Berlusconi e Veltroni si rivolgano agli elettori

La crisi che investe la politica e le istituzioni nel nostro Paese è più profonda di quello che appare. Chi ha la responsabilità di governo o di guida delle maggiori forze politiche sta cercando in questi ultimi mesi di proporre qualcosa di nuovo. Un nuovo più estetico che reale.
Le prime mosse sembrano confuse e dettate più da azioni difensive e di autodifesa che da lucida visione delle cose. Prodi, con indubbia capacità tattica , sostiene la sua fragilissima maggioranza con l’esperienza del vecchio democristiano che galleggia tra le grandi difficoltà senza risolvere alcun problema, sicuro di rimanere l’unica alternativa a se stesso. Veltroni punta alla vocazione maggioritaria del suo PD ed è costretto a prendere il largo dal recinto del vecchio centrosinistra per tentare- almeno sulle regole e la legge elettorale- un accordo con l’opposizione ed in particolare con il partito più forte e con i medesimi interessi. Anche questa mossa appare nel breve difensiva e tesa a rafforzare una personale leadership. Infine Berlusconi, fallito, non per sua colpa, il progetto della cdl ed il tentativo di spallata al governo è stato costretto a rovesciare il tavolo dei vecchi rapporti con gli alleati e a tentare di sfondare, da solo, il muro delle percentuali che consentono se non la autosufficienza almeno qualcosa che le assomigli. Tutto il resto della politica gira e rigira attorno a queste novità con molti mugugni e mal di pancia.
Una prima alleanza dei tre protagonisti si è naturalmente saldata nell’impedire la nascita di un nuovo polo, cosa bianca o altro, che possa mettere in discussione il vantaggio tattico conquistato. Ma il paese e l’opinione pubblica sembrano non credere alle risposte della politica. Il sentimento di protesta e di antipolitica sale pericolosamente. Il cittadino chiede di essere governato e questo non avviene. Si perde competitività e gli ultimi dati eurostat ci danno in netto regresso superati anche dalla Spagna sui dati nella ricchezza pro capite. L’antipolitica è sempre più fuori del palazzo e ne minaccia la stabilità cosi come avvenne nella stagione prima di tangentopoli.
La cosiddetta seconda repubblica non è riuscita a realizzare le riforme istituzionali indispensabili per ammodernare lo Stato. Su questi temi i socialisti sono arrivati prima di tutti. Basta riprendere le relazioni ed i documenti congressuali dal 1978 in poi per leggere tutto quello che si sarebbe dovuto fare per rendere il nostro paese competitivo al passo con le sfide della globalizzazione. Le forze politiche di oggi riusciranno nell’impresa ? Come ho ricordato prima, le mosse iniziali sono più dettate da legittima difesa che da reale approfondimento. Non vi è dubbio che i protagonisti della seconda repubblica hanno un’evidente difficoltà a ritornare sui propri passi dopo che, per più di un decennio, hanno magnificato il neo bipolarismo all’italiana. Se si riparla insistentemente di proporzionale e di allentamento dei vincoli di coalizione non è un caso. Ciò è dovuto al fallimento del concetto di alleanze che né è determinato.
Il punto debole della discussione di questi giorni è che si vogliono superare i nodi politici con strumenti elettorali. Il referendum non è una soluzione, ma non lo sono neppure le proposte presentate in Parlamento sulla modifica della legge elettorale. Il problema è che non si può anteporre questa- la legge elettorale – alla decisione strategica su quale modello istituzionale si vuole dare al Paese. In poche parole la legge in vigore in Germania è funzionale al sistema parlamentare e federale presente in quel paese; cosi come in Francia il modello elettorale è vestito sul sistema semi presidenziale. In Italia invece si parte dalla coda.
Il sospetto che si sia scelta questa strada solo per convenienze di parte è assolutamente legittimo. Ecco perché di fronte ad una sfida cosi alta come quella di fare finalmente una Grande Riforma la scelta non potrà essere quella di sommare debolezze: l’incerto governo Prodi, una maggioranza parlamentare inesistente, un parlamento frammentato e un quadro economico e sociale in declino. Solo un nuovo Parlamento che sia, questo si, legittimato da un mandato popolare su limitate ma essenziali priorità economiche ed istituzionali può essere in grado di garantire la svolta.
Le forze politiche invece di perdere tempo su inutili tecnicismi propongano subito ed insieme al paese e agli elettori- chiunque esca vincitore dalla battaglia elettorale- alcuni temi condivisi sulle regole e sul funzionamento dello stato che saranno affrontati ed approvati con il più ampio consenso all’inizio della nuova legislatura . Non dentro il palazzo ma dai cittadini va cercata la legittimità per governare il cambiamento. Noi del Nuovo Psi sappiamo da che parte stare e quali alleanze condividere ma gli interessi del paese impongono un salto di qualità

Stefano Caldoro

LA COSTITUENTE NON SIA L’ ULTIMA A SPEGNERE LA LUCE A PRODI

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO 

A memoria d’uomo, non c’è ricordo di una caos più caotico di quanto oggi ci offre il governodella cosa pubblica in Italia.Una delle componenti importanti dell’arte della politica è quella di saper prevedere, equindi anticipare, gli eventi.Al momento non c’è nessuno in grado di indovinare quello che accadrà domani.L’incertezza regna sovrana su una landa nebbiosa. La sensazione è di essere passeggeridi una nave senza guida dove i comandanti sembrano vivere fuori dal mondo reale.Questo sarebbe il risultato della cosiddetta Seconda Repubblica? Complimenti!Si è pensato che bastasse mettere imprenditori capaci, progenie predestinate, professionistiaffermati per ottenere, in politica, gli stessi successi. Forse non si è ancora capito ildisastro provocato. Non si è ancora presa coscienza della caduta generale di professionalitàe di moralità in chi ci governa. Al confronto i “pregiudicati” della Prima Repubblicapotrebbero benissimo iscriversi alla confraternita delle vergini educande.Il degrado della politica registra il suo record storico probabilmente dall’Unificazione dellanostra penisola. I poteri forti, quelli occulti, gestiti da logiche padronali o speculative, purimponendosi, non sono riusciti ad essere credibili, popolari ed efficienti. Un esempio pertutti è proprio Silvio Berlusconi. Lui rappresentava, nel lontanissimo 1994, la novità. Era ilsimbolo del successo imprenditoriale prestato alla politica. Un messia pragmatico, inviatodall’etere per salvare l’Italia dal neo comunismo e dal decadimento.Non c’è dubbio che il gruppo Mediaset abbia,, in questi anni, aumentato notevolmente ilproprio fatturato e potere come mi pare però altrettanto evidente che il sistema politicoItalia non sia cresciuto né di ruolo e né di credibilità.L’ennesimo errore del Cavaliere, così amato, anche a ragione, dall’elettorato socialista, lotroviamo nella nuova annunciazione del Partito Popolare. Strategia in chiaro contrasto erottura con i tradizionali alleati politici del Centro Destra. Dove porterà questa nuova visione?Impossibile dirlo. Una cosa però possiamo determinarla. Tutto non sarà più comeprima. Qualsiasi sarà la scelta sulla riforma elettorale essa dovrà fare i conti con una terzaarea politica nata proprio su iniziativa di Berlusconi.Il suo desiderio di trasformare il bipolarismo in bipartitismo sta provocando l’esatto contrario.Nel Partito Popolare non ci sarà Casini anzi lo considera un attacco direttoall’UDC. E’ molto probabile, per ora, che non si accomoderà nemmeno Fini. Manco Bossinon sembra un fans di questo nuovo corso.Quello che non aggrega divide e quel che si divide è destinato a ritrovarsi alleato se nonaltro per salvarsi la pelle. Ecco quindi le condizioni ideali per il formarsi di una terza forza.Il moto tellurico berlusconiano stimola altresì la disgregazione del blocco innaturaledell’Unione.Dini, Di Pietro, Mastella ora vedono, tra Prodi e Berlusconi, una possibile nuova alternativa.Un parte della Margherita, non convinta dal Partito Democratico, sembra pronta peruna nuova via.Se, come ipotesi possibile, nella prossima primavera ci saranno elezioni anticipate conquesto stesso sistema elettorale non credo che vedremo la riproposizione dei soliti duenoti blocchi politici. Vedrà la luce, tra il bue e l’asinello, un terzo polo quanto mai interessantee possibile protagonista della politica italiana.I socialisti italiani. I NUOVI socialisti italiani, una riflessione in più devono perciò farsela.Capisco che ancora persistono legami e accordi con questo governo, ma non vorrei chefossimo gli ultimi a spegnere la luce in un’aula ormai vuota.Guardarsi in giro per costruire, promuovere o semplicemente cogliere l’occasione propiziaa me sembra molto più utile che starsene fermi e zitti.La nostra esperienza ci assiste e, se anche ci dice che non sarà facile né indolore, cisuggerisce però di giocare con audacia il tutto per tutto.Nel rischio, abbiamo un’imprevista fortuna, un asso nascosto, un vantaggio in più: non

abbiamo cioè nulla da perdere!

Sergio Verrecchia

L’IRA E’ SEMPRE CATTIVA CONSIGLIERA…

Il Nuovo PSI, per la sua consistenza, anche se non è in grado di poter determinare le scelte che dovranno regolare la vita politica del Paese, non rinuncia a dire la sua nel dibattito che attualmente registra una situazione abbastanza fluida in tutte e due gli schieramenti. Quello conservatore che fa capo, tanto per intenderci, al signor Prodi ed alla sua armata, e quello riformista che ha in Berlusconi il suo leader.

L’invito a calmarsi sembra non aver avuto finora ascolto anche se, è presumibile, che siano in attività, senza proiezioni esterne ma sotto traccia, le diplomazie di tutti i partiti. Se ciò è vero bisogna, però, evitare di dar l’impressione che la mano destra non sappia ciò che sta facendo la sinistra, anche perché si complicherebbe terribilmente l’attività di ricucitura e riaggregazione delle forze che hanno un comune sentire rispetto ai problemi del Paese.

Detto ciò vanno comunque sottolineati due aspetti delle polemiche che la dicono lunga sul livello di due delle tre famose punte (come platealmente si è preteso di definirle alle elezioni politiche, ignorando la quarta punta rappresentata dalla Lega, e la quinta che sono tutti i partiti minori) che si stanno rivelando abbastanza spuntate.

Che significa l’affermazione di Casini: “io sto lavorando al centro per costruire un contenitore per i moderati che non vogliono populismo” ? Ma veramente è convinto che agli italiani interessi di più un contenitore di centro, e di meno le politiche che esso deve esprimere? L’obiettivo delle forze politiche è quello del buon governare affrontando e risolvendo i problemi del Paese, della sua economia, del Mezzogiorno e dello sviluppo nel suo complesso. Se Casini è convinto che i 5 anni di governo della CdL siano stati un fallimento, e le 36 riforme realizzate siano state solo acqua calda, ha ragione d’allontanarsi vagheggiando improbabili ricostruzioni centriste. Se non è così bisogna smetterla di fare karakiri perché le responsabilità dell’eventuale cattivo governare non possono essere addebitate solo a Berlusconi, in quanto le responsabilità sarebbero collettive.

Ma anche Fini, nella foga della polemica, effettua uno scivolone incredibile quando, dopo aver sostenuto che d’ora in poi terrà le mani libere, vi aggiunge, velenosamente, sopratutto sui problemi della giustizia e delle televisioni. Di che si tratta? Di una confessione su provvedimenti votati ma non condivisi, o di una minaccia contro il Cavaliere? Nell’un caso e nell’altro si tratta di un incespicare maldestro: se è una ‘confessione’ essa dimostrerebbe l’inconsistenza governativa di un Fini piegato a votare cose non condivise; se si tratta di una ‘minaccia’ siamo anche quà all’assurdo perché ci si farebbe guidare nelle prossime decisioni legislative dal risentimento. L’ira, bisogna ricordarlo, è sempre cattiva consigliera.
Sarebbe auspicabile che si parlasse di meno, lasciando campo libero alle rispettive diplomazie. Recuperare un rapporto è certamente difficile, ma non impossibile anche perché non ci sono alternative, se non quella di consegnare il Paese, e non si sa per quanto tempo, a chi veramente non ha saputo governare scegliendo la strada delle tasse e del disfacimento di tutto quello che era stato faticosamente messo in piedi dalle forze riformiste e moderate. Sul proscenio, questa volta, non ci sarebbe Prodi, ma sicuramente un uomo ‘forte’.

Se non esiste folgorazione improvvisa sulla via di Damasco, è urgente abbandonare i disegni velleitari e individuali che nulla hanno a che fare con gli obiettivi politici che l’Italia ci chiede, e lavorare per trasformare le difficoltà di oggi in un nuovo grande impegno politico. I socialisti del Nuovo PSI saranno su questo versante, la rete che si ipotizza è il terreno di incontro.

Giovanni ALVARO
Direzione Nazionale Nuovo PSI
Reggio Calabria 30.11.2007

PREPOTENZA, PREVARICAZIONE E ABUSO DI POTERE

 

                        Il Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, on. Peppe Bova, espertissimo in proclami ed annunci, razzola veramente male nel cortile della politica, e pensa che avere qualche giornale amico può bastargli per continuare a fare e disfare all’interno del Consiglio che lui presiede.

                        Messo alle strette, da una campagna del Corriere della Sera che ha messo il dito nella piaga dei minigruppi, ha dovuto salvare il salvabile ed avviare una riforma delle Strutture speciali, previste nel Consiglio Regionale, e composte da uno staff formato da un Segretario Particolare, un Responsabile Amministrativo, due dipendenti pagati con la qualifica di funzionari, due dipendenti pagati con la qualifica di impiegati di concetto, e un autista, oltre alla sede fornita di telefono, fax, internet, il tutto per una cifra annua di circa 400.000,00 (quattrocentomila/00) euro, ovviamente comprensivi di stipendi, assicurazioni e mantenimento della sede.

                        La legge partorita si è limitata a regolamentare l’esistente, a far finta di cambiare pagina, rimodellando gli appannaggi spettanti ai gruppi, alle Commissioni, all’Ufficio di Presidenza. Il risultato finale vede 5 membri dell’Ufficio di Presidenza, 14 Gruppi consiliari, 6 Commissioni permanenti, 6 Commissioni speciali (alcune veramente speciali come quelle per la fattibilità e qualità delle leggi, o quella tripartita, o ancora quella di vigilanza). Si tratta di ben 31 ‘Uffici’ che hanno diritto alle Strutture speciali. E chi non ne ha diritto gli si riserva una ministruttura. Aboliti i minigruppi si sono inventate le ministrutture.

                        Bova però si presenta come l’alfiere della riduzione delle spese della politica, e da buon comunista lancia proclami a destra e manca, dicendo che vanno ridotte le presenze nelle Commissioni. Ma riducendo i consiglieri nelle Commissioni il risparmio è pressoché nullo, mentre  Bova assurge a moralizzatore con il proprio semplice annuncio. Se veramente si vuole realizzare il risparmio del costo della politica vanno ridotte le Commissioni (alcune delle quali semplicemente inutili ma messe in piedi per dotare i Presidenti delle previste strutture speciali), e va realizzato l’accorpamento dei gruppi deciso, in pompa magna, dal nuovo Segretario Regionale del PD.

                        Ma a sbugiardare ulteriormente l’attuale Presidente del Consiglio, vi è la vicenda del Gruppo del Nuovo PSI che vale la pena ricordare. Alla nascita detto gruppo era composto da 3 unità, ma si è ridotto quasi subito per l’abbandono dell’on. Stancato. I due sopravvissuti (Racco e Chieffallo) hanno nominato Racco capogruppo ed hanno ottenuto la struttura speciale in forza di una clausola dello Statuto regionale che prevede che a formare un gruppo si può essere anche meno di tre componenti a condizione d’essere espressione di un partito nazionale o di lista che alle elezioni abbia superato il 5% dei voti.

                        Nel caso specifico sussisteva questa seconda clausola almeno fino a ottobre 2005, quando Racco e Chieffallo hanno abbandonato il Partito (Nuovo PSI) per costituire un nuovo partito (I Socialisti). Ma anche dopo questo cambio di casacca il Presidente Bova ha mantenuto la struttura speciale all’on. Racco con un consistente sperpero di danaro pubblico (sulla vicenda è stata interessata la Corte dei Conti).  La scelta di Bova, comunque, non sembri incomprensibile: essa tiene conto del passaggio, di Racco e Chieffallo, a sinistra.

                        La decadenza da Consigliere di Leopoldo Chieffallo e la surroga con l’on. Galati  ha riaperto, dopo la scelta di aderire al Nuovo PSI nelle cui liste è stato eletto, la questione. Neanche dopo questa decisione di Galati, Bova ha sentito ragione dimostrando la sua vera indole caratterizzata da prepotenza,  prevaricazione e abuso di potere. Non si tratta solo di casta,  pervasa da vera onnipotenza, ma anche di gente che pensa e agogna al regime.

                        A nulla serve nascondersi dietro il dito e far rigettare la richiesta di normalizzazione dei ruoli ad un Dirigente regionale che si assume anch’egli la responsabilità di quanto deciso: La motivazione poi, espressa da cinque, diconsi cinque,  Consulenti giuridici del Presidente (a proposito: quanto ci costano?) è di quelle da far sbellicare dalle risate.

                        Si sentenzia, infatti, che il gruppo è costituito e non può ricostituirsi. Racco è come il Papa è stato eletto vita natural durante e potrà cessare nel ruolo solo dopo la sua dipartita. Ci si dimentica, però, che è stato eletto Presidente da Racco e Chieffallo e che con l’ingresso di Galati, come minimo, la partita è riaperta. Va rieletto il nuovo Presidente. Ci si trova, comunque, in una situazione paradossale, che solo in Calabria e con la Presidenza Bova poteva verificarsi: UN GRUPPO BIPOLARE.

 

                        Il Gruppo del Nuovo PSI ha, infatti, un Presidente che aderisce  ad altro Partito (nella fattispecie il PD) ed è collocato a sinistra,  e un componente che è collocato nella CdL proprio dove gli elettori lo hanno eletto. Ne consegue che un conto sono i proclami e lo sbandieramento sul ruolo di moralizzatore e ferreo censore dello sperpero, e un conto è l’attività pratica che deve tenere conto delle collocazioni politiche. Tra l’altro nelle recenti primarie Racco e tutta la sua struttura sono stati o candidati o sostenitori della lista di Bova intitolata, ma guarda l’ironia, A TESTA ALTA per la CALABRIA, o forse si voleva dire A TESTA ALTA per i PROPRI INTERESSI, perché non abbiamo paura di nessuno?           

   

                                                                                                       Adolfo COLLICE

                                                                                      Vice Segretario Nazionale Nuovo PSI

Cosenza, 19.11.2007

SOLIDARIETA’ AL SINDACO DI REGGIO CALABRIA

 

                        Ha ragione Berlusconi quando dice che c’è aria di campagna elettorale. Anche se si resiste accanitamente per far passare la finanziaria ed evitare le elezioni anticipate, ogni occasione è buona per mantenersi in allenamento e predisporsi per l’eventuale chiamata alle urne. Così è in tutt’Italia, e così è anche a Reggio Calabria.

                        Anche se l’invio di un avviso di garanzia è a garanzia dell’imputato, esso viene presentato e usato per criminalizzare il Sindaco della città, e tentare di indebolirne la leadership. E la solita orchestrina che la cosiddetta sinistra mette in moto per spostare l’acqua al proprio mulino. Pur non volendo imitare un noto ex Presidente della Repubblica, diciamo subito: non ci stiamo. Il Nuovo PSI non solo non ci sta, ma esprime a Peppe Scopelliti, e agli altri ‘avvisati’, la propria netta, chiara e convinta solidarietà.

                        Le assunzioni dei 110 vigili, usando uno strumento previsto dalla legge, ha permesso di dotare la città della presenza di una polizia municipale, forte di strumenti e numeri, che oltre ad essere adibita alla gestione di un traffico che diventa ogni giorno problematico, offre psicologicamente alla cittadinanza sicurezza e fiducia. E questo è tanto più importante in momenti difficili come quelli che il Paese sta attraversando.

                        I gruppuscoli del centrosinistra dovrebbero abbandonare il doppiopesismo, di togliattiana memoria, tra quanto realizzato da loro che viene presentato come perfetto, e quello realizzato dalla CdL che solo per detta matrice è chiaramente negativo.

                        Il signor Sindaco sappia, anche se  non ne ha bisogno, che (pur essendo noi in posizione critica nei suoi confronti) gli siamo sinceramente e politicamente vicini. Deve solo non curarsi di lor, ma continuare la propria azione di rinascita e ricostruzione del tessuto civile e democratico della nostra amata città. Su questo, i suoi e nostri concittadini saranno chiamati ad esprimersi.

                                                                                                       Giovanni ALVARO

                                                                                              Direzione Nazionale Nuovo PSI

Reggio Calabria, 11.11.2007

Tratto dal forum della costituente Socialista

Con l´adesione di De Michelis e di Battilocchio al gruppo del PSE si chiude definitivamente l´operazione di “voltagabbana” più articolata degli ultimi tempi!
Con l´aggravante della grande illusione della Costituente socialista! Legittimi potevano essere i dubbi (politicamente parlando, nell´ambito del dibattito interno al Nuovo PSI) sulla opportunità di mantenere una alleanza con la Casa delle Libertà all´indomani delle elezioni politiche del 2006, al fine di evidenziare le anomalie più volte denunciate di quello che è stato definito il nostro bipolarismo “bastardo”; meno convincente, anzi del tutto opportunistico appare ora agli occhi di tutti i socialisti che avevano creduto nella necessità di rafforzare l´identità del partito, questa operazione dell´ex segretario De Michelis ed amici che, di fatto, ora si trovano a sostenere più o meno direttamente un Governo (per il tramite della neo costituente socialista), in alternativa al quale si erano presentati agli elettori.
Più coerente e credibile, eventualmente, sarebbe stato un atteggiamento di equidistanza da entrambi i poli, sostenendo con forza la modifica della legge elettorale nella direzione di un modello proporzionale con sbarramento alto, riprendendo da tale posizione una politica che parlasse finalmente ai cittadini su come affrontare i temi più caldi della nostra quotidianità.
A conti fatti quindi, lungimiranti sono stati Caldoro, Barani ed amici nel prevedere un passaggio di campo che ogni socialista liberale e riformista non avrebbe mai potuto condividere. Ciò che risulta veramente inaccettabile è l´inganno perpetuato ai danni dei tanti ed onesti socialisti che, ancora una volta hanno dovuto assistere ad una operazione trasformistica che certo non aiuta nel difficile compito di mantenere forte e viva nel paese la presenza della cultura e dei valori del socialismo liberale e della socialdemocrazia, alternativi come sempre, alla cultura cattocomunista oggi incarnata dal neonato partito democratico.
Per questi motivi, ora è quantomai necessario radicare su tutto il territorio la presenza del Nuovo PSI di Caldoro, a partire da quei luoghi, come l’Emilia Romagna, di forte tradizione socialista, dove oggi impera la confusione e lo sconcerto e dove, soprattutto, bisognerà far sapere che c´è chi vuole ancora mantenere alto il simbolo del garofano e non si vergogna di ricordare uno dei padri storici del socialismo italiano: Bettino Craxi.
Arrivederci!
AURELIO

Di Pietro che tesoro! (tratto da Panorama)

LAURA MARAGNANI

POLITICA & AFFARi Basta con i partiti dai bilanci oscuri, tuona l’ex pm di Mani pulite. Ma quando si tratta della sua Italia dei valori cambia musica: decide tutto lui, con l’ex moglie e un’amica di famiglia. Grazie a statuti creati ad hoc. E quanto a certi appartamenti…

«Ipartiti non sono delle bocciofile»: così parlò Gianfranco Fini, il 3 ottobre, presentando la meritoria proposta di legge per «la riduzione dei costi della politica e la promozione della trasparenza». Basta coi bilanci oscuri dei partiti, con le gestioni poco democratiche, con la totale assenza di responsabilità civile e penale: «C’è una caduta verticale nella credibilità delle istituzioni. Vediamo chi sottoscrive questo documento, chi ci sta e chi no, chi ci fa e chi ci marcia» rincarò, al fianco di Fini, il ministro Antonio Di Pietro, coautore della proposta e leader dell’Italia dei valori.

La stessa Italia dei valori di cui il 21 settembre è stata chiesta la messa in liquidazione al tribunale civile di Milano? E che è stata segnalata al Consiglio d’Europa (ultimo atto della guerra giudiziaria tra Di Pietro e il Cantiere di Achille Occhetto) perché ad approvarne i bilanci, per milioni di euro di fondi pubblici, è di fatto un’unica persona? Perbacco: proprio lo stesso partito di cui Di Pietro è presidente, fondatore e proprietario del simbolo.

Un partito che ha incassato oltre 22 milioni di euro dallo Stato, ma di cui il ministro è il solo ad avere le chiavi della cassaforte. Insieme a due donne: Susanna Mazzoleni, la sua ex moglie, e Silvana Mura, «amica di famiglia» (parole sue) da tempi immemorabili.

Da dove cominciare a raccontare questa bizzarra storia? Le carte sparse fra i vari tribunali (Brescia, Milano, Roma, Bruxelles) sono una montagna. Ma c’è una data ben chiara, il 26 settembre 2000. E un luogo, via delle Province 37, Roma. È qui, davanti al notaio Bruno Cesarini, che nasce la «libera associazione Italia dei valori-Lista Di Pietro, in breve Idv» con sede a Busto Arsizio in via Milano 14.

L’oggetto sociale vola alto: «La valorizzazione, la diffusione e la piena affermazione della cultura della legalità, la difesa dello stato di diritto, la realizzazione di una prassi di trasparenza politica e amministrativa».

A firmare l’atto sono solo in tre. Antonio Di Pietro, che porta in dote il simbolo registrato a Genova come «marchio di impresa personale». Il suo amico Mario Di Domenico, un avvocato abruzzese residente a Roma. E Silvana Mura, ex commerciante di biancheria a Chiari (Bs), l’amica di famiglia. Tre amici che, all’unanimità, nominano Di Pietro presidente. Mura diventa tesoriera, Di Domenico segretario. E partono.

Già nel 2001 l’Italia dei valori conquista un senatore (Valerio Carrara, subito passato a Forza Italia) e dunque accede ai generosi rimborsi previsti dalla legge: oltre mezzo miliardo di lire come anticipazione, più 822 milioni a rate nei quattro anni seguenti. Nel 2002 all’Idv vengono attribuiti altri 2 milioni di euro come «integrazione».

Tutto bene? No, perché il segretario Di Domenico viene denunciato per appropriazione indebita. Verrà definitivamente assolto nel 2007 perché «il fatto non sussiste», ma al momento la sua è una presenza ingombrante. E dunque nuovo appuntamento dal notaio.

Stavolta è Romolo Rummo, via Piemonte 117, Roma. Scusate la pedanteria: alle ore 13.30 del 5 novembre 2003 Antonio Di Pietro «prende la parola» e un attimo dopo le dimissioni di Di Domenico sono agli atti. Già che ci sono, si dimette anche Silvana Mura. Ma prima di andarsene, all’unanimità, i tre approvano il trasferimento della sede sociale da Busto Arsizio a Milano. Alle ore 13.35 l’assemblea viene tolta.

Cinque minuti e l’Idv, da associazione a tre soci, diventa di fatto un paradossale partito «a socio unico». Cinque minuti fondamentali. E per capirlo basta ficcare il naso nella nuova sede del partito: via Felice Casati 1/A, a Milano. Nove vani di proprietà della Iniziative immobiliari srl di Gavirate, gruppo Pirelli Re, che poco dopo vengono comprati da un’altra srl, la An.To.Cri. di Bergamo. An come Anna, To come Toto, Cri come Cristiano, i tre figli di Di Pietro.

Un caso? Vediamo. Socio unico della srl: Antonio Di Pietro. Amministratore unico: Antonio Di Pietro. Il capitale sociale è esiguo, 50 mila euro appena; eppure, nel giro di due anni la piccola società riesce a mettere le mani su due grandi appartamenti a Milano e a Roma (ceduto, quest’ultimo, poche settimane fa). Valore dichiarato degli immobili: 1 milione 788 mila euro. E da dove vengono i soldi? Anno 2003: il socio unico Di Pietro versa alla An.To.Cri., ossia a se stesso, 100 mila euro come «prestito infruttifero»; 2004: altri 300 mila euro; 2005: 783 mila euro. Un totale di 1 milione 183 mila euro, contanti, in tre anni.

Poi il socio unico della An.To.Cri., sempre Di Pietro, affitta all’associazione Italia dei valori, di cui Di Pietro è unico socio, l’appartamento di via Casati. Un conflitto di interessi, o no? E l’anno dopo raddoppia: la An.To.Cri. acquista 10 vani in via Principe Eugenio 31, a Roma, e subito l’Idv decide di trasferirci «la sede nazionale di rappresentanza politica»: lo annuncia il tesoriere nel 2005. E chi è? Silvana Mura.

Vogliamo dare un’occhiata più da vicino a questa bella signora 49enne, ora deputata dell’Italia dei valori? Il 20 aprile 2004 entra anche lei nel consiglio d’amministrazione della An.To.Cri., insieme a Di Pietro e un certo Belotti. Claudio Belotti, ex convivente di Mura? Proprio lui. I due non stanno più insieme da tempo, ma hanno un figlio; e i rapporti tra loro sono così buoni che nel 2006, dopo le elezioni, Tonino e Silvana lasceranno proprio Belotti a fare da amministratore unico.

Ora, Belotti non risulta avere incarichi nel partito. Ma Mura… Ricordate che il 5 novembre 2003 si era dimessa? Bene, il 20 dicembre 2003 Di Pietro ritorna dal notaio (a Bergamo, stavolta) e nomina l’ex socia «tesoriere nazionale del partito con effetto immediato».

In base allo statuto dell’Idv il presidente può fare questo e altro: a lui solo, e «fino a sua rinuncia», spettano la titolarità del simbolo e la modifica dello statuto; l’approvazione del «rendiconto»; la definizione delle candidature, la presentazione delle liste, la nomina del tesoriere, l’assegnazione «di incarichi retribuiti», la ripartizione e l’utilizzo dei finanziamenti. Tutto, in una parola.

E sempre a lui, al presidentissimo, spetta il diritto di accettare i nuovi soci dell’Idv. Soci, attenzione. Perché di Italia dei valori, grazie allo statuto blindato da una girandola di notai (cinque modifiche in tre anni, con cinque notai diversi), ce ne sono ormai due: quella pubblica, il partito, a cui chiunque può aderire a livello «politico», anche via internet; e quella, parallela, che percepisce e gestisce i giganteschi fondi pubblici: l’associazione di cui si diventa soci solo per accettazione del presidente davanti a un notaio. Manco fosse una società per azioni.

Quali e quanti soci sono entrati in tutti questi anni? Dentro, nel 2000: Di Pietro, Di Domenico, Mura. Fuori, nel 2003: Mura e Di Domenico. Unico socio rimasto: Di Pietro. E da solo il presidentissimo fa e disfa per un bel pezzo. Approva il bilancio. Tratta col gruppo di Occhetto e Giulietto Chiesa per una lista comune alle europee; sempre da solo, unico proprietario del marchio, deposita la lista Di Pietro-Occhetto e si assicura i rimborsi elettorali; poi si autoattribuisce un rimborso da 423 mila euro.

È ormai il 26 luglio 2004 quando il notaio Peppino Noseri di Bergamo registra, finalmente, l’ingresso di due nuovi soci. Li conosciamo già: l’avvocato Susanna Mazzoleni da Curno, nessuna attività politica conosciuta, ma madre di Anna e Toto Di Pietro (si è burrascosamente separata dal ministro nel 2002, ora i due vanno d’accordissimo nell’Idv), e l’immancabile Silvana Mura.

Ricapitoliamo? Via Casati 1/A è il cuore di tutto il sodalizio: c’è la sede legale del partito (Di Pietro-Mura-Mazzoleni); la sede in cui si approvano i bilanci della An.To.Cri (Di Pietro-Mura-Belotti); la sede di una piccola società oggi in liquidazione, Progetto Orizzonti (Mura-Belotti). Lui, lei, l’ex moglie di lui e l’ex convivente di lei. Tutti insieme, appassionatamente, in un intreccio politico-affaristico unico.

E dove i soldi sono tanti: solo nel 2006, grazie alle politiche (20 deputati e 5 senatori eletti), all’Idv vengono attribuiti 10 milioni 726 mila euro di rimborsi. Aggiungiamo il bendiddio già assegnato negli anni precedenti: fanno quasi 22 milioni e mezzo.

Ma chi mai, al partito, ha visto o discusso i bilanci? «Non appena qualcuno cominciava a chieder conto dei soldi veniva messo alla porta» afferma Adriano Ciccioni, ex consigliere comunale a Milano. L’articolo 10 dello statuto infatti parla chiaro: l’approvazione dei bilanci spetta solo al presidente, Antonio Di Pietro, e quindi ai soci, ossia l’ex moglie e l’amica di famiglia. Eppure…

Verbale della riunione del 31 marzo 2005 nella solita sede di via Casati: alle ore 17 Di Pietro è il solo a «esaminare ed eventualmente approvare» il bilancio 2004. Non sono noccioline. Proventi: 5 milioni 589 mila euro. Oneri: 3 milioni 420 mila. Oneri straordinari: 364 mila 936. Avanzo di gestione: 1 milione 821 mila 415 euro.

Soldi pubblici. Soldi nostri. Soldi erogati dall’ufficio di presidenza della Camera (della cui segreteria fa parte Silvana Mura, la responsabile dei bilanci Idv) senza un sistematico controllo sul come, a che scopo e da chi verranno spesi.

La Corte dei conti ormai da anni protesta contro una legislazione piena di falle, che lascia ai partiti troppo margine di manovra. Ma i partiti, come hanno ricordato a tutti Fini e Di Pietro quel 3 ottobre, oggi non hanno personalità giuridica. Incassano e spendono come vogliono. E allora?

Allora il presidente dell’Italia dei valori, «in forza dei poteri che lo statuto gli conferisce, approva il rendiconto». La riunione è sciolta alle 19.30. E nel verbale non compare l’ombra di alcun socio: né l’amica, né l’ex moglie.

Di Pietro che tesoro!

Nuovo PSI LECCO: No “Costituente Comunista”

 

Il 4/ottobre, il Consiglio Nazionale del “Nuovo P.S.I”,conferma coerente la posizione Politica di sostegno alla C.D.L.,ed ha aderito alla federazione di forze politiche che si richiamano agli ideali di democrazia e libertà.

Dal Nuovo P.S.I.,sono usciti alcuni compagni che fanno capo a Gianni De Michelis,ed hanno scelto di confluire nella cosiddetta“costituente socialista”di  Angius e Boselli.

Di fatto,rimarranno in campo due organizzazioni di tradizione socialista:una,dogmatica e conservatrice collocata nell’Unione di Prodi,D’alema,Fassino,Bertinotti,Caruso ed altri; l’altra il “Nuovo P.S.I”.,moderata e riformista che ha avviato il processo di federazione,confermando la scelta di campo all’interno della C.D.L.

Due diverse e legittime posizioni che avranno,anche nella simbologia,diverse espressioni.

Enrico Borselli,con quanti lo hanno seguito e con la rosa del socialismo europeo,rimane ancorato nell’unione di Prodi in compagnia della sinistra massimalista;il “Nuovo P.S.I”.,con il garofano rosso,conferma la posizione con coerenza ed in autonomia ,all’interno della coalizione composta di forze politiche liberal democratiche.

Ormai è chiaro lo scenario Politico,dopo le elezioni al Parlamento Europeo, il N.P.S.I.con alla guida del partito Gianni De Michelis,ha vissuto nel limbo e con l’elezione a Seg. Nazionale di Stefano Caldoro;al Midas di Roma il 23/24 giugno U.S.,è emerso come la contrapposizione non è tra destra e sinistra  ma tra,laici,moderati e riformisti e dogmatici,conservatori ed integralisti.

Il partito di Boselli,scegliendo di confluire a nozze con Gavino Angius,e fare alleanze di coalizione insieme a chi orgogliosamente si ritiene ancora comunista,ha fatto una scelta chiara,facendo emergere quanto poco veritiera sia la motivazione della  riunificazione dei socialisti.

Una costituente seria non può prescindere da quello che è avvenuto negli anni novanta ad opera di coloro i quali sconfitti dalla storia non hanno esitato alla distruzione del glorioso P.S.I.e del suo ultimo segretario Bettino Craxi uno dei più grandi statisti in europa e nel mondo che il nostro paese abbia mai avuto, morto esule in terra straniera.

Il “Nuovo P.S.I.,guidato da Stefano Caldoro ha messo in evidenza l’imbroglio che si cerca di nascondere dietro la pseudo costituente. Enrico Boselli,dica chiaramente che questo è un modo per alzare la voce e chiedere dopo le primarie del Partito Democratico,un ministero al tandem Prodi/Veltroni.

Sulla coerente scelta Politica del Consiglio Nazionale,L’esecutivo provinciale del “Nuovo P.S.I.”ha deciso di programmare una serie di iniziative volte a rilanciare l’azione politica dei socialisti:

 

La prima di queste riguarda il tesseramento 2007 allo scopo di ristrutturare l’organizzazione dei socialisti di Lecco e provincia.

La seconda la convocazione di riunioni informative,organizzative ed operative del “Nuovo P.S.I.”di Lecco.Grazie e cordiali saluti

                                                                                     L’esecutivo della

                                                                                     Federazione Lecco:

                                                                                     Gianmarco Beccalli

                                                                                      Angelo Panzeri

                                                                                      Luigi Monolo

                                                                                      Valentino Mandelli

                                                                                      Lino Guglielmo

 

NON AVEVAMO DUBBI: A BERLINO C’E’ SEMPRE UN GIUDICE…

 

L’annullamento delle elezioni amministrative dell’autunno del 2005, a Messina, per la esclusione dalla competizione elettorale della lista del Nuovo PSI,  fa giustizia dell’arroganza e della prepotenza che il gruppuscolo di fuorusciti, capitanati allora da Bobo Craxi e Saverio Zavettieri, esprimeva. Non contenti dell’aver tentato la distruzione del Partito, hanno ottenuto di cancellarci dalla scheda elettorale avendo trovato una valida sponda nel Presidente del TAR di Catania che come minimo vive fuori dalla realtà del nostro Paese ed era poco informato delle vicende politiche del nostro Partito.

A distanza di due anni, essendoci anche in Sicilia il famoso giudice di Berlino, vengono annullate le elezioni e, in primavera, a Messina si dovrà ripetere la consultazione elettorale. Analogo tentativo si era avviato anche a Reggio Calabria, sei mesi fa, (sostenuto dalla decisione monocratica del Presidente del Tar di Catania) non trovando però eguale accoglienza: la lista del Nuovo PSI non è stata esclusa dalla competizione e la causa di merito è fissata ai primi di dicembre. Dopo la sentenza riguardante Messina credo sia difficile tenerla ancora in piedi a Reggio Calabria, per cui la partita almeno quella con gli scissionisti, è praticamente finita.

Ma il Nuovo PSI pur essendo un Partito piccolo è certamente scomodo. E se non ha amici tra i propri avversari, purtroppo non ne registra molti neanche tra i propri alleati. Infatti rimane aperto un ricorso avanzato da una candidata di AN (iniziativa personale?) contro la proclamazione del nostro unico Consigliere eletto che, come da accordi assunti prima delle elezioni avrebbe dovuto essere nominato Assessore con relativo subentro del primo dei non eletti. Il non aver mantenuto, finora, gli accordi non ci stanca per nulla, nè ci spaventano i muscoli grossi di qualche nostro alleato al quale ricordiamo la storia di David e Golia.

Lungi da noi il pensare a rotture dell’alleanza, ma lungi da noi pure ipotesi di sottomissione. Abbiamo rifiutato il partito unico delle libertà, aderendo al percorso federativo, anche perché ci sentiamo e siamo capaci di reggerci sulle nostre gambe che sono rappresentate dalle idee innovative, laiche e pragmatiche del riformismo.

Auguri compagni di Messina, auguri compagno Di Trapani che hai voluto e tenacemente perseguito il ricorso che oggi ti rende giustizia, ma auguri anche a noi tutti che dobbiamo difendere a denti stretti la nostra autonomia e la nostra identità ed intendiamo sederci al tavolo degli alleati con pari dignità, ed essere trattati con eguale rispetto.

                                                                                    Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 03.10.07

Segreteria Regionale Veneto

Si è riunita a Legnago, presso il Ristorante “ Pergola “,
la Segreteria Regionale allargata ai membri della Direzione Nazionale, per discutere su alcune tematiche di attualità. 

La relazione introduttiva  ha richiamato le fasi salienti dell’ultimo congresso nazionale, dove a supporto della elezione di Stefano Caldoro, sono stati nominati in Direzione  Nazionale ben 5 esponenti Veneti : Angelino Masin, Gianni Curti, Giovanni Bianchi Ceriani, Roberto Michieletti e Roberto Gamba.  

Circa le ultime elezioni l’Organismo ha espresso entusiasmo e soddisfazione per i risultati recentemente ottenuti alle amministrative nel Comune Capoluogo di Verona e nei contesti, non meno significativi, di altre località del Bellunese, del Rodigino e del Veneziano. 

Ha plaudito, in particolare, al successo dell’Avv. Giampaolo Sardos Albertini che proprio nella città scaligera è stato interprete riconosciuto dei valori di laicità e riformismo liberale propri del nuovo corso Socialista.  

A lui, come a tutta
la Cdl, i migliori auguri di proficuo lavoro nel nuovo Consiglio Comunale. 

Circa i rapporti con

la Giunta Regionale Veneta i convenuti hanno dato mandato al Segretario Masin di chiedere un incontro preliminare con l’Assessore Oscar De Bona. 

Scopo del dialogo quello di riconfermare e, ancor più, rilanciare la sinergia e la collaborazione con il suo lavoro e la sua rappresentatività in quel contesto. Inoltre per ricercare ed individuare alcuni temi caratterizzanti e qualificanti della politica riformista Veneta da oggi sino  a fine legislatura. 

L’Esecutivo di Segreteria ha, altresì, ufficializzato l’ubicazione logistica del Comitato Regionale, sito in  Via Frattini di Verona dove, quanto prima, sarà promossa l’inaugurazione ufficiale alla presenza delle autorità. 

Come ultimo punto è stata affrontata la questione del tesseramento le cui modalità dovranno all’un tempo garantire la privacy ma, altresì, essere comprovate da una adesione chirografariae documentata. Per l’anno in corso l’iscrizione è già aperta, con quota  normale fissata in €. 20.00 e  quella ridotta, per giovani e pensionati indigenti, in € 5.00. 

Infine ipotizzato un Forum regionale di tutti gli amministratori del Nuovo Psi attualmente in carica da organizzarsi entro il prossimo Ottobre.

Unità, Autonomia, Questione LiberalSocialista

Per l’unità della nostra piccola comunità
Offriamo a Gianni De Michelis e a Stefano Caldoro, ai compagni che sono schierati nelle due componenti e ai tanti che non lo sono, un’opportunità politica, un testo che dovrebbe far riflettere coloro che enfatizzano le nostre divisioni e pensano a congressi e a partiti contrapposti.
Abbiamo sentito dire recentemente che potremmo dividerci senza farci del male. La divisione, quando non è sufficientemente giustificata da motivazioni politiche è di per sè un male. Nessuno può capire perchè sfumature diverse non possano conciliarsi e differenze, anche più marcate, non possano convivere nello stesso partito. Nessuno può capire perchè dopo quattro documenti votati all’unanimità dagli organi del partito nel corso dell’ultimo anno si debba procedere addirittura ad una lacerazione del partito e una divisione del nostro micropartito in due micropartitini.
Fissiamo in quattro punti un progetto politico che è, insieme, di continuità con i diversi documenti approvati, e anche di rinnovamento, alla luce delle tendenze elettorali più recenti e delle possibili conseguenze sul quadro politico.
La questione liberalsocialista
Noi non vogliamo certamente fondare il Psiup, come ha ironicamente affermato Ottaviano Del Turco per motivare il suo passaggio nel Partito democratico. Il Psiup ha rappresentato una pagina poco nobile politicamente della storia del socialismo italiano per la sua subalternità al Pci e per il suo filo sovietismo. Noi non vogliamo neppure rifondare il Psi demartiniano, quello degli equilibri più avanzati e dell’incerta identità, quello del “mai più al governo senza i comunisti” del 1976, quello che ci costò voti e alcuni anni di vetero socialismo asfittico. Noi non vogliamo rifondare il Psi del 1893, come afferma Boselli, il Partito che acquisì per la prima volta il nome di socialista e si chiamò Psli, un anno dopo il congresso della sua fondazione. Noi non vogliamo neppure rifondare il Psi di Craxi, che è legato ad un’esperienza che pure ha visto protagonisti una parte di noi e che oggi è oggetto di rivalutazione da parte di quelle stesse forze che dieci anni fa lo vollero criminalizzare. Noi, e questo obiettivo è inscritto nella natura del nostro partito, nato a Milano nel gennaio del 2001, vogliamo fondare un partito socialista, riformista e liberale e per questo proposito abbiamo deciso di nascere e di sviluppare la nostra azione politica. Noi potremmo definire l’attuale questione come “la questione liberalsocialista”, cioè quel caso che pareva solo italiano nel panorama europeo degli anni ottanta e che attraverso i contenuti delle due Rimini e del dialogo lib-lab seppe mutare i caratteri del nostro socialismo, dichiarandolo non antitetico al liberalismo, ma compenetrato con esso. Un socialismo che è al confine col liberalismo e lo integra. Oggi di questo ha parlato Tony Blair che lo ha riassunto nella sua “terza via” e non distante da questa posizione si è recentemente collocato lo stesso Sarkozy con l’integrazione di ministri liberali e socialisti nel suo recente governo e con un programma di forte modernizzazione. Aggiungiamo che in Europa il vetero socialismo attraversa una crisi profonda che è collegata alla crisi dello Stato sociale e alla incapacità di dare risposte innovative ai giovani e convincenti sui temi della sicurezza e della difesa delle identità. Dunque siamo interessati, e come potremmo non esserlo, alla discussione che si è aperta nello Sdi, in movimenti d’ispirazione socialista e in una parte dei Ds, che hanno rifiutato di porre sulla questione liberalsocialista la pietra tombale del partito democratico, frutto soprattutto di due tradizioni, entrambe segnate da integralismo, incapaci di individuare una matrice internazionale comune e di elaborare idee comuni sul tema della laicità. Purtroppo questa questione non si è aperta nel centro destra, dove pure sono presenti e in numero non trascurabile, esponenti parlamentari, dirigenti centrali e periferici e un numero cospicuo di elettori di tradizione e di matrice liberalsocialista. Certo avrebbe avuto ben altro effetto l’apertura sui due fronti della stessa questione che riguarda l’identità perduta, alla luce della crisi della politica fondata solo sulle collocazioni. Così non è stato e anzi dalla parte del centro destra sono numerosi gli esponenti che hanno sollecitato un nuovo cantiere: quello del Partito delle libertà, che oggi viene proposto solo nella forma federativa. Grazie al convegno di Bertinoro la discussione è iniziata finalmente in forme nuove, senza quegli schematismi che in passato avevano caratterizzato la posizione dello Sdi, rigidamente collocato all’interno dell’Unione e subalterno a Romano Prodi e al suo governo. Per la prima volta, anche nel congresso dello Sdi, Enrico Boselli ha voluto esaltare l’identità socialista e laica e contrapporla decisamente a quella del futuro Partito democratico, alla identità postcomunista dei Ds e post democristiana della Margherita. Per la prima volta uomini di un’altra tradizione, come Emanuele Macaluso, Giuseppe Caldarola, Lanfranco Turci hanno apertamente annunciato la loro intenzione di partecipare ad una costituente di un nuovo partito d’ispirazione socialista e anche liberalsocialista (quest’ultima era la definizione del rema posto a alla base del convegno di Bertinoro), per la prima volta questa costituente annunciata ha riscontrato l’interesse di uomini quali Gavino Angius e larga parte della sua componente. Noi pensiamo che una costituente liberalsocialista non possa fare a meno dei radicali, che già si trovano nella Rosa nel pugno, un progetto di partito che si è arenato, ma che resiste come forma del gruppo parlamentare della Camera che continua ad associare radicali e Sdi. Sui temi delle liberalizzazioni, della politica estera, sulla lotta contro la pena di morte nel mondo, sui temi dei diritti civili, dei quali il caso Welby è stata dimostrazione ad un tempo nobile e drammatica, sulla giusta difesa del principio di libertà e di autonomia del Parlamento, i radicali hanno costituito un elemento centrale, fondamentale e insostituibile. La costituente deve rivolgersi anche all’area liberale di Forza Italia, dove finora non vi è stata ricezione alcuna. Ma per ottenere qualche forma di successo in un’area decisiva per il buon andamento del nostro progetto, occorre concepire il percorso verso la costituente come non statico, irrigidito dalle attuali contrapposizioni, ma anzi esso stesso fautore di novità profonde nel sistema politico italiano. Una costituente che fosse o la semplice riedizione di un Psi che non c’è più, in una sorta di progetto segnato dal rimpianto e dal pur comprensibile desiderio di riscatto o, ancor peggio, un semplice accorpamento di spezzoni politici, compreso il nostro piccolo partito, sulle posizioni dello Sdi, non avrebbe alcuna possibilità di successo. Quello che noi proponiamo è una grande costituente liberalsocialista, comprensiva di socialisti del vecchio Psi, di componenti di altri partiti, Ds e anche Forza Italia, dei radicali e dei laici e liberali, con un progetto fortemente innovativo sui temi dell’economia, della società, della laicità, della sicurezza e dei diritti e con una politica estera filo occidentale ed europea. Un partito che sulla politica estera e sulla politica economica si ispiri a Blair, ma anche a De Michelis, sulla capacità di innovazione alle nostre Rimini e al patto tra le generazioni del quale parlarono Craxi, Martelli e oggi anche Giuliano Amato, sulla riforma del welfare si ispiri alle diverse intuizioni sulla società solidale, composta da una miriade di soggetti e di voci oggi senza rappresentanza.
Noi intendiamo seguire il cantiere della costituente, con le nostre idee e i nostri progetti e poi fare un bilancio ad ottobre, per verificare la possibilità di far parte o meno del nuovo partito.
Il modello tedesco
Noi non abbiamo mai aderito, né intendiamo aderire all’Unione. Così come in passato non aderimmo all’Ulivo, la prima coalizione che prese piede con Prodi leader, dopo la sconfitta dei progressisti alle elezioni del 1994. Noi non accettiamo che venga concepita la Costituente liberalsocialista all’interno dell’Unione, con una cappa di piombo sulle sue ali. La costituente liberalsocialista ha bisogno di spazio, di libertà, di coraggio, anche di spregiudicatezza, per potersi affermare, non già di camicie di forza, di caserme, di confini segnati con le pregiudiziali politiche. La costituente deve contaminare e contaminarsi, deve unire valori di sinistra e di destra, come facemmo noi negli anni ottanta con successo, e anche anticipando analoga scelta da parte di leader e di partiti europei degli anni novanta e del duemila. Siamo stati anticipatori, corsari, precursori e oggi dobbiamo tornare ad esserlo. Non per riesumare il passato, ma per costruire il futuro. Le identità storiche sono entrate in crisi in Italia agli inizi degli anni novanta, ma le nuove identità politiche sono in crisi due volte: perchè non si collegano a nulla, dunque non hanno identità, e per di più non hanno avuto, in questi anni, la capacità di innovare la politica. La crisi della politica è sotto i nostri occhi. E’ una crisi di credibilità e di capacità di rappresentanza, alla quale pare estranea la Lega, un movimento fortemente collegato al suo territorio, dunque in grado di rappresentarne interessi e di fornire risposte per la sua tutela, anche in termini di sicurezza, oltre che di valorizzazione. La crisi di credibilità risale al mancato funzionamento del sistema della cosiddetta seconda Repubblica, nata col proposito di emendare i vizi e le contraddizioni della prima. La moltiplicazione dei soggetti politici, la nascita di coalizioni eterogenee in grado di vincere le elezioni, ma poi in grande difficoltà nel governare, una legge elettorale cambiata due volte e in contrasto con quella delle regionali, delle provinciali e delle comunali, che sono a loro volta in netta contraddizione con quella delle europee, la mancata riforma istituzionale, per la creazione di un presidenzialismo, di un semi presidenzialismo, di un cancellierato o di una premiership, l’adozione di leggi che rafforzano, con l’elezione diretta e i poteri conseguenti, i presidenti (o governatori) di Regione, i presidenti di provincia e i sindaci, al di fuori di ogni principio di collegialità e in forme spesso esercitate in termini monocratici, l’estendersi della pletora di enti, organismi, società pubbliche o semi pubbliche e il conseguente aumento vertiginoso dei costi del sistema politico, molto più alti di quelli del sistema precedente il 1994, impongono riflessioni e decisioni conseguenti, pena il venir meno definitivo della credibilità della politica in Italia. Va naturalmente evitata la creazione di un sistema politico solo per chi ha i soldi per poter concepire la politica come un diversivo volontario. Sarebbe la fine della democrazia. Occorre parimenti evitare di considerare qualsiasi impegno politico e amministrativo come un mestiere, un occasione di stipendi e di gettoni. Ma se un intervento per abbassare i costi del sistema non si abbina con una profonda riforma dello stesso sistema prima o poi si tornerà daccapo. Occorre che il nostro Partito, anche alla luce degli insegnamenti del passato, prenda atto delle definitiva crisi della cosiddetta seconda Repubblica, che è stata un inganno perchè ha innestato nella vecchie istituzioni l’elemento del nuovismo, frutto della falsa rivoluzione giudiziaria italiana, e proponga una complessiva riforma delle istituzioni e della politica fondata sul superamento del bipolarismo all’italiana e sul ritorno dei soggetti identitari, alla luce della necessaria coerenza col contesto europeo. Senza partiti identitari, nascono partiti mercantili, il cui fine è quello di contrattare un peso e una rappresentanza, e questi ultimi possono dividersi e moltiplicarsi all’infinito, senza alcun ritegno, perchè mancano di un cemento ideale. E’ assurdo continuare a riformare le istituzioni a maggioranza e senza un minimo di coerenza. Noi proponiamo: il modello istituzionale tedesco, cioè un sistema elettorale proporzionale con sbarramento e il cancellierato, che appaino le misure più consone alla vicenda italiana, il federalismo, ovviamente anche fiscale, con fondo di perequazione nazionale, l’eliminazione dei comuni con meno di 2000 abitanti e il loro accorpamento, la creazione delle aree metropolitane e il superamento delle province, la completa liberalizzazione dell’energia e dei servizi pubblici locali.
E’ evidente che se la Costituente socialista adotterà questa posizione, uscirà dalle secche dell’unionismo e del prodismo, supererà lo spettro di un bipolarismo negativo per il Paese, oltre che contrario alla logica e all’esigenza della creazione di un nuovo soggetto socialista e liberale, fondato sull’autonomia e sulla capacità di costruire il futuro. E’ evidente che i socialisti, nella loro versione attuale, o i liberalsocialisti nell’ipotizzata versione costituente futura, non sono in condizione di determinare un nuovo modello istituzionale e neppure elettorale, ma è altresì evidente che essi devono avere in questo il loro principale mastice, il loro comune orizzonte, che segna anche la sorte di una identità, altrimenti destinata a non risorgere mai.
La crisi del bipolarismo italiano e del governo Prodi
In questo contesto risulterebbero inaccettabili i richiami al nostro partito ad allineamenti con maggioranze oggi peraltro in crisi e all’interno di confini di coalizioni che oggi probabilmente già non esistono più. La crisi del governo Prodi pare irreversibile. Manca ancora il killer. Questo governo non avrebbe neppure dovuto nascere. Lo abbiamo detto, scritto e ripetuto. Le elezioni avevano segnato un sostanziale pareggio e al Senato addirittura la Casa delle libertà aveva ottenuto più voti. Si è ugualmente formato un governo Prodi con maggioranza unionista, formalmente per coerenza con le scelte elettorali, ma in realtà per salvare una politica e un gruppo dirigente che aveva scommesso se stesso sulla vittoria. Oltre alla mancanza di una chiara maggioranza al Senato e a un premio di maggioranza ottenuto alla Camera per soli 26mila voti, peraltro contestati, esisteva già ad inizio legislatura un problema di affinità programmatica. Il lungo programma dell’Unione, o programmanone, non comprendeva, e non a caso, un giudizio sulle missioni italiane e in particolare su quella dell’Afghanistan e un’idea sull’Alta velocità. Sulla politica estera e sulle opere pubbliche il governo non aveva, già all’inizio della legislatura, una politica omogenea. Di qui il conflitto con la cosiddetta sinistra radicale, cioè comunista e verde integralista, e la crisi del primo governo Prodi proprio sulla politica estera. Poi il Prodi due, il progammino dei dodici punti, il comunicatore unico, e tanti altri buoni propositi mai realizzati. La verità è che una coalizione del genere non poteva avere un progetto chiaro. Lo ha testimoniato il contenuto della legge finanziaria che ha proposto al Paese il risanamento come alternativo allo sviluppo e alla equità, al di là dei propositi del Dpef. Così il governo è apparso, soprattutto al Nord del Paese, come il governo delle tasse e delle imposte, e nel contempo, nonostante la manovra sul Tfr (che così com’è stata concepita è addirittura un passo indietro per i lavoratori dipendenti) e il taglio del cuneo fiscale (che alla fine riguarderà solo le grandi imprese e molto meno le piccole che in Italia sono il 95% del totale) il governo Prodi si è configurato come un governo nemico e questo, caso davvero unico, dopo solo un anno dalla sua nascita. I dati della recente consultazione elettorale rappresentano una conferma, peraltro accentuata, di tutti sondaggi degli ultimi mesi. Il crollo di Ds e Margherita è innanzitutto un crollo di credibilità del governo Prodi. E’, inoltre, un avviso di sfratto nei confronti del futuro Partito democratico, alle prese con una duplice scissione (di Sinistra democratica dal ventre Ds e di Bordon e altri da quello della Margherita). Il nuovo Psi manifesta la sua intenzione di continuare una politica di opposizione all’attuale governo e nel contempo auspica che sorga al più presto quell’esecutivo di larghe intese che permetterebbe la nascita di un equilibrio di governo più in sintonia con le esigenze del paese e una più facile collocazione unitaria per tutti i liberalsocialisti.
La Costituente e le nostre idee
Dunque aderiremo al cantiere della Costituente con le nostre idee, senza alcun complesso di inferiorità, a schiena dritta, senza aderire alla Unione ed a una maggioranza di governo oggi in crisi. E vi aderiremo con il progetto di un modello elettorale e istituzionale che permetta il passaggio dai partiti di utilità marginale per le coalizioni ai partiti di forte identità storico-politica. Noi dovremo costituire un partito di area, non semplicemente di tradizione, un partito che rappresenti il meglio della storia liberalsocialista italiana (da Turati, a Rosselli, a Gobetti, da Saragat, a Ernesto Rossi, da Craxi a La Malfa e a Pannella). Si tratta di un area che ha prodotto in Italia le migliori e più profonde innovazioni programmatiche e politiche. E dovremo elaborare un progetto di forte impatto: dovremo esporle nella nostra Rimini tre. Una nuova Rimini per esaminare una situazione economica e sociale profondamente cambiata, per distinguere tra riformisti e conservatori, e non più tra destra e sinistra. E per riformisti noi intendiamo coloro che intendono cambiare la società e lo Stato italiano nel segno della laicità, della equità, della libertà, della sostenibilità. La laicità come bussola, non un anticlericalismo di stampo ottocentesco, che annunci nuove crociate alla Chiesa, ma una laicità che difenda e valorizzi la piena libertà di legiferare della Stato e la volontà di rispettare tutte le religioni e le credenze. Un partito laico, rispettoso, tollerante, che affermi nuovi diritti per tutti, che chiuda il ventaglio che separa l’Italia dall’Europa, questo sui diritti delle coppie di fatto, come sul testamento biologico e sulla separazione delle carriere dei magistrati, sulla quale Rosa nel pugno, Nuovo Psi e Pri hanno presentato una proposta di legge insieme alla Camera. L’equità come processo di cambiamento economico e sociale. E’ evidente che occorra su questo versante un governo delle riforme. Non è più rinviabile una vera riforma della previdenza e un vero patto delle generazioni. Se non si interviene su questo argomento e se lo si rinviasse sine die, non avremo anziani e giovani diversamente trattati e dunque l’esplosione di un conflitto generazione difficile e pericoloso. Anche sui temi dell’occupazione bisogna insistere sulla via tracciata dalla legge Biagi, sia pur accettando e anche proponendo eventuali correzioni e miglioramenti come quelle sugli ammortizzatori. Non è stata la legge Biagi a inventare la precarietà. Anzi la legge Biagi ha corretto i vecchi contratti Co-Co-Co, introdotti dal vecchio governo dell’Ulivo e dal ministro Treu. Occorre procedere in modo coerente, nel segno della libertà, sul processo di liberalizzazioni, che non sono solo manovre propagandistiche e da decidere in modo slegato e in qualche caso anche punitivo nei confronti di categorie sociali non certamente privilegiate. Noi siamo contrari alla logica della concertazione, ma siamo per la consultazione. Invece oggi assistiamo per certe categorie a interventi sindacali per concertare la politica col governo e per altri, come quelli configurati dai provvedimenti di Bersani, a interventi punitivi e senza neppure ascoltarne le legittime esigenze. Tuttavia riteniamo giusto correggere un mercato troppo legato a vincoli e impedimenti, sburocratizzarlo, abolire lacci e laccioli che impediscono di fare impresa nei modi, e soprattutto nei tempi, giusti. Occorre oggi più che mai valorizzare il merito. Ci sono intere categorie sociali senza diritti. Eppure si tratta di ceti che sviluppano ricchezza e creatività nel Paese ed esportano nel mondo la migliore immagine dell’Italia. Una vetero sinistra incapace di raccoglierne la rappresentanza è destinata a essere minoranza in un Paese che è sempre più costituito da ceti emergenti e meno da lavoratori tradizionali. E occorre anche farsi carico delle giuste esigenze dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, degli stipendi e dei salari troppo bassi, soprattutto dopo la perdita di valore a fronte dell’entrata nell’Euro. Occorre che i sindacati ritornino a fare politica salariale e non si occupino prevalentemente del loro potere nella società italiana (vedasi trasferimento all’Inps del Tfr). E, infine, ma non da ultimo, una politica sostenibile, nelle sue diverse compatibilità, delle quali quella ambientale non può essere certo l’ultima. L’emergenza clima e la crisi energetica sono alle porte. Occorrono risposte planetarie e fa piacere che finalmente anche l’America di Bush se ne stia rendendo conto, dopo l’annuncio di un vertice a 15 sull’argomento. Nella ormai inevitabile riconversione dell’apparto produttivo, per potere diminuire le emissioni di CO2, c’è la sfida del presente e del futuro. C’è ovviamente una compatibilità economico-finanziaria, affinchè i progetti non si sposino con la logica rivendicativa del “diamo tutto a tutti”, in stile assistenziale che ancora oggi si pratica in alcune regioni del Sud, dove al clientelismo democristiano è succeduto un nuovo e ancora più marcato clientelismo praticato dagli esponenti di ambo i poli. E ancora, esiste, ormai, una compatibilità democratica. Il rapporto tra i poteri forti e il cittadino sono sempre più complicati e in parte anche degenerati. Il dominio assoluto delle Banche, il loro ampio potere discrezionale, gli abusi che sono stati praticati contro i risparmiatori italiani, in drammatiche vicende come quella di Parmalat e dei Bond argentini, sono sotto i nostri occhi e hanno toccato da vicino gli interessi di quasi un milione di italiani. A questo si aggiunga oggi la commistione, mai prima di oggi così evidente, tra potere politico e accorpamento di imprese bancarie. La nascita dei due colossi finanziari recentemente battezzati, porta a domande ancora più inquietanti rispetto al potere decisionale in Italia. E così pure il dominio assoluto dei grandi schieramenti e dei partiti di loro riferimento sui mass media e soprattutto sul sistema televisivo, dove il vero conflitto d’interessi esiste tra i rappresentanti dei due poli e la democrazia italiana.
Con questi contenuti e con questo orizzonte politico il Nuovo Psi parteciperà al cantiere costituente, senza assolutamente rompere i rapporti con gli altri partiti dell’attuale opposizione e convocando fin d’ora un congresso politico per ottobre al fine di compiere un bilancio del percorso politico iniziato.
La democrazia nel partito
Non tutto quello che si è fatto in questi anni è stato giusto e tanto meno saggio. Molto dovremo cambiare. Bisogna passare a una organizzazione federalista. Ogni regione può darsi uno statuto regionale e il partito può anche assumere un nome diverso in sede regionale. Il partito regionale avrà un segretario che è di diritto membro del consiglio federale centrale, organo che sostituisce il nostro Consiglio nazionale. Occorre una gestione amministrativa del partito trasparente e concertata con i segretari regionali. Occorre stabilire una quota del bilancio da versare alle regioni e una quota per il mantenimento del centro. Ogni anno deve essere presentato un bilancio chiaro da approvare da parte dei revisori dei conti. Il tesseramento va fatto annualmente, fino a che resisterà il nostro partito nella sua forma autonoma, e non ogni due o tre anni, e una quota va versata alle centrali regionali. Più in generale bisogna passare da una forma paternalistica della gestione del partito a una forma democratica. Le decisioni degli organi vanno sempre rispettate, e la commissione di garanzia va scelta tra persone il più esterne possibile alle suggestioni politiche interne, e ha il compito di far rispettare le regole statutarie. Il cambiamento dello statuto è inevitabile se si vuole affermare la forma federale del partito. Inoltre si propone di istituire due figure che lo devono reggere. Quella del presidente e quella del segretario, in armonia con il documento approvato pressoché all’unanimità dal Consiglio nazionale del 31 marzo. Il presidente avrà compiti di rappresentanza politica del partito, il segretario avrà compiti prevalentemente di gestione. La gestione del simbolo e del nome sarà collegiale. Il consiglio federale sarà composto al massimo di cento membri rigorosamente selezionati dalle regioni in base al loro peso congressuale (rapporto iscritti-voti). Il consiglio federale dovrà eleggere una direzione di trenta membri, il tesoriere del partito, la commissione di garanzia, i cui membri sono incompatibili con qualsiasi altro incarico di partito nazionale o locale, i revisori dei conti. La direzione dovrà eleggere la segreteria e i tre vice segretari (uno espressione del Nord, uno del Centro e uno del Sud). La segreteria è composta dal presidente, dal segretario, dai tre vice segretari, dal tesoriere. La direzione designa anche il direttore politico del quotidiano del partito e del sito informatico.

Mauro Del Bue ed altri

Piccole Considerazioni di periferia

  

In questi giorni abbiamo letto numerose analisi del voto amministrativo del 27 maggio ed ovviamente, visto la stragrande maggioranza dei dati negativi sui positivi, la maggior parte delle considerazioni sulle prospettive del futuro sono state nere.

Personalmente vorrei guardare al dato elettorale, in particolare del nord, confrontandolo con quelli dei quindici anni precedenti, altrimenti rischieremmo di fare considerazioni e parziali e con poco fondo di verità.

 

In questi anni di seconda repubblica il partito, salvo le europee del 2004, nel nord non ha mai raccolto percentuali superiori al prefisso telefonico sia che fosse alleato con la CDL, sia in autonomia fuori dai poli, sia in pochi casi alle ultime elezioni nel centro sinistra.

Questo dimostra come sia strumentale accusare la scelta della costituente come la responsabile del dato elettorale negativo, e sicuramente più semplice e meno doloroso che compiere un attenta analisi della situazione socialista.

 

In questi anni NOI abbiamo perso pesantemente, in termini percentuali, ogni qualvolta la partita si trasferiva dai temi locali alla politica nazionale, oppure quando, ad esempio alle regionali, gli interessi in campo erano forti e le risorse necessarie per fare campagna elettorale sostanziose, oppure ancora quando la contrapposizione tra SDI e nuovo PSI era esasperata ed a questo punto contava la visibilità politica anche locale.

 

Da questa riflessione possiamo dedurre che le motivazioni che portano a questi deludenti risultati hanno 3 nomi:

 

1. Classe dirigente nazionale inadeguata. 2. Mancanza di proposta politica. 3. Inesistenza di risorse finanziarie. 

Classe dirigente nazionale inadeguata: avendo come unico fine l’autoconservazione, ha utilizzato il partito ai propri fini chiedendo ai compagni di base grandi sacrifici elettorali senza prospettive, salvo poi creare divisioni e scissioni ogni qualvolta la coperta dei posti e delle garanzie diventava più corta.

 

Mancanza di proposta politica: in questi anni fatto salvo il progetto per lo sviluppo del Paese redatto dal segretario nazionale e dal defunto Necci, non siamo mai stati capaci di identificarci come portatori di soluzioni, proposte, interessi. Peggio ancora non abbiamo capito che dopo le elezioni europee la proposta di ridare il partito ai socialisti interessava solo a qualche vecchio dirigente ma non al Paese.

 

Inesistenza di risorse finanziarie: Non possiamo pensare che sia possibile competere con il volontariato ed il “FAI D TE” in campagne elettorali dove l’immagine e la comunicazione sono strumento determinante per il risultato.

 

E ALLORA COSA FARE? 

Dobbiamo prima di ogni altra cosa rinnovare il gruppo dirigente nazionale, e qui condivido l’amico Sergio Verrecchia, non per età anagrafica ma per volontà di far parte di un gruppo politico che, conscio di giocarsi l’ultima opportunità della vita, deve mettere da parte ogni interesse personale privilegiando il gioco di squadra e di prospettiva. Meglio un piccolo gruppo convinto della tattica e della strategia e determinato nel raggiungere il risultato che una grande armata brancaleone piena di dubbi e  perplessità; un vecchio contadino diceva che i Somari per portare a casa il carro devono tirare tutti dalla stessa parte.

 

Dobbiamo elaborare una proposta politica adeguata ad un piccolo partito e non lunghi programmi da forza del 30%. I cittadini ci devono identificare prima per le risposte ai temi e poi perché socialisti. Dobbiamo avere il coraggio di dare risposte concrete e di mettere in atto tutte le azioni possibili per renderci visibili e strettamente collegabili ai temi proposti. L’energia nucleare ed il suo rilancio nel Paese, le garanzie per i giovani lavoratori precari, le coperture economiche per i 40enni che troveranno pensioni dimezzate rispetto ai propri padri e vivono il disagio della trasformazione del TFR, le infrastrutture, La battaglia sulla gestione pubblica dell’acqua.

Su questi temi dobbiamo usare le stesse parole da Aosta a Caltanisetta, su questi temi dobbiamo incalzare i mass media a sentire anche la nostra voce.

In questi anni sia noi che lo SDI abbiamo fatto una politica omologabile a Forza Italia noi ed al Ulivo-PD loro ed allora vi chiedo ma per quale motivo avrebbero dovuto votare noi? Perché non preferire forze del 25% a piccoli reduci della prima repubblica?

 

Su queste battaglie probabilmente troveremo delle anche le risorse, del resto se non siamo portatori di interessi per quale motivo qualcuno dovrebbe sostenerci?

 

Per questi motivi sono convinto che se sapremo fare tesoro dei tanti errori commessi la Costituente potrà avere una grande prospettiva.

 

Da quanto leggo poi noto che è già iniziata la solita filippica della collocazione del nuovo soggetto e, mi spiace dirlo, credo che questo sia un altro inizio sbagliato di un gruppo dirigente che già pensa da dove potremo trarre spazi e ruoli, un attento gruppo dirigente lavora per dare risposte alle domande del paese, la collocazione non può che essere dove esiste uno spazio per continuare a vivere ed oggi il nostro non può che essere dove lo è sempre stato nella sinistra riformista, in quello spazio che i DS hanno tentato di occupare ma che con il PD hanno rinunciato a rappresentare, in quello spazio che Forza Italia invoca nei proclami ma non nei fatti. NOI SIAMO LA SINISTRA RIFORMISTA DEL PAESE ed allora FINIAMOLA UNA VOLTA PER TUTTE con quelle logiche del passato su comunismo e anticomunismo, su conservatori e progressisti, finiamola con l’auto-eccitazione del siamo stati bravi quando eravamo al governo, e scendiamo nel mare aperto della politica dei contenuti e delle risposte ai bisogni.

 

Una Rimini 3 ha ragione demichelis è necessaria ma forse prima di quella serve anche un nuovo MIDAS.

 

Antonio Perini

Modesta analisi del voto Socialista

 

Non credo sia molto importante verificare ed analizzare se la CDL ha vinto per merito proprio o per demerito altrui. Ha vinto, com’era prevedibile, e basta.

Penso sia invece più opportuno analizzare il risultato del dato SOCIALISTA.

E questo dà spunto per alcune riflessioni che, modificandosi necessariamente in seguito all’evoluzione che subirà l’attuale scenario Politico, devono indirizzare il percorso che noi del Nuovo PSI dobbiamo compiere.

Il primo dato, da tutti condiviso, è che tranne rare eccezioni, tutte locali, la posizione Terzo Polista attualmente non ha motivo di esistere.

In un sistema che diventa sempre più bipolare, la presenza di una forza debole, sia politicamente che economicamente, non dà spazi per una scommessa di ampio respiro.

E questo è tanto più verificabile laddove l’elezioni hanno più un carattere Politico e meno locale, quale quello delle elezioni Provinciali.

Una forza per essere dirompente sul piano politico deve essere rivoluzionaria nei modi di agire e nelle proposte da fare.

Non basta dire che noi siamo i SOCIALISTI, che l’Italia ha bisogno di noi, che siamo gli unici che riescono a trovare le soluzioni ai problemi.

Credo che questo sia più un problema che noi abbiamo con noi stessi e la scusa per trovare una giustificazione di esistere che una vera e propria necessità che il “popolo” sente.

Né credo, in una società moderna come la nostra, sia sufficiente riproporre vecchi schematismi, anche comunicativi, che ripropongono soluzioni che il tempo ha inesorabilmente modificato.

Riprendendo un vecchio ragionamento di Sergio Moroni, non è il posto che fa di una persona un grande politico, ma è la politica che fa che gli permettere di raggiungere un determinato posto.

O siamo in grado di svolgere una Politica innovativa o non saremo mai in grado di esprimere dei Dirigenti che potranno “occupare” dei posti.

Ecco la vera novità e la vera presa d’atto che dobbiamo essere in grado di cogliere.

Queste elezioni hanno sancito, in maniera definitiva, la fine di un percorso storico, che non sapendo rinnovarsi finisce per consumarsi.

Il secondo dato Politico è la chiara conclusione ed il conseguente fallimento della “COSTITUENTE SOCIALISTA”.

Laddove ci siamo presentati insieme allo SDI ed agli altri profughi della diaspora il risultato della somma è stato inferiore, come sempre accade, al totale della somma dei singoli Partiti.

Cosa vuol dire questo?

Semplicemente che alla gran parte dell’elettorato dei Socialisti non interessa nulla.

E anche questo ha alla base almeno due semplici motivi.

Il primo è anagrafico; molti dei Socialisti degli anni 70-80 non esistono più.

Il secondo è che il Socialismo moderno deve essere in grado di dare risposte concrete ai problemi emergenti.

E qui, individuato il problema di fondo, cioè capire se siamo in grado di trovare risoluzione ai problemi, nasce il dibattito e la discussione su quali sono le strade per risolvere i problemi.

Mi pare riduttivo, semplicistico e superficiale ricondurre il tutto a divisioni personali.

Non fa onore a chi viene tirato in ballo, non fa onore a chi lo enuncia.

Credo che quello che ci troviamo di fronte è una chiara e netta divisione sull’approccio che dobbiamo avere.

Da una parte ci sono i Socialisti Liberali, che ritengono che la soluzione dei problemi sia attuabile solo da una posizione che si collochi alla Sinistra della CDL e alla destra del Centro Sinistra e dall’altra invece i Socialdemocratici, che sono convinti che la risoluzione dei problemi la si debba affrontare da una posizione che sia alla Sinistra del Partito Democratico.

Solo il tempo, unico giudice imparziale e inesorabile lo potrà dire, ma certamente queste elezioni non lasciano margini per un Partito, che privo di idee, di prospettive, pieno invece di rimpianti del proprio passato, si collochi in una situazione extra-polare.

Troppi sono i sacrifici inutili a cui ogni elezione chiamiamo e siamo chiamati a fare senza vedere risultati concreti del nostro agire.

E la colpa non può sempre essere degli altri, della radicalizzazione della lotta politica, della mancanza di risorse economiche, del complotto mediatico che regolarmente si manifesta contro una sparuta minoranza che nessuno teme e che sa esistere; se così fosse, prima o poi per il calcolo delle probabilità qualche successo l’avremmo avuto.

Né è d’altra parte conferma che i Socialisti non hanno mai in questi anni, avuto la capacità di emergere al Nord, il fulcro trainante del nostro Paese, quello che, come giustamente viene detto, pone all’Italia intera la questione Settentrionale; la zona del Paese che ha le maggiori problematiche economiche, sociali, di integrazione con le altre culture e rispetto alle quali, non siamo mai stati in grado di dare risposte concrete.

Abbiamo un compito allora, se non vogliamo essere fallimentari fino in fondo; quello di trovare almeno tra di noi, la soluzione per identificare la miglior strada affinché ognuno si giochi, senza rancore, senza forzature, senza cattiverie, senza tatticismi, quelli si di solo ed esclusivo interesse personale, la propria Partita.

La politica, e molti me lo insegnano, ha delle regole non scritte ma ben codificate.

Se pensi una cosa la Politica ti porta su una strada, che non sarà mai la negazione di quello che pensi; su quella strada troverai compagni di viaggio che mai avresti pensato, persone con le quali poco prima magari ti eri scontrato per altre cose.

Cerchiamo almeno per una volta non di pensare di essere dei “DIRIGENTI POLITICI NAZIONALI”, cerchiamo di fari I dirigenti.

 

 

 

Una proposta e un appello prima dello rottura. Mauro Del Bue

Uso toni forti volutamente, perché vedo che siamo ormai a un passo dalla definitiva divisione. E si tratterebbe di una divisione traumatica, non solo politica. Una separazione che porterebbe con sé molti lividi, molte ferite. Ho tentato in questa fase di fare di tutto per tenere unita la nostra piccola comunità, non perchè ritenessi l’unità un valore a sé, ma perchè non capivo il senso delle divisioni, sulle quali più oltre tornerò. Ho tentato di dare il meglio di me stesso non solo nell’attività parlamentare, ma anche in quella di partito, anche perchè sono stato eletto grazie a questa piccola comunità alla Camera dei deputati e mi sono sentito in dovere, dopo avere assaporato la gioia di una rinascita personale, di operare per evitare, subito dopo, la sua implosione e distruzione. Ho scritto tre documenti votati all’unanimità, dal Consiglio nazionale di luglio, dalla direzione di autunno e dalla segreteria di marzo. Non pensavo che si trattasse di carta straccia, ma di atti ufficiali, ai quali tutti dovevamo attenerci. C’è stato, è vero, un Consiglio nazionale dominato dalla baraonda, che però si è concluso con un altro documento votato pressoché all’unanimità e sottoscritto da tutti i membri del Comitato esecutivo, per la convocazione di un congresso a fine giugno (come proponeva il segretario De Michelis e non ad aprile, come proponeva Stefano Caldoro). Poi ci sono state contestazioni da parte di alcuni segretari regionali rispetto alla composizione della Commissione di garanzia. E in ottemperanza al documento approvato che postulava l’eventualità di un allargamento della stessa da parte del Comitato esecutivo, lo stesso esecutivo arrivava a delegare i segretari di proporre una quota deliberata all’unanimità. Cosa che non si è rivelata possibile, essendo i segretari regionali direttamente coinvolti nel dibattito e nelle divisioni del partito. La commissione di garanzia si è poi riunita e si è data delle regole attraverso un documento, a sua volta contestato da una parte (maggioritaria o minoritaria poco importa) di segretari regionali. A questo punto il segretario del partito ha deciso di riconvocare il Consiglio nazionale, adducendo il motivo che la commissione aveva il compito di deliberare le norme di un congresso unitario e non già di un congresso a mozioni. Questi sono i fatti nudi e crudi, incontestabili, credo. Alla luce di questi fatti ecco quello che accadrà. La riunione del Consiglio nazionale, alla quale non parteciperanno quei compagni che non la ritengono legittima, potrà deliberare lo spostamento del congresso o nominare altra commissione di garanzia o integrare quella esistente. Coloro che non ritengono legittima la sua convocazione perché, alla luce del documento approvato, il Consiglio nazionale era stato sciolto, impugneranno tali decisioni. Forse si finirà ancora in Tribunale (già si è parlato di un atto di impugnazione avanzato dal compagno Catrambone per annullare la deliberazione precedente). Sindrome di Stoccolma dei socialisti… La nostra comunità subirà altri smacchi pubblici (di noi si rischia di parlare solo come elemento di cronaca nera…). Siamo dunque di fronte a un precipizio. Per questo ho deciso di scrivere queste note e fare una considerazione e un appello. La considerazione è politica. Vedo che ci sono alcuni compagni che affrontano il problema della Costituente socialista come negli anni settanta si affrontava la questione dell’alternativa. Come se fosse uno slogan e forse anche come strumento di caratterizzazione e di lotta politica interna. Specifichiamo allora una volta per tutte la nostra posizione assunta all’unanimità (e che De Michelis ha forzato con quel “Io sarò con voi coi pochi che mi seguiranno” al Congresso dello Sdi). Noi abbiamo posto dei paletti alla Costituente, che devono rimanere validi per tutti e che personalmente, ma devo dire anche De Michelis, ho sostenuto alla riunione di giovedì pomeriggio alla quale hanno partecipato anche Villetti, Turci e Caldarola, trovando notevole disponibilità, soprattutto negli ultimi due. Non si potrà costruire un nuovo partito socialista con noi, se esso avverrà nell’ambito di questo sistema elettorale e imporrà il nostro passaggio a sostegno di questo governo. Ricordate? Mai in questa legislatura e con questo governo. Ciò significava che a fine legislatura o a fronte di un altro governo tutto poteva cambiare. La dobbiamo smettere di inventarci la politica a nostro piacimento. Siamo in questa legislatura e c’è il governo Prodi. Esiste ancora un sistema bipolare e non c’è il modello tedesco (l’ultima proposta dei Ds è il ritorno al Mattarellum). Su questo tutti ci eravamo detti d’accordo, no? Qualcosa è cambiato? Lo potrebbe essere se la divisione passasse tra chi propone di cambiare campo e, dall’altro lato, chi propone il ritorno organico nella Casa delle libertà, senza l’Udc. Ma ufficialmente nessuno nel partito propone né l’una né l’altra cosa. Eppure il clima è diventato talmente pesante che non solo è difficile discutere, ma si minacciano ormai quotidianamente ricorsi giudiziari. Evidentemente la politica c’entra fino a un certo punto. E allora dobbiamo essere chiari anche su questo. L’estate scorsa, dopo le elezioni politiche, il segretario De Michelis ci propose una sorta di rinnovamento al vertice del partito, per tenerlo unito e per utilizzare al meglio una risorsa politica primaria che, non per colpa sua, ma per la ruota della fortuna che gira a volte a favore dell’uno e a volte dell’altro, si era ritrovato a casa, dopo avere fatto il ministro e aver rifiutato di entrare nel diritto di tribuna di Forza Italia con elezione garantita (al contrario di Moroni e Ricevuto). Caldoro alla segreteria e De Michelis alla presidenza, come nel Pri Nucara e La Malfa. La leadership di De Michelis non avrebbe subito nessuna penalità. Si disse: Pannella non è segretario, Casini non è segretario. Oltretutto, ho pensato, un po’ di rinnovamento non avrebbe stonato in un partito che certo non può vivere accentrando tutto nella stessa persona, cosa che ormai non avviene né nei partiti più grandi né in quelli più piccoli di noi. E questo a prescindere dalla stima e dai meriti storici di Gianni, che tutti, compreso Stefano, gli riconobbero. Si disse, prima dobbiamo fare i documenti politici. Prima la politica, poi il resto. Giusto. Cominciammo in estate col Consiglio nazionale finito all’unanimità, continuammo col seminario di Orvieto, concluso all’unanimità, procedemmo con la direzione di autunno, anch’essa conclusa all’unanimità. Si disse: Caldoro ha un’altra posizione politica. Quasi invitandolo ad assumerla ufficialmente. Oppure: firma i documenti, ma in realtà la pensa in altro modo. E qui si entra nella dimensione psicanalitica a fronte della quale non si può che alzare le braccia. In realtà si formò nel partito una componente contraria all’elezione di Stefano. Questa è la verità. E si cambiò idea, certo approfittando anche di posizioni (il no a Bertinoro) che hanno finito per portare Caldoro ad esprimere una contrarietà a mio giudizio assai discutibile a un convegno al quale ho personalmente partecipato con interesse e anche entusiasmo. Poi si arrivò al Consiglio di marzo e allo scandaloso conflitto, che per primo ho denunciato pubblicamente. In quella circostanza un compagno mi disse, eccitato: “E’ colpa tua e dei tuoi ambigui documenti”. Questo compagno ha inteso trasformare quello che pensavo essere un merito in una colpa. Pazienza. C’è sempre, spazio, mi disse un vecchio dirigente siciliano, per nuovi emergenti quando arrivano le alluvioni. Poi però si finisce sott’acqua tutti.
Possiamo ancora salvare il salvabile, e soprattutto vogliamo salvare il salvabile? Questo chiedo a tutti. in particolare confidando nella volontà del segretario del partito, che è il principale esponente e dunque deve assumersi appieno la sua responsabilità. La mia proposta parte dalla possibilità di ricomporre una linea politica unitaria, perchè dividerci oggi potrebbe significare non unirci mai più. Ed è sintomatico che ogni volta che si parla di unità socialista si divida irrimediabilmente il Nuovo Psi. L’unità che produce divisione rappresenta per noi il paradosso politico più deprimente, l’ossimoro più sconcertante, forse una condanna del destino. Deponiamo le asce di guerra e lasciamo che i tribunali facciano il loro lavoro (ne hanno tanto, purtroppo). Rilanciamo e realizziamo insieme il patto dell’estate scorsa, con un duopolio politico di emergenza alla guida del partito, da votare attraverso un nuovo Consiglio nazionale e da sancire in un Congresso unitario, da convocare a giugno assieme a un documento politico che riprenda i famosi tre punti (sì al cantiere della costituente socialista, no all’Unione e al governo Prodi, sì alla legge elettorale alla tedesca), ricomponiamo l’unità interna in attesa delle future scelte, oggi non mature. E intanto sospendiamo Consigli e Congressi di conta. E se non accettiamo questa idea troviamone un’altra che sia migliore e che meglio garantisca la nostra comunità. E in quest’ultima settimana smettiamo di litigare sul sito e concentriamoci sulle elezioni amministrative di domenica dove tanti compagni hanno presentato liste e candidature e meritano il nostro rispetto e il nostro sostegno. Al di fuori di questa possibilità non vedo altro che una frattura, l’ennesima dopo quella del 2001 e del 2005, con gli stessi identici strascichi. Personalmente mi sono battuto anche per scongiurare quelle di allora (l’ultima per noi è stata la più pesante e pagata a caro pezzo elettorale per il clamore negativo suscitato, anche se, almeno, motivata da una contrapposta scelta elettorale), mentre in troppi. anche al nostro interno, esultano come gli ultras di uno stadio ogni volta che il nostro atomo si divide. E non mi pare che abbiano nel frattempo inventato nuove formule fisiche per far vivere più agevolmente le sue parti disarticolate. In troppi parlano di questa nostra piccola comunità come di un partito vero, dove si possano fare congressi e consigli nazionali per stabilire maggioranze e minoranze. A parte il fatto che, come il Congresso dei Ds ci ha insegnato, ormai le minoranze nei partiti non esistono più perché se ne vanno, noi non siamo un partito come i Ds. Siamo una piccola comunità con soli due parlamentari italiani e due europei e con meno dell’1% di voti, senza finanziamento e con un quotidiano ancora da finanziare e al centro, a sua volta, di una forte polemica. Potremmo noi assumerci la responsabilità di trasformare la tragedia socialista in una ennesima commedia? Guardate che non c’è niente di peggio che passare dal tragico al comico… Noi non possiamo solo pensare a come ci giudichiamo da soli. Ma soprattutto a come ci giudicano gli altri. E se la nostra comunità riesce perfino a rompersi a fronte di una situazione politica tutt’altro che statica, ma in assoluto movimento, e i cui esiti sono ancora ignoti, se oggi non siamo chiamati a dividerci su una scelta chiara e riusciamo tuttavia a dividerci lo stesso, compiamo un miracolo negativo, le cui proporzioni si riveleranno tanto più assurde, quanto più pesanti per tutti. Abbiamo tutti tale consapevolezza? Lo spero ancora.

Mauro Del Bue

Ricorso avverso convocazione CN del 26.05.2007

SPETT.LE COMMISSIONE NAZIONALE DI GARANZIA – PARTITO SOCIALISTA NUOVO PSIRICORSO IN OPPOSIZIONE AVVERSO
LA CONVOCAZIONE DEL CONSIGLIO NAZIONALE PER IL GIORNO 26.05.2007
 

Il sottoscritto sig. Giovanni Alvaro, nato a Vittoria (Ragusa) il 09.06.1941, e residente in Reggio Calabria alla via Carrera II n. 24, il sig. Roberto Formaggia nato a Milano il 13.04.1952, e residente in Casorezzo (MI) alla via Bustogarolfo n.23, ed il sig. Guido Marone, nato a Napoli il 18.07.1978, ed ivi residente alla via F. Palizzi n. 19, in qualità di componenti della Direzione Nazionale del Partito Socialista Nuovo PSI, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 36 dello Statuto del Partito Socialista Nuovo PSI, con il presente ricorso propongono opposizione avverso la convocazione del Consiglio Nazionale del Partito Socialista Nuovo PSI, illegittimamente indetta dal Segretario del Partito, Gianni De Michelis, per il giorno 26 maggio 2007; 

                                                                PREMESSO– che in data 31.03.2007, si riuniva in Roma, presso l’Hotel Palatino, il Consiglio Nazionale del Partito Socialista Nuovo PSI, regolarmente convocato, per discutere del seguente Odg: 1) presa d’atto della composizione del Consiglio Nazionale a seguito della fuoriuscita dei compagni, successivamente confluiti ne I Socialisti o verso altre formazioni politiche 2) Nomina del Tesoriere Nazionale 3) Approvazione del Tesseramento 4) Esame della situazione politica 5) Elezioni amministrative di maggio 6) Convocazione del Congresso Nazionale e adempimenti relativi 7) Varie ed eventuali;- che, il suindicato Consiglio Nazionale del Partito, si concludeva regolarmente con l’approvazione a maggioranza del documento proposto all’Assemblea, con alcuni voti contrari; – che, del Consiglio Nazionale del 31.03.2007, è stato redatto regolare processo verbale, di cui si allega copia, unitamente alla sbobinatura della registrazione integrale e regolarmente realizzata;- che, con il documento approvato dal Consiglio Nazionale, lo stesso prendeva atto del Tesseramento Nazionale, così come illustrato dal Presidente della Commissione Nazionale di Garanzia per il Tesseramento durante il Consiglio Nazionale, e come si evince dal processo verbale allegato;- che, con la regolare approvazione del suindicato documento, il Consiglio Nazionale prendeva, altresì, atto “della regolarità della composizione del numero legale dei membri del Consiglio Nazionale”;- che, il Consiglio Nazionale, nell’occasione, come si evince dal documento approvato, ha convocato il V Congresso Nazionale del Partito Socialista Nuovo PSI, per i giorni 23 e 24 giugno 2007;- che, al riguardo, il Consiglio Nazionale del 31.03.2007, ha approvato le necessarie norme congressuali, nominando, inoltre,

la Commissione Nazionale per il Congresso, e “dando delega all’Esecutivo di Segreteria per eventuali integrazioni”;- che, il Consiglio Nazionale del 31.03.2007, ha statuito altresì che “avendo convocato il Congresso, tutti gli organismi nazionali statutari sono sciolti e per quanto di competenza gestiranno l’ordinaria amministrazione”, incluso, ovviamente, il Segretario nazionale;- che,

la Commissione Nazionale per il Congresso, si è regolarmente riunita in data 11.05.2007, nominando il Coordinatore della Commissione Nazionale per il Congresso on. Lucio Barani, e definendo all’unanimità gli adempimenti e le procedure per il Congresso, facendo proprie le norme congressuali, così come dal Consiglio Nazionale del 31.03.2007;- che, in data 15.05.2007, il Segretario del Partito, Gianni De Michelis, ha illegittimamente convocato una nuova riunione del Consiglio Nazionale per il giorno 26.05.2007, sia in prima che in seconda convocazione con il seguente ODG: 1) Relazione del Segretario; 2) Approvazione tesseramento 2006; 3) Sanatoria delle irregolarità denunciate successivamente alla riunione del precedente Consiglio Nazionale; 4) Fissazione delle norme per lo svolgimento del prossimo Congresso Nazionale e relative modalità per la presentazione delle mozioni; 5) varie ed eventuali.- che nella convocazione illegittima del Consiglio Nazionale per il giorno 26.05.2007, il Segretario menziona presunte irregolarità denunciate successivamente alla riunione del precedente Consiglio Nazionale, omettendo di indicare quali siano tali presunte irregolarità, o da chi siano state denunciate. Al riguardo, non risulta agli scriventi sia pervenuto alcun ricorso a Codesta Spett.le Commissione Nazionale di Garanzia relativo a presunte irregolarità verificatesi nel Consiglio Nazionale del 31.03.2007;- che, come si evince dal documento regolarmente approvato dal Consiglio Nazionale del 31.03.2007, tutti gli organismi statutari, tra cui il Consiglio Nazionale, risultano sciolti;- che, pertanto, la convocazione del Consiglio Nazionale per il giorno 26.05.2007, è assolutamente illegittima, ed in palese violazione e contrasto con quanto regolarmente approvato dall’organismo assembleare del Consiglio Nazionale del 31.03.2007;-  che il Consiglio Nazionale, così come previsto dallo Statuto del Partito, ha preso atto dell’ approvazione del Tesseramento 2005/2006, così come indicato dal Presidente della Commissione Nazionale di Garanzia per il Tesseramento, durante il Consiglio Nazionale del 31.03.2007; i sottoscritti ricorrenti, per i motivi su esposti, 

                     CHIEDONOche Codesta Spett.le Commissione Nazionale di Garanzia, voglia accertare l’illegittimità, l’invalidità e/o inesistenza della Convocazione del Consiglio Nazionale indetta per il giorno 26.05.2007, in quanto tutti gli organismi statutari sono stati regolarmente sciolti nella seduta del Consiglio Nazionale del 31.03.2007, ed è stato regolarmente approvato il documento del Consiglio Nazionale di cui si allega copia. Per l’effetto, voglia comunicare al Segretario Nazionale l’illegittimità della convocazione de quo del Consiglio Nazionale per il giorno 26/5, le cui eventuali determinazioni saranno inesistenti e/o invalide e non potranno avere alcun effetto.Fatto salvo ogni ulteriore diritto.Con osservanzaNapoli, 16 maggio 2007   

I componenti della Direzione Nazionale del Partito Socialista Nuovo PSI 

Giovanni AlvaroRoberto FormaggiaGuido Marone 

Si allega: 1)    la trascrizione del processo verbale del Consiglio Nazionale del        31.03.2007 sottoscritta dall’estensore (sbobinata dal sito                   nuovopsi.com);2)    verbale;3)    documento approvato dal CN del 31 marzo 2007 (tratto dal sito nuovopsi.com).