque susseguenti a quelle provocate nell’opinione pubblica che, attualmente, legge le notizie come l’ennesima vergogna messa in piedi da un’opposizione senza testa né coda, per cui sorge spontanea la domanda su cosa ci riserva il futuro, e cos’altro si sta preparando nella cucina complottarda?
Dev’essere, comunque, qualcosa di veramente grosso, vuoi perché si è scomodato ‘baffino’ con il proprio ‘allerta’, ma anche perché solo gli sciocchi possono pensare che la stessa musica può avere un successo maggiore di quello realizzato, anche, nel recente passato, e ‘baffino’ e & saranno presuntuosi, arroganti e mistificatori, ma non sono certamente degli sciocchi. Siamo comunque curiosi di conoscere il prosieguo della storia, quali e quanti nuovi capitoli verranno scritti, e qual’è, fra essi, quello che sarà in grado di determinare, nel Paese e nel Governo, ‘scosse’ più devastanti dello stesso terremoto dell’Abruzzo.
Certamente a subirne le conseguenze è comunque il Paese che, giocoforza, avrà un Governo il cui Premier sarà costretto a rallentare la propria azione per poter fronteggiare la nuova offensiva che si svilupperà in barba alla crisi economica, alle necessità e urgenze dell’Italia, alle attese dei cittadini, alle riforme che allungano il loro percorso. Ma a lor signori cosa interessa? Loro ‘debbono’ come imperativo categorico ‘ distruggere’ il nemico, massacrarlo, metterlo in condizione di ‘non nuocere’, riuscire a scalzarlo e sostituirlo, passando, per ottenere ciò anche sul cadavere della propria madre. Ma se questo è il calice da bere Silvio Berlusconi, forte di un consenso, storicamente, altissimo saprà berlo fino all’ultima goccia.
C’è, però, da augurarsi che l’ultima arrivata sul proscenio del gossip rimanga saldamente in vita, perché la sua ‘dipartita’ sarebbe veramente una ‘scossa’ terribile. Ci si immagina, infatti, cosa si scatenerebbe se la signorina Patrizia D’Addario dovesse passare a miglior vita anche per un semplice incidente d’auto? Chi verrebbe messo sul banco degli accusati? Chi sarebbero imputati dell’accaduto se non i servizi segreti, certamente deviati, ma pronti a servire il ‘criminale’ Berlusconi?
Lunga vita a Patrizia, quindi, non solo nel suo interesse, ma dell’intero Paese che ha ancora bisogno di Silvio Berlusconi, del suo carisma e della sua direzione politica.

Giovanni ALVARO
Reggio Calabria 18.6.2009

LA JIHAD DI LOIERO SULLA SANITA’ CALABRESE

Agazio Loiero, come se fosse il Presidente della Repubblica… calabrese, a reti unificate, ha tenuto per ben 36 minuti il video, all’ora di pranzo, per chiamare alle ‘armi’ il popolo calabro contro l’Italia , il cui Governo, presieduto dal feroce Saladino Silvio Berlusconi coadiuvato dal terribile Maurizio Sacconi, vuole commissariare la sanità della regione che presenta, euro in più o euro in meno, un disavanzo spaventoso di 2,166 miliardi di euro.

Ha pronunciato parole di fuoco per concludere che “Ci difenderemo. Lo faremo anche questa volta”, senza però dire come e quando intende por mano ai gravi problemi della sanità calabrese che, per dirla con la Mercegaglia , “presenta l’assurdo di un costo letto in ospedale superiore a quello del Nord, ma con servizi e assistenza abbastanza inferiori”. Anche Sacconi, che ha aperto il contenzioso con la Giunta Loiero invitandola a predisporre un vero e credibile piano di rientro dal buco finanziario accumulato, in riferimento ad ospedali con 20 posti letto disseminati in tutta la regione, ha solo detto che “ride solo per non piangere”.

Nella chiamata alle armi Loiero ha indirettamente dato credito alle critiche affermando che i cittadini calabresi scelgono per interventi anche banali, ospedali fuori regione. Lo ha fatto col vergognoso tentativo di scaricare sui camici bianchi le responsabilità di una sanità allo sbando frutto di una visione del settore piegata alla ricerca della clientela. Inaccettabile questo atteggiamento che offende capacità e professionalità di livello.

Ma il top del proclama si è raggiunto con la giustificazione per la reintroduzione dei tichets sanitari. Nessun accenno al populismo che sovrintendeva la scelta imposta da alleati riottosi, ma l’indicazione che il primato della spesa farmaceutica era da addebitare, scatenando un’ilarità infinita, ai turisti che in estate invadono la Calabria. Essi, i turisti, approfittando dell’assenza dei tichets facevano, negli anni passati, la scorta dei medicinali per l’inverno.

Assieme a queste sciocchezze il Loiero-pensiero si è distinto per la chiamata di correità con la passata Giunta Chiaravalloti che aveva lasciato un buco da 800 milioni, mentre oggi quel buco è diventato il traforo del Monte Bianco. Loiero e la sua Giunta cosa hanno fatto in quattro anni di governo? Non si può continuare a dire che si è trovata una situazione catastrofica e, quindi, la colpa è degli altri. Il primo anno questo discorso è legittimo, ma per gli anni successivi diventa una foglia di fico usata solo nascondere le vergogne di una gestione a dir poco allegra.

La verità è una sola: la politica politicante ha messo sotto ‘controllo’ un settore che va invece restituito al suo ruolo che è quello di salvaguardare la salute dei cittadini. Le scelte dei primari non possono rispondere a logiche di appartenenza, ma solo a competenza professionale e capacità dirigenziale e organizzative. I primariati non possono essere decisi per ‘sistemare’ qualcuno, ma vanno istituiti se servono alla collettività, così come gli ospedali sotto casa, se non servono a niente, ma solo a mantenere ruoli e prebende, vanno immediatamente chiusi.

Loiero e &, che hanno ‘usato’ la sanità per costruire un sistema di potere, non sono in grado d’uscire dal vicolo cieco in cui si sono messi. Il commissariamento è, quindi, più che necessario. Lo chiedono a gran voce, attraverso le proprie organizzazioni sindacali, gli stessi camici bianchi che hanno, con quest’atto, dichiarata la propria renitenza alla leva voluta dal guerriero Loiero. Ad arruolarsi, nella Jihad loierana, sono rimasti solo i consiglieri del PD e gli ‘utilizzatori’ del sistema. Si parla comunque di addetti ai lavori, non di cittadini che aspirano ad un’organizzazione sanitaria capace di curare e di non far morire.
Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 5.6.2009

MILLS, LE BOMBE AD OROLOGERIA FANNO SOLO RUMORE

Da quindici anni ormai funziona così. Le bombe usate per la lotta politica esplodono sempre in tempi preordinati, o dopo un flop magari trasformatosi in un vero e proprio boomerang, o alla vigilia di delicati appuntamenti elettorali, o addirittura in ambedue i casi. Nella fattispecie il flop dopo Noemi, e le prossime elezioni europee.

Sempre più incuranti del ridicolo e ben sapendo ch’esso non avrà concretamente alcun effetto pratico, lo schema viene riproposto e viene utilizzato. E, a conti fatti, non potrebbe essere altrimenti. L’assenza infatti di capacità aggregative, la mancanza di respiro politico, la caduta dell’appeal anche nel proprio elettorato, la ‘concorrenza irriconoscente’ del ‘trattorista’ molisano, la lotta interna per ‘gestire’ quel che resta del fu grande partito della sinistra parlamentare spinge, giocoforza, a riproporre schemi già sperimentati nella illusoria speranza che, prima o poi, possano produrre gli effetti desiderati.

Se non altro si riempiono così le loro misere cronache politiche, affidandole al gossip e ai triti e ritriti bollettini giudiziari, e si ha così l’illusione che possa essere ‘la volta buona’ per distruggere il nemico temporale quello che oggi la sinistra considera l’ostacolo alla ‘presa del potere’, e che viene individuato in Silvio Berlusconi. Ma anche su questo versante, pur sapendo che la storia si ripete solo in forma di farsa, i nemici della sinistra sono stati, di volta in volta, individuati in De Gasperi, Moro, Fanfani, Andreotti e Bettino Craxi, che poi vengono sistematicamente ‘riabilitati’ dopo la loro morte. Detto questo, però, la sentenza di Milano non può restare terreno di scorribande giustizialiste che puntano ad un uso distorto della stessa, ma deve necessariamente essere studiata per farne emergere le incongruenze che hanno spinto molti commentatori a parlare di sentenza scandalosa.

Il primo problema che emerge, in tutta la costruzione delle motivazioni, è rappresentato da fatto che non è stata provata la ‘dazione’ (brutto linguaggio dipietresco) dei 600 mila dollari all’avvocato Mills, e che, quindi, è assurda la condanna senza il ‘corpo del reato’, cioè senza la prova del misfatto che viene ricondotto al ‘convincimento’ dei giudici. Ma col convincimento si possono avviare indagini e forse decidere rinvii a giudizio, ma non si possono emettere sentenze di colpevolezza che necessitano sempre di prove certe e inoppugnabili.

Come secondo problema bisogna fare un passo indietro ricordando che l’accusa a Mills è di ‘aver detto il falso’ (per proteggere Berlusconi) in due procedimenti giudiziari (Guardia di Finanza 20.11.1997 e All Iberian 12.12.98 ), e aggiundendo che, per evitare la prescrizione il Pm De Pasquale riuscì a spostare la data del ‘reato’ al 28.2.2000, allungando il periodo di prescrizione di 1 anno e due mesi che, attualmente ha tenuto in piedi il procedimento, ma che sarà letteralmente insufficiente nel prosieguo del procedimento.

Ma allora, perché la sentenza contro Mills se è costruita su presupposti facilmente ribaltabili dai successivi gradi di giudizio? Perché questa voglia di arrivare ad una sentenza temporale destinata a sciogliersi come neve al sole? La verità, riallaciandosi a quanto detto all’inizio, è che si punta di più sull’effetto politico dell’annuncio di una condanna che sulla reale condanna degli eventuali rei. E sull’uso politico di una sentenza, anche se evanescente, l’armata Brancaleone ha una grande e collaudata esperienza.

Ma, per l’ennesima volta, va ricordato che non si costruisce un pensiero politico sui gossip e sulle sentenze di primo grado emesse tra l’altro da un giudice, la Gandus, ricusata da uno dei ‘rei’ per le simpatie a sinistra e le dichiarazioni contro il premier. Questo percorso avvantaggia, semmai, solo gli interpreti del sentimento da tricoteuses. Franceschini e & continuano a far scorrere l’acqua nel mulino di Di Pietro, mentre le bombe ad orologeria fanno solo rumore.

Giovanni ALVARO
Reggio Calabria, 20.5.2009

FARE FUTURO: MORONI, “SUI DIRITTI CIVILI, ABBANDONIAMO LE IDEOLOGIE”

(IRIS) – ROMA, 13 MAG – «Le coppie eterosessuali hanno una possibilità di scelta, possono stipulare un contratto con lo Stato, assumersi dei doveri e vedersi riconosciuti dei diritti. Non è accettabile, per me, che le coppie omosessuali non abbiano questa possibilità di scelta e siano, di fatto, escluse dall’accesso a quei diritti che lo Stato, ripeto, garantisce invece alle coppie eterosessuali. Ma non ne voglio fare una questione ideologica. Credo anzi che queste questioni vadano il più possibile de-ideologizzate». Lo sostiene Chiara Moroni, deputata del Pdl, in un’intervista dedicata a laicità, coppie di fatto e fine-vita, pubblicata oggi su Ffwebmagazine, periodico online della Fondazione Farefuturo presieduta da Gianfranco Fini. «Forse uno stimolo potrebbe venire dall’Europa. Ma al di là di questo – e ci sarebbe da chiedersi quanto l’Ue parli realmente con una voce sola anche nel settore dei diritti civili – credo che l’Italia debba “sentire” che c’è una sacca di diritti non riconosciuti a partire dai suoi cittadini, dal suo substrato sociale», prosegue Moroni. Sul testamento biologico, invece, l’auspicio è che si arrivi a «una legge migliore di quella uscita dal Senato» e che «non si segua l’esempio della legge 40, una legge che non esito a definire pessima». Per ottenere quest’obiettivo bisogna operare «rifuggendo, sostanzialmente, dalla tentazione che l’etica e la morale personale di chi siede in Parlamento diventino etica e morale pubblica: questo sarebbe lo specchio di uno Stato etico al quale, credo, nessuno di noi vuole arrivare»; bisogna, insomma, «scrivere una legge che valorizzi la libera autodeterminazione dei cittadini, che permetta alle persone di scegliere il proprio codice etico e morale. Una legge che dia la possibilità di realizzare la propria libera scelta all’interno di un quadro di regole che garantiscano tutti, senza nessuna matrice ideologica, culturale o religiosa. Una legge laica che permetta a tutti di scegliere come vivere, e anche come morire». E mentre Chiara Moroni sul riconoscimento delle coppie di fatto si dice «più ottimista, perché ci sono molti modi per regolamentare la questione, anche partendo da opinioni un po’ diverse», in tema di fine-vita ammette che l’obiettivo è «difficile perché le spinte ideologiche sono molto forti» e «legiferare su un tema così delicato, che coinvolge così intimamente tutte le coscienze è difficile e complicato. Per questo, si deve procedere con grande attenzione». La deputata del Pdl dà anche la sua definizione di laicità: «è un approccio libero, non condizionato da pressioni provenienti dal dogmatismo religioso, ma anche dal dogmatismo culturale – non dimentichiamoci che, in Italia, abbiamo una sinistra comunista e post-comunista estremamente dogmatica dal punto di vista ideologico. Un partito laico, insomma, è un partito che sa appropriarsi del ruolo della politica: esercitare una forma di mediazione fra interessi diversi e spinte opposte». E il Pdl, all’interno del Ppe, potrà «rappresentare un nuovo modello in Europa, una sintesi innovativa di culture e di tradizioni politiche diverse».

LA CORTA MEMORIA DI FRANCESCHINI SUI CLANDESTINI

“Deriva razzista”. “Scontro Italia-Onu”. “Tensione in aumento tra Onu e Governo italiano”. Sono tra i titoli più usati per ‘descrivere’ lo stato della vicenda sul respingimento (brutto termine) dei clandestini che intendono entrare nel nostro Paese. Il tutto è accompagnato, con le dichiarazioni sempre più apocalittiche di Franceschini e Livia Turco, ma anche con le prese di posizione di esponenti della Chiesa cattolica, come monsignor Marchetto; con quelle ‘personali’ del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Hammarberg; con la discesa in campo dell’Alto Commissariato per i rifugiati politici delle Nazioni Unite; e, addirittura, con l’appello del Segretario Generale dell’ONU, Ban-Ki-Moon.
Sembra un ‘dejà vu’, non tanto per la vicenda in se, quanto per gli apporti che alle vicende italiane vengono collezionati sul piano internazionale. Si ha l’impressione di una regia che ‘recluta’, i ‘pronunciamenti’ col fine di ‘isolare’ il Governo Berlusconi e metterlo in difficoltà. E’ prassi normale per la sinistra, specialista in queste operazioni, che spesso usa giornalisti amici, di testate straniere, per farsi aiutare. Ma non era mai successo che scendesse in campo il Segretario Generale della Nazioni Unite a perorare la soluzione di un problema che ha solo un risvolto di vergognosa polemica interna all’Italia.

Il primo Governo italiano che ha deciso il respingimento dei clandestini è stato il Governo Prodi che bloccò, nel 1997, nel Canale d’Otranto, l’afflusso degli albanesi, purtroppo, con un risvolto drammatico. Lo speronamento di una imbarcazione albanese si concluse con un centinaio di morti. E il tutto avvenne, allora, senza alcun rispetto per il tanto invocato, oggi, diritto d’asilo. Ma questo Franceschini non lo ricorda.

Dal 2005 al 2008 l’Unione Europea ha realizzato il respingimento di ben 150.000 migranti sia via mare che via terra e negli aeroporti. Nei mesi estivi del 2006 e poi nel 2007 (imperante Prodi) l’Italia assieme a Spagna, Malta, Francia, Belgio e Grecia, ma sotto l’egida dell’UE, ha bloccato, respinto e rimpatriato con la forza decine di migliaia di clandestini. Ma anche questo il nostro eroe Franceschini fa finta di non ricordarlo. La sua memoria è sempre più corta.

La novità odierna sta nel fatto che si è, finalmente, realizzato un accordo con la Libia che prevede l’accompagnamento dei barconi nei propri porti. Questo accordo fu sollecitato dagli organismi dell’EU perché la maggior parte dei disperati parte proprio dalle coste libiche, e Piero Fassino e Francesco Rutelli, lo hanno ricordano lealmente. Non altrettanto ha fatto lo smemorato Franceschini che pensa di frenare così lo sbriciolamento del suo partito ridotto ormai a fantasma. Per dimostrare, comunque, la falsità delle sue posizioni e l’imbroglio dei sostegni internazionali basta qualche considerazione.

E’ giusta la preoccupazione degli organismi europei e dell’ONU, al netto dell’atteggiamento antiberlusconiano, di individuare tra i clandestini (soccorsi, non lo si dimentichi, in acque internazionali) quelli che sono in fuga da regimi autoritari e spietati. Ma perché questa individuazione non la si può fare in Libia? E perché dopo l’individuazione deve farsi carico di questo problema solo l’Italia? E gli altri paesi dell’EU che fanno, stanno solo a guardare e a fare le pulci al nostro Paese? Su questo l’Italia non ci può più stare.

Raccogliere migranti in difficoltà in mare è un dovere umanitario indipendentemente dal successivo sbocco. Raccoglierli nelle acque territoriali di un Paese diventano un problema di quel paese. Ma raccoglierli in acque internazionali è un problema di tutta la comunità internazionale. Gli episodi che hanno fatto smuovere il Segretario Generale dell’ONU sono avvenuti in acque internazionali. Ecco perché le sue parole sono soltanto parole in libertà e sostanzialmente fuori luogo.
Giovanni ALVARO
Reggio Calabria, 13.5.2009

PATETICI E VOLGARI UTILIZZATORI DELLA ‘COMPAGNA VERONICA’

Se quanto sta avvenendo nei confronti di quello che fu, per trent’anni, suo marito, col gossip elevato ad arma di lotta politica, fa ‘star bene’ la signora Lario, vuol dire che è completamente andata o è, anche se inconsapevolmente, in intelligenza col nemico. Le due ipotesi, comunque, non sono in alternativa tra loro, ma possono tranquillamente coesistere. Puntare al declino di Silvio Berlusconi , padre dei suoi figli, per soddisfare il proprio orgoglio e sentirsi protagonista, con un quart’ora di
celebrità, oltre che inconcepibile dimostra la ristrettezza di vedute e di analisi di una donna che non vede aldilà del proprio io; ma farlo utilizzando, come sempre del resto, strumenti della feroce campagna contro il premier, com’è la Repubblica, dà la sgradevole sensazione di un percorso studiato a tavolino e chiaramente premeditato in ogni particolare. Non sarà così?, ma così appare.

E il PD, complotto o non complotto, si è voracemente buttato sul ghiotto boccone, inaspettatamente, messogli a disposizione. Ancora una volta emerge la pochezza del suo essere, ridotto ad inseguire, con furia, capitoli di vita privata che in un primo momento erano stati, con molto fair play, scartati con la franceschiniana frase del “fra moglie e marito…”, tanto da indurre il premier a dichiarare che, per la prima volta, era d’accordo col Dario ferroviere. Nella base invece è esploso l’amore per la signora Veronica (tradita, vilipesa e trascurata). Si illude però la signora se pensa ad un amore senza interessi. Dopo mesi di sconfitte, di declino inarrestabile, di concorrenza dipietresca tesa allo svuotamento del PD, ci si aggrappa, come i naufraghi, a quel che, illudendosi, si pensa possa essere, finalmente, la svolta, e si ‘ama’ chi, si pensa, possa determinarla.

Ciò ha indotto Marcelle Padovanì ad affermare che Veronica “era l’unica in grado di bloccare il fantastico consenso di Berlusconi colpendolo alle ginocchia”, tanto da meritarsi l’appellativo di “compagna Veronica” così come vorrebbe il “popolo della sinistra”. Ma c’è anche chi, come Mario Adinolfi (Direzione nazionale del PD), senza giri di parole, dice chiaramente di bandire l’ipocrisia e valutare il divorzio di Berlusconi per quel che è: “un’occasione per il Partito Democratico”. Su questo terreno i più scatenati sono gli ex democristiani che incuranti del ridicolo stanno trasformando, quel che molte donne ingenuamente hanno pensato di considerare un simbolo del riscatto femminile, in una occasione di rivincita politica.

A loro (Rosy Bindi, Castagnetti e Franceschini e &) non importa nulla della signora Lario, interessa solo strumentalizzarne la vicenda, ‘utilizzarla’ senza alcuna remora, farne un cavallo di battaglia capace di riempire i trenta giorni di campagna elettorale che ci stanno davanti. Poveretti, non hanno una politica, sono senza bussola, cambiano mediamente un Segretario ogni due anni, quando vincono in uno sperduto paesino dell’entroterra esultano come bimbi che hanno trovato una caramella, hanno realizzato “un amalgama mal riuscito” (D’Alema) e accolto nel letto un classico riccio (Di Pietro) che li sta letteralmente spolpando. Non c’è più partita, ma continuano ad illudere e a illudersi che il vento possa cambiare.

Hanno trovato sostegno nelle Concite di turno, mandate, magari, avanti per non segnare un’assoluta presa di distanza che poteva essere interpretata come sfiducia al Segretario, ma non l’hanno trovato nell’on. Umberto Ranieri che invitando ad astenersi da ‘sgradevoli dichiarazioni’ su ‘fatti privati’ raccomanda di ‘non coltivare l’illusione che Berlusconi lo si possa sconfiggere utilizzando storie del genere’. Storie che si trasformano sempre in veri e propri boomerang.

Giovanni ALVARO
Reggio Calabria 6.5.2009

IL DITO TRA MOGLIE E MARITO, SE SI RISCHIA IL BASTONE TRA LE RUOTE

Un vecchio detto recita che non bisogna mai mettere il dito nelle vicende che si aprono tra due coniugi. Ed è un adagio, tutto sommato, positivo. Il tirarsi fuori dallo scontro (il non mettere dito) evita lo schierarsi che, il più delle volte, aggrava la tensione tra i due ‘contendenti’ e non aiuta la riconciliazione. Esso va rispettato fin quando lo ‘scontro’ ha conseguenze solo personali. Ma non può essere così se dallo scontro ci sono ricadute che coinvolgono altri interessi.

Oggi, senza alcun dubbio, ci si trova in questa seconda ipotesi. Basta vedere con quanta ‘voracità’ ci si è buttati sul boccone, veramente inaspettato, che la sinistra di questo Paese si è trovato di fronte. L’interessarsi del problema, quindi, nasce dal fatto che il Presidente del Consiglio che, viaggia con un consenso incredibile, rischia di vedere interrotta la propria lunga luna di miele con il popolo italiano con tutto quel che ne consegue in riferimento alle scelte riformiste, al rinnovamento dell’Italia, al rafforzamento dell’appeal internazionale del Premier.

Stando così le cose, nessuna giustificazione è accettabile, dall’attacco di gelosia, alla difesa dei figli, alla sindrome di moglie trascurata. Bisogna, invece, ricordarsi la sopportazione e la lungimiranza, di altre mogli che hanno totalmente ignorato quanto è avvenuto sotto un tavolo della Sala Ovale della Casa Bianca, o le scelte di altre che, troncando ogni rapporto, hanno lasciato l’Eliseo. Ma neanche può pensarsi ad uno scivolone imprevisto e non preventivato perché non è la prima volta che il Presidente vien messo alle corde dalla propria consorte, a cui vengono assicurate le prime pagine dei giornali, non certamente perché si chiama Veronica Lario, ma perché essendo la moglie di Silvio Berlusconi può venire usata, con sapiente stimolo del suo amor proprio, come grimaldello per rompere il fortilizio del forte consenso accumulato.

Le uscite della signora Veronica, tra l’altro, sono inversamente proporzionali ai picchi sempre più alti di questo consenso. Sono lontani i tempi del pacifico ed amorevole “credo di essere stata una moglie perfetta per Silvio, per l’uomo che è. Ha potuto concentrarsi su se stesso e il suo lavoro, avendo una moglie che non gli ha fatto pesare –racconta nel libro Tendenza Veronica- la sua assenza all’interno della famiglia, non ha creato rivalità e non gli ha mai fatto la guerra”. Ma poi si sono fatte sempre più stringenti le scudisciate. Dalla prima, giustificata dal “morso della gelosia”; all’articolo pubblicato su Micromega (nemico giurato di Berlusconi) pro pacifisti; fino alle dichiarazioni pro referendum sulla fecondazione assistita.

Ma il clou delle dichiarazioni-scudisciate avviene con l’articolo su Repubblica (altro storico giornale nemico) col quale la signora Veronica chiede, al marito, pubbliche scuse per una delle tante innocenti estemporanee battute fatte dal Premier nei confronti di una bellezza femminile. Berlusconi lo fa e il caso rientra. Ma più tardi fa anche di più: suona una serenata alla moglie quando Veltroni, dopo una serie di complimenti (personalità di primo piano e grande autonomia intellettuale) la invita ad iscriversi al PD. La moglie è lusingata della serenata e anche Berlusconi apprezza molto il netto rifiuto di Veronica alla sirena Veltroni.

Oggi la storia continua. Non sappiamo se forse ci ha preso gusto, e le piace occupare la scena, ma a che le serve mettere continuamente in difficoltà il marito? Perché invece di dire ciò che pensa, non pensa prima a ciò che deve dire? Non guasterebbe riflettere, e riflettere a lungo sulle conseguenze di quanto si dice. Questi scossoni non servono a Berlusconi ed al PdL, e non servono al Governo del Paese. E solo ‘ciarpame’ che non serve ai terremotati dell’Abruzzo, ai disoccupati del Paese, e alle popolazioni che vogliono continuare sulla strada del rinnovamento e delle riforme.

Certo non si vuol mettere alcun dito tra moglie e marito, ma si vuole evitare che si possano mettere i bastoni sul percorso del Governo.

Giovanni ALVARO
Reggio Calabria 30.4.2009

CON GLI ‘ANNUNCI’ NON SI RIATTIVA IL PORTO DI SALINE

Un accorato appello, da parte della Società di acquacoltura “Orizon Group”, delle Cooperative di pesca “Stella Maris” e “ Nettuno”, e da parte dei pescatori dell’Area Grecanica, è stato di nuovo lanciato per risolvere il grave problema dell’insabbiamento del porto di Saline Joniche, in Calabria, che sta veramente mettendo in discussione un centinaio di posti di lavoro che, al contrario, potrebbero essere suscettibili di espansione.

La vicenda ha del grottesco. La Provincia dice d’aver fatto il proprio dovere scavando un varco momentaneo e permettendo l’uscita delle imbarcazioni e salvando, così, l’attività di molti operatori, ma adesso c’è necessità di un intervento più risolutivo per dare tranquillità a chi vive di pesca e permettere loro uno sviluppo delle proprie attività. Ma il problema sembra irrisolvibile. La Provincia non ha più soldi, e la Regione Calabria dorme sonni tranquilli impegnata, com’è, a tirare a campare, o ad elaborare la nuova legge elettorale.

E mentre i problemi languono, Loiero pensa di ‘tacitare’ le popolazioni interessate con ‘annunci’ di investimenti per impianti di produzione fotovoltaica, dopo un discusso protocollo d’intesa con l’API Energia , e facendo finta di dimenticare che l’investimento è sulla carta e che il finanziamento è ancora da definire. Ad applaudirlo non ci sono stati né i pescatori, né gli operatori delle Società e delle Cooperative del settore ittico, ma solo tre indomiti protagonisti: l’attuale sindaco di Montebello, Loris Nisi, l’on. Peppe Bova (nuovo guru della sinistra calabrese) e l’on. Liliana Frascà, tutte e tre impegnati, come non mai, a contrastare la costruzione della Centrale a carbone. Essi possono permetterselo perché non vivono di pesca, e possono accontentarsi degli annunci, ma i pescatori e gli operatori ittici non lo possono fare, perché hanno bisogno del porto subito e non in tempi biblici.

Ecco perché la vicenda ha del grottesco . Si rifiuta l’investimento CERTO di 1,2 miliardi di euro per costruire la Centrale, si rifiuta assieme a detto investimento la gestione del porto, certamente non in esclusiva, e la sua manutenzione da parte della Società svizzera Sei, si dice no alla messa in funzione di un pontile per il piccolo e medio cabotaggio, e no all’eventuale collegamento con le Eolie e la Sicilia.

Si rifiuta tutto questo, ma si fanno gli annunci e si imbroglia la gente parlando di inquinamento. Anche quà facendo finta di dimenticare che ogni centrale è obbligata, secondo quanto dichiarato dal Ministro Prestigiacomo, a dotarsi di un impianto di cattura delle emissioni di CO2; e facendo finta di non conoscere il grado di inquinamento del silicio, che si usa per i pannelli fotovoltaici e che è responsabile della silicosi contratta da molti nostri concittadini quando erano costretti a lavorare nelle miniere del Belgio.

Se si continua a rifiutare e a dire sempre NO, la Regione deve assumere direttamente la gestione del porto e la sua manutenzione, per non depauperare quel poco di occupazione esistente nel settore ittico. Almeno fino a quando questa classe dirigente non sgombrerà il campo.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria, 27.4.2009

IL PONTE E’ UNA SCELTA STRATEGICA IRRINUNCIABILE

Dopo il terremoto dell’Abruzzo, giocando sul dramma di quelle popolazioni, non si perde occasione per gridare ai quattro venti che mancando i soldi per la ricostruzione è necessario rinviare di qualche anno alcune opere infrastrutturali di grande peso, e fra queste, si chiede a gran voce il rinvio dello stesso Ponte sullo Stretto di Messina. Si approfitta della sciagura subìta dagli abruzzesi per tentare di bloccare un’opera strategica per lo sviluppo del Mezzogiorno.

In questa operazione si distinguono i soliti ‘sinistri’ e il trattorista molisano che dovunque si trovi, in qualunque trasmissione venga invitato, ripete in modo ossessivo e sguaiato la stessa richiesta di sospensione dell’iter realizzativo del Ponte per dedicare ogni attenzione, operativa e finanziaria, alla ricostruzione dell’Aquila e dei paesi colpiti dal sisma. Solo un misto di vergogna e pudore lo blocca nel chiedere la sospensione del Mose, della Tav e dell’Expo di Milano. O forse pensa che scontrarsi col Nord del Paese non sia per nulla salutare, mentre sembrerebbe più facile poterlo fare con il Sud? La Moratti è stata chiara, ammonendo con “il terremoto non fermi l’Expo. Non credo che la risposta sia non fare progetti che dentro di loro hanno capacità di creare ricchezza e posti di lavoro”. Vale per l’Expo, vale per il Ponte.

Bisogna, comunque, dire subito che gli interventi, massicci e urgenti, a favore dell’Abruzzo non sono per nulla in contrasto con la realizzazione di opere strategiche per l’intero Paese, anche perché non siamo, tra l’altro, un Paese così disastrato da essere messo in ginocchio per un terremoto ed essere sospinto a dover scegliere le priorità da affrontare. Se così fosse stato non saremmo la settima potenza industriale del mondo, e non avremmo potuto dire, alle nazioni amiche, che non avevamo bisogno di interventi finanziari come ha fatto il nostro premier Silvio Berlusconi.

La decisione di non sospendere l’iter del Ponte non va vista sol perché il problema finanziario è un falso problema, strumentalmente agitato dalla Casta del NO, ma deve essere letta per quello che effettivamente è: il non voler rinunciare ad una scelta strategica che può determinare una grande inversione di tendenza per l’intero Mezzogiorno. Pensare, come molti fanno, che il Ponte tutt’al più serve le due aree limitrofe di Reggio e Messina , e sarebbe una grande attrattiva turistica, il che è anche vero, sarebbe un errore. Il Ponte come rileva Zamberletti , Presidente del CdA Stretto di Messina Spa, ”è particolarmente strategico per il Sud perché, con il completamento del programma di alta velocità, il Mezzogiorno sarà collegato con il sistema ferroviario europeo rappresentando così un importante fattore di sviluppo per tutte le regioni meridionali”.

La vera novità del Ponte, rileva ancora Zamberletti, ”è che si tratta di un ponte ferroviario, e non solo stradale, che permetterà ai porti siciliani di diventare porti europei strategici con un grande vantaggio per quanto riguarda i costi di trasporto delle merci. Le merci in partenza dalla Germania e dirette verso l’Oriente, ad esempio, guadagnerebbero cinque-sei giorni di navigazione se dopo un transito in treno venissero imbarcati in Sicilia”.

Col Ponte, quindi, si darebbe l’avvio a grandi opere di infrastrutturazione a monte e a valle, e con esso avrebbe senso collegare Calabria e Sicilia all’Alta velocità rendendo veloce il corridoio Berlino-Palermo, e togliendo le regioni periferiche del Paese dal perenne isolamento in cui si trovano. Chi sbraita contro il Ponte, con argomentazioni cervellotiche (l’ombra del ponte disturberebbe il passaggio dei delfini), o con la diffusione di paure per le infiltrazioni mafiose che uno Stato forte può e deve saper controllare, o con subdoli marchingegni che, strumentalizzando il sentimento di pietà degli italiani per i lutti in Abruzzo, è un nemico vero, giurato e in malafede. E’ chiaramente un nemico del Mezzogiorno. Fra questi nemici primeggia Antonio Di Pietro.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 18.4.2009

ANNOZERO, SANTORO E L’INDIGNAZIONE POPOLARE

L’indignazione popolare per l’ultima trasmissione di ‘Annozero’ ha raggiunto stavolta livelli impensabili, più di quello raggiunto con la trasmissione contro Israele, che costrinse Lucia Annunziata ad abbandonare gli studi televisivi, inseguita dagli impropèri del ‘padrone di casa’ Michele Santoro. Quella nata dalla trasmissione sui bambini di Gaza era, comunque, un’indignazione più per addetti ai lavori e intellettuali fini, al contrario di quella odierna che ha toccato ogni strato sociale ed è stata di dimensioni impensabili.

Ha, certamente, giocato in questa diversità, la dimensione della tragedia vissuta dagli abruzzesi, l’orgoglio di far parte di un Paese che finalmente ha saputo affrontare l’emergenza senza pressapochismi, ma con velocità e capacità, la visibile vicinanza del Paese politico a quello reale, ma, perché no, ha giocato anche il clima di concordia nazionale inaugurato da una opposizione finalmente cosciente che il proprio ruolo non può essere solo e soltanto rappresentato dal muro contro muro. Per la prima volta, i politici, di ogni schieramento non hanno subìto contestazioni e non sono stati sommersi dai fischi che, normalmente, sono la valvola di sfogo degli incapaci e dei disperati senza alcuna prospettiva futura e che hanno come detonatore un Governo imbelle. Al contrario di quanto sta avvenendo in Abruzzo.

Ma se così stanno le cose, e considerando che Santoro non è uno sprovveduto, viene spontanea una domanda. Perché il guru ha voluto tirare la corda e creare una situazione di forte frizione? Cosa nasconde questa manovra? E’ possibile che esso sia alla ricerca del martirio o, che sapendo che nella programmazione, del prossimo anno, Annozero non ci sarà, tenti di uscire a testa alta, oppure che sia gestore di grandi manovre, con diversi obiettivi, come quello di finire su Sky e di liquidarsi una spalla, ormai ingombrante, qual è quella di Marco Travaglio? Tutto, comunque, circoscritto all’ambito professionale.

Credo che sul piano professionale c’è un pezzo di ogni ipotesi avanzata in questi giorni. Uscire dalla Rai con l’onore delle armi, vestire i panni del martire, approdare subito ad altri lidi. Ma non scarterei il risvolto politico che la vicenda, tutta la vicenda Santoro, riveste. Egli usa un linguaggio aggressivo, conduce una trasmissione mettendo il bavaglio alle voci contrarie o costringendole alla cautela, imperversa sapientemente con servizi piegati agli obiettivi da raggiungere, dà voce al megafono delle procure col travaglismo, e, dulcis in fundo, colora le proprie trasmissioni col secco prezzemolo vauriano. E c’è, pure, un furbetto che ha capito la musica e si è subito messo a disposizione come l’ex magistrato De Magistris.

L’operazione di questi anni ha portato il Santoro a liberarsi dalla tutela della sinistra, a cui comunque doveva rendere conto, per costruirsi una corazza autonoma. Ha raccolto di tutto, dai girotondini, ai grilli, agli estremisti, ai superstiti del sol dell’avvenire, a sindacalisti allo sbando, allo stesso Di Pietro. Il linguaggio violento e aggressivo gli è servito, e gli serve, per tenere coesa questa tribù così variegata ma detentrice di un comune denominatore: l’antiberlusconismo. Questa tribù occupa, certamente, una nicchia, se si vuole una nicchia di sopravvivenza, ma è una nicchia importante perché, pur essendo occupata da una minoranza, essa è molto rumorosa e si fa sentire.

Santoro si serve di questa tribù, e la tribù si pasce di tutte le nefandezze che gli si propinano, perché vive in un mondo irreale, fatto di odio e di razzismo. L’odio contro gli avversari considerati nemici da abbattere, e il razzismo contro gli stessi che sono considerati, comunque, esseri inferiori rispetto a loro che sono superiori politicamente, culturalmente e moralmente. Santoro, anche per questo è un pericolo per la convivenza democratica di questo Paese, e prima lascia la Rai e meglio è.

Giovanni ALVARO
Reggio Calabria 14.4.2009

FOTOVOLTAICO, UN COLOSSALE… BLUFF DI LOIERO

Si, è così. Si può, tranquillamente, dire, dopo i recenti ‘annunci’ di investimenti fotovoltaici a Saline Joniche, che la montagna ha partorito… un colossale bluff. Senza alcun pudore Loiero, Governatore dell Calabria, ha presentato, con grande battage pubblicitario, la firma di un protocollo d’intesa con l’API Energia, facendolo passare per un accordo finalizzato SOLO agli investimenti per Saline Joniche. Senza alcun pudore si sono, successivamente, sperticati nelle lodi, guarda caso, l’on. Bova, l’on. Liliana Frascà e il sindaco di Montebello Jonico Loris Nisi.

Il primo problema al quale bisogna rispondere è quello dell’assenza, alla ‘storica firma’ di Roma, dell’Amministratore delegato dell’API Energia, Brachetti Peretti. Perché era assente? Pur non conoscendone i motivi va, comunque, rilevato che assumono consistenza le voci che circolano su una ‘ritrosia’ dell’Api a sottoscrivere l’accordo che invece è stato sollecitato, preteso e ‘imposto’ dal signor Governatore
che aveva ed ha l’urgenza di tacitare una comunità che comincia a percepire che gli ‘annunci’ altro non erano che semplici specchietti per le allodole.

Ma andiamo per ordine. Leggendo con attenzione i flash d’agenzia, si capì subito che non si trattava di un insediamento da localizzare solo a Saline, ma di diverse promesse (impianto per la produzione del silicio cristallino; filiera fotovoltaica per la produzione di fette, celle e moduli; filiera eolica per produzione componenti di turbine e relativo assemblaggio; impianto fotovoltaico diviso in varie zone e di una turbina eolica) da localizzare principalmente a Lametia (area ex Sir), Crotone (zona industriale) e Saline Joniche (area ex Officine Grandi Riparazioni della Ferrovie dello Stato).

Quindi l’occupazione sventolata è una vera chimera, lanciata irresponsabilmente dal Loiero. Ammesso che tutto verrà realizzato, esso sarà distribuito nell’insieme del territorio calabrese. Ma dal dire al fare c’è di mezzo il finanziamento . La parte pubblica del quale a quanto ammonta? Quando sarà decisa? Ci sono tutte le condizioni tecniche per poterlo fare? E ancora: che mercato ci sarà, per il tipo di produzione ipotizzato, tra cinque o sei anni quando potrebbero entrare in funzione gli impianti promessi? E in attesa di risposte l’area non sarà né industriale, né turistica, ma sede di arrugginite ferraglie elevate a ricordo nazionale degli sperperi effettuati nel Mezzogiorno, e chissà per quante decine di anni ancora.

I cittadini dell’ Area grecanica sono stati, quindi, serviti. Il ringraziamento lo devono a Loiero e a tutti quelli che, improvvisandosi scienziati, tecnici e ingegneri, hanno seminato tra la gente paure ed allarmismi. Oggi ci si trova con un pugno di mosche, perché l’impianto ipotizzato nell’ex Ogr, sarà, né più né meno che una cattedrale, anzi una chiesetta, nel deserto . Al contrario del polo energetico, che può essere rappresentato dalla Centrale a carbone, dall’impianto di produzione di pannelli fotovoltaici e da un Centro di ricerca per le energie alternative, detta ‘chiesetta’ non modifica di una virgola lo status della zona e la vergogna di un porto insabbiato e inutilizzato.

La strada del confronto sereno e civile, come avevamo proposto, tra Regione, Enti locali interessati, Api e Sei, è stata fatta cadere nel vuoto, ma rimanendo la più valida, essa va ripresa e rilanciata perché se da una parte non c’è contrapposizione tra i diversi investimenti ipotizzati, dall’altra non si possono ignorare le recenti indicazioni che vengono da importanti Istituti di Ricerca come Nomisma (fondata nel 1981 da Prodi) che sollecitano il Governo a reinvestire sul carbone, riequilibrando le fonti energetiche e utilizzando, immediatamente, i siti di Porto Tolle (Rovigo-Veneto), Montalto di Castro (Viterbo-Lazio) e Rossano (Cosenza-Calabria). Non ne sapeva nulla il nostro caro Governatore che sempre più sembra un vero prestidigitatore?

Sbaglia, comunque, il signor Loiero, se pensa che la partita sia chiusa. La palla a questo punto passa ai cittadini, agli amministratori dell’area e a tutte le forze della maggioranza che non possono stare alla finestra a guardare mentre un imbelle Governo regionale determina l’ennesima ‘porcata’ ai danni delle nostre popolazioni.
Giovanni ALVARO

Reggio Calabria, 9.4.2009

IL TERREMOTO DELL’ABRUZZO, E L’’EPPUR SI MUOVE’

Ha fatto, certamente, impressione l’intervista fatta da Bruno Vespa a Giampaolo Giuliani, la sua tranquillità nel rispondere alle domande, e ancor di più l’intervista pubblicata da Il Giornale con la quale l’interessato illustra il metodo di indagine usato che è basato sulla misurazione della presenza del gas randon che, se rilevato in misura considerevole, anticipa di almeno sei ore il verificarsi di un terremoto violento.

Hanno fatto anche impressione i giudizi sferzanti che accademici, esperti, scienziati vari hanno rilasciato contro Giuliani fino, addirittura, ad arrivare a precisare che il ‘Giuliani non è un collaboratore LAUREATO ed è adibito ad altro progetto’. Sapere poi che lo stesso è stato denunciato per procurato allarme mi ha fatto pensare che passano i secoli ma non cambiano i sistemi di difesa delle ‘certezze’ acquisite che vengono difese senza alcuna remora. Non voglio esagerare ma mi è venuto in mente il ‘eppur si muove’ di Galileo e la difesa delle verità acquisite che la Chiesa allora fece.

Oggi, liquidando il metodo sperimentale, e ignorando ipotesi di lavoro, da scartare se vengono da NON laureati, la nuova Chiesa dei moderni scienziati, fa la stessa cosa: difende se stessa, i propri ruoli, i propri privilegi, magari guardando e sperando in uno sbocco politico. Certo non penso che lo faccia in malafede, ma è la logica conseguenza dello stare su un piedistallo a crogiolarsi del proprio ruolo, dei riconoscimenti e delle prebende. Il problema di oggi, rispetto ai tempi di Galileo, è che, in materia di terremoti, non si può ignorare un vero e proprio grido d’allarme, perché le conseguenze possono essere spaventose.

Sollecitati da Bruno Vespa due esperti laureati, in diretta tv, hanno, si, accettato di studiare i dati raccolti dal non laureato, ma hanno teso a lanciare l’ultimo strale avvelenato dicendo che se si ‘prevede’ continuamente che ci sarà il terremoto prima o poi ci si azzecca. Come dire, ci costringi a verificare quanto prodotto da Giuliani ma fin d’ora ti diciamo ch’egli è solo un ciarlatano senza respiro scientifico perché ‘non è laureato’, e comunque che ci mandi il suo lavoro, lo verificheremo. No, signori, state continuando a sbagliare tutto. Con umiltà dovete correggere il vostro sistema di valutazione ed abbandonare l’idea che ‘non si possono prevedere i terremoti’. Fin’oggi è così, ma la ricerca a che serve?

C’è un signore, anche se non laureato, ch’è patito della ricerca sui terremoti, che ha inventato una macchinetta, ‘precursore sismico’, per misurare il randon, gas che si sprigiona per la compressione tra le zolle sotterranee, e ha usato un sismografo per studiare gli sciami sismici. Questo ‘ciarlatano’ sostiene che bisognerebbe avere diverse postazioni per triangolare i rilievi e individuare con precisione dove si scatenerà il terremoto. A me, uomo della strada, e abitante in una zona altamente sismica qual è Reggio Calabria, sembra ce ne sia abbastanza non solo per verificare i dati raccolti ma soprattutto per avviare un progetto di approfondimento, applicazione, studio ed ulteriori ricerche. Questa del gas poi dimostrerebbe il perché i cani ‘sentono’ l’approssimarsi del terremoto. E’ notorio, infatti, la loro forte capacità olfattiva ch’è ben superiore a quella dell’uomo.

Risolvere il problema della ‘previsione’, anche se di poche ore, può ridurre quasi a zero il problema dei morti da terremoto. E’ chiaro che vanno approntati efficienti piani di immediata evacuazione dalle zone interessate. La ‘previsione’ non risolverà certamente i problemi dei danni materiali come la distruzione di fabbricati, strade, linee ferrate, linee elettriche, patrimonio artistico e storico. Quelli dipendono dall’uomo, da come costruisce, da come aggira le leggi, da come difende il proprio patrimonio. Il terremoto non uccide si è detto, ma è l’uomo che lo fa con le sue avventatezze. Giappone e California insegnano.

Giovanni ALVARO
Reggio Calabria, lì 8.4.2009

PdL, L’EVOLUZIONE NECESSARIA DAL ‘CONTRO’ AL ‘PER’

Non c’è alcun dubbio che la falsa rivoluzione di ‘mani pulite’, liquidando gli stati maggiori dei partiti che avevano governato l’Italia dal dopoguerra agli anni novanta, aveva lasciato disorientata, smarrita e spaventata la maggioranza del popolo italiano. La paura della ’gioiosa macchina da guerra’, messa in piedi da Achille Occhetto, e pronta a cogliere, in modo indiscutibile, quel potere inseguito per oltre quarant’anni, stava giocando un brutto scherzo al popolo moderato, per la propria incontrollata dispersione.

L’avanzata, come carri armati, della supponenza, dell’arroganza e della presunzione degli ex (?) stava rischiando di diventare elemento di rottura degli equilibri democratici del Paese, perché aveva diffuso a iosa la paura dell’intolleranza prima, e della fine della democrazia subito dopo. L’affacciarsi sulla scena politica di un neofita, dopo il rifiuto di raccogliere il testimone da parte di alcuni superstiti dirigenti democristiani, ha offerto un rifugio a quanti non volevano sottostare a regimi autoritari che sono sempre lo sbocco obbligato di intolleranti e supponenti.

Forza Italia, messa in piedi in pochi mesi da Silvio Berlusconi, fu vista subito come l’ancora di salvezza a cui aggrapparsi. E ad essa ci si è aggrappati facendo naufragare le speranze degli eredi di Stalin. Il blocco della macchina da guerra è stato realizzato su un chiaro terreno di opposizione. Forza Italia è nata per dire no ai comunisti, no al ‘golpe giudiziario’, no alla ghigliottina senza processo, no alla deriva autoritaria. Lo schierarsi in modo chiaro e netto contro tutto ciò ha fatto realizzare, insperabilmente, il primo grande successo, ma l’alleanza era ancora abbastanza indistinta e confusa.

Ma i successi costruiti sul terreno del ‘contro’ non hanno lunga vita. Per averla c’è bisogno soprattutto della politica del ‘per’ come quella fatta in tutti questi anni. Non si spiegherebbero altrimenti i successi che sono seguiti e il gradimento dell’attività governativa che continua ad incrementarsi ancora oggi a 10 mesi di distanza dall’insediamento del Governo Berlusconi, e a 15 anni dalla sua ‘discesa in campo’. Si è fatta una politica ‘per’ con un programma chiaro, con obiettivi condivisi e con realizzazioni ‘frenate’ solo dagli ostruzionismi dell’opposizione e da un Parlamento stretto da lacci e laccioli di regolamenti obsoleti. L’abbaiare alla luna, sport preferito dal PD, sia quand’era diretto da Veltroni che oggi quand’è diretto da Franceschini, lascia il tempo che trova, non modifica l’orientamento della gente, e fa inanellare sconfitte su sconfitte.

Non c’è stata e non c’è proposta, iniziativa, decreto o orientamento del Governo che non sia sottoposto al fuoco di fila degli oppositori. Che questo lo faccia Di Pietro è comprensibile mancandogli un retroterra politico, ma che lo faccia un partito, il PD, che ha esperienza e storia è semplicemente incomprensibile. In dieci mesi si sono minacciati scioperi, manifestazioni, referendum popolari e sfracelli più o meno risolutivi sulle proposte, in larga parte trasformate in leggi o rese operative, come quelle sull’Alitalia, sulla scuola, sulla giustizia, sui fannulloni, sul federalismo, sulle social card, sui bonus famiglie, sugli ammortizzatori sociali, sulle grandi opere, sul sostegno alle imprese, sull’energia, sulla sicurezza, sugli immigrati, sul testamento biologico, e, da ultimo, sul Piano Case.

E’ sui fatti concreti che si conquista in modo duraturo l’apprezzamento dei cittadini e il loro sostegno. E’ sui fatti concreti che continuerà ad operare il nuovo strumento dei moderati riformisti, il PdL che con la propria nascita garantisce un percorso col quale si intende modernizzare in profondità l’intero Paese. E questo con o senza l’apporto dell’opposizione.

Giovanni ALVARO
Reggio Calabria, 3.4.2009