ABORTO: NUOVO PSI, PERICOLO SONO POSIZIONI CLERICALI =

(AGI) – Roma, 5 feb. – “L’ipocrisia e’ il rischio maggiore che l’Italia sta percorrendo sulla legge 194. Il pericolo e’ che nella convinzione di perdere consensi cattolici si prendano delle posizioni clericali”. Lo dice Franco Spedale, vicesegretario del nuovo psi, che aggiunge: “l problema non sta nel farsi dettare o meno l’agenda dal Vaticano, che per molti versi fa la sua parte, quanto piuttosto nel creare un senso dello Stato che non potendo che essere laico, affronti con serenita’ e serieta’ i problemi”. L’aborto e’ certamente una questione seria che non deve essere sottoposta al ricatto di dirigenti politici che non sanno cosa fare e che sull’onda dell’ipocrisia scelgono la strada piu’ facile, ma forse anche la piu’ lontana dalla volonta’ di cittadini”.

Marini e le istituzioni

Un Presidente del Consiglio Incaricato con un unico obiettivo: formare un governo che faccia una sola legge: quella elettorale. Mi risultava che il governo, come dice la parola stessa, si facesse per governare! Altrimenti potremmo fare un governo per legiferare sul conflitto di interessi, un governo per una nuova politica industriale, un governo per riordinare il servizio sanitario, ecc.
Tra l’altro una nuova legge elettorale che venga emanata senza mettere mano alla Costituzione, è una legge monca. Infatti il naufragio del sistema maggioritario in Italia lo si deve anche al fatto che la legge elettorale maggioritaria non è stata coordinata con la Costituzione, pensata per un sistema proporzionale. Ma per mettere mano alla Costituzione ci vuole un governo nella pienezza dei suoi poteri e con orizzonti ben più ambiziosi rispetto a quelli pensati da Marini.
In questa vicenda c’è un’altra questione che dovrebbe fare gridare allo scandalo. Si tratta del fatto che Marini abbia convocato, nell’ambito delle consultazioni ufficiali, soggetti diversi dalle forze politiche rappresentate in Parlamento: se è vero che i parlamentari eletti dal popolo rappresentano il popolo, è con essi che il Presidente si deve confrontare e dialogare. Non si capisce cosa c’entrino i sindacati, l’associazione degli imprenditori o i referendari. Va bene che sono amici di una certa parte politica, ma non si vede perché loro o soltanto loro, che rappresentano soltanto un realtà parziale del Paese. Perché non sentire i sindacati autonomi, perché no i rappresentanti dei professionisti o degli artigiani o dei commercianti. Qualche giorno fa, a ragione, anche la Consulta delle Famiglie ha chiesto di essere ascolta al pari degli altri.
Questo atto, che all’occhio poco attento può sembrare soltanto un innocente modo di ascoltare più soggetti rispetto a quelli stabiliti dalle norme, in realtà segna il tracollo della rappresentanza parlamentare. Vorrei ricordare come nella storia recente la delegittimazione della rappresentanza parlamentare ha sempre incarnato il preludio alla comparsa degli autoritarismi.
Questo mandato esplorativo deve finire quanto prima. Non perdiamo altro tempo. Votiamo! Per non lasciare un Paese nella mancanza di istituzioni operative, non dimenticando che la difficile situazione economica internazionale potrebbe costringerci a fronteggiare qualsiasi tipo di emergenza. Casomai quello che il Presidente della Repubblica e in generale le forze politiche devono pretendere, è che chi vince dia avvio ad una nuova fase costituente che rinnovi il Paese e le sue istituzioni.
Giovanni Bertoldi
Segretario Regionale Nuovo PSI Emilia Romagna

LE MANOVRE DI D’ALEMA CONTRO UN PAESE ALL’OPPOSIZIONE

E’ abbastanza chiaro che le tattiche dilatorie messe finora in campo dalla sinistra, e quelle che presumibilmente tenterà di mettere in campo nei prossimi giorni, non sono elaborate solo contro le forze moderate e riformiste ma anche e soprattutto contro l’intero Paese che pretende a gran voce la certificazione della dipartita dell’irrecuperabile vecchia, più o meno gioiosa, armata Brancaleone che si trova in coma irreversibile e senza alcuna speranza di risolutive terapie d’urto, né di possibile salvezza per la messa in campo di ‘marinai’ di lungo corso, o di vecchi ‘amati’ personaggi della politica adusi al tradimento pro domo propria, in cambio di una scodella dove poggiare il muso.

Lo sanno tutti che è impossibile resuscitare un morto, ma c’è chi non si rassegna e spera sempre in un miracolo. Sono gli ‘accattoni del sistema politico’ che aspettano speranzosi dietro la porta la prossima chiamata alle armi per avere, anche per pochi mesi, un’altra ribalta e un’altra vergognosa notorietà. Ci sono anche i ciechi, per scelta, che guardano la realtà in modo distorto e se la rappresentano in base ai propri speranzosi convincimenti.

Ma c’è chi sta con i piedi per terra sapendo che la morte, come armata, è irreversibile, e tenta, anche se disperatamente, di realizzare un percorso ambizioso. Si dà pubblicamente l’impressione di volersi liberare da abbracci più o meno asfissianti imboccando la strada dell’autonomia (si salvi chi può), per evitare il ‘muore Sansone con tutti i filistei’ implicitamente avviato dal ‘prode’ Presidente del Consiglio più che dimissionario, semplicemente disarcionato, ma in effetti si punta ad altro. Alfiere di questa strategia è, come al solito, il nostro D’Alema.

Vediamo come e perché.

La parola d’ordine è quella di prendere tempo, di guadagnare i giorni che possono fare la differenza sul percorso d’alemiano, per arrivare ai referendum ed ottenere da essi la modifica della legge elettorale. Ottenuta la quale il nostro ex migliorista Presidente della Repubblica dovrà sciogliere le Camere ed avviare la nuova consultazione elettorale (sarebbe assurdo mantenere un Parlamento eletto con una legge che gli italiani avranno bocciato con il loro voto). Questa scelta tenta, gramscianamente, di ‘fare delle difficoltà sgabello’ creando i maggiori disagi nel Popolo delle Libertà perchè, almeno Lega e AN, difficilmente penseranno ad un imbarco nel listone del Popolo. Al contrario a sinistra, con la benedizione di D’Alema, non ci sarà alcuna remora a realizzare il più assurdo e variopinto listone elettorale per poter mantenere il potere, stavolta si, per ben 5 anni e forse più.

Sbagliamo l’analisi? Ce lo auguriamo di vero cuore. Basteranno pochi giorni, comunque, per poterlo verificare. Dopo la rinuncia di Marini, non ci potranno essere più scuse per tergiversare, anche perché il fronte del no a governicchi e a sotterfugi si allarga giorno dietro giorno. Ben ultimi sono spuntati Luca di Montezemolo e la Confcommercio.

Il Nuovo PSI di Stefano Caldoro ha scelto da subito la strada maestra delle elezioni anticipate, con la vecchia legge, proprio per evitare maldipancia nelle aggregazioni, e impegnare il nuovo Parlamento a realizzare, in modo il più possibile condiviso e comunque bipartisan con gli avversari più importanti, la nuova legge elettorale entro i 12 mesi di rinvio dei referendum che comunque diventano una scadenza imprescindibile e ‘obbligheranno’ a trovare l’accordo necessario su una legge che, pur non essendo il primo dei problemi che assillano gli italiani, è comunque un passaggio necessario per regolare i meccanismi della democrazia. .

Giovanni ALVARO
Reggio Calabria 02.02.2008

No a Franco Marini! Magari a suo nipote.

L’incarico a Marini è un ulteriore dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, di quanto le nostre istituzioni siano anacronistiche e lontane dal mondo reale. Dopo le ultime legislature che hanno avuto come premier due mummie che si atteggiano a ragazzini, ovvero Prodi e Berlusconi, mi aspettavo un baldanzante quarantenne a Palazzo Chigi! Invece un’altra mummia, l’ultraottantenne Napolitano, ha designato un settantacinquenne a formare il nuovo Governo. E questo dovrebbe essere quello che fa le riforme per modernizzare il Paese e le istituzioni! Ma fatemi il piacere! Se poi collego questi eventi a quanto ha affermato Bill Gates durante la recente conferenza che ha tenuto alla Sorbona di Parigi, mi rendo conto di non essere in un paese normale. Il fondatore di Microsoft ha dichiarato che l’innovazione non potrà che venire dalle menti della nuova generazione, in particolare da chi ha meno di 25 anni. Questo perché quando si diventa «grandi» si perde l’incoscienza tipica dei giovani, quel coraggio di osare che spesso porta a risultati e a successi inattesi. Per certi versi, quindi, il troppo sapere degli adulti può diventare un limite, un freno che di fronte alla possibilità di sperimentare spinge a dire «non possiamo farlo!», laddove invece un ragazzino si lancerebbe senza pensarci troppo. Largo ai giovani, quindi. A questo punto mi sento di fare una proposta provocatoria al Capo dello Stato: se Marini non riuscirà nell’intento di mettere insieme un nuovo esecutivo, per il prossimo incarico indicherei suo figlio o meglio ancora suo nipote!

Giovanni Bertoldi
Segretario Regionale Nuovo PSI Emilia-Romagna

ELEZIONI SUBITO, SENZA GIOCHINI DA BASSO IMPERO

Prima della caduta del signor Prodi il refrain più ripetuto dalla sinistra e dai suoi aggregati era uno ed uno soltanto: ‘Se cade Prodi si vota subito’. Dal Presidente del Consiglio, a Piero Fassino, a Lamberto Dini, a Rutelli, alla Finocchiaro era un monologo assordante. Con accenti diversi e con sfumature rapportate alle varie esperienze politiche vissute, TUTTI ripetevano la stessa cosa. Non hanno mai chiarito se essa era una speranza, una promessa o era semplicemente una MINACCIA per far rientrare nelle righe chi cercava di scostarsi.

Sorge spontaneo il dubbio che il coretto messo in piedi dai tattici dell’armata Brancaleone era sostanzialmente una minaccia, anche se c’era chi la considerava una speranza.

Caduto Prodi, come d’incanto, il coretto cambia musica e si straccia le vesti per chiedere un Governo istituzionale, di transizione, tecnico o di ‘scopo’ (ultima invenzione). Non era stato avvisato in tempo tal Antonio Di Pietro, sul cambio della musica, per cui imperturbabile e forte delle argomentazioni che tutti sanno abbastanza sofisticate, ha continuato a cantare il vecchio ritornello nelle varie trasmissioni a cui ha partecipato. Quando lo hanno avvisato, non si è per nulla scomposto e senza battere ciglio, ha cambiato musica, convinto che gli italiani siano una massa di imbecilli da imbonire come, quando e come si vuole.

Sorge spontaneo il dubbio che il nuovo coretto, imposto dal direttore d’orchestra, non abbia nulla da vedere con le riforme e la legge elettorale, ma sia un espediente per allungare il brodo e tentare un improbabile recupero.

Nel refrain si sostiene che sarebbe vitale affrontare il nodo della legge elettorale per permettere che il nuovo Parlamento abbia una maggioranza omogenea alla Camera ed al Senato. Bene, ma sono problemi che deve comunque affrontare il nuovo Parlamento che avrà dinanzi a sé ben 365 giorni per potervi provvedere prima che scattino i referendum che lo scioglimento delle Camere differisce soltanto ma non annulla. Come si può pensare che in due mesi si può fare quello che, nei circa due anni di governo del signor Prodi, non si è riusciti a definire? Quali misure si sono messe in piedi per evitare i referendum? L’urgenza e la indifferibilità del problema sorgono solo, oggi, in netta zona Cesarini, e solo DOPO la caduta del Governo.

Anche quà sorge spontaneo il dubbio che l’obiettivo vero sia altro, come ad esempio quello di non lasciare agli odiati avversari le centinaia di nomine di cui si parla e che scadrebbero nel mese di marzo. C’è solo la volontà di arraffare quanto più sia possibile nell’occupazione senza vergogna di ogni poltrona, poltroncina, sedile o strapuntino che la situazione offre.

Dispiace che rispetto a detto scenario, dove la coerenza risulta figlia illegittima della sinistra, c’è chi tra i riformisti e i moderati si atteggia a uomo dallo spiccato senso dello Stato ed offre sponda a chi col proprio doppiopesismo adatta le proprie posizioni alle necessità giornaliere, ripeto senza alcuna vergogna. Il Nuovo PSI non può non richiedere, con convinzione, così come ha fatto Stefano Caldoro, nell’incontro con Napolitano, che il popolo sia chiamato subito alle urne evitando i giochini che non sono da prima Repubblica, ma sono soltanto da basso impero.

Adolfo COLLICE

Reggio Calabria, 29.1.2008

AVANTI TUTTA, BASTA CON I DISTINGUO

Non è facile capire come si svilupperà la vicenda dopo le dimissioni del signor Prodi, che sono state salutate dalla stragrande maggioranza dei cittadini come una specie di liberazione, e dalle forze riformiste come l’apertura di una fase che può permettere di ‘curare’ i guasti causati da una aggregazione politica che più eterogenea non si poteva immaginare.

Non è facile perché non tutto procede in modo lineare e scontato. C’è, infatti, chi senza alcuna sbavatura, e tra essi il Nuovo PSI, ha richiesto subito lo scioglimento delle Camere e nuove elezioni lasciando al nuovo Parlamento il compito di approvare le modifiche all’attuale ‘porcellum’ restituendo ai cittadini la scelta dei candidati da votare, e rendendo omogeneo il voto tra Camera e Senato; c’è chi ha, correttamente e intelligentemente, appeso al chiodo le polemiche dei mesi scorsi e imboccato speditamente la strada dell’unità delle forze riformiste e moderate riconoscendo, tra l’altro, la leadership di Silvio Berlusconi; ma c’è chi continua, come Pierferdinando Casini, con i distinguo sul percorso e con qualche polemicuccia sul passato, anteponendo la riforma alla consultazione elettorale e determinando una sponda ai poteri forti (Confindustria, mass-media, ecc.) col rischio di bruciare l’occasione principe per chiudere la parentesi del malgoverno.

Non è facile, quindi, capire lo sbocco finale, anche perché bisogna evitare di mischiare le nostre speranze con l’analisi neutra. Quel che però è certo è che ai figliol prodighi non possono sempre essere offerti vitelli grassi perché così facendo si resterebbe prigionieri di un ricatto infinito. Ed allora, per scongiurare questo vicolo cieco, lo scomporsi e il ricomporsi di aggregazioni omogenee non possono più essere relegati tra le ipotesi da dibattere, ma vanno assunti come possibili realistiche evenienze.

Non è tempo, infatti, per sottilizzare sulle primogeniture e chiudersi in un recinto inaccessibile. La cosiddetta sinistra non ha disdegnato di mischiare in un sol calderone sinistra alternativa, no global violenti, verdi arroganti, rifondaroli di lotta e di governo, ex, post e neo comunisti, con giustizialisti alla Di Pietro, moderati alla Dini, monarchici alla Fisichella, democristiani alla Mastella, tenuti assieme dal comune denominatore rappresentato dall’antiberlusconismo, sul quale oggi c’è sicuramente, per alcuni di essi, una riflessione da non lasciare cadere.

L’arruolamento di qualunque forza è certamente lontana dal pensiero del Nuovo PSI di Stefano Caldoro perché il comune denominatore non è l’odio verso qualcuno, ma solo la volontà di affrontare, per risolverli, i gravi problemi del Paese a partire da quelli della giustizia, della sanità, delle emergenze ambientali, dell’energia, delle grandi opere pubbliche, dello sviluppo e del lavoro. Sono questi problemi che determinano le convergenze e le divergenze, per cui nell’aggregazione dei riformisti non potrà mai starci il giustizialista Di Pietro, né le cose rosse, né quelle arcobaleno, nè i Verdi nichilisti che hanno altra visione dei problemi italiani.

Avanti allora, senza preclusione alcuna se non quella determinata dagli obiettivi da raggiungere nell’interesse del Paese. Avanti senza tentennamenti nella richiesta di immediato scioglimento delle Camere per poter eleggere un Parlamento capace di procedere alla stesura della nuova legge elettorale che eviti i referendum abrogativi. Lo spostamento di un anno per la loro effettuazione è più che sufficiente per licenziare una legge pensata senza alcuna fretta. Avanti quindi, e a chi si smarrirà per strada, per protagonismo o per calcoli velleitari, un semplice e netto saluto di addio.
Giovanni ALVARO

Reggio Calabria, 27.1.2008

CON BERLUSCONI LEADER, ALLA STRETTA FINALE

Va al Quirinale, non ci va, forse domani, forse dopodomani, questo è il dilemma: dimettersi o non dimettersi? O meglio dimettersi o essere letteralmente cacciato dato che il fronte anti Armata Barncaleone si allarga sempre più, e Prodi sarà costretto a sloggiare? Comunque andrà siamo, come volevasi dimostrare, alla stretta finale, che sarebbe arrivata anche senza la rottura di Mastella.

Già nei giorni scorsi si capiva che il passare del tempo allontanava la possibilità di coagulare una convergenza su un progetto di riforma elettorale condiviso, e di conseguenza avvicinava, come avvicina, la data di effettuazione dei referendum. A che serve oggi, dinanzi alla scadenza referendaria, continuare a chiedere, come fa Casini, un Governo istituzionale, che appare subito ipotesi ridicola perché non scongiura il referendum e impone dopo la sua effettuazione lo scioglimento delle Camere per la sopraggiunta modifica, decisa dagli elettori, dell’attuale legge elettorale con l’introduzione delle preferenze e del premio spostato dalla coalizione alla lista più votata?

Non serve a nulla ovviamente, ma solo a segnare, come sempre, ultimamente, una differenziazione anche con gli alleati. Ma questa è solo poesia. Come poesie sono state per settimane i dibattiti sul tedesco, il francese, lo spagnolo singolarmente presi o tra loro innestati. I referendum sono dietro l’angolo ed è praticamente impossibile evitarli se non con lo scioglimento delle Camere. Ma chi vincerà le elezioni, col ‘porcellum’, ha 365 giorni di tempo per apportarvi le necessarie modifiche per evitare definitivamente il loro svolgimento che viene spostato al 2009.

Due sono sostanzialmente i correttivi da introdurre: le preferenze e il conteggio nazionale per il premio di maggioranza anche al Senato. Tutto, ovviamente, finalizzato da una parte a restituire ai cittadini la scelta del candidato da sostenere, e dall’altra quello di dotare la maggioranza, scelta dagli elettori, di un adeguato margine di sicurezza per poter governare senza risicate maggioranze, e senza alcun ricatto da parte dei nani della politica.

Ora, però, siamo alla stretta finale. Cadono, uno dietro l’altro, i veli stesi da tempo sulle ipocrisie di ogni tipo e si tenta di rappresentare un Paese che non c’è, perché quello reale è abbastanza ostico per i cittadini che, in questi mesi, hanno conosciuto la ‘bellezza’ delle tasse, per i giovani che, anziché riuscire ad avere una adeguata sistemazione lavorativa, si sono sentiti chiamare ‘bamboccioni’ scansafatiche, per i pensionati sempre più distanti dalla tranquillità dopo decenni di lavoro; per le donne che si pensa possano essere risarcite solo perché si sventola la logora bandiera delle pari opportunità.

I correttivi elettorali sono certamente importanti, ma la partita vera è sui problemi e sulla loro soluzione anche se è stata seriamente compromessa da mani, a dir poco, inesperte, inconcludenti e fortemente condizionate da spinte centrifughe rappresentate dai cosiddetti verdi, dalla radicalità della cosiddetta sinistra, dal qualunquismo esasperato dei Di Pietro impegnati in una difesa strenua dell’indifendibile, e dall’anticlericalismo marxista e boselliano che è sembrato solo un habitus per costruirsi una presenza. Armata Brancaleone si è detto, e mai definizione è stata più calzante.

Stretta finale, quindi, per salvare l’Italia e le sue popolazioni, con uno schieramento riformista e moderato che abbia un solo e riconosciuto leader qual’è Silvio Berlusconi. Su questo terreno il Nuovo PSI di Stefano Caldoro è impegnato, rifiutando atteggiamenti di chiusura ad eventuali apporti che possano rafforzare la liquidazione definitiva della fallimentare esperienza di Prodi e della riciclata sinistra marxista.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 23.1.2008

IL SILENZIO DI BOVA CI PREOCCUPA…

Quando Giuseppe Bova, Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, se ne sta zitto zitto, la cosa comincia a preoccuparci: il suo silenzio, infatti, è sempre foriero di.. sventure. Egli non si dà pace rispetto agli obiettivi che persegue, ma quando capisce d’essere sotto stretto controllo, preferisce operare in sordina. Le sue ‘invenzioni’ sono quanto di più estroso e creativo si possa immaginare ma sono tutte finalizzate a realizzare comunque gli obiettivi che gli premono.

Noi che non abbiamo possibilità di intercettazioni, né possibilità di piazzare microspie nel suo studio, né sulla sua macchina privata (ricordate che non usa la macchina blù?), né nella sua abitazione abbiamo dovuto ricorrere al tam tam che in questi casi si attiva abbastanza velocemente. Bisogna infatti sapere che se il detto recita: ‘il paese è piccolo e la gente mormora’, nel caso del nostro Superpresidente del Consiglio il detto può essere modificato in: ‘il Palazzo Campanella è piccolo, e i sussurri arrivano anche a noi”. Del resto quando si tratta di invenzioni, e il Nostro è una vera fucina, è un peccato non poterne venire a conoscenza.

Ma vediamo, in base ai si dice, cosa avrebbe partorito il vulcanico inventore che presiede il Consiglio Regionale della Calabria che sembra più interessato alla sistemazione interna, soprattutto del gruppo a cui si rifà, rispetto alle emergenze calabresi che avrebbero bisogno di terapie d’urto di grande spessore a partire dal lavoro, e passando per la sanità, la spazzatura,ecc.-

Avendo creato il Gruppo unico del PD attraverso l’accorpamento dei DS con la Margherita e con i Racchiani e i Chiarelliani, detto Gruppo ha dovuto essere regolarizzato anche sul piano organizzativo, con il conseguente scioglimento di ben tre strutture speciali che normalmente vengono messe, per legge, a disposizione dei capigruppo. Dai 24 dipendenti delle vecchie strutture si è, quindi, passati ad un’unica struttura speciale di sole 6 unità.

In un primo momento il Nostro superleonardo, pensando che cambiando gli addendi il risultato sarebbe stato lo stesso voleva ridurre le strutture dei gruppi più piccoli per aumentare quelli del proprio gruppo. In una parola cercava di togliere ai poveri per dare ai ricchi, e non viceversa. Ma il giochino denunciato prontamente dal Nuovo PSI è immediatamente rientrato. Ci si era dimenticato che le strutture speciali sono dei CAPIGRUPPO mentre ai gruppi viene elargito un finanziamento rapportato alla loro consistenza.

Oggi, sembra, si dice, viene mormorato, c’è chi giura che ne ha inventata un’altra. Non potendo togliere ai poveri, per la ribellione che ne sarebbe scaturita, cerca di togliere… all’erario. Ed ecco la proposta che deve essere trasformata in legge: per i gruppi più grandi va prevista la figura del VICECAPOGRUPPO che viene investito di titolarità di struttura speciale. Non so cosa ne pensano gli altri membri dell’Ufficio di Presidenza, ma sarebbe assurdo se fossero solidali con questo vergognoso progetto soprattutto i componenti di tale Ufficio per conto della minoranza: l’on. Occhiuto e l’on. Vilasi.

Il Nuovo PSI non lo tollererà per nulla e farà quanto in suo potere per bloccarne l’iter se, caso mai, dovesse essere messo in moto dando corpo alle voci di corridoio.

Il Vice Segretario Nazionale Adolfo COLLICE
e la Segreteria Regionale Calabrese del Nuovo PSI

Reggio Calabria 20.01.2008

VIA ‘LA BANDA DEI TRE’, A PARTIRE DA BASSOLINO

Bassolino è convinto che ‘a nuttata è passata’. E’ convinto che la vicenda del Papa messa in piedi da un gruppuscolo di ‘cattivi maestri’ e poche decine di studenti fuoricorso da una parte; e la vicenda del Guardasigilli, Clemente Mastella, dall’altra, siano sufficienti a far dimenticare la vergogna della spazzatura per le vie di Napoli e l’emergenza non ancora risolta. Sbaglia Bassolino e sbagliano gli altri due comprimari della vicenda, Rosa Russo Jervolino e Alfonso Pecoraio Scanio.
Prodi decide d’uscire dal vicolo cieco in cui lo ha portato ‘La Banda dei tre’ e l’intera catena del centrosinistra si mette in fila per eseguire senza alcuna vera condizione. In questa direzione i più solleciti sono stati Soru per la Sardegna, Loiero per la Calabria e Marrazzo per il Lazio. Il primo, Soru, ignorando una legge regionale che gli vieta l’arrivo di spazzatura da altre Regioni italiane (e che per essere approvata ha dovuto superare il vaglio della Corte Costituzionale); l’altro, Loiero, senza sentire il bisogno di pervenire ad una decisione ‘bipartisan’ nè a valutare concretamente il ‘carico’ imposto; l’ultimo che molto timidamente pone la condizione che si tratti di combustibile da rifiuti, il classico cdr.

E’ vero che l’emergenza rifiuti della Campania non può, nell’attuale fase acuta, essere lasciata solo a quelle popolazioni e deve essere assunta da tutte le Regioni, ma ci sono CONDIZIONI che nemmeno l’emergenza più acuta può ignorare. La prima di queste, la più importante, è che i responsabili della sciagurata vicenda (Bassolino, Pecoraro e Jervolino) lascino il campo ed escano, senza onore delle armi, dai ruoli finora occupati, perché è difficile ottenere dai cittadini delle altre regioni un atteggiamento solidaristico senza rimuovere le cause prime della vicenda . La ribellione dei sardi e quelle prevedibili dei cittadini di altre regioni, sono quindi sacrosante, perché, senza sgombrare il campo dalla ‘banda dei tre’, non c’è posto per alcuna solidarietà.

Il Nuovo PSI non può non essere che per lo sgombero totale del campo, anche perché così si può esprimere ai napoletani una doppia solidarietà, quella di liberarli dalla spazzatura, le cui immagini hanno fatto il giro del mondo, e quella di liberarli finalmente dall’altra più pericolosa ‘spazzatura’, rappresentata da un nucleo politico di inetti e di incapaci. Certo, la situazione di detto nucleo è simile in molte altre Regioni italiane, inclusa la Calabria, la Sardegna e lo stesso Lazio, ma è in Campania che esiste impellente l’urgenza di estirpare, da subito, il bubbone.

La seconda condizione è che l’azione di intervento non deve limitarsi all’emergenza, che è quella che interessa di più il Governo Prodi sia per le ricadute negative dell’immagine all’estero, ma anche perchè gli consentirebbe di superare la fase acuta della crisi, ma deve essere orientata a bruciare i tempi di realizzazione dei termovalorizzatori. La decisione di sottrarre ai poteri locali, con la nomina di De Gennaro, le decisioni in materia è già un buon inizio che va però tenuto sotto severa vigilanza per evitare che ciò che il Governo è stato costretto a fare oggi non venga revocato domani quando l’attenzione della pubblica opinione chiaramente scemerà.

Il Nuovo PSI dovrà e saprà essere vigile ed attento. Si è aperta una fase nuova e molto importante per il futuro della Campania e del Mezzogiorno. Non c’è ragione alcuna per restare alla finestra a guardare. Bisogna essere protagonisti: l’esempio di come ‘immergersi’ tra la gente, ed esserlo, ci viene proprio da Napoli dove, finalmente, si sono viste sventolare tra la folla le bandiere bianche con il simbolo del Nuovo PSI. Occorre continuare fino a che tutta la mondezza, quella fisica e quella politica, verrà fatta fuori. ‘A nuttata, caro Bassolino, non è ancora finita.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 17.1.2008

BENEDETTO XVI, LA PORCATA DEI CATTIVI MAESTRI

Anche se non sono cattolico, e non appartengo ad altra religione, mi sento estremamente ferito per l’ignobile vicenda del Papa e della Sapienza. Pur non considerando il Pontefice uno dei miei punti di riferimento, sento una tristezza infinita per l’episodio che fa scivolare l’Italia su un crinale pericolosissimo di inciviltà e di intolleranza.
La scelta del Vaticano di soprassedere all’annunciata visita all’Università di Roma, La Sapienza, è un atto di grande intelligenza politica. Senza detta rinuncia l’Italia avrebbe certamente garantito al Pontefice la visita e la sua incolumità, ma non avrebbe potuto evitare l’infame speculazione messa in moto dai soliti cattivi maestri con tutto ciò che ne poteva scaturire sul piano delle provocazioni e dei disordini attivati incoscientemente da, sempre gli stessi, ‘professori’ (?) marxisti.
Si è così bloccata sul nascere la sceneggiata ideata dagli Asor Rosa di turno che incuranti del ridicolo hanno voluto crocifiggere un Papa per una frase su Galileo pronunciata da un filosofo, ma dalla quale comunque Benedetto XVI aveva preso le distanze. Ma anche se non lo avesse fatto era suo diritto pensarla in modo diverso da altri, è sarebbe stato corretto e giusto ascoltarlo. Ma i nostri cattivi maestri non hanno voluto sentire ragione, e pensando di essere in Cina, dove il pensiero dev’essere unico, hanno stracciato quanto di più sacro c’è nel pensiero occidentale plasticamente rappresentato dal grande Voltaire.
Tra l’altro offendendo il Papa si è offesa la stragrande maggioranza degli italiani. Ma a loro che importa. Loro forse avevano altro per la testa, e giocando col fuoco hanno ‘usato’ la visita del Papa per costruire scenari tesi a favorire il rinnovo del Rettorato alle elezioni di febbraio. Se infatti è vero ciò che ha detto altro professore, in un’intervista, tutto era finalizzato a costruire il clima adatto contro l’attuale Rettore. Ma se ciò è vero siamo caduti veramente in basso, e se questi sono i professori che devono formare i cittadini di domani siamo veramente messi abbastanza male.
Il Nuovo PSI non può non esprimere la propria solidarietà al Pontefice, che tra l’altro, è anche Capo di uno Stato estero, e non può non esprimere tutto il proprio disprezzo verso gli autori da una sceneggiata che non ha bisogno di aggettivazione per presentarsi per quella che è, una vera porcata.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria, 15.1.2008

BRUNO CONTRADA, C’ERA UNA VOLTA UN MIGLIORISTA…

Quando ho letto la notizia della revoca dell’iter della grazia per Bruno Contrada ho capito subito che il migliorismo (vecchia scuola di pensiero di chi si distingueva dai comunisti ortodosii) di cui si fregiava il nostro Presidente della Repubblica era solo un habitus politico per le collocazioni interne al vecchio PCI, e null’altro. Nelle sue vene, infatti, a differenza di campioni del migliorismo come i defunti Gerardo Chiaromonte e Luciano Lama, o il sempreverde Emanuele Macaluso, non scorre, così come poteva sembrare, il sangue del garantismo senza se e senza ma, o quello delle aperture mentali senza condizionamenti.

Quando, infatti, anche dal ruolo occupato oggi, si dosano le proprie azioni sulla base delle necessità ‘politiche’ e delle convenienze di parte, e non sulla base di semplici convincimenti maturati, non c’è veramente alcuna speranza di poter chiudere definitivamente la prassi della doppiezza di togliattiana memoria. Del resto se per rintracciare qualche garantista doc, cresciuto nel vecchio PCI, bisogna fare uno sforzo di ricerca di personaggi di altra stagione politica, per lo più passati a miglior vita, significa che tra i nuovi dirigenti non esiste neanche l’ombra del pensiero tollerante e libertario.

Siamo sempre, come si vede, alla difesa dell’apparire, perché è l’habitus che interessa e non altro. Dire che non è così non serve a niente, perché è così che appare. E in politica ciò che appare è importante. L’opinione pubblica percepisce, infatti, che sulla vicenda Contrada la pressione a tenaglia, esercitata dai familiari dei morti ammazzati dalla mafia, ha prodotto il risultato pilatesco del tirarsi fuori che ci è stato sapientemente servito, e, con esso, un diverso inaccettabile trattamento tra Contrada e Sofri. Ma è proprio questa diversità che determina un atteggiamento di ripulsa in qualsiasi spirito libero.

Certo per Sofri la civiltà della famiglia Calabresi, e la maturità della maggioranza delle forze moderate, non hanno determinato fratture e rotte di collisione con il quadro politico, mentre per Contrada la ‘sollevazione’ e i ‘pronunciamenti’ dei familiari (sia quelli plateali come la visita al Quirinale di Rita Borsellino, sia quelli indiretti con le dichiarazioni di guerra della giovane Scopelliti) erano, in embrione, un campanello d’allarme di possibili profonde spaccature tra la cosiddetta società civile e quella parte della politica che sull’antimafia da convegno ha costruito serbatoi di consenso.

Ci dispiace veramente questo tirarsi fuori che ci fa dire ‘c’era una volta un migliorista…’. Il Nuovo PSI non lo può condividere vuoi per le sue tradizioni garantiste e libertarie, vuoi perché sul processo Contrada ci sono troppe ombre determinate dalle testimonianze di squallidi pentiti spesso in contraddizione tra di loro, o in palese menzogna, vuoi ancora per l’assenza di ‘pietas’ almeno per l’età e la salute del malcapitato di turno.

No, Presidente, non condividiamo per nulla i suoi passi indietro, per cui diciamo a gran voce: Onore a Contrada. Onore ad un uomo che grida al mondo la propria innocenza e fieramente rifiuta, lasciando in angoscia la moglie, di chiedere la grazia e di farsi curare in ospedale. Onore a Contrada perché il suo atto vien fatto con rischio della propria vita e non per calcoli politici. Il Nuovo PSI non può non essere fiero di sostenere un Uomo simile.

Giovanni ALVARO
Reggio Calabria 13.1.2008

PER MOLTO MENO BASSOLINO AVREBBE CHIESTO UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA

C’è un passo nell’intervista di Michele Saponara che fa saltare sulla sedia chiunque lo abbia letto. E’ quello dove si afferma che la Magistratura a Napoli sapeva tutto dell’emergenza rifiuti, e quando gli si ricordava che comunque aveva avviato indagini su Bassolino e sulla società di smaltimento Impregilo, la risposta è stata secca: “TROPPO TARDI, LA GIUSTIZIA E’ ENTRATA NEL MERITO DELLA VICENDA SOLO QUANDO NON NE HA POTUTO FARE A MENO e la situazione era ormai divenuta insostenibile”.
Si, si salta letteralmente sulla sedia, solo a pensare che mentre il fuoco covava sotto l’immondizia, ed intorno ad essa si mantenevano pienamente efficienti i collaudati sistemi di accaparramento dei finanziamenti pubblici che ruotano, cospicui, attorno all’operazione smaltimento, con o senza camorra poco importa, c’era chi utilizzava il proprio stipendio pagato con i soldi della collettività per frugare tra le mutande delle ballerine sbirciando fra le lenzuola dove si esercita, normalmente, lo sport più gustoso e antico del mondo.

E c’è anche di più perché, sempre col denaro pubblico, nel mentre la città di Napoli e la stessa Campania, sono terreni di scorribande dei vari clan camorristici, e in essi vengono disseminati cadaveri con cadenza ravvicinata, e mentre la criminalità diffusa determina l’aumento vertiginoso delle attività illegali che vanno dal semplice scippo, ai furti, alle rapine, allo spaccio, non più solo di sigarette, ma di droghe leggere e pesanti, ci si diletta a ‘ascoltare’ le telefonate di uomini politici per poterli iscrivere nei registri degli indagati assicurandosi un sicuro successo mediatico con possibili relativi risvolti, magari politici.

Il preferito da ascoltare è ‘il cavaliere nero’, Silvio Berlusconi. Con lui il successo è assicurato. Tutti ormai sanno che il garantismo di chi detiene la grancassa dei media, è a intermittenza, e si attiva solo quando serve. Con Berlusconi la grancassa non parte, con altri certamente si, anche perché dalle parti di Napoli e dintorni è difficile rifare gli errori della Forleo che, nella sua ingenuità, pensava che le inchieste, per chi suona la musica, siano tutte uguali.

Ce n’è abbastanza, quindi, acché il Parlamento affidi ad una Commissione d’inchiesta la verità sull’amministrazione della giustizia in quel territorio. E’ quanto deve richiedere il Nuovo PSI, non solo alla luce di quanto affermato da Michele Saponara, ma anche per la conferma che viene con l’atteggiamento dello stesso on. Di Pietro che, pur essendo sempre pronto a difendere ogni operato di qualsiasi Procura italiana, stavolta s’è guardato bene dal riproporre vecchi clichès. Se si poteva pensare ad uno scivolone determinato dalla foga del dibattito a Porta a Porta dell’altra sera, Di Pietro ha voluto fugare ogni dubbio ribadendo i suoi concetti nel TG1 del giorno dopo: ‘c’è stata nella vicenda di Napoli una assenza drammatica della giustizia’. Saponara e Di Pietro hanno sostanzialmente riproposto lo schema delle tre scimmiette: non vedo, non sento e non parlo per non disturbare il manovratore. Ma il diavolo che fa le pentole dimentica quasi sempre di fornirle di coperchi. Non era stata valutata la rivolta dei cittadini che, essendo napoletani, si pensava avessero una capacità di sopportazione pressoché infinita. Non è stato così.

Ed allora, senza alcun tentennamento il Nuovo PSI deve schierarsi a fianco di questa popolazione che, con la propria azione, anche se con punte di esasperazione non condivisibili, sta risvegliando le coscienze e, senza saperlo, sta contribuendo a formare una nuova generazione di napoletani e di meridionali capaci di nuovo di distinguere i riformisti veri dagli illusionisti alla Bassolino o alla Pecoraro.

Giovanni ALVARO
Reggio Calabria 10.1.2008

LA ‘MONNEZZA’ DI BASSOLINO

Ho letto con grande piacere la nota stampa dell’ex sindaco socialista di Napoli, Nello Polese, spazzato via dalla falsa rivoluzione giudiziaria degli anni novanta, e solo recentissimamente assolto pienamente perché il fatto non sussiste, per far posto ad un ‘campione’ dell’apparire.

E’ una nota che ci permette di mettere a confronto due sindaci e due modi di governare. Uno, Nello Polese, tutto impegnato a realizzare, a programmare, a fare, a costruire nell’interesse solo dei cittadini (come la recente sentenza implicitamente ha affermato); e l’altro, Bassolino, interessato agli annunci, ai proclami, alle dichiarazioni su ciò che bisognava fare, in parole povere impegnato solo ad apparire. L’uno stimolato dalle realizzazioni e, quindi, un riformista concreto; l’altro impegnato nelle interviste e, quindi, un parolaio senza sostanza.

Due modi di governare che alla lunga producono o salti positivi in avanti, o sconquassi vergognosi come quelli di questi giorni a cui sta assistendo, allibita, l’intera Europa. Le ricadute dei due modi di governare, come si vede, non sono neutre e fotografano purtroppo una realtà simile in quasi tutto il Paese. Infatti Nello Polese per conquistare il ‘potere’ e amministrarlo, e successivamente ottenere il suo mantenimento doveva, con tutte le forze alleate, dimostrare grandi doti di governo e altrettanti grandi capacità realizzatrici (questa è la democrazia); il nostro Bassolino, al contrario, ha conquistato il potere, senza il consenso popolare, ma sfruttando i perversi legami (di cui parla l’avv. Zuccaro) che gli hanno consentito il ribaltone politico degli anni 90.

Il modo si governare alla Polese è difficile che possa essere messo in crisi per una caduta di consenso popolare; quello alla Bassolino, invece, entra in fibrillazione al primo agitarsi di un problema troppo a lungo sottovalutato. Se poi detto problema si è così incancrenito, anche per le spinte assurde dei verdi (si fa per dire) signor No, lo sfracello è garantito.

Polese e la classe dirigente della cosiddetta 1’ Repubblica, ma gli esempi, possono moltiplicarsi in ogni parte d’Italia, hanno dato parecchio a Napoli in opere pubbliche (tangenziale, centro direzionale, metropolitana, ecc.), e in buona amministrazione chiudendo le pratiche laurine dei decenni passati. Per fortuna dei napoletani Bassolino potrà fregiarsi soltanto di due delle famose tre effe borboniche: quella delle feste (che non sono certamente mancate), e quella della farina (intesa come elargizione di miserabili sussidi ai meno abbienti), perché la democrazia non gli ha permesso di usare quella della frusta.

E’ tempo, quindi, di chiudere le esperienze dell’apparire, tornando al più presto alle esperienze dell’essere. Vale per Napoli, ma vale per l’intero Paese. Il Nuovo PSI ricorda che il modo con cui Bassolino ha conquistato il potere è parente prossimo dalla ‘monnezza’. E’ normale quindi che chi di mondezza ferisce di mondezza perisce.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria, 8.1.2008

IL DOPPIOPESISMO INACCETTABILE SU BERLUSCONI

Non c’era dubbio che alla prima occasione i garantisti a intermittenza, come le lucette di Natale, avrebbero buttato giù la maschera ed imboccata, senza remore ed alcuna vergogna, la via maestra dello sfruttamento delle illegali intercettazioni telefoniche subite da Silvio Berlusconi. Qualcuno, ingenuamente, aveva pensato che, dopo la vicenda Forleo-D’Alema, i post, neo ed ex avrebbero usato più cautela. Macchè. Quando si presenta l’occasione non badano a spese, sfruttano anche le virgole, e se qualcuno tentenna, c’è sempre un direttore d’orchestra che li mette dinanzi al fatto compiuto, com’è avvenuto con la pubblicazione addirittura dell’audio in un sito di Repubblica e dell’Espresso e poi della RAI, e li costringe a suonare senza soluzione di continuità.

La differenza di trattamento tra la vicenda di D’Alema e quella di Berlusconi è visibile anche all’occhio, volontariamente, più bendato. I garantisti a intermittenza hanno gridato allo scandalo per la pubblicazione delle storiche frasi di Fassino (‘allora abbiamo una banca’) e di D’Alema, (‘E vai, facci sognare’). Hanno addirittura minacciato l’adozione di un provvedimento urgente per mettere in galera i giornalisti che non rispettavano la privacy e ‘scandalosamente’ mettevano in pasto all’opinione pubblica telefonate assolutamente private. Anche Napolitano scese in campo chiedendo estremo rigore in materia. Ed allora la partita giudiziaria su D’Alema e & non era ancora conclusa, così come non lo è ancora.
Oggi invece tutti tacciono, mentre è in corso, in mancanza d’altro ed avvicinandosi la consultazione elettorale, la campagna d’autunno contro il nemico pubblico n. 1 (a cui si riconosce la capacità attrattiva sugli elettori per la chiarezza degli obiettivi e dei programmi), e si dispiegano le grandi manovre sui giornali, sui media, sui blog.. Nessuno ha da dire niente sul garantismo, i propositi forcaioli contro i giornalisti vengono accantonati, e ci si sofferma solo sulla presunta gravità delle frasi di Berlusconi. Si cerca così di spostare l’attenzione dall’uso indegno e grave delle intercettazioni alla reazione dell’interessato che ha semplicemente affermato quello che sanno tutti, e si nasconde che la Procura di Napoli ha chiesto l’archiviazione della vicenda perché il fatto non presenta rilevanza penale.
Ma a loro che importa. Hanno trovato e confezionato l’argomento principe (la famosa pistola fumante?), per far vivere di rendita Santoro, Travaglio, la biondina ‘sorriso arrogante’ di Annozero, l’antipolitico (?) Grillo e tutti i grillini in circolazione in questa Repubblica fondata sull’odio più becero. Tireranno avanti per molte settimane, almeno fino a quando la direzione musicale non ordinerà di cambiare spartito. Ma per ora: avanti tutta non solo con le trascrizioni sui giornali, ma anche con la trasmissione dell’audio (è più efficace), ripreso addirittura dal servizio pubblico come dovrebbe essere la Rai.

Questa è la cosiddetta sinistra che tanto piace ai Boselli, ai Turco, all’ex figlio di Bettino (come lo ha catalogato l’arguto Filippo Facci), con questa sinistra vanno a braccetto. Noi invece li conosciamo bene, e per questo li evitiamo come l’Aids. Cambieranno sempre la loro pelle (come i serpenti), muteranno sempre le loro sembianze (si è perso il conto dei simboli e dei nomi nuovi adottati), cercheranno sempre di mimetizzarsi magari confondendosi, come adesso col PD, con frange di cattolici, ma non potranno cambiare mai il loro dna che è fatto di arroganza, presunzione, odio dell’avversario e un doppiopesismo figlio diretto della doppiezza togliattiana. Il garantismo è sbandierato solo quando serve per difendere uno dei loro, mai per difendere un principio. E’ garantismo a intermittenza.
Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 29.12.2007

QUEL CHE E’ CERTO E’ L’ALLEANZA CON BERLUSCONI

Sbaglia profondamente chi pensa che l’alleanza con Berlusconi sia un’improvvisazione, una forzatura, o un passaggio obbligato (obtorto collo). Essa è, invece, una scelta di campo naturale, che viene da lontano, e per la quale ci si è battuti in tutti questi anni, e si continua a farlo ancor oggi, per contrastare l’aggregazione prodiana incapace di governare nell’interesse dell’intero Paese. Che il Paese vada alla deriva e sia destinato al declino non sembra preoccupare per nulla Prodi & C. essendo, l’attuale ‘sinistra’, tutta protesa a costruire il regime come nelle migliori tradizioni totalitarie.

Già all’indomani della falsa rivoluzione giudiziaria, quando venivano decapitati i partiti che avevano portato l’Italia ai risultati che ne hanno decretato il ruolo di grande potenza, i comunisti, che avevano superato indenni, per quella grande capacità mimetica dimostrata, il terremoto del dopo muro di Berlino, avevano pensato che i giochi erano ormai fatti. Bastava saper cogliere il frutto della loro azione tattica. Ma così non è stato. Sul loro cammino si è materializzata una variabile imprevista rappresentata da Silvio Berlusconi, che seppe neutralizzare la gioiosa macchina da guerra, che avrebbe anticipato di anni la bancarotta italiana.

Questa variabile ha offerto ad un popolo moderato, senza più guida, la possibilità di resistere all’avanzata occhettiana. Socialisti, democristiani, socialdemocratici, repubblicani, liberali e radicali hanno ‘scelto’ di affollare il contenitore berlusconiano. Chi non è entrato in FI, e ha rifiutato l’egemonia ‘protettiva’ della cosiddetta sinistra, diventata anche super forcaiola, ha deciso che comunque si alleava con l’erede naturale di Craxi, lo statista perseguitato, esiliato e mandato a morte senza alcuna pietà, ma che è stato, si può ben dire, il maestro del nuovo leader, il suo ispiratore riformista.

Noi, Nuovo PSI, abbiamo saputo fare quello che consideriamo ancor oggi la scelta più giusta e più oculata sul cui altare abbiamo affrontato, a viso aperto, le fughe dei Bobo e dei Zavettieri, e da ultimo, la canagliata dei De Michelis. Anche oggi, senza alcun tentennamento, abbiamo deciso di stare a fianco di Berlusconi. Ancora una volta scegliamo il passaggio più consono agli orientamenti dei riformisti che rappresentiamo. Le forme di questo ‘stare vicino’ dipendono da cosa matura nei prossimi giorni. Una riforma elettorale (spagnola o tedesca che sia) o un referendum vincente, pongono infatti problemi di aggregazione su un’unica lista, mentre lo scioglimento delle Camere ed il ricorso al voto col vecchio sistema, permettono di mantenere sulla scheda il garofano che diventerebbe di sicuro l’unico punto di riferimento socialista per i nostri potenziali elettori.

La scelta federativa di cui si parla nella nota stampa, che da notizia dell’incontro Nuovo PSI-FI, lascia la porta aperta alle diverse opzioni che saranno comunque sciolte via via che il quadro politico si renderà sempre più chiaro, e i passaggi sempre più stringenti. Bisogna non dimenticare mai che la partita non si gioca da soli e che ci sono molte variabili che possono sparigliare il percorso. Non solo all’interno dell’ex Casa delle Libertà, ma anche nei confronti degli interlocutori avversari, ed anche al loro interno tra ex comunisti e margheritini, e tra gli stessi ex comunisti.

Quel che è certo è la nostra alleanza con Berlusconi che, oggi più di ieri, mi piace considerare come un vero socialista, riformista e liberale. I modi, i sistemi e i tempi saranno decisi assieme.

Adolfo COLLICE
Vice Segretario Nazionale Nuovo PSI

Roma, Natale.2007