Tratto dal forum della costituente Socialista

Con l´adesione di De Michelis e di Battilocchio al gruppo del PSE si chiude definitivamente l´operazione di “voltagabbana” più articolata degli ultimi tempi!
Con l´aggravante della grande illusione della Costituente socialista! Legittimi potevano essere i dubbi (politicamente parlando, nell´ambito del dibattito interno al Nuovo PSI) sulla opportunità di mantenere una alleanza con la Casa delle Libertà all´indomani delle elezioni politiche del 2006, al fine di evidenziare le anomalie più volte denunciate di quello che è stato definito il nostro bipolarismo “bastardo”; meno convincente, anzi del tutto opportunistico appare ora agli occhi di tutti i socialisti che avevano creduto nella necessità di rafforzare l´identità del partito, questa operazione dell´ex segretario De Michelis ed amici che, di fatto, ora si trovano a sostenere più o meno direttamente un Governo (per il tramite della neo costituente socialista), in alternativa al quale si erano presentati agli elettori.
Più coerente e credibile, eventualmente, sarebbe stato un atteggiamento di equidistanza da entrambi i poli, sostenendo con forza la modifica della legge elettorale nella direzione di un modello proporzionale con sbarramento alto, riprendendo da tale posizione una politica che parlasse finalmente ai cittadini su come affrontare i temi più caldi della nostra quotidianità.
A conti fatti quindi, lungimiranti sono stati Caldoro, Barani ed amici nel prevedere un passaggio di campo che ogni socialista liberale e riformista non avrebbe mai potuto condividere. Ciò che risulta veramente inaccettabile è l´inganno perpetuato ai danni dei tanti ed onesti socialisti che, ancora una volta hanno dovuto assistere ad una operazione trasformistica che certo non aiuta nel difficile compito di mantenere forte e viva nel paese la presenza della cultura e dei valori del socialismo liberale e della socialdemocrazia, alternativi come sempre, alla cultura cattocomunista oggi incarnata dal neonato partito democratico.
Per questi motivi, ora è quantomai necessario radicare su tutto il territorio la presenza del Nuovo PSI di Caldoro, a partire da quei luoghi, come l’Emilia Romagna, di forte tradizione socialista, dove oggi impera la confusione e lo sconcerto e dove, soprattutto, bisognerà far sapere che c´è chi vuole ancora mantenere alto il simbolo del garofano e non si vergogna di ricordare uno dei padri storici del socialismo italiano: Bettino Craxi.
Arrivederci!
AURELIO

SCONFITTO IL NICHILISMO PRODIANO

Giovanni AlvaroIl giacobinismo distruttivo e la furia nichilista su tutto ciò che era stato prodotto dal passato Governo, stava costando 500 milioni (diconsi 500 milioni) di euro, pari a 1000 miliardi di vecchie lire, all’intera collettività per lo scioglimento della Spa Stretto di Messina e di conseguenza con il ‘de profundis’ al Ponte sullo Stretto.
Per fortuna il Senato ha respinto un assurda e vergognosa posizione del Governo Prodi che, per mantenere in piedi l’allegra ‘armata Brancaleone’, ha subito le scelte ideologiche dell’estrema sinistra, dei post comunisti e dei verdi rossastri capeggiati da quel esemplare di ‘pasionario’ che risponde al nome di Bianchi, da quel pericoloso nichilista di un Pecoraio Scanio, e dai vari abbaiatori alla luna quali Diliberto e Giordano.
E’ sperabile che anche per la TAV, il Mose e le varie opere pubbliche, cantierate o prossime all’appalto, dal governo moderato della passata legislatura, si abbia un sussulto di vergogna, e Udeur e Costituenti Socialisti abbiano il coraggio di bloccare l’opera distruttiva del Governo delle tasse e del NO a tutto. L’Italia non può subire continuamente un meccanismo simile alla tela di Penelope.
Nel merito del Ponte va detto subito che è falso l’assunto che sarà un’opera inutile e non produrrà niente di indotto. Al contrario sarà un’opera che intanto unirà, anche fisicamente le due sponde, con tutto ciò che questo comporta per superare l’isolamento, abbattere i tempi di percorrenza tra continente e isola, e avviare nel contempo il processo di avvicinamento dell’Italia ai paesi rivieraschi dell’Africa. Anche sul piano turistico il Ponte sarà un vero traino per determinare reali correnti turistiche adeguate ai bisogni di sviluppo economico che l’Area dello Stretto attende da tanto tempo.
Le forze favorevoli all’infrastruttura, testè salvata dalla distruzione, debbono avere adesso la forza e il coraggio di non mollare la presa non facendosi condizionare dai soliti luoghi comuni sul Ponte che interessa la mafia. Perché se passasse questa filosofia in Calabria ed in Sicilia non si potrebbe costruire neanche una casa perché quel lavoro pubblico può accendere gli appetiti mafiosi. Lo Stato ha i mezzi e la forza per vigilare e difendere le proprie scelte. Un’operazione inversa, come quella di regalare 500 milioni di euro al cartello delle imprese aggiudicatarie dell’appalto che senza aver assunto un solo manovale potevano portare a casa fior di quattrini, diventa una ignobile operazione di foraggiamento della mala politica. Bisogna sapersi attestare sulla sponda del positivo.
(Giovanni Alvaro)
Reggio Calabria 26.10.2007

Prodi ed il suo Governo: l’isola che non c’è!

L’isola che non c’è.

Così Bennato intitolava una sua canzone, anni fa; così mi pare sia l’illusione di Prodi, che nonostante tutto e contro tutti, continua a dire che il suo Governo è saldo, coeso, presente.

Il corteo rosso, che i giornali, riportano come una manifestazione anni 70, mostrano lo scollamento tra le due linee del centro sinistra; da una parte il PD, che deve tentare di Governare secondo le necessità oggettive, e la COSA ROSSA, che invece si ancora al più antico e drammatico tradizionalismo, superato dai tempi e dalla storia.

È evidente, e non dico una cosa nuova, che ormai la frattura tra le due componenti del centro sinistra è arrivata a limiti che difficilmente si placheranno,

Tutti tirano la giacca di Prodi: Giordano, Salvi, Mussi, Pecoraro richiamano Prodi ad una maggiore attenzione a quello che il mondo della sinistra radicale vuole; dall’altra l’inquietante “questione” Mastella, e la moderazione dei Diniani obbligano invece Prodi a cercare una mediazione.

Ma la cosa più inquietante è il nostro Presidente del Consiglio, che senza dignità, senza orgoglio, senza alcuna attenzione del futuro del nostro Paese è lì a studiare le mosse per non cadere.

E continua affannosamente a ricercare quell’isola che non c’è!

Si affanna, s’adopera, mostra sicumera e poi si rivolge all’amico Bazoli, azionista del Corriere della Sera, affinché la linea editoriale torni ad essere un po’ meno oggettiva ed un po’ più filogovernativa.

Nel frattempo la finanziaria viene bocciata a livello europeo perché non risana i conti, in Europa ci tolgono 8 seggi dal Parlamento Europeo, poi al termine di una grande mediazione, uno ci viene rassegnato, ma lo scarso ruolo dell’Italia viene evidenziato quando Gran Bretagna, Germania e Francia fanno uscire un documento nel quale, al di là dei contenuti, mostrano che loro hanno potere decisionale sul futuro dell’ Europa.

Guarda caso tre paesi che hanno in comune il fatto di svolgere una politica riformista, sia di destra che di sinistra.

In un caso addirittura, quello della Germania, si è preferito fare una grane coalizione con gli avversari piuttosto che affidarsi alla sinistra Radicale.

Un grande atto di dignità sarebbe gradito a noi del Nuovo PSI che non condividiamo nulla del Governo Prodi, ma ancora di più sarebbe gradito a tutti gli italiani, che il “professore” faccia davvero gli interessi del Paese e si dimetta.

Non sono tra coloro che ritiene necessario ritornare alle urne subito; probabilmente questa è la soluzione migliore; di sicuro il peggio che possiamo avere noi italiani, e che non meritiamo, è vedere questa lenta agonia di un presidente del Consiglio, che vivendo sulla luna, non si accorge che il tempo è passato, che lui ha finito il suo show e che solo per soddisfare il suo orgoglio l’Italia sta sprofondando sempre di più.

Professore visto che non lo vuol fare per gli Italiani lo faccia almeno per lei: se ne vada.

Dimostrerebbe di essere davvero un Presidente del Consiglio di un grande Paese; diversamente continuerà ad essere quello che è uno che con la Politica non ha proprio niente a che fare.

Franco Spedale  

QUELLE CARTE SU MINNITI, I DS E LA ‘NDRANGHETA

  

                        Marco Minniti, il super mediatico vice Ministro dell’Interno, l’uomo famoso per le frasi fatte (c’è un salto di qualità della mafia), l’elegantone che non disdegna far sapere il costo delle sue scarpe fatte a mano, il Lothar della politica, è stato eletto Segretario Regionale del Partito Democratico essendo, tra l’altro, l’unico candidato in lizza avendo ‘convinto’ gli avversari a ritirarsi dalla competizione, e che adesso però lo condizioneranno ben bene a partire da Loiero, passando per Fuda, ed arrivando agli stessi compagni di partito.

 

                        In Calabria è un susseguirsi di ringraziamenti e di dichiarazioni improntate ai buoni propositi sul come dirigerà il Partito e sul cosa lo impegnerà, come se lo stesso fosse nuovo alla Calabria ed ai suoi problemi, e non fosse l’uomo ‘forte’ che ha fatto, da oltre 15 anni, il bello e cattivo tempo nella Regione. In fotocopia si verifica in Calabria ciò che sta avvenendo a livello nazionale con l’altro uomo nuovo che si chiama  Walter Veltroni.

 

                        Il problema, comunque, non meriterebbe alcun commento se non fosse perché, il giorno prima della sua elezione, un giornale nazionale gli ha dedicato un articolo da prima pagina riferendo  di una inchiesta dei Ros dal titolo “Minniti, i Ds e gli affari calabresi”, non ripreso da altri  giornali che lo hanno letteralmente ignorato. Conoscendo ‘l’indipendenza’ della maggioranza dei giornali italiani la cosa non ci ha sorpreso per nulla, semmai, e amaramente, abbiamo fatto il paragone con la stampa del golpe giudiziario che ha seppellito
la Prima Repubblica anche se non è stato in grado di far vincere la gioiosa macchina da guerra occhettiana, e poi con la stampa della Seconda Repubblica specializzata nel tiro al bersaglio su Berlusconi, e su quanti lo hanno sostenuto e lo sostengono. Questo tiro al bersaglio è andato avanti, senza soluzione di continuità, anche oggi che i moderati non sono al governo, perchè Berlusconi fa paura, anche quando sta all’opposizione, per la sua innata capacità di aggregazione. Questa purtroppo è la vita.

 

                        Ma veniamo all’articolo in questione. Gian Marco Chiocci scrive che “la lettura di atti giudiziari non più coperti dal segreto, divenuti pubblici e di cui tanti temono la divulgazione…. mette in luce… le relazioni pericolose fra imprenditori, esponenti dei DS e cosche calabresi”. E più avanti riferisce di informative dei carabinieri sul Viceministro degli Interni (comunista, mai indagato), su l’ex sindaco Italo Falcomatà (comunista, deceduto), su Demetrio Naccari Carlizzi  (margherita, all’epoca vicesindaco di Falcomatà) e su tanti altri esponenti provinciali e regionali.

 

                        L’articolo continua riferendo della potente cosca Libri, della gestione dei rifiuti, della spartizione degli appalti in provincia di Reggio, dell’affare Centro Direzionale per il quale erano interessate due Società che, scrive il ROS: “sembrano rispondere a due gruppi mafiosi contrapposti”. I titolari di una delle due Società erano la moglie del vice di Amato e il di lui suocero.

 

                        Lungi da noi gridare all’untore, o pretendere la colpevolezza ad ogni costo. Siamo garantisti e lo resteremo, ma non siamo innocentisti a tutti i costi, per cui chiediamo che su questioni così delicate che interessano un uomo politico che occupa un posto importante al Ministero degli Interni, sia fatta piena luce. Mettere la testa sotto la sabbia, come fanno i maggiori giornali italiani, con un finto atteggiamento di solidarietà, rischia di non rendere giustizia ad un uomo politico così impegnato, perché lascia che il passa parola cammini, che si sviluppi, che diventi  enorme col rischio, se la verità è quella dei Ros, che oltre a Minniti e i suoi, travolga la debole democrazia calabrese.

 

                        Il doppiopesismo di togliattiana memoria può ritardare, ingarbugliare, confondere, ma non può cancellare la verità qualunque essa sia.

 

                                                                                               Adolfo COLLICE

lì 16.10.2007

Le primarie del PD ed il nuovo PSI

Finalmente siamo arrivati al 14 Ottobre; una data che per la politica Italiana può rappresentare un punto di novità.

Credo che un momento di così profonda crisi politico-istituzionale non sia mai capitato nel nostro paese dal dopoguerra ad oggi.

Nemmeno il colpo di Stato di Tangentopoli aveva mostrato i limiti di una classe politica che non si mostra degna di tale nome.

Un Governo, quello di Prodi, che fa rimpiangere i Governi Balneari della Prima Repubblica, che cerca di sopravvivere senza alcuna dignità e senza orgoglio, provocando la lenta agonia di un Paese che già deve affrontare numerose difficoltà.

Si parla di un’imminente caduta del Governo, di una Finanziaria che non sarà approvata, e quindi di un “commisariamento” dello Stato con l’esercizio provvisorio.

Non credo che ciò avverrà così presto, vero è tuttavia che soprattutto nel centrosinistra ogni giorno si vive un imbarazzo crescente.

Le sparate di TPS, i malumori della FIOM, i malesseri della sinistra Radicale che minaccia la rottura sul welfare, Dini che minaccia la sinistra Radicale.

Per non parlare di Mastella, che subisce un attacco mediatico vergognoso, che al di là delle possibili e corrette osservazioni, sembra più una forma di pressione ricattatoria al fine di obbligarlo a votare questo Governo; un tipico atteggiamento integralista del tipo “ o ti adegui o ti massacro”.

Ecco perché, indipendentemente dall’esito, in sé già scontato, e dal numero dei partecipanti, problema interno alle guerre del nuovo soggetto politico, quello delle primarie del PD è un fatto nuovo.

In primo luogo lo è perché è un passo verso la semplificazione del sistema politico verso uno schema bipartitico oltre che bipolare; in secondo luogo perché esso obbliga i protagonisti della nuova formazione politica a trovare una piattaforma programmatica e ad un modo necessariamente nuovo di procedere al confronto sia con gli alleati che con gli avversari.

È auspicabile che il Partito Democratico sia un partito, così come esiste in tutte le civiltà democratiche europee e mondiali, così come lo erano i partiti nella Prima Repubblica in Italia, che abbia una leadership una classe dirigente, che abbia un programma.

Questo non solo gioverebbe alla coalizione di Governo, poiché servirebbe ad evitare equilibrismi e tatticismi inutili e dannosi, ma diventa necessario anche per la CDL che così finalmente si troverebbe obbligata ad un confronto programmatico e culturale rispetto al quale potrebbe far emergere quegli elementi di novità che lo caratterizzano.

E la forte presenza del Partito Democratico ha ovviamente una fondamentale ripercussione sull’area Socialista ed in particolar modo sul futuro del Nuovo PSI.

La collocazione che in qualche maniera cercherà anche di occupare il PD sarà presumibilmente anche quella della storica collocazione dei Socialisti.

Qui per noi si apre uno spazio enorme che se saremo capaci di occupare ci potrà far tornare protagonisti della Politica Italiana.

Finita la fase dell’ambiguità Politica della collocazione e da alcuni giorni conclusosi anche l’imbarazzo della titolarità del nome e del simbolo, i Socialisti del Nuovo PSI devono saper trovare il loro percorso di crescita.

Da socialisti, riformisti, liberali, dobbiamo saper trovare le risposte ai bisogni che avanzano, costruendo un progetto che non sia mirato solo al tamponamento dell’emergente ma che viceversa preveda l’evoluzione della società e ne prevenga i possibili guasti.

Credo che un elemento fondamentale sia quello di ridare autorevolezza alle Istituzioni; tutto passa da lì.

Non vi può essere nessun provvedimento che riguardi la sicurezza se non vi è contemporaneamente autorevolezza dello Stato; uno Stato che troppo spesso viviamo come lontano da noi e come il nostro principale nemico.

Non vi può essere nessun provvedimento che riguardi la rimessa in ordine dei conti dello stato se non vi è un sentimento di uno Stato che tuteli i propri cittadini.

Nella visione dello Stato consiste la grande differenza oggi tra noi e loro.

Noi siamo per uno Stato moderno, agevole, snello, che garantisca i più meritevoli, che protegga i più deboli; ma non siamo per uno Stato ancorato alle vecchie logiche del passato, che non segue la modernità, che non sa prendere atto del progressivo ed inesorabile allungamento della vita e delle problematiche connesse.

Noi siamo perché la Politica abbia un ruolo centrale e non crediamo che screditandola, la vita quotidiana di ognuno di noi migliori; noi siamo per sgomberare le ipocrisie, siamo contro gli opportunismi, siamo per un Paese civile moderno.

Speriamo che Veltroni dia una svolta a questo stallo politico, perché senza confronto serio tutti noi siamo indeboliti.

Speriamo che Veltroni raggiunga quei consensi popolari tali per cui si senta autorizzato a far cadere il Governo, e che si giunga presto ad una nuova consultazione Popolare, pur sapendo che in questo momento la sconfitta per loro sarebbe quasi certa.

Sarebbe un modo nuovo per fare Politica, sarebbe il ritorno degli interessi del cittadino rispetto a quelli personali di un gruppo di persone autoreferenziate e nulla di più.

 

Franco Spedale

 

 

Gli incoerenti

Coerenti solo nell’incoerenza, i nostri ex compagni di partito continuano a messaggiarsi e a confessarsi utilizzando lo stesso sito e Forum che non ha più ragione di esistere e non è più ” solo ” loro. Se si reputano Partito Socialista, noi siamo Nuovo Psi… pertanto…Può darsi pure che esista una clausola d’uso negli accordi susseguenti la separazione consensuale del recente 4 ottobre… Tuttavia mi rifaccio alla dignità: individuale e di rappresentanza. Poi alla coerenza. Sanno senz’altro che esiste un sito intestato ” Costituente socialista “e allora perchè utilizzare un ambito che non interpreta più il loro partito ? Non credo alla buona fede, nè   aspetto sconti, qui in Veneto, da De Michelis, Laroni, Verrecchia, De Bona e dal “di nuovo amico Cresco” o dal “questo o quello per me pari sono” Romeo”. Ciò premesso e traendo spunto dalle solite improperie che da quel ” blog ” ci vengono indirizzate, voglio esprimere, in loro risposta, alcune considerazioni.
Si è parlato, in questi giorni, della sola Costituente. Si parlerà della rinascita del Partito Socialista. Nessun accenno, sui media, al Nuovo Psi che continuerà il suo cammino, con ancora maggiori difficoltà, sulle stesse posizioni che lo videro nascere 15 anni fa, dalle twin towers socialiste di tangentopoli : rappresentare l’ala riformista e laicoprogressista della Cdl, non credere a questa falsa sinistra ambientalmassimalista, non dimenticare il passato e la politica del compromesso cattolico-comunista che i buoni discepoli Fassino, Veltroni e D’Alema, stanno concretizzando con la nascita del Pd ( complice ancora una volta la Chiesa…. non la parrocchia, badate bene… ).
Il fattore K, il flagello di questo paese inventato da Gramsci, è stato prima concausa ( ripeto: concausa; non ” ha causato ” ) del fascismo, poi del terrorismo armato, infine, dopo la caduta del muro, della distruzione, con tangentopoli, del sistema politico italiano. Il Nuovo Psi,cosa diversa dal Partito Socialista, non è, non era e non sarà un partito di destra, ma per dirla giusta, non è, non era e non sarà un partito conservatore. Se traduciamo la politica agli slogan, come spesso accade, sviliamo irrimediabilmente questo Forum, nel quale mi colpì tempo fa un intervento di un certo ” Ciccio “, e talvolta le dichiarazioni di un altrettanto ” Paolo socialista e basta “… Insomma scritti che erano pregni di signiicati politici.
Può essere accettabile ridurre il tutto ad un tifo ” noi ” e ” Voi ” ? intendendo, come ancora qualcuno fa, lo Sdi ed il Nuovo Psi ? non dovrebbero essere forse il dialogo ed il confronto i nostri primi connotati caratteristici ? Dispiace, in tal senso, leggere le affermazioni del compagno di Palermo… mi ricordano l’alterigia dei comunisti berlingueriani, anche amici, ai quali, in domeniche di proselitismo, andavo a proporre, per un’offerta, ” L’Avanti “, il nostro quotidiano… lo stupore spregevole con il quale si schernivano, a me che libertario e pacifista, non esitavo a visitare i loro Festival dell’Unità… offendeva non poco, oltretutto troivandolo assai farisaico, doroteo… insomma falso !! L’approdo ad una scelta diversa dalla Costituente, non è dovuta per noi Riformisti ( spero che presto si addivenga a così identificarci )del NuovoPsi, a calcoli politici da osteria ( e peralrltro simili a quelli di Del Bue o De Michelis,Battilocchio, Angius, Spini, Intini…loro alla riconferma in Parlamento non ci pensano ? ) per non dimenticare l’esempio più eclatante e svenduto di Bobo Ahinoicraxi ! Ma, sforzandoci un poco, anche ad un’analisi di previsione e ad una sintesi di conclusione, entrambe politiche, vivaddio, immagino che quanti convintamente hanno aderito al progetto della Costituente lo abbiano fatto scevri dai soliti luoghi comuni ( destra, sinistra, sano, insano e sciocchezze simili … ). Bensì dal cammino e dallo sbocco che la società italiana dovrà fare e potrà avere. Ancor più dalle tematiche, semplificando, che mi( ci ) consentiranno di parlare ai nostri figli offrendo loro ipotesi di rappresentatività ” più garante ” per il loro futuro, un miglior futuro… Sono convinto che i nostri obiettivi e quelli di coloro che hanno aderito all’invenzione ” non socialista ” del Partito Socialista, sono, quasi certamente, gli stessi. Tuttavia abbiamo scelto strade diverse, meglio: percorsi ritenuti più sicuri, per arrivarci. Cammin facendo parecchi di noi si accorgeranno dell’abbaglio… e su queste convinzioni, magari errate, i riformisti del Nuovo Psi aspetteranno gli amici del Partito Socialista… Per molti di qua, sarebbe stato facile l’approdo in Forza Italia, ma come vedete, non tutti facciamo di cognome Cicchitto, Sacconi o Stefania Ahinoicraxi.. Per qualcuno tale porto non sarà mai quello della sua nave ! ” La politica è l’arte del possibile ” diceva Nenni. Consapevole che dal bipolarismo non si tornerà indietro – e qualche intervento alla Conferenza Programmatica l’ha anche detto – la scelta che già da mesi, e più, noi del Nuovo Psi ci sentivamo di fare era semlice: ” rafforzarci di qua o rafforzare di là “. La terza via è, oggi, utopia, e la politica è cosa diversa da ” scienze politiche “. Agli ex Npsi ora amici e compagni nella Costituente voglio dire che saremo nella Cdl a rappresentare anche le loro istanze. Lì noi lo potremo fare. Ci auguriamo che loro, nell’alleanza che obbligatoriamente dovranno accettare con comunisti e cattolici episcopali – non parrocchiani – , riescano a fare altrettanto. Confermiamo, intanto, che la nostra posizione circa questo Governo in carica non è ” autonoma ” ma contraria. Vedremo, a breve, il loro “sano” voto parlamentare. Il tempo come sempre sarà galantuomo.
In virtù di quanto sopra, nulla da eccepire sull’uso di quel sito ( a proposito un sincero abbraccio a Carlo Di Russo ). Un’unica richiesta: tolgano almeno la dicitura “nuovopsi.com “  cioè noi. Perchè continuare a confondere i lettori ?

Angelino Masin

Parliamo di politica e non di altro, bene Caldoro

 

Nell ultimo consiglio nazionale svoltosi giovedi 4 all hotel royal ho seguito con attenzione tutti gli interventi .
Purtroppo la sensazione che via via ascoltando gli interventi diventava sempre più convinzione e che mi ha convinto a non prendere la parola per esprimere le mie considerazioni in merito,-quello che ho percepito io e sono convinto lo ha percepito pure la presidenza è che il livello politico espresso dal consiglio nazionale è stato molto deludente in quanto ogni intervento era intriso di vecchi schemi mentali tipici del vecchio PSI che tendevano piu a contestare banalita tipo il colore del simbolo o la pendenza del garofano. nessunno degli intervenuti ha ritenuto di fare un analisi politica del percorso che ha portato ilnuovo psi alla separazione consensuale con i socialisti di De michelis e alla linea politica che ha portato all elezione a segretario STEFANO CALDORO.
L´evoluzione della societa e di conseguenza della politica ha dato al psi la collocazione naturale nel centrodestra insieme a F.I perchè dopo la caduta del muro che ha sconfessato nel mondo i regimi comunisti dando ragione a BETTINO CRAXI che con la sua lungimiranza politica aveva intuito che in italia era necessaria una forte coalizione di centro x dare stabilita al paese.Da qui nasce la COSA comunista e quindi il percorso che ha cambiato la storia politca italiana negli ultimi 30 anni cioe:la nascita del PDS che in collaborazione con i magistrati di sinistra spazzarono via la DC e il PSI e la collocazione del vecchio PCI diventato DS diventò di colpo partito di governo.
solo l´intuizione di SILVIO BERLUSCONI,creando forza italia diede la possibilita a tutti gli elettori moderati come i socialisti i democristiani e gran parte della societa civile,di creare un fronte democratico e liberale per contenere la famosa “macchina da guerra” di Occhetto.
Ecco perchè i socialisti del nuovo PSI di CALDORO seguendo l´ evoluzione della società oggi si ritrovano e ci ritroviamo insieme nella coalizione della CDL perche FOrza Italia non è altro che l´evoluzione storico-politica del vecchio centrosinistra di CRAXI. Personalmente ho apprezzato la posizione e la linea politica di Caldoro sia al congresso che giovedi al consiglio nazionale.Avanti cosi
SEGRETARIO MICHELE GRIIEA
SEGRETARIO PROVINCIALE DI VARESE

Masin Segretario Regionale del Nuovo PSI:Laroni non è del Nuovo PSI

Lettera aperta agli elettori del NuovoPsi del Veneto
Quesito informale al Presidente Galan

Recentemente il Consigliere regionale Nereo Laroni è stato pubblicato sui quotidiani veneti con diverse dichiarazioni ambigue e, adesso, anche false. Mi preme e ci tengo a chiarire ed evidenziare due aspetti.
Il primo è che Laroni, come aderente all’iniziativa Angius-Boselli,  anche  detto progetto politico della Costituente social- comunista ( millantato, ancora, come socialista ), non fa più parte del Nuovo Psi e lui lo sa bene.
Proprio in questi giorni De Michelis, leader di quanti hanno svoltato verso il Partito Democratico, e Caldoro, leader di quegli ultimi ed unici ( finalmente ) socialisti che sono rimasti convintamente a rappresentare la Sinistra della Casa delle Libertà, si sono incontrati a Roma davanti ad un Notaio. Scopo, sancire la separazione definitiva delle loro strade : De Michelis e Laroni verso i comunisti, Caldoro e il sottoscritto ancora a fianco di FI ed Udc. Il simbolo, in calce alla presente,  dovrà mutare, pur restando sempre il garofano rosso l’immagine di riferimento, per entrambi i soggetti ( anche se la Costituente e Angius, pare, fagociteranno la presenza di questo emblema ). La dicitura Nuovo Psi, invece, sarà ad esclusivo appannaggio della scrivente Segreteria, che congressualmente,  ha rappresentato e rappresenta in Veneto la linea Caldoro.
Sarà, dunque, abusivo da qui in poi ogni riferimento di Laroni al nuovo Psi, stante il fatto che non è iscritto e non appartiene più a questo partito. E soprattutto si è fatto fautore, oltre che sostenitore, della svolta a sinistra ( ricordo la liason con Covi ), in palese divergenza con la sua attuale collocazione in Consiglio Regionale, dove sostiene il Governatore Galan della Cdl.
E da qui arrivo al secondo aspetto.
La sua recente decisione di appartenere “ ad una forza della sinistra riformista ancorata al Pse “, stride fortemente con il suo ruolo istituzionale a sostegno di un Governo, seppur  regionale, di “ centro destra”.
E’ la ragione per la quale a Bruxelles, complici D’Alema, Fassino ed anche Angius, l’Internazionale Socialista non permise tre anni fa, a De Michelis, di farne parte.
Se tanto mi dà tanto l’ambizione dell’ex europarlamentare, ex deputato, ed ex sindaco di Venezia, ma non ex trasformista, dovrebbe sfociare in una convinta e sin qui repressa, immagino, opposizione alla Giunta Galan…
La coerenza e la dignità non sono qualità di tutti i politici. Personalmente Laroni potrà fare quello che vuole, risponderà alla sua coscienza. Evidenzio, però, che non c’è solamente “ un dovere morale “ di non tradire  gli elettori. C’è anche “ un dovere politico “ di rappresentare l’idea proposta ai cittadini per il mandato ricevuto. Avendo cambiato posizione politica, perché restare in Consiglio Regionale ? ma anche perché “ tenerlo “ nella maggioranza che non è più la sua ?

Esprimeremo presto queste nostre perplessità al Presidente Galan.

Grazie per l’ospitalità e distinti saluti.

Angelino  Masin
Segretario Regionale

Li 4 10 2007
Ps.- il suddetto testo è stato inviato al Gazzettino di Venezia

Panorama spiega come le coop cercarono di fermare l’esselunga

Alla fine di maggio dell’anno scorso, Bernardo Caprotti, il fondatore dell’Esselunga, mi fece sapere che avrebbe voluto conoscermi. Fu Carlo Rossella a preannunciarmi la telefonata dell’imprenditore che giusto 50 anni fa, con Nelson Rockefeller, portò in Italia i supermarket. «Potremmo vederci a colazione il 14 giugno?». Andai. Il giorno prima era diventato nonno per la quarta volta. Marina, l’ultima dei suoi tre figli, aveva messo al mondo Sofia.

Pranzammo nella mensa aziendale di Limito (Milano), dove ogni giorno Caprotti prende un vassoio e si mette in fila con operai, autisti, impiegati e dirigenti. Jamón iberico («Pata negra, senta che prosciutto»), pizza margherita, pennette pomodoro e basilico, «niente di diverso da quello che mangiano i nostri clienti, qui fuori abbiamo la più grande cucina per piatti pronti del continente, 28 mila metri quadrati». Disse proprio del continente, non d’Europa. Magari in Inghilterra ce n’è una più grande, chissà.

Dopo il caffè, Caprotti mi portò nella Sala della notifica, con tanto di targa ovale d’ottone all’ingresso, «così detta perché è qui che notifico i licenziamenti». Scherzava, ma io allora non potevo saperlo, anzi mi sembrò un’eccentricità congeniale al personaggio, da tutti descritto come burbero, in realtà un gran borghese di 82 anni dal tratto aristocratico, che non dà interviste (tranne quella concessa a Panorama nel marzo 2005, ndr) e ha smesso di partecipare alle assemblee dell’Assolombarda per non farsi fotografare, capace d’irruenza abrasiva solo se gli toccano la sua creatura, Esselunga. Più avanti avrei scoperto che la stanza si chiama in quel modo perché l’ha abbellita con mobili settecenteschi e vedute veneziane di Bernardo Bellotto e Michele Marieschi, scuola del Canaletto, tutte opere d’arte notificate dal ministero dei Beni culturali.

Trasse da una cartella un malloppo di fogli dattiloscritti. Allegato c’era un faldone di rogiti, planimetrie, delibere comunali, lettere, foto, ritagli di giornale. «Mi farebbe piacere se lei ci potesse dare una scorsa. Non ho fretta». Cominciai a leggere. Non credevo ai miei occhi: con prosa nervosa, in bilico fra Ottocento e Duemila, i verbi coniugati alla maniera di Ippolito Nievo e Carlo Emilio Gadda («ebbimo», «fecimo», «diedimo») e lo slang di chi ha imparato il mestiere fra Texas, Maine e Massachusetts, si dipanava un j’accuse implacabile, supportato da documenti inoppugnabili. In un paese normale avrebbe ingolosito anche il più scettico cronista di giudiziaria. Se non altro per la mole dell’imputata: la Lega delle cooperative. Una galassia da 50 miliardi di euro, che vale il 3 per cento del pil nazionale.

C’era il ministero dei Beni culturali, affidato alla diessina Giovanna Melandri, che impedisce l’apertura di un’Esselunga a Bologna, causa ritrovamento di ruderi etruschi durante i lavori di scavo delle fondamenta, mandando all’aria un investimento da 20 milioni, salvo stabilire, sei mesi dopo, che i reperti vanno trasferiti altrove e lì si può tirar su un supermercato Coop.

C’era Mario Zucchelli, il presidente della Coop Estense allargatosi da Ferrara fino alla Puglia, che attraverso una società di comodo strappa un terreno di 192 mila metri quadrati a una gentildonna milanese sopravvissuta alla Shoah, la quale lo aveva ricevuto in donazione nel 1942, dodicenne, prima d’essere deportata ad Auschwitz col padre e con i nonni. E per quest’area di edificabilità commerciale alla periferia di Modena, quindi di valore infinitamente più elevato del produttivo o del residenziale, indispensabile per la costruzione della Coop Grand’Emilia, paga alla signora ebrea appena 1,1 miliardi di lire quando per un pezzo di terra adiacente, due volte e mezzo meno esteso, è costretto a versare all’amministrazione comunale, seppure «amica», la bellezza di 10 miliardi. L’809 per cento in più.

C’era Turiddo Campaini, ascetico ex funzionario del Pci, presidente della Unicoop Firenze fin dai tempi in cui al Cremlino sedeva Leonid Breznev, che in tre anni riesce a fare ciò che l’Esselunga non era riuscita a fare in nove: aprire un supermercato dove prima sorgeva lo stabilimento Superpila, scucendo per la nuda area una cifra impossibile, 29 miliardi di lire. Oltre il triplo dei valori di mercato.

C’era, messa nero su bianco con il puntiglio calvinista di chi in vita sua non ha mai pagato tangenti, una cronistoria emblematica. Le insistenze di Carlo Olmini, dirigente comunista assurto ai vertici della Legacoop, affinché l’Esselunga facesse pubblicità sull’Unità. Gli scioperi a orologeria proclamati dalla Cgil nell’imminenza di Pasqua o di Natale. I picchetti, le occupazioni, i sabotaggi organizzati contro l’unica azienda della grande distribuzione che aveva concesso il lavoro a turni e accordato la riduzione dell’orario di lavoro settimanale da 40 ore a 37,5 a parità di retribuzione. Gli scontri fisici con i facinorosi «capeggiati da un certo Bulgari, un facchino che lavorava nel magazzino dei formaggi, il quale urlava come un ossesso: “Libertà è aderire alla maggioranza”». I micidiali chiodi tricuspidi, saldati in modo tale che almeno una delle punte rimanesse sempre rivolta verso l’alto, gettati per strada davanti al magazzino di Firenze per squarciare le gomme degli autotreni gialli con la «S» rossa dipinta sulla fiancata, che mandarono a schiantarsi contro il guardrail un camionista. L’aggressione al direttore dell’Argingrosso, sempre in Toscana, Gianfranco Vannini, circondato da un gruppo di sette sindacalisti scalmanati, spintonato, insultato, stramazzato a terra, colto da ictus e rovinato per il resto della vita.

La vicenda dei reperti etruschi spiegava meglio di cento esempi il modus operandi delle Coop in perfetta sincronia ieri con Pci e Pds, oggi con i Ds, «e domani col Pd» non si fa illusioni Caprotti «giacché sono tante le parrocchie, ma una sola è la chiesa, e una sola la cassa». Il 16 novembre 1999 il direttore generale del dicastero retto dalla Melandri appone il vincolo alle «fondazioni di un complesso rustico di età etrusca» venute alla luce nel cantiere aperto dall’Esselunga in via Costa a Bologna. Trattandosi della superficie un tempo occupata dalla premiata ditta Hatù, la parola d’ordine non può che essere una sola: preservare. Quindi divieto di collocare le vestigia in altro luogo protetto. Impossibilità di scavare i garage interrati. Obbligo di rendere visibili al pubblico i reperti archeologici mediante pavimenti di cristallo.

Dopo otto mesi di inutili trattative, nel febbraio 2000 lo stremato Caprotti getta la spugna. Passano appena 60 giorni e il 20 aprile l’area viene rilevata dalla Coop Adriatica presieduta da Pierluigi Stefanini, che di lì a sei anni, fallita la scalata a Bnl, prenderà il posto di Giovanni Consorte al vertice dell’Unipol. Passano altri 15 giorni e il 5 maggio accade un miracolo: il soprintendente ai beni archeologici dell’Emilia-Romagna comunica parere favorevole al «recupero, restauro, trasferimento e valorizzazione dei resti antichi in altra area». Oggi in via Costa a Bologna è operante un supermercato della Coop Adriatica, con i suoi parcheggi interrati e senza pavimenti di cristallo.

«In una gelida mattina di gennaio, sabato 21 per l’esattezza, sono andato di persona alla ricerca dei miei preziosissimi reperti etruschi» mi raccontò Caprotti. «Li ho trovati abbandonati in periferia, vicino al cimitero della Certosa. Dentro un recinto con la base in cemento, sovrastato da una squallida griglia zincata, stavano valorizzati, e coperti da una plastica nera in gran parte nascosta dalle erbacce, i segni di una perduta civiltà».

Sono infinite le astuzie messe in atto da almeno un trentennio pur di sbarrare il passo alla catena di 128 superstore che vanta le vendite più elevate per metro quadrato nell’area dell’euro, pur d’impedire a quel padrone delle ferriere che non le ha mai mandate a dire, che ha sempre difeso le proprie ragioni rivolgendosi direttamente alla clientela con inserzioni sui giornali, di penetrare con i suoi supermarket nelle regioni dove storicamente domina la sinistra. Bruno Cordazzo, presidente della Coop Liguria e consigliere d’amministrazione della Holmo (holding finanziaria guidata dall’onnipresente Zucchelli e posseduta al 100 per cento da 43 cooperative che, tramite la Finsoe, controllano l’Unipol), non si fa scrupolo di rivendicare l’abnorme privativa: «Quando si va in casa di altri, si deve chiedere permesso».

Una perentoria ingiunzione a bussare col cappello in mano. «Tanto, loro la porta non te la aprono» chiosò Caprotti. «Tanto, a pagare il conto sono i consumatori». E mi mostrò le tabelle con i prezzi rilevati da Panel international alla Coop Rivarolo e all’Ipercoop Aquilone di Genova, alla Coop di Sanremo e alla Coop di La Spezia, dove per fare la spesa i liguri devono sborsare fino al 14,9 per cento in più rispetto ai lombardi che si servono all’Esselunga di Milano e addirittura fino al 20,2 per cento in più rispetto ai toscani che si servono all’Esselunga di Firenze.

«Capisce bene che qui non si tratta più soltanto di una distorsione del mercato, bensì del territorio, e permanente» interruppe la mia lettura il presidente dell’Esselunga. «Ma io non sono che un droghiere. Lei, che è giornalista e scrittore, se la sentirebbe di denunciare questo scandalo in un libro? Le metto a disposizione le mie note».

Rifiutai. Ma fui lusingato per la fiducia. Proveniva da un droghiere che mi parlava della synopsis come tecnica irrinunciabile per un saggio del genere, «se vogliamo che anche il tassista capisca, non si può presentare questa roba come se fosse Guerra e pace, che ho letto solo due volte, purtroppo non in russo, perché il russo non lo so»; da un monsieur con i suoi ottant’anni di francese, settanta d’inglese, otto di latino e cinque di greco, abituato a gustarsi il Macbeth, Mark Twain, P.G. Wodehouse, Molière, Stendhal e Maupassant nelle lingue originali. A distanza di 15 mesi, Caprotti ricorda che quel 14 giugno gli dissi: «Questo è un libro che può scrivere soltanto lei, in prima persona. Dall’alto della sua età, del suo silenzio, e dei suoi soldi. Al massimo io riesco a trovarle un editore e un titolo».

È uscito. Falce e carrello, 192 pagine, 56 tavole fuori testo, 12,50 euro. Sottotitolo: Le mani sulla spesa degli italiani. Prefazione di Geminello Alvi. Gliel’ha pubblicato Marsilio. Ma se l’è fatto tutto da solo. Compresa la foto di copertina, che ha voluto realizzare in proprio riempiendo un carrello della spesa con mazzette nei sette diversi tagli dell’euro. «Un piccolo campione del “prestito sociale” delle Coop. Circa 12 miliardi di euro ovvero 24 mila miliardi di lire. Quattrini che le cooperative raccolgono dai soci consumatori, come fossero banche, applicando però sugli interessi la ritenuta di legge riservata ai titoli di Stato, il 12,5 per cento, anziché il 27 dei conti correnti. Una cassa enorme, liberamente spendibile». Con la quale è impossibile competere anche per un imprenditore che conta 4 milioni di clienti fidelizzati, dà lavoro a 17 mila dipendenti, fattura 5 miliardi l’anno e nel 2006 ha incrementato l’utile netto del 67,4 per cento.

Ad Aldo Soldi, presidente dell’Associazione nazionale cooperative di consumatori, Caprotti l’aveva cavallerescamente giurata nel 2006, esasperato dai continui attacchi delle Coop, come sempre rintuzzati a mezzo stampa con dispendiose campagne a pagamento. La lettera era datata 1º dicembre: «La verità è che due anni di indecente gazzarra da lei montata – a fini che a me son ben chiari – sulla nostra azienda e sul suo buon nome, hanno messo in allarme ministri, professori, presidenti… e anche Vecchioni (Federico Vecchioni, presidente nazionale della Confagricoltura, ndr). E noi abbiamo dovuto rispondere. La vostra capacità di mentire e di ribaltare la realtà è illimitata. A me spiace, mi spiace veramente che lei mi costringa a fare qualcosa che non avrei mai immaginato. Rivelerò a molti ingenui, a tante persone in buona fede, chi veramente siete. Lei, Soldi, mi ci avrà costretto.

«Questa è la ragione del mio scritto, questa è stata la mia promessa». Ha mantenuto la parola. Falce e carrello non serve solo a rimarcare come in Italia, a parità di utile lordo, la pressione fiscale sulle cooperative sia del 17 per cento contro il 43 delle società commerciali («Addirittura fino al 2001 questi signori pagavano appena il 10 per cento di tasse. Non è possibile una concorrenza leale in simili condizioni»). Serve anche a far comprendere come l’attacco concentrico contro l’Esselunga, scatenato mentre un Caprotti malato ingaggiava la più dura delle sue battaglie, quella per la sopravvivenza, abbia un regista occulto d’eccezione: Romano Prodi. «Un vecchio che deve lasciare, un seguito, si pensa, che non c’è: quale più facile preda? Ed ecco Prodi che inopinatamente, il 7 febbraio 2006, durante una puntata di Porta a porta, non richiesto enuncia in campagna elettorale l’obbligo per il governo di “mettere insieme” la Coop e l’Esselunga. In qualche modo: quale, non si sa. Disse così: “Abbiamo le Coop, c’è ancora l’Esselunga”. E, incalzato da Bruno Vespa, spiegò: il governo “le può mettere assieme, può aiutarle a fare una politica perché stiano assieme”. Parlava già da presidente del Consiglio. E si capiva già da che parte tirasse».

Uno dei casi denunciati nel libro, quello di Vignola e Spilamberto, località confinanti in provincia di Modena, è assai istruttivo su come si fa il business nelle regioni rosse. L’Esselunga chiede d’insediarsi in una zona prevista dal consiglio comunale di Vignola come «area con destinazione commerciale» e in cambio mette sul tavolo 2,5 milioni di euro per la costruzione di una scuola. Il 31 marzo 2005 la giunta approva l’offerta. «Tempo una settimana» specifica Caprotti «ed ecco che il 7 aprile la Coop Estense, a firma del solito Zucchelli, invia al sindaco di Vignola una lettera con cui lamenta l’insufficienza del locale supermercato Coop e dichiara la propria disponibilità a contribuire a iniziative di pubblica utilità. In particolare, guarda caso, alla realizzazione di un edificio scolastico. Il 7 aprile Zucchelli scrive. Il 7 aprile il sindaco riceve. E, prontissimo, si attiva».

L’8 aprile, con impressionante contestualità, accadono tre fatti. «Alle 17 la giunta di Vignola delibera di conferire mandato al sindaco di valutare l’intervenuta proposta della Coop Estense. Alle 20.30 il consiglio comunale rinvia ogni decisione sull’Esselunga a un’altra seduta fissata per l’11 aprile. Sempre alle 20.30 il consiglio di Spilamberto, senza indugi, adotta una variante al piano regolatore generale che consente alla Coop Estense di realizzare un nuovo supermercato».

Si arriva così all’11 aprile, quando il consiglio di Vignola, ritenuto che la proposta avanzata dalla Coop Estense rappresentasse «un fatto nuovo rispetto alla situazione che s’era sviluppata inizialmente», azzera senza alcuna motivazione l’accordo con Caprotti. «Fra l’ipotizzato insediamento dell’Esselunga a Vignola e la Coop a Spilamberto sono tre minuti d’auto. Il supermercato di Zucchelli avrebbe avuto vita dura con un nostro superstore tanto vicino».

Ma l’epilogo era di là da venire. «Stoppare l’iniziativa altrui non basta. Il 12 gennaio 2007 il “nostro” terreno di Vignola è stato venduto alla Monte Paschi Fiduciaria spa, con sede legale a Siena, società del Monte dei Paschi di Siena, la banca più democratica d’Italia. Consiglieri d’amministrazione della medesima sono Turiddo Campaini, presidente della Unicoop Firenze, e Pierluigi Stefanini, presidente dell’Unipol. Chi ci sia dietro questa fiduciaria è cosa che a noi non è dato sapere. Se ci sarà un magistrato che avrà voglia d’approfondire, forse ce lo dirà». E così, per la prima volta in Italia, un libro presentato alla stampa la mattina viene trasformato dall’autore in esposto e consegnato nel pomeriggio alla magistratura affinché indaghi.

È uscito, ma non doveva neppure uscire, Falce e carrello. Il proprietario dell’Esselunga ci ha lavorato esattamente un anno. Il tempo che la nipote Sofia spegnesse a Londra, lo scorso 13 giugno, la sua prima candelina sulla torta, con una cara amica dei genitori, Madonna, che le cantava Happy birthday tenendo per mano i propri figli. A me, che ho avuto il privilegio di leggere il testo in anteprima, cinque giorni dopo Caprotti ha scritto: «Mi creda, mi sono cimentato. Ero pronto a tutte le correzioni lessicali e grammaticali possibili. E anche a qualcuna di merito. Io firmo, firmavo. Ma io non sono e non voglio fare il giornalista. Basta. Torniamo con i piedi per terra. Anche se il signor Rovagnati, quello del prosciutto Gran Biscotto, l’altro giorno mi ha detto: “Sa, Caprotti, dobbiamo destreggiarci, Parmacotto, Ferrarini, io e gli altri, con quel che rimane del mercato”. Cosa?, ho replicato io, e perché? “Perché tutto il resto è in mano alle Coop”. Come? E non fate niente! E lei, Lorenzetto, che è giovane? Ma forse un foglio su cui scrivere, nel tempo, ancora lo troverà. Sennò le rimarrà sempre il Canton Ticino. Bellinzona è una bellissima città. Io ho chiuso. La prego caldamente di rimandarmi il materiale, scritti e fotografie. È roba mia, non deve rimanere in giro un rigo. Vedrò io se sbattere tutto nella pattumiera o tenere qualcosa in un cassetto, a futura memoria».

Caprotti che si rassegna a vivere in un paese avviato verso il monopolio del prosciutto? Gli ho risposto: «Un libro, quando è scritto, è scritto. Non può in alcun modo essere ricacciato dentro l’anima, né rinchiuso in un cassetto. Va lasciato libero di andare. Sta commettendo uno degli errori più grandi che un uomo della sua età e della sua esperienza possa fare: abbandona il campo. Non è da lei».

Non l’ha abbandonato.

Il perchè il nuovo PSI sta nella cdl

 

 sottoponiamo a tutti i frequentatori del blog l’editorile di Ernesto Galli della Loggia; ne condividiamo il contenuto

 

 

L’eterno mito della diversità

Questione morale e identità della sinistra

di

Ernesto Galli della Loggia

 

 

Non è solo questione di antipolitica. Si ha l’impressione, infatti, che quello che sta accadendo in queste settimane, e che ha avuto un momento esemplare nella seduta di giovedì al Senato, sia qualcosa di più profondo, che viene da lontano. E cioè sia l’ultimo atto di quella disintegrazione del quadro politico e degli attori della prima Repubblica di cui fu un simbolo quindici anni fa Mani pulite. Allora, nel ’92-’93, il terremoto risparmiò per varie ragioni la sinistra di tradizione comunista. Tra queste c’era principalmente il fatto oggettivo che essa aveva avuto responsabilità certo minori nella gestione, e dunque nella degenerazione affaristica, del potere. Aveva anch’essa una grossa colpa, ma di ordine tutto politico: con il suo radicalismo aveva mantenuto il sistema bloccato, privo di alternative. La storia le concesse quindi, benignamente, una inaspettata occasione: le «abbuonò» il radicalismo che ancora la pervadeva concedendole di arrivare a quel governo a cui, con il Caf in piedi, non sarebbe certo mai arrivata. Oggi possiamo dire che quell’occasione la sinistra ex Pci l’ha clamorosamente sprecata. Essa non capì allora, e non ha capito per tutti questi anni, che, in quanto promossa dalla storia a sinistra riformista di governo senza esserlo, il suo primo compito e il suo primo interesse dovevano essere quelli di diventarlo davvero. E cioè di condurre una grande battaglia di rottura culturale rispetto al proprio stesso passato per cancellare dal suo popolo la mentalità radicale, e dunque potenzialmente sempre incline al massimalismo di vario tipo, che fin lì l’aveva caratterizzata.

Mentalità fatta da un conglomerato di idee, di sentimenti, di pulsioni diverse. Per esempio che il governo diverso dal nostro non può che fare leggi orribili le quali vanno subito cancellate; che la richiesta di galera per i delinquenti e di vie silenziose di notte è «di destra»; che l’avversario politico ha una qualità morale differente e in ogni caso neppure comparabile con la nostra; che ogni modifica alla legislazione del lavoro che non ha il placet sindacale è per ciò stesso un attentato alla libertà; che le tasse colpiscono i ricchi e, dunque, «facendoli piangere» non sono mai troppe; che nei confronti degli immigrati clandestini o dei giovani dei centri sociali la legge e l’ordine sono una semplice option, e via di seguito. Invece con questo ammasso di idee, di sentimenti e di pulsioni, radicate da decenni nel popolo di sinistra, nel loro stesso popolo e in qualche misura anche in loro stessi, nella loro identità politica, i dirigenti della sinistra che pure si diceva riformista i conti, in questi quindici anni, hanno accuratamente evitato di farli. Sono rimasti prigionieri di quella che è stata la vera, paralizzante maledizione della cultura di tradizione comunista: il continuismo. Bisognava mantenere la finzione del cammino ininterrotto e soprattutto coerente da Gramsci a Romano Prodi, che tra vini vecchi e otri nuovi, o viceversa, non ci fosse alcuna incompatibilità. Quindi al massimo «svolte», ma mai l’idea che fosse necessario affrontare a muso duro il passato dicendo, anzi gridando, chessò: «Nel ’48 De Gasperi ha salvato la libertà del Paese», ovvero «era giusto, come voleva Craxi, mettere i missili a Comiso » ovvero ancora «la questione morale di Berlinguer era una strada che politicamente non portava da nessuna parte»; e magari aggiungere: «Guardate, cari amici e compagni, ammazzare o essere complici degli assassini forse è peggio che rubare». Invece nulla. A loro parziale attenuante i dirigenti della sinistra ex Pci possono peraltro osservare, e ben a ragione, che né i cattolici democratici né la sinistra non ex Pci, entrambi loro alleati, non li hanno mai incalzati in questa direzione.

Anzi: i primi sono arrivati spesso a scavalcarli strizzando l’occhio a estremismi e estremisti vari (vedi Prodi con Rifondazione), e la seconda ha sempre e solo badato a cercare di egemonizzarli intellettualmente facendosi ogni volta forte delle loro contraddizioni per impartirgli le lezioncine del caso nei suoi sussiegosi articoli di fondo. Il moralismo intinto di demagogia con il quale il popolo di sinistra oggi si avventa feroce contro i Ds, contro il centrosinistra e il suo intero personale politico, è l’altra faccia del radicalismo lasciato così a lungo indisturbato a prosperare. In politica le cose si tengono sempre tutte. Il radicalismo ideologico, in quanto rifiuto del compromesso, della medietà, dell’idea che il mondo non è tutto nero o tutto bianco, essendo cioè rifiuto delle cose così come abitualmente sono (e non possono non essere), è fatto apposta per alimentare l’idea della obbligatoria «diversità» antropologico- morale. Che per essere di sinistra si debba essere «diversi» è l’altra faccia dell’idea che chi non è di sinistra è per ciò stesso moralmente dubbio. Alla «questione morale» si permette così di divenire la vera identità politica della sinistra, mentre la linea politica perennemente in agguato si riduce ad essere il moralismo dei demagoghi.

23 settembre 2007

Il capitale umano: le idee

I 2/3 del valore della produzione sono dovuti al capitale umano (conoscenze, capacità, competenze che aumentano produttività e reddito di lavoro). In Italia il capitale umano è insufficiente per fronteggiare la competizione internazionale. Per valorizzare e impiegare il capitale umano serve una riflessione sul sistema di ricerca e di formazione italiano, nonché sulla capacità delle imprese di impiegare le risorse umane formate. Che fare?

Scuola: Defiscalizzare le spese scolastiche delle famiglie e assicurare un salario minimo agli studenti più meritevoli e bisognosi. Ridurre l’evasione e la dispersione scolastica. Aumentare le competenze in lettura, matematica, scienze, anche con misure premiali per docenti e studenti. Aumentare la concorrenza tra gli istituti scolastici, l’autonomia scolastica premiale anche per gli stipendi dei docenti, la formazione sul lavoro e l’alternanza scuola-lavoro. Potenziare la formazione continua degli occupati anche per mezzo di incentivi alle imprese e misure premiali di carriera per i lavoratori che hanno accresciuto il loro capitale umano.

Università: Diminuire i costi per il contribuente ed aumentare i costi per l’utente: defiscalizzare i costi familiari per le spese universitarie, aumentare le basse tasse dei fuori corso di lungo periodo. Rivedere la governance dell’Università. Riformare l’FFO per aumentare la concorrenza tra gli atenei e puntare sull’eccellenza scientifica e didattica. Ridurre il numero dei piccoli Atenei e dei corsi di laurea di piccole dimensioni. Aumentare l’autonomia e la responsabilità degli atenei per i programmi e per i budget. Premiare l’internazionalizzazione. Incentivare il merito didattico e scientifico dei docenti e l’alternanza università-lavoro per i docenti seguendo le iniziative già avviate con la riforma Moratti dello stato giuridico. Potenziare la valutazione esterna anche per la didattica e premiare le università che si sottopongono volontariamente all’accreditamento ed operano secondo standard internazionali. Qualificare l’accesso e aumentare la frequenza universitaria. Potenziare le misure di orientamento e la mobilità tra corsi di studio ed atenei, così come previsto dalla riforma Moratti. Rilanciare i tirocini lavorativi (stages) e professionalizzanti durante il corso di laurea, l’orientamento, il sostegno e il collocamento dei laureati nel mondo del lavoro, il monitoraggio e la valutazione dei risultati del job placement, la soddisfazione dei laureati, dei datori di lavoro, dei docenti, sviluppando le misure già presenti nei provvedimenti Moratti. Aumentare i corsi di specializzazione di qualità e professionalizzanti ed i master di qualità, potenziare i servizi agli studenti sulla scorta del sostegno del MIUR alle Università disposto dal precedente Governo. Favorire l’erogazione di prestiti d’onore a tasso agevolato e correlati al merito ed ai bisogni. Potenziare l’alta formazione artistica e musicale, specie quella a maggiore grado di occupabilità quali gli Istituti superiori per le industrie artistiche (ve ne sono solo 4 in tutta Italia) e l’Accademia nazionale di arte drammatica (presente solo a Roma).

Ricerca: Investire in ricerca specie se vicina la mercato, in capitale umano nell’eccellenza, nelle scienze, in ingegneria, in tecnologia. Evitare investimenti pubblici non focalizzati, incentivare la ricerca autonoma delle imprese e nelle imprese seguendo l’esperienza dei distretti di Ricerca e dei centri di competenza. Defiscalizzare le spese delle imprese in S&R, con percentuali maggiori per quei settori, come quello energetico, che risultano strategici per la competitività del sistema Italia. Potenziare lo sviluppo di tecnologie nei tradizionali e competitivi settori del “made in Italy”. Prevedere incentivi fiscali per le innovazioni di prodotto. Misurare la qualità degli investimenti per mezzo di valutatori esterni ed internazionali sulla base dei provvedimenti adottati dal precedente Governo. Cogliere le opportunità offerte dal VII programma quadro dell’UE (2007-2013), incentivare la cooperazione e rafforzare i legami tra industria e ricerca sia a livello di Paese, sia a livello regionale, secondo l’esperienza dei distretti di Ricerca e dei centri di competenza, incentivare la scoperta di nuove conoscenze più vicine al mercato, finanziare progetti di ricerca fortemente innovativa, migliorare le prospettive di carriera dei ricercatori.  

Alberto Di Ferrante

Grillo e la Fiom: due modi diversi per dire che questa sinistra ha fallito

 

I contrasti all’interno della coalizione che dovrebbe Governare il nostro Paese diventano ogni giorno sempre più pesanti e sempre più insostenibili.

Il confronto all’interno della CGIL con la FIOM che rifiuta l’accordo sul lavoro e attacca Epifani, trovando incredibilmente, non il sostegno di una personalità qualsiasi, bensì direttamente del Presidente della Camera Bertinotti , che probabilmente per meri fini di conservazione dell’elettorato proprio, non esita a prendere le distanze dal Governo che i “suoi” dovrebbero sostenere, mostra la profonda crisi che il Governo attraversa.

Imbarazzante è poi la posizione del Sindaco Bolognese Cofferati, ex segretario CGIL, in cerca di un ruolo Nazionale e pronto a rilanciare la sua figura appannata di Sindaco in disgrazia, che si pone come garante della situazione, scavalcando di fatto il povero Epifani.

Questa vicenda da un lato mostra come il Sindacato debba saper ristrutturarsi nelle sue funzioni, perché da associazione che dovrebbe difendere e tutelare i lavoratori, rischia, avendo un approccio assolutamente integralista e conservatore, di essere invece la tomba del Lavoro e dello sviluppo del nostro Paese.

Credo e anzi sono sicuro che la CGIL saprà affrontare il contrasto interno in senso propositivo, ma ciò non può essere sufficiente se la stessa, ma anche le altre sigle Nazionali, non saprà trovare una proposta di rilancio e di prospettiva che la ponga come un interlocutore vero di qualsiasi Governo e non un manichino imbalsamato se al Governo vi è una parte che loro considerano più vicina.

Lo sviluppo del Paese non può né deve essere smorzato da interessi di parte; esso deve avere capacità di crescita e di equità che devono essere anche sostenute da un confronto proteso al miglioramento della situazione.

Dall’altro mostra come Bertinotti sia più preoccupato a consolidare il proprio elettorato, anche in virtù del prossimo scontro con il Partito Democratico, piuttosto che cercare di dare una prospettiva di successo al Governo che sostiene.

Che ragione vi sarebbe infatti di dare sponda alla FIOM, ramo dei metalmeccanici della CGIL, cui Bertinotti pensa di attingere gran parte dei suoi voti, se non quella di una preparazione ad una competizione elettorale, che evidentemente lo stesso vede prima della scadenza naturale, all’interno della quale la “cosa rossa” per giocare un ruolo il più possibile alla pari con il PD, suo vero antagonista, deve radicalizzare posizioni che oggi appaiono assolutamente anacronistiche.

E ancora con il ministro Ferrero che prende le distanze dal Governo, ma essendo come molti integralisti, poco consequenziale alle proprie decisioni, decide di non dimettersi ed incitare gli immigrati a scendere in piazza contro il Governo.

Vi è poi la strana posizione del “comico”, in tutti i sensi Grillo, che dapprima nell’indifferenza totale della classe politica, che non coglie così il senso di distacco che questo provoca, forse per un forte senso di viltà e inettitudine, crea una manifestazione antipolitica come il V-day, e poi viene invitato (!) alla festa dell’Unità di Milano, dove facendo il suo solito show, spesso di cattivo gusto, attacca tutti i dirigenti della sinistra e cosa incredibile riscuote ovazioni a senso unico.

Credo che questo sia il punto sul quale riflettere maggiormente; non è un problema che il “comico” Grillo dica le sue “grillate”, né tantomeno il modo più o meno educato di dirle; ognuno si esprime come sa e come può, quanto piuttosto la grande insofferenza che ormai tutto l’elettorato dell’attuale maggioranza mostra, essendo disposta a prendere esplicitamente le distanze dalla propria classe dirigente.

Questa credo sia la novità più interessante degli ultimi periodi; i malumori della FIOM, area che possiamo considerare “radicale” della coalizione di Governo, non sono minori dei malumori dei diessini, area da considerare più moderata del centro sinistra.

Entrambe le situazioni sono frutto di un fallimento che questo Governo ogni giorno manifesta sempre di più; un governo che non ha strategia che dà l’impressione di resistere solo per rendite di potere, che non dà l’impressione di avere ricette per sanare e far ripartire questo Paese.

Un Governo che probabilmente cadrà, ma non così presto come si crede, per conflittualità interne che anche l’ecumenico Prodi, non riuscirà più a sanare.

La CDL deve saper prendere la palla al balzo, seguire l’esempio meno recente di Blair e quello tamporalmente più vicino di Sarkozy per rilanciare con forza il progetto di Riforme che tanto serve a questo Paese e che non può più attendere

Sciogliere il Consiglio Regionale della Calabria?

  

In questi ultimi giorni si è sviluppata una iniziativa politica, fortemente evidenziata dal tam tam mediatico, per lo scioglimento anticipato del Consiglio Regionale della Calabria. La motivazione di base di detta iniziativa è il gran numero di indagati che esistono tra i 50 Consiglieri Regionali.

Sull’obiettivo dello scioglimento si può essere d’accordo (e diremo anche perché), ma la motivazione è debolissima e non ci convince per nulla. Sarebbe, infatti, la riproposizione in scala minore, del film già visto, nei primi anni novanta, quando la Magistratura “sciolse” il Parlamento italiano dopo averlo bersagliato di centinaia di avvisi di garanzia. Non a caso si parlò allora di falsa rivoluzione giudiziaria. Il tempo, anche se nel corso degli anni si sono registrati guasti, sconquassi, e decimazioni, metaforiche ed anche fisiche, dei gruppi dirigenti della nazione il più importante dei quali è stato Bettino Craxi, è stato galantuomo: la verità su quel periodo è venuta sempre più marcatamente alla luce.

Non ci interessa, quindi, risolvere i problemi politici della Regione Calabria  delegando alla bisogna la Magistratura calabrese. Non è nello stile dei riformisti un percorso di questo genere. A noi interessa far superare la vergogna di una Giunta, con le armi della politica, perché Loiero tutto sa fare fuorché governare adeguatamente. Del resto cosa ci si aspettava da una aggregazione tutta protesa nell’occupazione sistematica di ogni nicchia di potere, e sempre più impegnata a dipanare le forti tensioni interne alla coalizione che vedono periodicamente gli uni contro gli altri super armati? Finora si sono persi 30 mesi su 60 e si proceda a vista con boutade di ogni genere (in questo Loiero è super maestro, avendo imparato subito la politica degli annunci sperimentata dai DS a livello nazionale) ma senza una reale politica di sviluppo della nostra Regione..

Se da una parte i DS tramite il viceministro Minniti indicano la vecchia e logora strada del contenzioso con Roma e così facendo assolvono le loro sistematiche inettitudini; dall’altra Loiero si è lanciato, dopo il massacro avvenuto in Germania, nella boutade ad effetto qual è stata la richiesta dell’intervento dell’esercito in Calabria contro la mafia.

Nel primo caso vi è la vecchia prassi collaudata nell’allontanare da sè le responsabilità del malgoverno e contro la quale si scagliavano negli decenni passati i comunisti (Minniti dimostra un grande mestiere); dall’altra la ricerca dell’effetto mediatico con la richiesta assurda di intervento dell’esercito per fare cosa? Contro quali divisioni dovrebbe essere impiegato e quindi combattere? E così difficile capire che la mafia o la ‘ndrangheta o la camorra si combattono con lavori di intellingence, con il rafforzamento degli organici della polizia e dei carabinieri, con adeguati reparti di magistratura specializzata nei reati mafiosi, con l’applicazione delle leggi già esistenti, con la confisca dei patrimoni illecitamente realizzati? Suvvia signori non è compito vostro il governo di una Regione e sarebbe, quindi, opportuno che toglieste il disturbo evitando altri guai alla Calabria.

Se scioglimento dev’esserci che lo sia per palese e collaudata incapacità. Ma intanto la Casa delle Libertà avvii una netta riflessione sul suo esserci, prima che ad essere sciolta sia proprio essa. La Calabria ha bisogno di una vera iniziativa politica ed è solo su questo terreno che ci si può confrontare e scontrarsi con i Loiero o i Minniti di turno. Ma in Calabria c’è in piccolo quel che esiste a livello nazionale. Stesso discorso, stesse situazioni. Non governo o al massimo Governo delle tasse. Prodi, come Loiero, non è tempo di sloggiare?

                                                          

                                                                                   Adolfo COLLICE

                                                                  Vice Segretario Nazionale Nuovo PSI

Il buon governo catto-comunista

“ Sta continuando la telenovela, anche se sarebbe più giusto definirlo spettacolo drammatico, della sinistra neogiustizialista e sceriffa. Il fatto che non riescano a trovarsi d’accordo dimostra tutta la debolezza e l’incapacità non solo dell’Esecutivo ma degli stessi sindaci che sono costretti ad affidarsi a misure estemporanee, trovate pubblicitarie o veri e propri atti di forza, per recuperare l’immagine fallimentare dei loro capi-partito al governo. Manca un progetto quadro al proposito, ma ancor più una coesione identitaria sui provvedimenti da prendere. Per cui sono sempre più evidenti  l’inadeguatezza e l’incertezza di questa maggioranza, che  traveste da agnello il Presidente del Consiglio, per nascondere  il lupo marxista che coabita nella stessa casa. Ormai non vi è Comune  governato da qualche “neoilluminata”  giunta cattocomunista, che non si  inventi qualche misura per tamponare i danni creati dall’immobilismo del  Partito Democratico ( Prodi, D’Alema, Rutelli ) al potere.  Il Nuovo Psi che io rappresento in Veneto, è convinto del fatto che continuando a lasciar gestire l’Italia e le istituzioni da questa coalizione, ci si troverà ben presto  a dover affrontare  le sue contraddizioni in modo sempre più profondo e capillare.Oltre alla  giustizia, anche l’istruzione sta andando a rotoli. La scuola deve guardare avanti, non indietro.  Per cui non vanno confusi la disciplina e la cultura, con l’oscurantismo didattico !. L’insegnamento e lo studio, alla fine, devono fornire un utile sapere.  Come si può eludere dall’importanza dell’informatica, di Internet e dell’ Inglese ? Sulla famiglia ed ancor più il mondo giovanile vanno aggiornati i ruoli, rendendoli quanto mai organici  al mondo attuale. Al riguardo la politica, di casta e di censo, è anche oggi  in ritardo, non porta anche i bluejeans. Dovremo stabilire che oltre alle quote rosa dovranno realizzarsi anche le quote verdi, per obbligo istituzionale. Soprattutto verso le nuove generazioni dovremo realizzare, con coraggio, profondi cambiamenti. Una società che non riesce ad attuare  il suo primo articolo costituzionale, deve ricercare  provvedimenti riparatori, deve trovare percorsi che inseriscano tutti i diplomati e laureati nel mondo del lavoro in modo retribuito. Il praticantato ed il volontariato devono diventare  una scelta e non un obbligo. Nostra prima prerogativa sarà quella di batterci per dare alle nuove generazioni sicurezza e tranquillità, riaggiustando, a loro favore,  il costo  e l’età delle pensioni. Non vedo vivacità e sintomi in tale direzione da parte di Prodi e C., impegnati più che altro a svilire, in modo sprezzante,  una legge ( Biagi ) solo perché di non loro approntamento, invece che prenderne il buono che c’è ed eventualmente migliorarla col contributo di tutti i partiti. Sul Fisco, infine, il primo grande errore di questa maggioranza è stato affidarne la gestione ad un Ministro essenzialmente tecnico e poco indigeno. Padoa Schioppa, questo secchione dell’attivo in bilancio, contra ed erga omnes,  non ha ancora capito che se si vuole far girare l’economia e soprattutto le imprese, le tasse  devono calare e non aumentare spaventosamente. Provveda e legiferi, invece,  affinchè il primo indotto di un recupero di risorse siano la diminuzione dei costi  pubblici, il minor costo dell’apparato amministrativo, il miglior uso del patrimonio dello stato. Non si proclami la battaglia all’evasione con l’enfasi di un “wanted “ da Far West. Ma si avvii una riforma che riveda i parametri e le aliquote della tassazione diretta ed indiretta. Bisogna, in primis, convincere i cittadini che lo Stato non è il primo fuorilegge ! Ma non potrà essere questa maggioranza ad avviare un siffatto  processo di maturazione civile, e ristabilire la credibilità del Parlamento, perché limitata, direi quasi impedita, dalla sua stessa conformazione, che vede in essa alleate forze di opposta ispirazione: cattolica e comunista, entrambe da riformare, l’ultima da seppellire. Alla lunga questa coalizione centrifuga ed autodistruttiva non potrà che fare ulteriori  danni al Paese. Per il Nuovo Psi  tale pericolo va scongiurato al più presto, chiarendo a tutti i cittadini, con ogni modo possibile, l’inopportunità, la sconvenienza, dell’ulteriore durata di questo Governo e la necessità di una sua caduta repentina.La prima risposta efficace ed  il più celere rimedio sarà  quello di portare alla guida del Paese una coalizione liberalsocialista oggi rappresentata dalla Cdl.  L’omogeneità riconoscibile e l’ identità progettuale possono essere l’immediata garanzia dell’inversione di tendenza, della risalita dal baratro, dell’uscita dal Medioevo in cui ci hanno portato gli attuali leader  del Compromesso Storico al Governo. 

Angelino  MasinSegretario Regionale Veneto Nuovo Psi

A proposito dll’ordinanza sui lavavetri

 

Sulla Ordinanza emessa il 27 di Agosto dalla Giunta di Firenze per bloccare l’attività dei lavavetri agli incroci stradali, riscontro da un lato la stessa  contraddizione presente nel  Governo nazionale, laddove i più strenui oppositori di certi provvedimenti  sono all’interno della stessa maggioranza,  dall’altro la “furberia “ ipotizzabile, il colpo di teatro dei soliti amministratori di scuola comunista, che, pur di conquistare le scene, e preannunciare nuovi territori propagandistici da esplorare, si son ben guardati dal  coinvolgere tutto il Consiglio Comunale e le forze sociali prima di legiferare in proposito.

 

In un dibattito più ampio sarebbe senz’altro emersa la necessità di inserire il problema non già nel mero ambito di “ pulizia estetica “ di una città, bensì in quello più consistente della lotta alla micro criminalità, all’evasione, alla discriminazione sociale, ivi comprendendovi, quindi, la prostituzione, l’abusivismo in genere, lo scippo, la delinquenza di quartiere, il tifo violento.

 

Comunque i concetti insopprimibili di tolleranza  e solidarietà, oggi non possono essere più invocati  a favore dei soli  immigrati o dei soli meno abbienti, ma, come principio, nel  rispetto di tutti i cittadini.

 

Ritengo un concetto equo, e quindi in sintonia con i principi socialisti e cristiani,  preoccuparsi anche della  sensibilità e dei diritti del cittadino comune, che rispetta le leggi .

 

L’abuso di accattonaggio va estinto per tre ragioni. La prima  perché è una chiara manifestazione di malcostume, la seconda perché indubbiamente  fomenta disuguaglianze all’interno dello stesso ambiente ( si pensi a tutti coloro che non sono in grado o non hanno la possibilità di usufruire di uno spazio di mendicanza ! ), la terza perché motiva,  senz’altro,  la nascita e  l’organizzazione di racket ulteriormente fuori legge e pseudomafiosi.

 

Al di là ed al di sopra di un esclusivo atteggiamento repressivo andranno attivati tutti gli strumenti di confronto con le associazioni territoriali di sostegno e con le stesse rappresentanze degli immigrati regolari, per coinvolgerle nella gestione e soluzione dei problemi, anche prevedendo un loro utilizzo, nel rispetto dei  regolamenti locali, all’interno delle stesse polizie municipali con specifici incarichi ( si pensi ai rilevatori  delle soste ).

 

Evidenzieremo questo nostro pensiero alla Giunta regionale, perché si faccia propositrice di una iniziativa istituzionale tesa a coordinare ed indirizzare le amministrazioni locali verso soluzioni omogenee e condivise in tutto il territorio Veneto.

Angelino Masin Segreatrio regionale del Veneto